Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il tesoro

182102
Vanna Piccini 13 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Abbiamo notato che le donne in tram sono pazienti e rassegnate, se ne stanno nel millimetrico spazio che la Provvidenza concede loro, senza dare a divedere il loro proprio disagio, e poichè i pesi massimi non sono poi tanto numerosi, la donna che ha la virtù di contrarsi, rimpicciolirsi, farsi esigua entro i propri panni come la chiocciola nel guscio, non è assolutamente invadente in tram. Lo è invece l'uomo, specie in inverno, quando col pesante cappotto, le larghe spalle, la persona corpulenta, siede e non ha alcun riguardo di chi gli sta gomito a gomito, usurpando molto dello spazio ad esso dovuto. E sì pianta magari d'angolo, con le gambe allargate e il giornale spiegato. Che cosa si può fare in simili casi? Sacrificarsi, concedere quanto più si può del nostro territorio, ovvero alzarsi in piedi e lasciare che l'altro faccia magari un pisolino. Non consiglio alcuna donna di sopraffare un uomo che ha adocchiato un posto ove sedersi. Glielo lasci, perchè è molto meglio rinunciare che entrare in lizza con lui: ne avrebbe la peggio. II galateo del tram si riassume in queste norme: Alzarsi e cedere il sedile a una mamma con in braccio il suo bambino, a una donna in istato interessante, a una persona anziana (palesemente anziana), a un mutilato, a un sacerdote o a una monaca (specie quelle della Carità). Esser composti; è inutile, ad esempio, che le gonne femminili vadano più su del ginocchio; evitare battibecchi e querele, sopportare pazientemente l'altrui nequizia.

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Nel contrattare, si seguiranno le norme che abbiamo accennato per gli acquisti; sfuggendo al ridicolo e al compatimento altrui, scegliendo cose che non sono adatte, anche se, viste indosso a una bella bambola ventenne, piacciono enormemente. E che dire di coloro che toccano tutto: trine, biancheria, fiori, veli? Poi vi è chi pretende d'esser servito subito, e chi nelle sartorie studia un bel modello per riprodurlo con qualche variante, mentre copiare non è sempre lecito.

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Sappiamo che il sembrare modeste e timidine è fuori tempo, e da parte nostra non abbiamo neppure troppa simpatia per le arie di madonnine infilzate, specie quando alla apparenza non corrisponde la sostanza. Ma se il contegno impacciato è da bandirsi, non si approva nemmeno un'eccessiva disinvoltura. Del resto le regole al ballo sono note e molto semplificate oggi. Alla richiesta di un ballo da parte dell'uomo, l'invitata risponde alzandosi, se non ha altro impegno; la stessa, invitata, dopo un rifiuto non motivato da impegno, non si farà vedere a ballare con altri; a danza finita ritornerà al suo posto accompagnata dal cavaliere. Il cavaliere eviterà di fermarsi a chiacchierare in luogo appartato con la sua giovane dama; questa non andrà con esso al banco dei rinfreschi a bere e fumare... Belle cose in teoria; quanto a metterle in pratica, la gioventù moderna ha i suoi punti di vista.

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Allora siamo in presenza di quel tale essere ibrido cui abbiamo già accennato. Sta poi male quando una donna dimostra di non poter fare a meno della sigaretta, sicchè se ne è priva è capace anche di chiederla a uno sconosciuto. Moderazione, signore: una boccata di fumo rischiara, corrobora, tiene su: un pacchetto, due, tre di sigarette abbassano il livello del prestigio femminile. Fumare in pubblico non è sempre grazioso per una donna, lo si tollera, ma mette in disagio chi deve sopportare questa vista. Se in un crocchio al caffè, o in altri ritrovi, un uomo offre una sigaretta, si può anche non rifiutare; ma se una donna è sola, vederla con la sigaretta in bocca è penoso e si può equivocare sulla sua qualità. In istrada tanto meno e ammesso che una donna fumi. In treno chi fuma deve scegliersi lo scompartimento riservato ai fumatori, e se nessun altro si serve del legale permesso, prima di accendere si chiederà ai presenti licenza. Ugualmente, in una casa privata, prima di fumare, si chiederà sempre il permesso agli ospiti.

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Una persona intelligente può, se vuole, arrivare a conoscersi: è un'impresa difficile, abbiamo già detto, che richiede riflessione, chiarezza d'idee, sensibilità. Voi v'imbattete certe volte con persone di una goffaggine incredibile, che parlano, agiscono in modo da urtare i nostri sensi e vi stupite che non se ne avvedano. Sono esseri privi di sensibilità, di spirito critico, che mai hanno pensato a gettare uno sguardo sul loro io. Si ignorano e restano tutta la vita nella loro ignoranza. Non hanno neppure lo spirito d'imitazione, che potrebbe, sotto un certo aspetto, salvarli dal loro primitivismo. Chi si esercita nell'indagine o nell'auto-indagine, sempre più allarga la visione di se stesso e accresce la sua capacità di migliorarsi. Perchè a nulla varrebbe conoscersi, se insieme non si fosse animati dalla volontà di correggere le proprie manchevolezze, di vincere la propria natura, di sfuggire anche le tristi occasioni, se non ci si sente ancora fortificati abbastanza per superarle vittoriosamente. Anche ciò fa parte del saper vivere, e abbiamo voluto concludere la nostra riassuntiva esposizione riguardante l'individuo nei suoi contatti col mondo, invitando i lettori all'esame esteriore e interiore di se stessi; perchè non basta sapersi ben comportare verso gli altri, ma è importantissimo essere a posto con sè medesimi, per procedere sicuri e consapevoli nel cammino che dobbiamo percorrere.

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Pure esse non hanno mai trascurato un dovere, nè commesso un'imprudenza, nè compromessa la propria salute, come accade a chi vi s'immerge, dimenticando se stesso, in quello strano e tirannico mondo che abbiamo detto. Così dicasi per gli uomini che, professionisti, commercianti, impiegati, attendono alle cure della loro professioni, dei loro commerci, dei loro impieghi e sanno in pari tempo vivere in società. Bisogna sapere equilibrare il proprio dovere col proprio piacere, delibare il meglio dalla vita di società, trovarvi un pascolo intellettuale, uno svago gradito. È il superfluo, il di più. Ma la vita vera, la vita di ogni giorno, di ogni ora non è quella; come il nutrimento vero del nostro essere fisico non può consistere e non consiste in vivande d'eccezione o in liquori inebrianti.

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Abbiamo detto che il marito non è un essere perfetto, in quanto è un uomo, come del resto non è perfetta la moglie, in quanto è donna. Egli sarà un galantuomo, nel senso buono e logico della parola. Possiede un carattere, un'educazione, ama lealmente, seriamente per esser giunto al matrimonio. Così dobbiamo pensare nelle unioni normali, che purtroppo le eccezioni non mancano, ma qui trattiamo appunto di due esseri che hanno stretto un indissolubile legame basato sull'amore. Ma alcuni difetti sono insopprimibili nella natura umana. O sarà l'impazienza e la violenza, del carattere insofferente di contrasti; o una leggera tendenza allo spirito di contraddizione, o altro. E poi l'uomo, anche il più gentile e delicato, in fatto di delicatezza resta sempre un po' distanziato dalla donna. L'uomo anche più sinceramente affezionato, non giunge mai ad eguagliare o per meglio dire a capire, tutte le mille e una facce dell'affezione muliebre. Egli, senza nemmeno sospettarlo, urterà la suscettibilità di colei che ha fatto sua; risponderà ridendo a una osservazione rivolta magari col cuore palpitante, e accetterà senza farne caso un'attenzione che forse è costata insistenti pensieri, e cure minuziose, e meditati riguardi. Allora, dolorosamente sorpresa, la donna chiederà a se stessa: È questo lo stesso uomo già così gentile e premuroso? È egli cambiato? Non mi ama forse più? No, egli non è cambiato, egli ama sempre; ma l'evoluzione inevitabile, fatale segue il suo corso; il carattere primitivo riprende il sopravvento, la illusione ottica dei primi tempi di matrimonio va dissipandosi, e mentre da un lato i difetti affiorano, accade dall'altro che si incomincia a vedersi l'un l'altro quali si e in realtà, non quali ci si era compiaciuti a foggiarci nella nostra immaginazione. Giacchè voi pure, che leggete queste pagine, voi pure senza avvedersene, vi siate fatta meno affettuosa, un po' meno amabile... Egli non è più la conquista recente, lo sposo di un mese; è vostro marito, vale a dire una proprietà sicura, legittima, che non vi può sfuggire. Insensibilmente, senza cessare di amarlo, vi siete data meno cure di piacergli. E se con gli estranei fate sfoggio di spirito, di gentilezza, accade talvolta che non troviate una parola nè un sorriso quando siete a quattr'occhi con lui. Ed egli pure se ne accorge. Ma il male previsto e già mezzo rimediato. Per ciò che riguarda i vostri propri difetti, signora, il mezzo di rifarsi è facile, ed e interamente in mano vostra. Sorvegliatevi, tenetevi d'occhio, di continuo, come facevate nel tempo in cui eravate fidanzata. Allora il desiderio di piacere sempre più al vostro promesso faceva sì che di giorno in giorno eravate in realtà più amabile, non solo verso di lui, ma con tutti; studiavate i gusti, le preferenze di lui, in tutte le più piccole cose. Sacrificavate non solo senza rimpianti e senza brontolii, ma con vera compiacenza, i vostri gusti ai suoi, le vostre abitudini alle sue; eravate fiera, felice di uniformarvi, non dirò alla sua volontà, giacchè egli non esprimeva volontà, in quel tempo, ma ai desideri che vi riusciva di indovinare prima quasi che egli li avesse nettamente formulati. Ora vediamo, dunque, potete asserire di essere ancora la stessa, di avere ancora questo fuoco sacro che vi riscalda e vi esalta? Al vostro acume, alla vostra sensibilità, non solo la risposta, ma la conseguenza pratica della risposta stessa. E non dubito che una volta fatta accorta del cambiamento avvenuto nei vostri modi, voi vi adoprereste con tutto l'ardore di un cuore amante e leale, a rifare la strada percorsa inconsapevolmente, e ritornereste a mostrarvi tanto graziosa e gentile, quanto lo foste già da fidanzata. Per quanto riguarda i difetti del marito la cosa è alquanto più complicata. È bensì vero che fino a un certo punto i difetti e le virtù degli uomini sono opera nostra, e che, secondo un antico proverbio arabo « la moglie buona fa il marito buono », ma sempre fino a un certo punto e non più in là. Ci sono certe asprezze di carattere che non è in nostro potere di eliminare, ci sono certe lacune nell'educazione maschile che è troppo tardi ormai per correggere; vi sono in complesso mille piccole macchie in quel nostro sole che sul principio avevamo creduto sì splendido e puro. E ne soffriamo, e c'irritiamo, e ci sembra quasi di essere state ingannate, e spesso ce ne lamentiamo amaramente. Il lagnarci non solo non giova, ma nuoce, e l'irritarci accresce il male, invece di porvi rimedio. Non c'è che l'affetto e l'indulgenza, quell'indulgenza inesauribile che l'affetto soltanto è capace d'inspirare, che possano accomodare le cose. E tu, uomo, abbi pei difetti di tua moglie un po' d'indulgenza, e amala tanto. Ti sarà così meno difficile sopportare quei difetti, e chi sa, forse finirai per non soffrirne più. Più sarai indulgente e disposto alle concessioni verso tua moglie, in tutto ciò che non cede realmente la dignità dell'uno o dell'altro, più le sacrificherai un po' delle tue abitudini occupandoti di lei, accettando le sue predilezioni, e più acquisterai influenza nell'animo di lei. Ella sarà meglio disposta a darti retta in qualche circostanza più grave, se dovrà convenire che non sei nè prepotente nè contraddicente per carattere nelle piccole cose. La compiacenza giornaliera si può considerare come una moneta spicciola, in cambio della quale possiamo talvolta pretendere una grossa moneta d'oro.

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Abbiamo detto che la maggior parte degli uomini dei mariti e dei padri di famiglia è, per lunghe ore del giorno, occupata fuori delle pareti domestiche. A che cosa consacrano gli uomini il loro tempo, di che si occupano, se non degli interessi e del benessere materiale della famiglia? Ma curare questi interessi, provvedere a questo benessere non è faccenda da poco, e non è sempre gradevole e divertente. Infiniti sono gli urti, infinite le brighe alle quali va incontro l'uomo utilmente occupato. Ora lo rattrista l'insuccesso di un'impresa dalla quale si riprometteva rilevanti vantaggi; ora è stata fraintesa e sciupata una sua idea nobilissima; e la malignità ingenerosa dei malevoli, e l'ingratitudine dei più, e l'indifferenza, l'inerzia di tutti sono altrettante ferite per l'uomo intelligente, onesto e attivo. Di queste ferite, bisogna che egli si senta guarire nel varcare la soglia della casa. La casa deve essere veramente l'asilo sacro, ove nè crucci nè noie, nè malignità di fuori possono penetrare. In casa non deve regnare che un'atmosfera pura e serena; tanto più pura e serena quanto più cupe e minacciose sono le nubi che s'addensano di fuori. All'uomo affaticato, irritato, disgustato dalla lotta tormentosa della vita, la casa e la famiglia non devono offrire che riposo e sorriso. Si cerchi di risparmiare all'uomo che vi ritorna affranto da una lotta sostenuta il più delle volte per il bene della moglie e dei figli le piccole ma cocenti noie di un servizio mal fatto, di attriti magari con la suocera, di rabbuffi in sua presenza, di continue lagnanze; tocca alla moglie a far sì che il servizio proceda bene; a lei tocca prevedere a disporre, e assicurarsi che l'ordinato e il disposto venga eseguito a dovere. Tutto ciò importa molta attenzione, un po' di tempo e qualche seccatura. Ma sarà dolce compenso constatare che il marito non si accorge di certe difficoltà e di certi inconvenienti, che tutto scorre facile e liscio; merito della donna che si è addossata il non lieve carico di togliere ogni asperità dal suo passaggio.

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Ciò non deve escludere la comprensione, di cui abbiamo già parlato a proposito della donna nei rapporti col marito. Il marito torna a casa affaticato, preoccupato, distratto; il suo pensiero in quel momento è lontano, assorto da chi sa quali cure. Gli si usa una gentilezza ed egli non l'avverte, gli si parla e non risponde a tono; siede a tavola, mangia malvolentieri e appena finito se ne va. Infierire su quest'uomo che manca, certamente, ma non per abitudine, bensì per cause che alterano il suo umore e il suo carattere, significa mancare di comprensione e di tolleranza. Più prudente e più generoso il compatimento nei momenti fatti incresciosi dalla gravezza degli affari, del lavoro, della professione. Se il marito è uno studioso, un intellettuale, ancor più deve esercitarsi in tolleranza paziente di una donna. Ella deve esser preparata a una vita particolare, fatta più di intime soddisfazioni che di piaceri. E queste soddisfazioni le deve cercare nel sentimento quasi di protezione, di aiuto, aiuto materiale e intellettuale, del quale il marito ha bisogno per non essere distratto dal suo lavoro e per riposare senza preoccupazioni dopo l'intensa applicazione. Su queste basi, nei diversi casi che possono presentarsi, si fonda la felicità dei due coniugi e dell'intera famiglia.

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Poichè essi non ci hanno chiesto di essere, ma siamo noi che abbiamo dato loro la vita e il respiro, noi dobbiamo far sì che nulla manchi loro, qualunque sacrificio ci costi il loro benessere e il loro sostentamento. Ben grave è l'errore dei genitori che accampano i propri diritti a detrimento di quelli che spettano ai figli. Noi abbiamo avuto la nostra parte nel festino della vita; se i dolori non sono mancati nemmeno le gioie ci sono venute meno, per quella legge d'equilibrio che forma la base dell'esistenza. Essi, i figli, sorgono, noi fatalmente tramontiamo; d'anno in anno dobbiamo insensibilmente ritirarci per lasciare il posto alla loro trionfante giovinezza, l'egoismo dei figli è scusabile e umano, non così quello dei genitori che non trova giustificazione in alcuna legge umana e divina. Poi il tenero virgulto cresce e s'irrobustisce e appena esso comincerà a mostrare le sue qualità e la sua volontà di omino o di donnina, la madre dovrà mettere in azione quel delicato congegno di freni, che non dovrà mai essere coercizione violenta ma sottile opera di persuasione. E qui, prima ancora di parlare del problema educativo, non sarà fuori luogo ricordare che l'infanzia è sacra, alla donna di coscienza e merita rispetto. Eppure non pochi son coloro che in presenza dei fanciulli non si peritano di parlar di tutto, di far commenti, di lanciare frasi ardite, esclamazioni irriverenti: si narrano episodi salaci, barzellette di cattivo genere; si discute su ogni argomento: di religione, d'amore, di morale. E le orecchie ascoltano, recano per via dell'udito alla mente tenera l'impronta rude delle volgarità, delle miserie, dei pericolosi problemi dell'essere. Ascoltano e ritengono, poichè la profanazione della loro innocenza non è senza frutto; così si demoralizzano presto, si fanno anti tempo scettici, maliziosi, opportunisti. I buoni esempi additati dai maestri, le esortazioni dei genitori, i consigli dei buoni libri a nulla servono, se nella vita dimentichiamo di nascondere ai fanciulli le nostre debolezze, le nostre defezioni: se dimentichiamo il rispetto dovuto all'infanzia che deve corazzarsi di fortezza e di fede. I genitori dovranno dunque impedire che davanti ai bambini si tengano certi discorsi, si inizino certe discussioni, si scenda a certi scherzi, non solo, ma la madre vigilerà sulle persone di servizio,affinchè le loro parole e i loro atti nulla abbiano di sconveniente, e la vanità, la dissolutezza, la disonestà non si rivelino in azione ai fanciulli con la terribile efficacia dell'esempio. La madre è insostituibile e solo essa può plasmare nel miglior modo possibile una materia docile, nuova, vergine ancora d'ogni impronta. Plasmare e lottare contro ostacoli e tendenze che sono il prodotto della eredità, del temperamento, del carattere. Pensate che un piccino di cui la mamma si occupa con assiduità, intelligenza e amore, si sveglia dal torpore della vita animate assai prima di quelli che la mamma trascura e che sono affidati a cure mercenarie. Possiamo constatare tutti i giorni la grande differenza che esiste tra i nostri fanciulli e quelli delle campagne, le cui madri costrette a lavorare nei campi possono concedere ad essi solamente quel tanto di cure che basta alla loro esistenza materiale. Ma una mamma che vive tutte le ore con la sua creatura e ne vede l'intelligenza schiudersi giorno per giorno, insieme alle cure fisiche non deve mancare d'infondere col suo alito amoroso nella piccola mente i germi del discernimento, delle cognizioni rudimentali, del pensiero. La mamma è la prima, la naturale maestra, e non deve cedere questo suo nobile e geloso compito a nessuno. Giacchè non è ancora l'istruzione che deve conferire ma l'educazione, ma la luce dello spirito e la fiamma del cuore. Nessuno potrà farlo meglio di lei, giacchè ella sceglierà i momenti, approfitterà delle circostanze, si varrà dei giochi per imprimere nella piccola anima candida come una pagina vergine di scritto,le prime tracce dei più forti e nobili sentimenti destinati a dirigere la sua vita. « L'avvenire di un fanciullo è sempre I'opera della madre» diceva Napoleone. Infatti è lei che ha l'obbligo d'indirizzarlo al bene, di combattere le sue tendenze cattive, di aprire la sua intelligenza, e senza inasprirlo, senza affaticarlo soprattutto. Le prime nozioni, morali e intellettuali, devono esser date ed apprese per via dei giochi, nel corso di una passeggiata, soddisfacendo a una curiosità, non trascurando di far notare le conseguenze benefiche o perniciose d'una azione; limitando al puro necessario, al comprensibile per non affastellare spiegazioni e renderle inafferrabili alle tenere intelligenze. Coi bambini è bene usare un linguaggio semplice, un poco immaginoso, anche, come è il loro; nè mai lasciarsi cogliere in contraddizione o farsi vedere esitanti. Occorre una risposta pronta agli innumerevoli e terribili perchè, e che questa risposta sia sempre tale da appagarli, da lasciare in essi il solco di una nuova idea su quanto li circonda: e questa idea che diamo loro, sia la più approssimata al vero, la più lontana dal bizzarro e dal superstizioso.

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Ma di ciò abbiamo detto net capitolo «Negli Alberghi », mentre ci siamo anche intrattenuti in tema al capitolo Escursioni « Crociere », « Al mare » , « In montagna ». Possiamo aggiungere che nelle gite che vengono organizzate in luoghi di villeggiatura, sta alla delicatezza e allo speciale tatto proprio di ogni persona educata, comprendere se I'insieme della compagnia corrisponde ai propri gusti, alle proprie idee, per regolarsi nell'accettare o nel rifiutare un invito, con garbo, senza offendere. E se oltre alle gite, venissero organizzati balli, feste di beneficenza, le stesse regole che vigono nelle città sono da osservarsi, con non minori obblighi o maggiori libertà. Quanto ai bambini in villeggiatura, tutti sappiamo che nella loro schietta gaiezza, nella loro ingenua semplicità, nella loro adorabile innocenza, essi presentano quanto di più bello, di più gradevole, di più salutare offre la popolazione temporanea delle spiagge e dei monti. Ma se tutto ciò è vero e da tutti compreso, occorre pure che questi bimbi non disturbino i villeggianti coi loro 43. II tesoro capricci, con la loro infantile caparbietà o con il loro vivace temperamento, fino a passare il segno. Per quanto in villeggiatura si vada per riposare, la madre instancabile, proseguirà nella sua opera di educatrice: lascierà scorazzare i suoi bambini, sotto il sole, nei prati, sulle spiagge; li frenerà nelle sale comuni degli alberghi, delle pensioni e non permetterà che in una casa o in una villa d'affitto si comportino come piccoli vandali. Ella sa che quanto più avrà saputo esser costante nell'ammonire, tanto maggiore è la sua tranquillità sul conto delle proprie creature che, abituate a comportarsi ovunque civilmente, non si smentiranno sapendosi meno obbligati dalla compassatezza della vita cittadina.

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Net capitolo « Lutti » abbiamo trattato l'argomento del funerali, qui accenniamo solo che al giungere delle partecipazioni, i conoscenti della famiglia possono mandar fiori, purchè non lo vieti l'estrema volontà della persona defunta. In tal caso si potrà devolvere la somma corrispondente a beneficio di qualche istituzione, quale omaggio alla memoria del proprio caro perduto. Nell'ora del funerale, alla porta della casa visitata dal dolore, vi sarà una persona incaricata di raccogliere i biglietti da visita di coloro che sono intervenuti o si son fatti rappresentare; ovvero vi sarà un registro ove ognuno apporrà la sua firma.

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Ma in proposito a ciò abbiamo accennato nel capitolo inerente ai « Battesimi ». (Vedi: « Doni di battesimo» ).

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