Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Elementi di genetica

417562
Giuseppe Montalenti 16 occorrenze
  • 1939
  • L. Cappelli Editore
  • Bologna
  • biologia
  • UNIPIEMONTE
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Se si ammette dunque che i fattori ABC abbiano azione additiva e che l’intensità del color rosso delle cariossidi dipenda dal numero di fattori posseduti da ciascuna pianta, ne segue che la F 2 deve costituire, per la intensità del rosso, una serie di variabilità distribuita secondo la curva normale: alle intensità estreme (rosso intenso, 6 fattori, e bianco, 0 fattori) corrispondono frequenze minime, alle intensità intermedie frequenze più alte. La distribuzione

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E, infine, quando si ammetta che non tutti i fattori multipli abbiano un effetto

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Infatti è molto probabile che due minus posseggano un piccolo numero di fattori d’accrescimento; per fare un esempio concreto è facile ch’essi abbiano una formula come AABbccddEeff, e, dalla unione di due individui con solo 4 fattori d’accrescimento è abbastanza probabile che si formino combinazioni con minor numero di dominanti, o anche composti di tutti recessivi. Analogamente per i plus varianti. Quindi ci si può attendere un effetto positivo dalla selezione praticata sulla F 2, sulla F 3, ecc. fino a un limite rappresentato dai caratteri propri dei progenitori. Quando si parta da individui come quelli ora presi ad esempio, senza conoscerne l’origine, si può, ottenendo un risultato come quello anzidetto, concludere per un’azione positiva della selezione.

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Nelle femmine a occhi bianchi, eccezionali, la teoria vuole che si abbiano due X portatori

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Comunque è certo che, nonostante che varî autori, e soprattutto il Darlington, abbiano cercato di costruire una completa

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Qualora poi le larve parassite sulla proboscide vengano staccate prima che abbiano compiuto il loro sviluppo e tenute poi in vita libera, esse formano degli intersessi di vario grado, secondo che il cambiamento di vita è stato più o meno precoce. Si poté poi stabilire che è una sostanza succhiata dalla larva quella che produce l’effetto mascolinizzante, perché anche estratti dalla proboscide o di altri organi della femmina adulta della Bonellia sono egualmente attivi (Baltzer), e che anche l’acidificazione, l’aggiunta di ioni potassici e altre alterazioni della composizione chimica dell’acqua di mare esercitano un’azione analoga a quella degli estratti di proboscide (C. Herbst), sempre, s’intende, su larve libere. Questi fatti dimostrano che la determinazione del sesso nella Bonellia è essenzialmente epigamica, e dipendente da cause esterne. Probabilmente questo verme si avvicina alle condizioni degli ermafroditi: i geni M e F sono quasi perfettamente bilanciati e le condizioni esterne decidono poi quale dei due debba prevalere. Molti fatti, però, parlano a favore di una, sia pure labile, determinazione genetica del sesso. In alcuni individui questa sembra più accentuata, tanto che anche in quegli esperimenti in cui la massima parte degli individui si sviluppa in una direzione, alcuni, nelle identiche condizioni, divengono intersessi (Baltzer).

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Ma, senza volere addentrarci nel campo già troppo discusso delle «prove» della evoluzione, ci limiteremo ad una considerazione pregiudiziale, che è di importanza capitale. « Bisogna ben rendersi conto di ciò — dice il Rosa (1932) — che il negare l’evoluzione, il non ammettere che le forme superiori siano le naturali discendenti delle primitive forme inferiori, implica inevitabilmente l’ammettere che i primi individui di tutte queste forme superiori non abbiano avuto genitori ». L’evoluzione, in altre parole, è l’unica spiegazione razionale, suffragata da una imponente mole di fatti, della successione delle flore e delle faune nelle ere geologiche, delle affinità morfologiche fra gli organismi, della costituzione attuale del mondo dei viventi. È appena necessario ricordare « che anche chi ammetta l’evoluzione può pur sempre riconoscere che le leggi naturali che hanno determinato tale evoluzione siano state poste da una mente suprema, che dunque la mirabile struttura delle singole forme viventi sia stata prevista e voluta » (Rosa, loc. cit.).

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Quindi molti autori ritengono necessario ammettere, almeno entro certi limiti, che gli organismi viventi abbiano in sé la potenza dell’evoluzione.

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Ciononostante è certo che, nella massima parte dei casi, si ha l’impressione che i sistematici abbiano esattamente riconosciuto e definito delle entità realmente esistenti in natura anche senza poter applicare tutti quei criterî che sono stati preconizzati e, che, nel loro insieme forniscono certamente un metro abbastanza sicuro.

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È bensì vero che una stessa mutazione ha pochissima probabilità d’insorgere in due individui di una stessa generazione i quali abbiano, a lor volta, molte probabilità d’incontrarsi e di fecondarsi. Ma è anche vero che un individuo eterozigote per una certa mutazione, reincrociandosi con un omozigote, la trasmette a metà dei suoi discendenti, e così, in breve volgere di generazioni, può formarsi una popolazione abbastanza numerosa e piuttosto localizzata di eterozigoti, e la probabilità di un incontro fra due di essi, cresce notevolmente. Pertanto anche le mutazioni recessive hanno una certa probabilità di emergere dal genotipo al fenotipo, e di essere vagliate dalla selezione.

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Se invece si costruiscono tanti rettangoli contigui, che abbiano come base un segmento proporzionale all’ampiezza di classe e come altezza uno proporzionale alla frequenza, si costruisce il poligono a scala, o istogramma (Fig. 5). È intuitivo che, quanto più grande è il numero degli individui misurati, e quanto più piccola l’ampiezza di classe (e, in conseguenza,

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Nel caso singolo può darsi benissimo che genitori plus varianti abbiano figli anche più estremi; ma, in media, sussiste la relazione anzidetta.

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Gli individui periscono, ma non prima che abbiano trasmesso ai propri figli il retaggio che hanno ricevuto dai padri e dagli avi. La conservazione e la trasmissione della vita, e perciò della forma specifica, ci appare come una legge universale, e una necessità ineluttabile nel mondo dei viventi. La forza primigenia di quell’impulso che spinge irresistibilmente gli organismi a conservarsi e a perpetuare la propria specie, cioè la lotta che ogni essere vivo impegna contro la morte, ne è l’espressione più immediata e urgente.

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Non lo sono gli effetti dell’uso molto intenso di certi organi: non è detto infatti che i figli degli atleti, i quali hanno enormemente sviluppata con l’esercizio la loro muscolatura, abbiano in eredità muscolatura da atleta, così come i figli di un pianista o di un violinista non nascono con la «scienza infusa», cioè provvisti di quella abilità tecnica, manuale, che i padri hanno faticosamente acquistato. Potranno i figli di atleti o i figli di musicisti avere in eredità una «disposizione» all’atletismo, o un talento musicale: ma questi, appunto, non sono caratteri acquisiti, bensì innati, e perciò ereditarî.

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Può esser comodo stabilire così subito quante e quali categorie di gameti produce un ibrido; e può anche tornar utile —- quando si abbiano a disposizione pochi individui poco fecondi, come spesso accade negli animali — cercare un rapporto 1 : 1 : 1 : 1, che si mette in evidenza più facilmente e sicuramente, su uno scarso totale, che non 9 : 3 : 3 : 1.

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Vi sono stati bensì varî autori che hanno creduto che le leggi di Mendel abbiano un’applicazione limitata a certe categorie di caratteri, e che, accanto all’eredità mendeliana, esista una «eredità intermedia» in cui non si osserva la segregazione dei caratteri; ma in molti casi si è potuto dare un’interpretazione in termini mendeliani anche di questi fatti, e in altri si sono riconosciute diverse cause di errore. Ritorneremo su questo argomento, e vedremo anche che, almeno su alcuni punti, la discussione non può considerarsi interamente chiusa.

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