Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Ricordi d'un viaggio in Sicilia

169027
De Amicis, Edmondo 2 occorrenze
  • 1908
  • Giannotta
  • Catania
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
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Valli dopo valli, monti dietro monti, e sempre quello stesso spettacolo d'un bel paese che gli uomini abbiano abbandonato per effetto d'una maledizione misteriosa. E avrebbe la sua bellezza e il suo incanto anche quello spettacolo se parlasse agli occhi soltanto; ma esso dice all'animo nostro una cosa troppo triste perché la nostra immagine vi si possa compiacere con quel vago senso di riposo e d'abbandono che suol provare nelle grandi soliditudini. E quella cosa è espressa in una parola antica e pur troppo sempre viva, che riassume mille mali nell'enunciato d'un problema formidabile: il latifondo, la gran piaga incancrenita della isola. Il latifondo, che vuol dire la campagna senza case coloniche e senz'alberi, e i contadini costretti a vivere nei grandi centri, dove son sottoposti a gravami da cui dovrebbero essere esenti, e donde debbono fare ogni giorno un lungo cammino per recarsi al lavoro; il latifondo che favorisce il furto campestre, l'abigeato, il malandrinaggio, il brigantaggio, e crea una catena di parassiti sfruttatori fra il grande proprietario assente e il lavoratore abbandonato a sé stesso; il latifondo, funesta espressione economica, che, come disse un illustre statista siciliano, filtrandosi, spiritualizzandosi per lungo abito di servaggio nelle menti, nel costume, nella vita intima, separò le classi, le fortune, gli animi, e mettendo in opposizione gl'interessi dei signori con quelli del popolo, e mantenendo questo nell'ignoranza, riduce la maggioranza lavoratrice in condizioni di minoranza legale di fronte ai suoi oppressori, prevalenti nelle Provincie, nei municipi, in tutte le rappresentanze pubbliche, e quindi padroni d'ogni cosa, tiranneggianti a loro beneplacito e perpetuatori della miseria. Voilà l'ennemi! come disse Gambetta. E i quarantasei anni trascorsi dopo l'unificazione d'Italia non l'hanno punto smosso dalle sue fondamenta secolari. La vendita dei beni ecclesiastici, che pareva gli dovesse dare un crollo, non fece per contro che favorirlo, poiché di quei beni s'impinguarono la borghesia e l'aristocrazia, creando un nuovo feudalismo terriero in aggiunta all'antico, abolito soltanto di nome nel 1812. Il tentativo di riforma fatto dal Crispi si spezzò contro un'opposizione minacciosa dei grandi interessati, veri sovrani dell'isola. Nessun'altro uomo di Stato ebbe poi il coraggio di ritentare la prova. Prima cura d'ogni Governo è di reggersi in piedi, e per reggersi hanno tutti bisogno d'essere sorretti dai potenti. E le cose non muteranno fin che non siano diventati potenti i deboli, fin che il numero non sia anche la forza. Ma quando sarà mai, se la forza non è possibile senza la concordia, e la concordia è tanto difficile nell'ignoranza, e riesce tanto facile ai padroni seminar la divisione fra i servi? Ma ecco uno spettacolo che rompe come per magìa il torso dei pensieri malinconici. Lontano, nel cielo sereno, un'enorme piramide azzurra s'inalza, solitaria, stendendo così largamente i suoi fianchi da parere che ricopra una provincia intera; una montagna che dà l'immagine d'un mondo; un prodigio di bellezza e di maestà, che vi fa aprire la bocca come per lanciare un grido d'ammirazione. Una nuvola bianca la corona; un manto candido veste la sua sommità e si rompe più sotto in una quantità di strisce simmetriche scintillanti che somigliano alle frangie di un immenso velo di trina ingemmato; in giro alle sue falde si stendono vaste macchie bianche, che paiono strati di neve, e grandi macchie oscure, che sembrano ombre dense proiettate da nuvole invisibili. E via via che il treno le si avvicina, la montagna par che si dilati e imbellisca: le macchie bianche sono città e villaggi, le macchie oscure sono boschi, aranceti e vigneti; da ogni parte sorgono ville, fioriscono giardini, s'aprono strade, corrono acque, sorride la fecondità, splende la vita. Che maravigliosa sorpresa e che gioia dopo quel lungo viaggio a traverso ai latifondi disabitati e alla triste regione zolfifera! - Ecco l'Etna! - mi dice un Catanese, mio compagno di viaggio -; ecco la nostra gran madre benefica e sovrana tremenda!

O cari fanciulli del popolo, operai, studenti, buoni amici sconosciuti d'ogni età e d'ogni ceto, ospiti affettuosi e giocondi, come egli ha ben capito e sentito la gentilezza del vostro intento, e che profonda gratitudine ve ne serberà in cuore fin che gli anni e l'infermità non gli abbiano spento l'ultimo barlume di memoria delle giornate luminose e felici che ha trascorse sotto la bellezza incantevole del vostro cielo e in mezzo alle vestigia gloriose della vostra storia!

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