Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Caracciolo De' Principi di Fiorino, Enrichetta

222511
Misteri del chiostro napoletano 1 occorrenze
  • 1864
  • G. Barbèra
  • Firenze
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Havvi in Napoli un numero esorbitante di dame e di damigelle, residenti nei differenti monasteri, consevatorii e ritiri della città: oserei dire esservi pochissime famiglie, che non abbiano uno o più membri del sesso debole depositati, come oggetti di manomorta, in que' ricettacoli delle domestiche superfluità. - Una signora, da più anni ritirata in un convento, fu colpita da apoplessia. Non rimessa interamente, un giorno stramazzò a terra. Al rumore della caduta, accorsa una giovine conversa, e trovatala sola, tutta intrisa di sangue, la sollevò da terra e la ripose sul letto. Per quest'atto doveroso fu sgridata dalla superiora. "Doveva dunque lasciarla morire in terra?" domandò la conversa. "Dovevi chiamare un'altra signora ritirata; quelle della stessa classe se la intendono meglio tra di loro." Nè meno prive di misericordia e di compianto sono le esequie delle monache. Un lutto sincero, un rimpianto cordiale, il tributo di alcune lagrime sulla tomba di una defunta compagna, sono in convento fenomeni più rari di quello che nel mondo lo siano le commozioni suscitate dal teatro. L'apatia, che presso gli stoici era virtù, presso le monache è effetto di calcolo e d'egoismo. - È uso sotterrare le morte per lo più nella mattina: non sì tosto il cadavere è calato nella fossa, suona il refettorio, e guai alle converse, se, per motivo del funerale, i consueti maccheroni hanno avuto soverchia cottura! Bastano questi cenni intorno alla carità per le inferme ed al rispetto per le morte: ora riferirò qual cosa di relativo ad un'altra specie di carità. Una contadina, chiuse nel chiostro la propria figlia, graziosa giovinetta di dieiott'anni, non volendo darle per sposo il giovane che quella amava. La badessa, condiscendente verso quante avevano voto nella elezione triennale, usò massimo rigore a quella contadinella, non propensa alla schiavitù monastica, ed ancor meno avvezza all'atmosfera, non ventilata del convento. Una sera, mentre le suore erano a cena, essa discese per attingere l'acqua. - Non ritornò: si manda in cerca di lei, non si rinviene in nessuna parte. Metà per nostalgia, metà per amoroso cordoglio, erasi essa precipitata nel pozzo. Le monache corrono alla porteria, e fanno entrare degli uomini, che per buona sorte estraggono viva ancora la giovinetta. La badessa, invece di profondere a quella misera i conforti che reclamava la circostanza, la confinò in un remoto gabinetto, condannandola ad un mese di detenzione; ma la mattina appresso, nell'aprire l'uscio, la reclusa fu trovata morta, appesa per la gola ad una fune. Per conservare intatto l'asse paterno all'erede maschio, un'agiata famiglia aveva monacato le due prime figlie, e riservava alla terza la medesima sorte. La fanciulla è a quest'uopo da' genitori condotta in Napoli fin dall'anno duodecimo di sua età, e l'accompagna al cenobio un cane barbone, ch'essa ha preso da piccolo ed allevato con amore singolare. Giunto il momento del distacco, quest'amico inseparabile non sa persuadersi che conviene dalla diletta padroncina inevitabilmente disgiungersi. Più caldo nell'affetto suo che non sono gli stessi genitori, li lascia volgere il tergo a ciglia asciutte, e quando nel parlatorio non ravvisa più l'oggetto della sua devozione, si mette a guaire lamentevolmente, come per supplicare la giovinetta ad affrettare il ritorno. Non avendo i cani accesso nel convento, il frate portinaio lo discaccia a calci; ma l'animale, indifferente ai maltrattamenti che riceve, ratto ritorna al sito ove ha veduta l'amica per l'ultima volta, ed ivi, sdraiato sul lastrico del portico,intirizzito dal freddo, non fa che ululare a segno da straziar le viscere. All'ora in cui si chiudono i cancelli messo fuor della porta, passa l'intera notte a lamentarsi; ma l'indomani, mosso il vicinato a pietà, gli reca del pane e delle carezze. Il cane rifiuta e quello e queste, nè cessa di piangere. Pianse senza tregua per due giorni e due notti, mentre in alto l'educanda rimaneva non meno inconsolabile. Alfine, di quel dramma tediate le monache, deliberarono di troncarne il filo sollecitamente. Il povero cane ucciso, chi sa come, fu, al mattino del terzo dì, trovato morto..... all’orlo del sepolcro vivo della sua padrona. Al tempo del debole governo di mia zia, una monaca volle congedare la sua conversa per prenderne un'altra che più le aggradiva. La conversa, che non poteva capacitarsi di ciò, si buttò più volte a' piedi della padrona, ma la trovò inesorabile: ricorse al frate confessore di quella, ma pur senza profitto. Al penultimo giorno del servizio sparì; si cercò dappertutto, in ultimo si scese nelle cantina: erasi rannicchiata sotto un ammasso di fascine. La padrona ordinò che la fosse tirata di là sotto, e a viva forza trascinata alla porteria. La poveretta, che urlava come matta, nel passare innanzi ad una cappella, gridò imprecando: "Signore, muoia chi ci ha colpa!" Per una curiosa combinazione, tre mesi dopo, il monaco cadeva in Via dei Tribunali colpito da morte istantanea. Due converse servivano la medesima padrona: una era giovane, l'altra vecchia. La prima, piuttosto sguaiata e pazzarella, non potendo più lungamenbe tollerare le ammonizioni dell'attempata, concepì lo scellerato disegno di farla morire, condendole l'insalata coll'olio di verderame. L'infelice, travagliata da vomito e da acerbissime doglie viscerali, stava vicina a perire, senza che alcuna di noi ne penetrasse la causa. Per buona ventura accortosi il medico dell'agente deleterico e praticata una visita minuziosa nella cucina, vi trovò l'olio divenuto verde per un pezzo di rame in esso intinto. I rimedi giunsero opportuni, e la vecchia fu salva. Non rifinirei mai se volessi qui raccontare tutti i tratti d'inumanità, che all'insaputa delle leggi dentro i recinti del chiostro impunemente si commettono. Viva tuttora conservasi nella memoria del pubblico napoletano la ricordanza de' sotterranei scoverti l'anno 1848 nel monastero de' Gesuiti (evacuate pel loro esilio) e dell'ossuario di neonati rinvenuto in una di quelle orride cripte. Ma io non voglio citar avvenimenti, di cui pur non possa guarentire la realtà; perlochè tralascio gli ulteriori esempi, e passo ad altro argomento di non minor rilievo.

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