Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Per essere felici

179645
Maria Rina Pierazzi 13 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
  • paraletteratura-galateo
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Non è da credersi che simili matrimoni abbiano da essere meno fortunati di altri, avvenuti talora per capriccio. La vita è lunga; lungo il suo cammmino e doverlo percorrere in due, d'amore e d'accordo, è cosa non sempre facile se mancano la buona volontà e lo spirito di sacrificio e di sopportazione. L'equilibrio di due caratteri e di due volontà può condurre qualsiasi unione a quella vera felicità tranquilla che è la base più sicura della famiglia, che è il pegno di un avvenire sereno per i figliuoli. L'amore giovanile che lascia il posto all'affezione, alla stima e alla fiducia reciproche, è come una bell'aurora cui segue una giornata serena.

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Dico "per debito di lealtà„ giacchè è purtroppo accaduto che certi padri, all'atto di firmare l'istrumento dotale, abbiano perduto per la strada qualche cifra... Non parlo poi di doti favolose, le quali, durante il fidanzamento si sono assottigliate in modo inverosimile mentre il matrimonio non si poteva rompere per non suscitare incidenti spiacevoli e chiacchiere senza fine. Lealtà, dunque, e franchezza. Le situazioni, qualunque esse sieno, è bene risolverle con energia e chiarezza; e per ottener questo è dovere che in una domanda matrimoniale si parli apertamente, per non dover poi incorrere in posizioni ambigue, difficili a sostenersi.

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Non nego che talora maestri e professori abbiano qualche scatto di nervi e qualche giornata d'irritazione; ma bisogna pensare che la loro via fu lunga, aspra, spesso dolorosa, e il loro pane è duramente guadagnato, lontani dalle famiglie, come sono quasi sempre, e stanchi dalla fatica dell'insegnamento che gli alunni potrebbero, se volessero, rendere facile, forse piacevole, e che invece con la loro indisciplinatezza e la loro noncuranza, rendono difficile e spessissimo amaro. Quelle "maestrine„ destinate a tener in freno numerosi discepoli disobbedienti — quelle "maestrine„ che si sgolano a far entrare idee e cognizioni in certe testoline troppo dure — quelle "maestrine„ dall'abito stinto e dal viso pallido, sognarono anch'esse un giorno; come tutte le giovinette sognarono, l'amore e la felicità. Invece qualche sventura le costrinse a lavorare e ad andarsene sole pel mondo, fra giovani anime che non sempre le amano, che non sempre le comprendono. E poi, dopo la loro faticosa giornata, devono tornarsene nella loro camera solitaria, fredda, dove troppo spesso manca il sorriso della mamma, a riveder compiti su compiti, a stancarsi ancora perchè hanno bisogno di guadagnarsi il loro pane e la vita è inesorabile... Ah, se le piccole spensierate pensassero talvolta a tutto questo, come sarebbero silenziose e attente in classe, e rispettose e obbedienti alle loro "maestrine„! Amatele, amatele, queste creature coraggiose; e quegli uomini che incanutirono sui libri e nelle fatiche per dare a voi un'istruzione fondata, abbiano ogni vostro rispetto. Il dolore e il lavoro, forse più che gli anni, li resero superiori a voi. Ascoltateli con deferenza; disimpegnate con alacrità i vostri compiti; serbate un'attitudine corretta di discepole grate al maestro per quanto concede loro di sapere. I giovinetti greci si prosternavano davanti ai dotti insegnanti e ascoltavano senza fiatare le lunghe lezioni impartite, segnando con lo stilo lucente le loro annotazioni sulle tavolette di cera. A voi non si chiede questo, ma molto meno. La signorina che prende lezione in casa si trovi inappuntabilmente vestita e pronta allorquando giunge il professore. Una giovinetta, anche dinanzi ai servi, non deve mai farsi vedere nè sciatta nè spettinata; l'ordine è una seconda virtù. Allorchè entra l'insegnante lo riceverà cortesemente offrendogli la sedia. Se si tratta di un professore la madre assisterà alla lezione tenendosi però in disparte occupata in qualche facile lavoro. L'alunna deve rispondere con esattezza, non rivolgere mai domande che non riguardino la materia della lezione, non ridere, non trovare pretesti per alzarsi e soprattutto non chiedere l'ora, nè guardarla se ha l'orologio in vista. E tale scorrettezza da non sopportarsi, quasi che il divertimento di una lezìone talvolta noiosa sia tutto di chi impara! È cortesia offrire al professore una bibita, a lezione terminata; oppure se è d'inverno ed egli ha molte corse da fare una tazza di caffè o di "thè„. Per il pagamento fissato, tocca alla madre dell'alunna deporre la somma in una busta chiusa al posto del professore prima ch'egli giunga. E a fin d'anno è bene usargli la gentilezza o di un invito a pranzo o di un piccolo dono accompagnato da un biglietto di ringraziamento per le cure intelligenti da lui prodigate all'alunna. Anche all'istitutrice è doveroso professare il massimo rispetto, e non considerarla, come troppe volte si usa, alla stregua delle persone di servizio, nè chiederle uffici incompetenti alle sue attribuzioni. L'istitutrice è la guida educativa, è la compagna di una giovinetta, colei che le vive al fianco e forma la sua istruzione. Ella ha diritto di sedersi alla tavola dei signori, di partecipare alle conversazioni ed è sua cortesia, non obbligo, se dà la destra all'alunna purchè questa non sia inferiore d'età ai quindici anni. In molti casi l'istitutrice accompagna in feste ed in ritrovi la giovinetta affidatale; ed allora ella esercita un'autorità materna e l'alunna deve conformarsi, senza ribattere, alle sue decisioni. L'istitutrice, per proprio conto, è obbligata alla più assoluta serietà, alla correttezza della parola, alla semplicità dei modi e dell'abbigliamento, onde non dimostrare una libertà e una padronanza non consentitele se non nei riguardi dell'alunna. Non la seguirà in sala se non è invitata dalla signora; nei giorni di ricevimento e nelle conversazioni e nelle feste terrà modestamente il proprio posto senza mischiarsi ai gruppi degli invitati parlando e ridendo troppo forte. Considerandosi "ospite„ nella famiglia in cui vive, ella userà verso i signori la più deferente cortesia, parlerà alla servitù con amabile cordialità evitando di farsi eccessivamente servire, sempre pronta a largire un consiglio e un piccolo aiuto. In questo modo le sarà facile ottenere la simpatia del personale di servizio cui la necessità di obbedire ad estranei alla famiglia in cui vive è sempre un punto scabroso, origine troppo frequente di antipatiche discussioni. Concludendo. Sia da una parte che dall'altra bisogna sottostare a quelle norme di cortesia, mai degeneranti in soverchia confidenza, con le quali soltanto è permesso serbare i più cordiali rapporti tra persone di condizione diversa. E coloro a cui l'umana fortuna ha mostrato viso benigno, hanno l'obbligo sacrosanto di non amareggiare il pane dei meno fortunati costretti alla loro dipendenza mentre forse la nascita e l'educazione dava loro diritto a ben diverso destino. Questa volta la cortesia assume un nome più alto: Carità.

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Chi ha più educazione più ne adoperi; ed è ingenuo, per non dire stolido, pretendere che i servi abbiano maggior cortesia dei padroni. Nei rapporti dei padroni con la servitù occorre la massima chiarezza. Un ordine dato con precisione sarà eseguito con precisione. Tocca a chi è alla testa della famiglia saper dirigere e distribuire opportunatamente il lavoro di ogni singolo membro, a fine di non generare confusione e disordine. Non occorre fare delle conferenze per iniziare la servitù al compito che le spetta; con poche parole chiare i domestici saranno istruiti su ciò che devono fare e tranne casi eccezionali non si dovrà mai alterare l'ordine con cui è distribuito il lavoro. Il modo più spiccio d'imbrogliare le cose è quello di cambiarle ogni momento; a furia di fare e di disfare... non si fa nulla di buono; perchè l'ingranaggio di una casa proceda speditamente occorre un'organizzazione sicura, stabile, in modo che le persone incaricate del lavoro materiale sappiano giorno per giorno, ora per ora, qual'è l'incombenza che devono eseguire.

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Non si permetterà quindi che, all'infuori di casi speciali, essi rivolgano per i primi la parola, e designino altrimenti i componenti la famiglia, che con l'appellativo di "signore, signora, signorini„ a meno che questi abbiano un titolo nobiliare; in tal caso sarà con questo titolo che essi si rivolgeranno ai superiori. In talune provincie — specialmente nel ceto borghese — le persone di servizio usano ancora l'appellativo di "padrone„ e "padrona„. Ma quest'uso è ormai quasi intieramente scomparso e con tale uso è purtroppo scomparsa quella forma di rispetto che era la dote migliore dei servi del buon tempo che fu. Qualunque sia la condizione sociale e finanziaria della famiglia padronale, occorre che sia mantenuta sempre la necessaria distanza tra serviti e servitori senza venir meno per questo a quella benevolenza cordiale ed umana imposta alle persone civili verso coloro che il destino ha collocato in una condizione inferiore. Non si tollererà mai che anche l'unica servetta di casa porti in mano tutto ciò che deve essere presentato sopra un vassoio; corrispondenza, rinfreschi, lavori, etc. Il vassoio che in una ricca famiglia sarà d'argento, di rame, può, anche, trasformarsi in un vassoio di giunchi; ma il gesto rispettoso deve essere sempre quello, si tratti di un domestico in livrea o di una semplice donna in grembiule bianco. Tanto meno si ammetterà che la servitù intervenga nei discorsi dei padroni senza esserne richiesta; non v'è nulla di più spiacevole che le persone di servizio ragionino coi signori mentre li servono a tavola, e mettano bocca nei fatti loro. Una signora può fare eccezione per la propria cameriera allorquando costei la pettina e la veste; ma anche tali conversazioni non devono prendere un'intonazione di eccessività intimità, nè la padrona deve abbandonarsi a confidenze inopportune e imprudenti. Non si sbaglia mai parlando poco specialmente coi dipendenti salariati, i quali non danno mai la sicurezza d'un'affezione disinteressata in modo assoluto.

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Nei giorni festivi l'escita è obbligatoria; ma se vi sono nella casa più domestici, le ore di libertà dovranno essere distribuite in modo tra loro che i padroni non abbiano a restare soli. Se invece non si tratta che di un'unica persona, allora le si lascieranno almeno quattro ore del pomeriggio perchè ella possa usufruire del suo riposo. Qualora la padrona di casa ricevesse la domenica, si sceglierà per l'escita della domestica un giorno entra la settimana.

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Allorchè vi è pranzo — se d'inverno — le bocche a calore della sala saranno chiuse all'inizio perchè gli ospiti non abbiano la sensazione di una temperatura eccessiva. Bisogna tener conto che la luce e l'animazione e il cibo danno sempre un aumento di caloria, e non è necessario — per eccesso di cortesia — soffocare gli ospiti. La padrona di casa dovrà vigilare a che tutto si svolga nell'ordine più perfetto. Baderà ella stessa al modo con cui è apparecchiato, alla finezza della biancheria, alla disposizione dei posti. Sul piano della tavola si stenderà innanzi tutto, una grossa coperta di nitida lana bianca, per evitare quello sgradevole rumore che fanno i piatti e le posate allorchè si posano e si maneggiano. La tovaglia — inutile dirlo — dev'essere di candore immacolato, a meno che non si preferisca la leggiera tinta cenerina su cui si smorzano armoniosamente le troppo vive luci dei cristallami e dell'argenteria. Sopra una tavola apparecchiata in simile tonalità danno una nota stupenda di colore grandi vasi di cristallo verdi, bassi e capaci, ricolmi di rose bianche o gialle. A volte invece si preferisce far correre torno torno alla tavola una leggiera ghirlanda di fiori; bisogna però aver riguardo che sieno fiori senza un troppo acuto profumo che talvolta potrebbe dar noia a qualcheduno dei convitati. Ma in generale simile decorazione della mensa si usa soltanto per certe solennità come pranzi di nozze e pranzi diplomatici. Sono sempre preferibili le leggiere anfore di lino cristallo, sostenenti il delicato stelo di un flore, collocate, una per una, fra due convitati. Se poi vi è il trofeo nel centro della tavola si eviterà di mettere fiori di troppo lungo stelo, per non impedire la reciproca vista agli ospiti collocati ai lati opposti. Ciò che i francesi chiamano "couvert„ si compone di un piatto, un cucchiaio, una forchetta, un coltello, pei cibi soliti; più le posate da ostriche e da pesce e da frutta, disposte simmetricamente dinanzi a ciascun convitato. In quanto al numero dei bicchieri, secondo l'entità del pranzo e le qualità dei vini da servirsi, varia dai tre ai cinque: un bicchiere grande per il vino da pasto o per l'acqua, due bicchieri più piccoli, uno per il Madera, l'altro per il Bordeaux e una coppa da sciampagna bastano anche per un pranzo elegante. Il servizio di porcellana sarà finissimo ma semplicissimo; se la casa che riceve è nobile, potrà esservi dipinto l'intero stemma o la corona; altrimenti basterà un piccolo contorno floreale a illeggiadrirlo. È somma eleganza che tutto il servizio di vasellame, dalle scodelle al servizio di caffè sia eguale; quel mutare ogni momento forma e colore dei piatti dà l'aria di averli racimolati a poco a poco e non è mai di buon gusto. Le carafe d'acqua e di vino, le saliere e altri accessori saranno a portata di mano dei convitati — a meno che disimpegnando il servizio diversi servitori, tocca a questi mescere da bere ai signori, versando loro il vino da essi prescelto. La minestra si servirà già ne le scodelle prima che gli invitati si siedano a tavola; questi, sedendosi, prenderanno la salvietta che si trova alla loro sinistra. È una regola da osservarsi scrupolosamente, affinchè non succedano scambi od errori. In un pranzo di cerimonia, la lista delle vivande è scritta con elegante calligrafia sopra cartoncini bianchi, filettati in oro o dipinti a mano. Ogni invitato ne ha uno dinanzi a sè. Tuttavia l'abitudine della lista non è simpatica; dà sempre l'aria dell'albergo e l'impressione di voler mettere in guardia gli invitati contro le insidie di un pranzo troppo luculliano. L'invito a desinare non significa soltanto invitare gli amici a rimpinzarsi ben bene; ma significa il desiderio di passare insieme ad essi alcune piacevoli ore, mettendo in secondo luogo l'importanza del convito.

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Ma se proprio per la loro felicità terrena e per la condiscenza materna sentono di non poter rinunciare a quei cinque minuti di fumo, abbiano almeno il buon senso di non esagerare nell'esibizione di questa loro piacevole consuetudine. E specialmente non si aggirino pei salotti ostentando una disinvoltura americana che è bene lasciare alle femministe dell'altro emisfero. E consiglio anche alle mamme di non permettere che i loro figliuoli, inferiori di età ai diciotto anni, prendano la mania del fumare. A volte s'incontrano per la strada certi mocciosetti in calzon corti con la loro brava sigaretta in bocca o magari con un sigaro più lungo di loro. E si danno un'importanza tale da far venir la cristianissima voglia di prenderti per un'orecchio e mandarli a riscuotere una buona razione di sculacciate familiari. Perchè, in generale, fumano di nascosto e il fumo eccessivo non è un precetto d'igiene per la salute dell'adolescenza. E non mi si venga a dire che chi comincia non ne può più fare a meno; le persone che asseriscono queste banalità devono avere una ben meschina padronanza di sè stessi se non sanno imporre ai propri nervi la propria volontà. L'organismo umano può piegarsi a ogni constrizione dell'individuo. Tranne il pane e l'aria e l'acqua nulla è indispensabile: si vive benone anche senza fumare e, specialmente, senza abusare del fumo. A coloro che asseriscono il contrario, adducendo il pretesto che una volta preso le abitudini non è più possibile lasciarle, rispondo con due parole: — Non prendetele. E forse è questo uno dei segreti della felicità: non aver abitudini... Chiudo la parentesi.

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La signora riceverà sulla soglia della sala i suoi ospiti; il padrone accompagnerà le dame a prendere posto: se si tratta di un ballo nel vestibolo saranno collocati dei grandi vassoi pieni di "carnets„ tra cui le invitate ne sceglieranno uno a meno che lo abbiano portato esse stesse. Prima di entrare in sala le signore saranno fatte passare in una stanza adibita a guardaroba ove poseranno sciarpe, mantelli e pelliccie. Alcune cameriere saranno ai loro ordini; accanto alla guardaroba si preparerà un gabinetto da "toilette„ affinchè le dame possano rinfrescarsi e ravviare le acconciature scomposte durante la danza. Dovranno essere preparati, su apposito piano, pettini, spazzole, forcine d'ogni colore, scatole di cipria, boccie d'acqua di Colonia, fiale di aceto aromatico, infine tutto ciò che potesse eventualmente occorrere alle invitate.

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Se si tratta di un ballo in costume, gli inviti devono essere diramati in tempo affinchè coloro che, intendono d'intervenirvi abbiano la possibilità di preparare a loro agio il costume. Sull'invito si designerà l'epoca scelta per la figurazione. I balli in costume sono tutto ciò che si può immaginare di più splendido ed elegante perchè comportano una ricchezza di particolari non necessaria in altre feste, e senza la quale la riunione riescirebbe una mascherata qualunque. L'origine di questi balli in costume ci viene dalla Francia, ove al tempo di Re Luigi XVI la moda creò tale costumanza così cara al fragile cuore della bella ed infelice Regina. Ella prediligeva i travestimenti campestri e ne sa qualchecosa il "piccolo Trianon„ ove Maria Antonietta popolava di gaie figurette vezzose i viali odoranti di rose e i praticelli stellati di fiori. A volte i balli in costume assurgono a vere manifestazioni d'arte, purchè, s'intende, si svolgano in sale nobili, fra gente educata e di buon gusto. Non parlo dei veglioni: coteste sono mascherate qualunque, svolte in un ambiente ibrido, spesso equivoco, ove una signora, frequentandoli, non ci guadagna proprio niente.

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Se il padrino e la madrina non si conoscono ancora, bisogna che sieno invitati alcuni giorni prima del battesimo a trovarsi insieme nella casa del neonato, onde abbiano modo di fare amicizia per non andare come estranei al fonte battesimale. È bene che il compare e la comare sieno scelti fra persone della stessa condizione e della stessa educazione. Alla scelta del nome provvedono quasi sempre i genitori; ma ciò non vieta che al neonato vengano imposti anche quelli del padrino o della madrina. La questione del nome è sempre scabrosa. Vi sono certi nomi di "razza„ così inestetici che fa male al cuore imporli a quei poveri innocenti; si può, senza far torto alla tradizione familiare, sceglierne dei più moderni, avendo però gran cura di evitare quelli barocchi che costituiscono una vera calamità a quei poveri diavoli che devono portarli... e sopportarli.

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Ma non pretenderà di trattenervi le amiche prima che queste abbiano salutato la mamma e le parenti più anziane. Se la signorina si trova nell'unica sala ove saranno raccolte le visitatrici della madre e le sue giovani conoscenze non tralascierà di muovere incontro a ogni nuova signora che entra, accompagnandola al posto più vicino alla padrona di casa, oppure facendoglielo cedere, con bel garbo, da qualche sua amica qualora questa l'occupasse in precedenza. Nello stesso modo accompagnerà le visitatrici che si accommiatano fino al limitare della sala e non mai per nessuna ragione in anticamera e molto meno sul pianerottolo, uso, purtroppo, che vige in molte famiglie le quali credono con tale eccesso di cortesia di mostrarsi educate alla perfezione. Invece non è che un brutto uso provinciale incompatibile con le esigenze della moderna educazione. Tocca al servitore o alla cameriera accompagnare le signore nel vestibolo e alla porta senza però permettersi alcun saluto e aspettando a chiudere l'uscio ch'esse abbiano sceso alcuni gradini. Ma se alla signorina spetta l'obbligo di accompagnare tanto nell'entrata che nell'escita le visitatrici, Ia padrona di casa, invece, si alza dal suo posto soltanto per accogliere o salutare una signora o un uomo purchè vecchio e d'autorità, mai una signorina... Anche per gli uomini non si può fare eccezioni che per gli illustri; la vecchiaia e l'ingegno hanno diritto a molti privilegi cui una donna, soprattutto se giovane, è tenuta a inchinarsi. Una volta, su questo punto, c'era molto meno etichetta. La principessa d'Eck mülh, per esempio, si alzava sempre quando il sindaco di Savigny entrava nel suo salotto; e la vezzosa marescialla si prendeva anche il disturbo di accompagnarlo perfino nel vestibolo. ll sindaco di Savigny, nonostante il suo grado, era uomo di ruvide e burbere maniere, e avrebbe giudicato molte male questa bella dama del primo Impero se l'avesse ricevuto senza alzarsi dal suo seggiolone e se l'avesse lasciato escir solo dal salotto. La marescialla Davont, principessa di Ekmülh pensava probabilmente che con il cerimoniale, come col cielo, c'è sempre mezzo di accomodarsi.

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E' un deplorevole vecchio uso provinciale venuto a noi dalle pacifiche donne del buon tempo antico le quali avevano più tempo da perdere di quello che non abbiano le donne dell'oggi e perciò s'indugiavano in quegli "ameni conversaci„ (secondo la frase consacrata) che non erano, in fondo, se non dei tranquilli pettegolezzi in cui si grogiolavano come nel tepore della bambagia, facendo passare le ore. Anche le visite, attualmente, sono ridotte a un breve scambio di cortesia, poichè la giornata della donna moderna, tranne poche eccezioni, è occupabile in modo più utile; quindi è difficile indugiarsi soverchiamente nei salotti a meno che non si tratti di qualche ricevimento particolare, di un thè, o di un trattenimento artistico.

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Sempronio e Sempronella

214796
Ambrosini, Luigi 1 occorrenze
  • 1922
  • G. B. Paravia e C.
  • Torino - Milano - Padova - Firenze - Roma - Napoli - Palermo
  • Paraletteratura - Ragazzi
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E benché essi non abbiano dimenticato nè il babbo nè la mamma, pure sentono per maestro Saverio una riconoscenza che, quasi quasi, nel cuor loro non ha l'eguale.

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