Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Astronomia

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J. Norman Lockyer 2 occorrenze

è opinione di molti che le macchie del Sole abbiano un certo influsso sulla temperatura dell'atmosfera terrestre e sul nostro tempo, ma quale sia il carattere di questo influsso, quale ne sia la misura non si sa ancora, la relazione che corre fra, i due ordini di fatti essendo tutt'altro che semplice.

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Il numero delle macchie in un dato istante visibili sul Sole varia di anno in anno in modo regolare e periodico, prendendo nell'intervallo di undici anni circa un valore massimo ed uno minimo; v'è in altre parole nell'apparizione delle macchie solari un periodo undecennale è opinione di molti che le macchie del Sole abbiano un certo influsso sulla temperatura dell'atmosfera terrestre e sul nostro tempo, ma quale sia il carattere di questo influsso, quale ne sia la misura non si sa ancora, la relazione che corre fra, i due ordini di fatti essendo tutt'altro che semplice.Le statistiche meteorologiche delle nostre regioni, e di quelle che in generale hanno latitudini abbastanza boreali poco dimostrano, le perturbazioni locali fra noi tendendo fino ad un certo punto a mascherare gli effetti delle variazioni delle radiazioni solari. Pare ad esempio che nel clima nostro al crescere delle macchie solari corrisponda un aumento della temperatura dell'aria, ma i due aumenti non sono simultanei, il massimo relativo della temperatura seguendo di tre anni circa quello delle macchie. Pare che nell'occidente di Europa abbiansi in corrispondenza del minimo delle macchie estati più calde, inverni più freddi e che l’amplitudine annua della temperatura sia negli anni corrispondenti a un minimo di macchie più grande che nelle epoche di massimo delle macchie stesse. Pare in generale che i massimi di macchie sieno accompagnati da più copiose pioggie e da più intensi commovimenti della nostra atmosfera: che le stagioni nostre però seguano in qualche modo le vicende delle macchie solari non si può ancora afferrnare in modo assoluto ma solo con opportune riserve.Più probabile è la connessione del magnetismo terrestre colle macchie del Sole; una relazione certamente esiste fra, le macchie stesse e le variazioni diurne dei nostri magneti, ma anche qui trattasi di relazioni complesse delle quali solo la scienza avvenire finirà per conquistare la chiave che la contemporanea ancora non possiede..

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Natura ed arte

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Giovanni Virginio Schiaparelli 1 occorrenze

Per dare a tutta la valle la irrigazione necessaria così in quantità come in durata, i nostri ingegneri avrebbero scavato (e così dobbiam supporre abbiano fatto anche gl'ingegneri di Marte) a diverse altezze sui due pendii una serie di canali paralleli fra loro e paralleli alle sponde della valle; canali di dimensioni comparabili alla nostra Muzza, al Canale Cavour, al gran Canale del Gange Quest’ultimo canale è capace d’irrigare sopra tutta la sua lunghezza (che è di 500 chilometri) una zona di terreno larga 35 chilometri. Più non si richiede per i canali qui sopra descritti.. Simili canali, di cui non è necessario qui precisare il numero, sono rappresentati sulla figura dalle incavature segnate colle lettere m, n, p... Fra due canali contigui il terreno segue il pendio naturale verso l'asse della valle, in modo che l'acqua da un canale più alto (come quello segnato m) possa arrivare a quello che gli sta sotto (come quello segnato n) espandendosi gradatamente su tutta la zona coltivata intermedia m n. I due canali più bassi serviranno ad irrigare la zona più bassa di coltivazione, che occupa il fondo della valle. All'estremità boreale di questa stanno i robusti argini, che trattengono entro i dovuti limiti, e fino al tempo opportuno, le acque della grande inondazione; ivi si chiudono e si aprono le porte d'afflusso: mentre per l'estremità australe e più bassa accadrà l'uscita delle acque residue, che vanno a raccogliersi nell'Oceano australe.

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Le Stelle. Saggio di astronomia siderale

475423
Angelo Secchi 7 occorrenze
  • 1877
  • Fratelli Dumolard
  • Milano
  • astronomia
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Ma, come è ben naturale, non è da aspettarsi che tanti e sì svariati corpi abbiano tutti rigorosamente la stessa proporzione di qualità e densità di sostanze. Quindi, per esempio una grandissima parte delle stelle sono dotate di un’atmosfera idrogenica più densa, mentre in altre invece essa è più scarsa e dominano altri vapori assorbenti metallici o no. La maggior densità idrogenica rilevasi dal fatto che le linee spettanti a quel gas sono assai dilatate e sfumate. Provarono infatti il Plucker e il Cailletet che sotto una pressione considerabile le linee dell’idrogeno si dilatano e si sfumano agli orli, fino che sotto fortissime pressioni costituiscono uno spettro continuo. Da tale estremo siamo molto lungi per tutte le stelle visibili, (salva forse γ Cassiopea) onde si ricava che le pressioni non sono molto superiori al valore di poche atmosfere quali valutiamo noi sulla nostra terra. Però non tutto è effetto della pressione, perchè è dimostrato che anche l’innalzamento della temperatura dilata le righe, onde la causa potrebbe essere anche questa, o meglio ambedue insieme, perchè anche colla temperatura cresce la tensione molecolare del gas e quindi la pressione. Così le stelle di primo tipo sarebbero dotate di atmosfere idrogenica più densa e più calda. Le righe metalliche in queste sarebbero più difficili a vedere, forse per l’impedimento che offre al passaggio de’ raggi la grande estensione di questa atmosfera idrogenica; onde esse appena si vedono indicate. Il vedere però che molte di queste stelle hanno righe più distinte e sono intermedie al primo e al secondo tipo, conduce alla conseguenza che la costituzione dei due tipi è identica in quanto alla natura delle materie e che differiscono solo nel grado di maggiore o minore densità atmosferica e elevazione di temperatura.

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Chi sa che i periodi glaciali subiti dalla terra non abbiano avuto tale origine? Noi lasciamo ad altri le ardue risposte a questi problemi, e basti averli accennati per vedere l’importanza che ha lo studio della variabilità delle stelle.

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. — Le seguenti nozioni elementari del § III benchè inutili per molti lettori pure le soggiungiamo onde altri non abbiano da andare con incommodo a cercarle altrove.

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In pratica pareva sua intenzione d’indicare con tali lettere l’ordine stesso di grandezza; ma, sia per inavvertenza sua, sia perchè le grandezze abbiano realmente variato col tempo, tale ordine non si trova ora regolare in tutte. I moderni però hanno conservato queste lettere scrupolosamente perchè servono mirabilmente alla brevità e speditezza della nomenclatura e fino a un certo punto anche danno una guida della importanza loro e sono più facili a ritenere che le coordinate numeriche Vedi in fine la tavola contenente questo alfabeto per quelli che non ne fossero pratici. — Le seguenti nozioni elementari del § III benchè inutili per molti lettori pure le soggiungiamo onde altri non abbiano da andare con incommodo a cercarle altrove. . Noi ne faremo uso sovente.

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L’altra ipotesi è che la densità apparente sia anche reale, e che le stelle siano più numerose non solo per effetto di prospettiva, ma anche perchè abbiano maggior vicinanza reale. Se dunque si cerchi la densità relativa dello strato stellare Herscheliano nei vari piani paralleli al piano principale, essa si avrà dalla tavola seguente data da Struve dietro i suoi calcoli, fondati sugli scandagli di Herschel.

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Grande è ancora la questione, come già accennammo, se le Nebulose abbiano variato. La soluzione di questo dubbio non è facile (v. Holden Am. jour. of science May 1876, che sostiene che sì, specialmente la nebulosa in forma di Ω e quella di Orione. . Tra due osservatori che fanno il disegno dello stesso oggetto nella stessa sera e allo stesso strumento, si hanno talora grandissime differenze. Nessuna meraviglia dunque che differiscano disegni lontanissimi di tempo, di luogo e di persone diverse. Molte variazioni apparenti possono derivare dalle variazioni delle stelle vicine. Cosìp.es. mentre κ Argo era brillantissima di prima grandezza, essa parea libera da nebbia I. Herschel Cape Observ. pag. 36-37. ; ma ora appare involta in essa essendo divenuta di 6.a grandezza Monthly Notices, 1877. . Vedemmo già che il Trapezio d’Orione si è creduto senza contorno di nebbia, ma che lo spettroscopio ce l’ha dimostrata anzi più viva che altrove. L’immobilità delle Nebulose ci mostra qual sia la scala nel tempo, su cui dobbiamo misurare la formazione del creato, appetto a cui le durate dell’epoche geologiche sono veri giorni.

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Il loro numero totale sarebbe di 5421 nel cielo visibile a Münster che è 0,8 della sfera intera, onde, supponendo che nel resto le stelle abbiano la stessa proporzione, le visibili ad occhio nudo sarebbero 6,800 prossimamente.

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Osservazioni astronomiche e fisiche sulla grande cometa del 1862 con alcune riflessioni sulle forze che determinano la figura delle comete in generale

515210
Schiaparelli, Giovanni Virginio 1 occorrenze
  • 1873
  • Ulrico Hoepli
  • Milano-Napoli
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
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Io non ignoro che Bessel nella sua teoria spiega la dilatazione delle code ammettendo che le particelle nello staccarsi dal nucleo abbiano una certa velocità laterale, che nelle sue formuleAstronomische Nachrichten, n. 300-301-302. egli indica con l’espressione g sin G. E non v’ha dubbio, che questa supposizione può bastare, almeno prossimamente, a spiegare la dilatazione di quelle code, che sono foggiate a guisa di conoide parabolico. Ma io dico, che quando una cometa si allarga in foggia di tromba, come è avvenuto della nostra e della cometa di Donati e della grande cometa del 1811Vedi i disegni di Pape nel vol. XLIX delle Astronomische Nachrichten per la cometa di Donati. Per quella del 1811 e il disegno di Hof nel vol. XXIV della Monatliche Correspondenz di Zach, e quelli di Mathieu nel vol. XXVII della medesima collezione. e di altre ancora, la velocità laterale non è sufficiente a render ragione di questa forma.

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Storia sentimentale dell'astronomia

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Piero Bianucci 5 occorrenze

Conoscendo i trascorsi di Edmond a Sant’Elena, è facile immaginare che i due giovani abbiano simpatizzato.

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I rivoluzionari trasformarono poi questa impresa nel simbolo stesso della Repubblica: mai più pollici, braccia o piedi regali, ma soltanto democratiche unità di misura che abbiano nella Natura il loro fondamento, così da poter essere considerate universali. E poiché abbiamo 10 dita, decimali dovevano essere multipli e sottomultipli delle unità base.

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Ma è un luogo comune infondato che gli antichi abbiano sempre pensato a una Terra immobile e al centro del cosmo. Pare che sia così solo perché la cristianità di questa idea fece un dogma e lo impose per 15 secoli mettendo in ombra le intuizioni dei pensatori alternativi. In realtà nella Grecia antica non mancarono scienziati che davano per scontato che la Terra fosse rotonda e girasse su se stessa. Tra questi, i pitagorici, Eraclide Pontico (385-322 a.C.), Seleuco di Seleucia e lo stesso Aristotele, che indicò come prova della sfericità terrestre l’ombra curva che il nostro pianeta proietta sulla Luna durante le eclissi. Eliocentrismo e geocentrismo convivono nell’antichità e si sviluppano in parallelo, come dimostrano gli studi di Lucio Russo (Università di Roma) sul patrimonio dimenticato della scienza antica.

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Tombaugh scoprì Plutone e, dopo Hershel e Le Verrier, divenne uno dei tre uomini che abbiano potuto vantarsi di avere scoperto un pianeta. La gloria durò 76 anni e sei mesi. Il 24 agosto 2006 l’assemblea dell’Unione Astronomica Internazionale ha declassato Plutone. Non è più un pianeta, da allora è collocato nella nuova categoria dei “pianeti nani”.

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Non è un caso che, da Acamar nella costellazione di Eridano a Zuben nella Bilancia, nove su dieci delle 239 stelle “battezzate” abbiano nomi di origine araba.

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