Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbian

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

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L'idioma gentile

208861
De Amicis, Edmondo 2 occorrenze
  • 1905
  • Fratelli Treves Editori
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
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Credo che le teste piccole abbian meno bisogno di studiar la lingua che le teste grandi, perchè, avendo poche idee, basta a loro un ristretto materiale di lingua ad esprimerle; perché, pensando meno profondamente e meno sottilmente, non occorre loro grande efficacia e finezza di Iinguaggio per rendere il proprio pensiero. Ma chi ha vero ingegno, se non sa la lingua bene, si trova tanto più impacciato a farsi valere quanto ha più ingegno. Come non lo comprende? Non è verità evidente che deve posseder la lingua meglio degli altri chi ha idee originali e sentimenti vivi e delicati da esprimere, chi sa, intuisce e ricorda molte cose, e in ogni cosa vede particolari che la maggior parte non vedono, chi dalla forza del proprio ingegno e del proprio sentimento è portato più degli altri ad analizzare, ad argomentare, a raccontare, a descrivere, e nel descrivere, a scolpire e a colorire le proprie immagini? E tanto più se il suo ingegno è di quella natura particolare che si chiama spirito, inclinato a coglier delle cose il lato ridicolo, e le relazioni riposte di affinità e di contrasto comico intercedenti fra di esse, e a giocare coi significati diretti e traslati dei vocaboli, tanto più avrà bisogno di maneggiar con destrezza la lingua, che appunto nel campo dello scherzo è ricchissima. Se si paragona la lingua al danaro, si può dire che chi non ha ingegno è rispetto ad essa come un uomo quieto e assestato, senza vanità e senza desidèri, che campa con pochi soldi, e chi ha molto ingegno è un uomo pien di vita e d'ambizione, di raffinatezze aristocratiche e di voglie giovanili, che ha bisogno di spendere e di spandere. Studi dunque la lingua anche lei, che è un gran signore intellettuale, per non ridursi poi a campare come un pitocco.

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Pagina 27

La freccia d'argento

212285
Reding, Josef 1 occorrenze
  • 1956
  • Fabbri Editori
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
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Non rientra nei suoi piani che gli esploratori abbian già rimesso in ordine la loro vettura! Poi si frega tuttavia sodisfatto le lunghe mani, facendo crocchiare le giunture: quelli della Freccia d'argento non sospettano di nulla, poveri innocenti! Ede ora ostenta un'aria sprezzante e fa un gesto lezioso da elegantone. - Da noi tutto va liscio come l'olio! Non abbiam bisogno di verifiche, noialtri! - Be', uomo avvisato non fa primavera! - replica Stucchino, stringendosi nelle spalle. - Che ora è? - È ora che tu metta la testa a partito! - Smettila, buffone! - Sono le tre e venti! - Al diavolo. quello scemo di Jörg! - urla Ede. - Dove si è andato a cacciare con l'olio? - Ve ne possiamo dare noi - gli grida Alo. - I nostri cuscinetti a sfere guazzan nell'olio! Per un attimo Ede si sente a disagio: quel minimo di coscienza che ancora gli resta gli rimorde. Si è comportato da mascalzone, e quei ragazzi gli vengono in aiuto senz'ombra di sospetto, da buoni compagni. Ma poi la solita canaglia riprende il sopravvento. Tra sé Ede mormora il suo motto: «Prima di tutti ci sono io, Ed-mastica- gomma! Poi per un gran pezzo non viene nessuno; poi ci sono di nuovo io! E prima che vengan gli altri, ce ne vuole!» Ede allora, accetta senza scrupoli il lubrificante che gli è stato offerto. Nel frattempo gli spettatori sono andati sempre più aumentando, e gli ombrelli aperti formano ormai un'unica enorme cupola. La ripida pista di cemento, che ieri aveva riflessi di color grigio chiaro, ora è addirittura nera. - Peccato che il cappellano oggi non ci sia! - dice Stucchino ad Alo. - Doveva portare l'Olio Santo a un morente e forse verrà più tardi. L'essenziale è che poi gli possiamo dire che hai conquistato il primo premio. - Il primo premio, voi! - li schernisce Ede da lontano. - Avrete il premio di consolazione! Una figurina Liebig e un nulla d'oro rilegato in argento! Ah, ah, ah! - Che ti ha dato di volta il cervello? O stamattina ti sei alzato col piede sinistro? Brutto sgorbio di un pigmeo! - prorompe di rimando Stucchino. - Smettila con gli schiamazzi e pensa piuttosto alla corsa! Alo ha ragione: fra cinque minuti verrà dato il via! Il comitato del derby impartisce gli ultimi ordini, e i ragazzi devono sgomberare la pista. Rimangono soltanto i tre corridori rannicchiati nelle loro vetture, coi volti tesi, contratti. Il vento lancia la pioggia su quei visi, che gli occhialoni e i caschi proteggono malamente. Ora le vetture vengono allineate al millimetro sulla linea di partenza. Lo starter fissa il cronometro. Gli ultimi secondi trascorrono con una lentezza esasperante. Ed-mastica-gomma scocca un'ultima occhiata beffarda a Stucchino, ma questi non vede intorno a sé che un mare di nebbia. Si tasta la tasca sul petto e, sentendo la medaglia di San Cristoforo, si rincuora e guarda tranquillo dinanzi a sé la pista lucida di pioggia. * * *

Il Plutarco femminile

217925
Pietro Fanfano 1 occorrenze
  • 1893
  • Paolo Carrara Editore
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
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"Fin qui abbian parlato della Gaetana Agnesi come letterata e come scienziata: veggiamola adesso come donna, e non dubito che concluderete meco, essere le sue virtù. domestiche da pareggiarsi a' più nobil suoi pregj. Restò senza madre all' età di soli quattordici anni; e suo padre prese un' altra, e poi un' altra moglie, dalle quali replicate nozze ebbe ventitre figliuoli: eppure tra sì numerosa famiglia la Gaetana adempiè tutte le parti di ottima madre, attendendo amorosamente alla educazione dei fratelli e de' fratellastri; mostrando così che gli studj e il vero sapere non sono impedimento alle virtù domestiche. Quegli studj però e quel sapere le furono scudo efficace contro le più attraenti seduzioni, e la fecero più che donna. Essa fu della persona bellissima e ben disposta: maravigliosamente formosa.; gentile quanto può esser gentile una donna: occhi e capelli neri, il tipo insomma della bellezza, con parlar soavissimo. Con tante e sì rare doti dell' animo e della persona, vi lascio pensare se fu lusingata da' più illustri partiti di matrimonio; ma la savia fanciulla, fin dalla prima giovinezza, aveva proposto di dare tutto il, suo affetto al padre ed alla famiglia, nè però cedè mai a veruna lusinga, o si lasciò vincere all' ambizione; venuta poi l' età matura allargò il suo amore a tutta l' umanità sofferente, e tutta a quella si diede. Mortole allora il padre e parecchi fratelli, abbandonò ogni corrispondenza con letterati e scienziati, ed ogni altro pensiero di mondane vanità, visitando invece con ardente carità gl' infermi della sua parrocchia e quelli dello Spedal Maggiore. Poi, come la carità sempre più si accendeva, così in certe stanze appartate della casa raccolse delle povere inferme, alla cura delle quali affettuosamente attendeva; e non bastando a ciò le proprie rendite e le privazioni ch' essa faceva, si ridusse a vendere tutti i preziosi suoi arredi e le gioje; tra le quali un ricchissimo anello e una scatola di brillanti, magnifico dono fattole già dalla imperatrice Maria Teresa, allorchè le dedicò la sua grande opera delle Istituzioni analitiche: nè bastando più alla sua casa, ne prese una a prigione la sua vita, assistendo amorosamente alle inferme. Sull' esempio per avventura, della nostra Maria Gaetana, nel 1771 il principe Triulzio fondò in Milano uno spedale per i vecchi infermi e poveri di ambo i sessi; e l'arcivescovo offerse alla Agnesi l' ufficio di visitatrice delle inferme, e anche di direttrice dello spedale delle donne; santa donna, non solo accettò di gran cuore, ma andò a stare nello spedale medesimo, dando tutto sè stessa al soccorso degli infelici. In quel nobile esercizio di carità ella visse quindici anni; giunta allora all' ottantunesimo anno, morì santamente il dì 9 di gennajo del 1799 compianta universalmente. "Io vi ho raccontato in poche e disadorne parole, conchiuse la signora Zaira, la vita di questa rara donna, la quale mi pare di non dir troppo, se affermo che raccolse in sè sola le più belle virtù, delle illustri donne, di cui si sia mai parlato in questa sala, ed in tutte fu eccellente. Ella scienziata solennissima tanto che le sue opere non pure son giudicate classiche per la parte scientifica, ma sono scritte con ogni proprietà, e purità, e citate dalla Crusca per testo di lingua, come dianzi vi ho detto: ella può stare nel primo ordine tra le benefattrici della umanità, e può bene stare accanto alla buona Rosa Govona, della quale udiste le rare virtù domenica passata; ella rarissima e forse unica nella modestia, e nell'aver saputo vincere quel nemico formidabilissimo noi altre donne, dico la smania di comparire e belle e istruite, o in altre parole, e per chiamare pane il pane, la vanità." Il maestro, tornata che fu la Zaira al suo posto, le rivolse parole di gran lode; e poi le disse ridendo: "Ella ha toccato con molto accorgimento il fatto di certi professoroni che scrivono pessimamente, ed ha fatto bene. Pur troppo anche questa è una vergogna per Italia, che quasi tutti gli scienziati scrivano barbaramente: e più vergogna ancora, che la loro ignoranza vogliono ricoprire con certe loro chiacchiere, allegando che bisogna guardare alle cose e non alle parole; che lo studio delle parole è cosa da pedanti: ed in alcuni va tanto oltre la forsennatezza che, per iscusare la loro supina ignoranza, sfatano i buoni studj, dispregiano chi gli coltiva, e giungono persino a dire che la lingua italiana non si presta a scrivere di cose scientifiche!!... Di costoro non voglio parlar troppo qui, che direi cose poco convenienti a questo luogo. Dirò solamente che il loro procedere, non pure è vergognoso, ma è vile: che non fanno così gli scienziati delle altre nazioni; arrossirebbero di trascurare gli studi delle lettere, e di scrivere male la loro lingua. Circa poi al non essere la lingua italiana acconcia a scrivere di cose scientifiche, tal proposizione è così stolta, che il combatterla sarebbe vergogna per un italiano; per un cittadino, dico, di quella nazione, che in ogni parte di scienze ebbe scrittori solennissimi in ogni secolo, tra' quali vi sono Dante, Machiavelli, G. B. Gelli, Monsignor Piccolomini, il Muzzi, il Bocchi, il Galileo, il Redi, il Magalotti, il Viviani, il Del Papa, il Cocchi, gli Zanotti, con altri infiniti e per l' ultima la stessa Gaetana Agnesi. Ma i nostri professoroni il più degli eccellenti scrittori di scienze non gli conoscono nemmen per nome.... Basta, l' ora è passata, e fo punto. Altrove parlerò di proposito contro questi ciarlatani."

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