Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Enciclopedia Italiana

429232
Enrico Fermi 1 occorrenze
  • 1932
  • Istituto dell'Enciclopedia Italiana
  • Roma
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
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La legge (12) che, con opportune ipotesi, può anche dedursi, per corpi dotati di massa elettromagnetica, dall'elettrodinamica ordinaria, coincide praticamente con le leggi consuete per corpi che abbiano velocità piccole, mentre le deviazioni sono sensibilissime quando la velocità raggiunge valori dell'ordine di grandezza di c; in particolare segue dalla (12) che occorre un'energia infinitamente grande per imprimere a qualunque corpo una velocità uguale a quella della luce, così che tale velocità si presenta come un limite superiore di tutte le velocità realizzabili per un corpo. W. Kauffmann, A. H. Bucherer e altri hanno potuto effettivamente verificare, mediante esperienze eseguite su raggi catodici assai veloci oppure sulle particelle β, che gli elettroni obbediscono alla legge relativistica (12); ciò che del resto trova anche una conferma indiretta nel fatto che si conoscono elettroni aventi una velocità che arriva fino a 99/100 della velocità della luce, mentre non se ne conoscono che raggiungano oppure superino tale velocità.

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Fondamenti della meccanica atomica

445138
Enrico Persico 8 occorrenze
  • 1936
  • Nicola Zanichelli editore
  • Bologna
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
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Infine, negli atomi con proprietà radioattive, si deve pensare che queste abbiano sede nel nucleo, come è confermato dal fatto che tali proprietà sono del tutto insensibili al legame chimico che altera il moto degli elettroni più esterni, ai raggi X che agiscono su quelli più interni, ed in genere a tutti gli agenti fisici che conosciamo, tranne gli urti di particelle o radiazioni estremamente penetranti.

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Si può dunque dire che per la misura di una coordinata, e per quella del corrispondente impulso (o componente di velocità), si devono adoperare dispositivi che si escludono mutuamente: è per questo che i due concetti di posizione e velocità, sebbene separatamente abbiano significato fisico preciso, non possono venire attribuiti simultaneamente in modo preciso alla stessa particella: questa particolare relazione logica tra i due concetti è stata designata dal BOHR col nome di complementarità (1) V. bibl. n. 21. Si vedrà più oltre che tale relazione si può estendere anche ad altre coppie di grandezze fisiche. .

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Quindi (anche indipendentemente da ogni ipotesi sulla forma della curva nella parte non sperimentalmente accertata) resta inesplicabile, dal punto di vista classico, come delle particelle abbiano potuto uscire dal nucleo, possedendo un'energia inferiore al massimo, , della barriera di potenziale che circonda il nucleo.

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. , che vi sia un solo valore con probabilità 1, e tutti gli altri abbiano probabilità 0; cioè che l'osservabile abbia al tempo un valore determinato: in tal caso evidentemente la meccanica quantistica permette di calcolare tale valore, partendo dai dati iniziali (risultati dell'osservazione massima), senza alcuna indeterminazione.

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Il caso, finora escluso, che le due particelle abbiano gli stessi numeri quantici , non dà luogo a degenerazione: si ha quindi in tal caso una unica autofunzione, che è simmetrica. Quando si tratta di particelle che obbediscono al principio di Pauli, questi stati sono evidentemente da escludersi.

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., le coordinate di un elettrone dell'atomo in un dato istante, la durata di una rivoluzione orbitale, ecc.) non sono mai state direttamente misurate e, dato che i ragionamenti su di esse fondati conducono alle note difficoltà, è lecito dubitare che queste quantità abbiano un effettivo significato fisico e siano in avvenire misurabili. Altre quantità invece (p. es., frequenze emesse, intensità, ecc.) sono direttamente osservabili. Perciò invece di cercare un modello geometrico e meccanico che permetta di ricavare i valori delle quantità osservabili da una struttura non osservabile, è meglio proporsi di collegare direttamente tra loro le quantità osservabili, senza far intervenire nessun modello.

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Questa coincidenza non era casuale, poichè ben presto lo stesso SCHRÖDINGER dimostrò che i due metodi, benchè abbiano avuto origine da concezioni diversissime, sono rigorosamente equivalenti, ossia rappresentano due forme diverse del medesimo procedimento matematico, e quindi debbono in ogni caso condurre ai medesimi risultati. Nella trattazione dei vari problemi si potrà dunque scegliere l'uno o l'altro metodo a seconda della opportunità: per una esposizione generale però il metodo di Schrödinger presenta il vantaggio di appoggiarsi maggiormente all'intuizione e di richiedere un apparato matematico meno eccezionale, e perciò noi ci serviremo di esso come introduzione ai metodi più generali della meccanica quantistica.

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Per parecchio tempo parve di vedere in questo fatto una inestricabile difficoltà, poichè sembrava di trovarsi di fronte ad enti dotati di proprietà contradditorie: la soluzione della apparente antinomia è venuta solo attraverso ad un processo di chiarificazione logica dei fondamenti della fisica, che ha accompagnato lo sviluppo formale della meccanica quantistica. Esso è stato guidato sopratutto dal seguente criterio logico fondamentale, che domina, più o meno esplicitamente espresso, tutta quell'opera di revisione dei principi della fisica che si può ritenere iniziata con la teoria della Relatività, e che è continuata sempre più ampia e profonda nella nuova meccanica atomica. La fisica ha per oggetto di eseguire osservazioni ed esperienze e coordinarne i risultati in uno schema quanto più è possibile semplice: quindi, suo oggetto immediato sono i dati di osservazione. È bensì lecito, per interpretare questi, introdurre degli altri enti, ma purchè questi siano definibili e rivelabili mediante esperienze, se non praticamente, almeno concettualmente possibili, cioè non vietate da alcuna legge fisica o logica. Enti o relazioni che non si possono rivelare mediante esperienze, anche ideali, ma concettualmente possibili, non possono essere introdotti nei ragionamenti senza correre il rischio di cadere in errore. Così ogni concetto della fisica deve essere suscettibile di una «definizione operativa», cioè poter essere definito mediante una serie di operazioni fisiche concettualmente possibili: p. es., la contemporaneità è definita indicando un metodo per decidere se due eventi sono o no contemporanei; l'elettrone è definito indicando un modo per rivelarlo: le coordinate di un elettrone, indicando un procedimento per misurarle, e così via. E le sole questioni fisiche che abbiano un senso sono quelle nelle quali ci si domanda il risultato di una o più esperienze che, almeno concettualmente, si potrebbero eseguire.

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Lezioni di meccanica razionale. Volume primo

494763
Tullio Levi Civita - Ugo Amaldi 14 occorrenze

In altre parole si riguardano come aventi la stessa direzione due segmenti orientati appartenenti alla stessa retta o a rette parallele, abbiano o no il medesimo verso.

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Viceversa, risulta da quanto precede che due moti armonici su due rette ortogonali, intorno al punto comune, i quali abbiano uguale ampiezza e ugual periodo, ma siano l'uno rispetto all’altro in ritardo di un quarto di periodo, si compongono in un moto circolare uniforme.

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Notiamo che ciò accadrà certamente sia quando ω1 e ω2 siano costanti (e cioè i due moti componenti siano uniformi) sia quando ω1 e ω2 abbiano la stessa direzione (cioè gli assi di rotazione dei due moti siano coincidenti). Poiché tutto ciò si può ripetere anche quando si compongono più di due moti rotatori ad assi concorrenti in un punto (fisso) Ω, concludiamo che:

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cosicché per grandezze meccaniche, le quali abbiano rispetto a lunghezze, tempi e masse le dimensioni n 1, n 2, n 3, il rapporto

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Basterà dunque indagare, caso per caso, se sia o no possibile che vettori, appartenenti alle falde esterne dei vari coni d’attrito, abbiano per somma -F. Ma qui si presenta come essenziale la seguente avvertenza: bisogna preventivamente esaminare, per ogni singola superficie in contatto con P, se la rispettiva componente F n (secondo la normale a σ, volta all’interno) è positiva o negativa.

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Ora è bensì vero che le condizioni di equilibrio del punto materiale P sono state da noi determinate sotto la esplicita condizione che il vincolo unilaterale fosse realizzato nel primo modo ma si può ritenere che le condizioni di equilibrio così trovate abbiano una portata molto più comprensiva. Infatti, quando studieremo in generale la Statica di un sistema materiale qualsivoglia, vedremo (cfr. Cap. XV, § 1) che, almeno nell’ipotesi ideale in cui sia lecito prescindere dagli attriti e da ogni forma di resistenza passiva, l'azione meccanica dei vincoli è del tutto indipendente dal modo in cui essi sono realizzati. Questa conseguenza di un principio fondamentale della Meccanica razionale che sarà stabilito più innanzi (principio dei lavori virtuali) va in verità accolta soltanto come una legge limite; ma serve utilmente, almeno come norma direttiva, anche nei casi reali in cui si deve tener conto delle resistenze passive, purché si abbia cura di controllarla caso per caso con l’indagine diretta delle condizioni fisiche del problema ed, ove se ne presenti il bisogno, di modificarla in qualche dettaglio.

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Vedremo in Dinamica quali argomenti induttivi (fondati principalmente sulle leggi di Keplero e sulla equazione fondamentale della Meccanica fra massa, accelerazione e forza) abbiano condotto il Newton a formulare la celebre sua legge di gravitazione universale, tosto suffragata da mirabili applicazioni alla spiegazione previsione dei più svariati fenomeni astronomici e terrestri. Giova intanto (indipendentemente dalla genesi e dalle applicazioni concrete) fissare l’attenzione sulla natura delle forze caratterizzate dalla legge newtoniana. L’importanza di queste forze (non soltanto per la Meccanica, ma anche per altri campi della Fisica matematica) è tale che ne è sorto uno speciale indirizzo di studi costituenti la così detta teoria del potenziale. Noi qui ci limiteremo a sviluppare di codesta teoria le prime nozioni, che nel secondo Volume, avremo occasione di applicare e di precisare ulteriormente.

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Giova notare che, quando si tratta di azioni fra punti materiali P e Q che non si trovino ad immediato contatto, il principio di reazione testé formulato implica che le due forze esercitantisi fra i due punti, in quanto debbono essere direttamente opposte ed applicate rispettivamente in P e Q, abbiano come linea di azione comune la congiungente dei due punti.

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Affinché le forze F direttamente applicate ad un solido, fissato per un asse, si facciano equilibrio è necessario e basta che esse abbiano momento risultante nullo rispetto a quest’asse.

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La nozione di perimetro d’appoggio si estende facilmente al caso generale in cui si abbiano infiniti appoggi, alcuni dei quali eventualmente costituenti pezzi di linee, o addirittura porzioni di piano. Solo bisognerà intendere che, in tal caso, il perimetro d’appoggio possa anche essere mistilineo (cioè formato in parte da segmentirettilinei, in parte da archi di curva) ma si dovrà pur sempre soddisfare la condizione che ogni eventuale vertice sia un appoggio.

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Supposto, per semplicità, che il suolo e la parete abbiano il medesimo coefficiente di attrito, è facile riconoscere che la circostanza richiesta si verifica certamente quando la scala forma colla verticale un angolo α minore dell’angolo φ di attrito (φ = tg φ).

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. - Si è visto al n. 35 che se un filo, teso agli estremi A e B da due forze F A ed F B, si appoggia ad una superficie priva di attrito e non è soggetto ad alcun’altra sollecitazione esterna, la tensione (scalare) T è, in condizioni statiche, costante lungo il filo, talché per l'equilibrio si richiede che le due forze FA, F B abbiano intensità eguali; e basta che si aumenti anche di pochissimo l’intensità di una di esse, perché l’equilibrio sia senz’altro turbato.

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Il suo carico consta di due cunei uguali, a forma di triangoli rettangoli, simmetricamente disposti rispetto alla verticale mediana in guisa che due cateti siano orizzontali, uguali ciascuno a ½ AB, e abbiano comune, sulla verticale mediana il vertice dell’angolo acuto.

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Si abbiano quattro asticelle rigide eguali connesse a cerniera a due a due, in guisa da formare un rombo ABCD; e questo sia mantenuto in una data configurazione da una quinta asticella rigida collegante B con D, per modo che sia Θ l’angolo Il sistema, quando sia appeso ad un uncino in A e assoggettato ad un peso p in C, si disporrà in modo che la AC risulti verticale.

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Collected Papers (Note e memorie): volume I (Italy 1921-1938)

514560
Enrico Fermi 1 occorrenze
  • 1962
  • The University of Chicago Press e Accademia Nazionale dei Lincei
  • Roma
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
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Fu una fortuna per l'umanità che queste argomentazioni, che a priori potevano sembrare ragionevoli e ben fondate, non abbiano distolto Marconi dagli esperimenti. sulle trasmissioni a grande distanza. La storia di questi primi successi delle radiotrasmissioni costituisce una riconferma del fatto che nello studio dei fenomeni naturali teoria ed esperimento debbono andare di pari passo. Raramente può l'esperienza. non guidata da un concetto teorico, raggiungere risultati di larga portata; ed è certo uno dei più significativi successi per la teoria che l'esistenza stessa e le proprietà essenziali delle onde elettromagnetiche fossero state previste matematicamente da Maxwell prima della verificazione sperimentale della loro esistenza e prima che esse, attraverso alla geniale intuizione di Marconi, trovassero il loro terreno di pratica applicazione; d’altra parte una fiducia eccessivamente spinta nelle previsioni teoriche avrebbe sconsigliato di insistere in esperimenti che erano destinati a rivoluzionare la tecnica. delle comunicazioni.

Pagina 1032

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