Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbiamo

Numero di risultati: 22 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Signorilità

199179
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 22 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Turati, abbiamo progredito anche in questo ramo e saremo arrivati fra breve a una forma di arte per la casa. Vedremo di sicuro presto grandi artisti disegnare modelli per l'ebanista, lo stipettaio, l'orafo, il fabbro, il vetraio, la ricamatrice, l'incisore, l'intarsiatore, il ceramista... . Intanto, ottimo segno dei tempi è il ritorno graduale alla semplicità della linea, l'abbandono dello sfruttato e odioso «liberty» o stile nuovo, e il ritorno all'antico. È vero che, accanto al ritorno all'antico, abbiamo il cubismo, il quale disegna case simili a grandi cassoni di lavandaia o a immensi «sylos» per deposito di grano, ma appunto questo eccesso riporterà più volentieri alle linee sobrie e signorili dei grandi maestri, i quali avevano studiato a fondo la natura, la poesia e la musica, oltre che il loro mestiere... e tutto avevano tradotto in bellezza...

Pagina 148

Copriamone un sommier, un lungo tavolo colle gambe ad arpa, un letto da sposi; se ne abbiamo soltanto delle striscie e dei larghi rettangoli, usufruiamone per una stanza da signorina ecc. Una bionda giovane signora ha disposto dietro la sua scrivania uno di essi col largo fondo nero e i bordi colorati, e trova che non vi può essere sfondo più artistico per la tinta dei suoi capelli. Ma, naturalmente, nel disporre i «Cachemir» o qualunque scialletto a frangia, o anche i grandi fazzoletti dai vivaci colori, ancora in uso nelle borgate (questi ultimi per coprire tavolinetti bassi), bisogna seguire leggi di gusto e di armonia. E ciò anche per i cuscini, che la moda attuale vuole in grande quantità dappertutto. E qui consiglio alle amiche lettrici di avere sempre a portata di mano un lavoro, a cui possono, anzi a cui devono seguitare a dare dei punti, chiacchierando con parenti o con amiche. Ricordino che il tempo passa terribilmente presto, e che noi abbiamo lo stretto dovere di occuparne bene ogni minuto. Questo lavoro può essere un cuscino, dato che la moda ne vuole tanti dappertutto, e dato che sono un ottimo elemento decorativo. Per esempio, prendano un rettangolo 70 X 40 di gaia «cretonne», e con della seta artificiale in matasse, di color bianco argenteo, ne lavorino tutto lo sfondo a un fitto punto di rammendo, in modo da far risaltare mirabilmente i fiori, gli uccelli, gli ornati del disegno. Oppure prendano una «cretonne» a fondo scuro, e sottolineino tutti i contorni del disegno con un punto lungo in filo d'oro, oppure con un punto a catenina in filo d'argento, marcando, per esempio, le venature delle foglie o il centro dei fiori. Oppure ritaglino dal panno rosso mele e ciliege, dal panno nero foglie e motivi ornamentali, e li applichino su di un fondo color greggio, fissandoli a punto festone leggiero, oppure con gomma «para», quella che usano le modeste per tirare i velluti sulle forme; oppure, adoperando tela anzichè panno, ricamino dei cuscini tipo «della Robbia»; oppure lavorino con la raffia. Vanno anche molto i cuscini tipo Lenci, a quadrati, rombi, rettangoli, specchi di panno, sia di colori intonati, sia di colori contrastanti; per essi occorre, però, avere una grande esattezza; vanno quelli dipinti su velluto in oro; vanno quelli ovali, formati da una ruche di nastro, organdis, taffetas, su un ovale di seta. Altri cuscini, che bambine e nonne possono eseguire, sono fatti, riportando su della grossa cotonina color greggio un disegno ornamentale, il cui contorno va ricamato in grosso cotone bianco, e il cui fondo va fatto a punto rammendo, in lana di una bella tinta oro, pavone, marrone-dorato ecc. In quanto all'imbottitura dei cuscini, dato che il «Kapoc», il crine animale e la lana costano molto, possiamo procurarci quel soffice piumino delle canne di palude, avendo cura di rinchiuderlo in una prima fodera fitta e spessa. Un' amica adopera pel suo sofà quei cuscini e cuscinetti da letto che ogni casa ha in soprannumero, e adatta loro le fodere di «cretonne» o di seta variopinta, in forma di federe, con «volanti», cordoni, fiocchi, e con chiusura fatta da ganci automatici. Per non correre, però, il rischio di rimanere con un sofà sprovvisto, il giorno in cui arrivano degli ospiti, bisogna averne in grande quantità. Altra cura della padrona di casa sieri le porte e gli «scuretti» interni delle finestre. Un riquadro dorato, un filetto d'oro sul bianco, sul verde, o sul color noce, lavoro di piccole mani femminili, bastano a dare un'impressione di grazia e di rifinitura all'ambiente. Spesso la porta dell'anticamera richiede una «copertura», e ciò può farsi ricoprendola di flanellina che abbia lo stesso colore del parato, lasciando lo spazio necessario al funzionamento del catenaccio o della catena di sicurezza oppure adoperando due teli lisci della stessa stoffa del parato, teli fissati solamente in alto. Spesso anche tra due stanze è più simpatica una tenda divisionale, anzichè una porta... almeno così pensava Wagner (ricordate le sue lettere a Matilde Wesendonk, nelle quali le descriveva l'alloggio sul Canal Grande a Venezia?) E la padrona di casa abbia cura di togliere dagli oggetti con un piumino (o, meglio, coll'aspiratore elettrico), quella che, con nome pomposo, si chiama «la patina del tempo», ma che spesso è polvere e sporcizia; di restaurare da sè, se ne è capace, o di affidare ad un buon indoratore, le cornici dorate, di lucidare a nuovo tutti i vecchi mobili. Se essi sono a spirito (come lo sono quasi tutti) bisogna sciogliere mezzo ettogrammo di gomma lacca in mezzo litro di alcool denaturato e sfregarli, girando concentricamente. È un lavoro facile, ma che richiede molta fatica. Se i mobili sono a cera, è molto semplice ripulirli, adoperando i preparati in commercio e un buon panno di lana. Altre cornici venute in moda negli ultimi anni sono quelle all'uso inglese, specialmente indicate per il salotto dove la signora vive, o per ville di campagna o al mare, - che vanno generalmente col nome di «passe par tout». Con una certa abilità e con molta pratica si possono fare perfette - chiudendo, cioè, stampe e vetro, oppure fotografie e vetro in una lista di speciale tela gommata colorata... In una stanza, come quella dei «mandarini» o dei «lillà», la tinta della tela può essere benissimo color greggio, o giallo, o viola. Sulla parete bianca di un villino, può essere rosso ciliegia. Se si deve incorniciare il bollettino della vittoria, o il ritratto di un Principe di casa Savoia o la fotografia di un caduto, si adoperi l'azzurro Savoia.

Pagina 168

Se non abbiamo un appartamento immenso, noi signore sappiamo sacrificare un salotto pure di avere una stanza adibita a guardaroba, a stanza da stiro e da lavoro per la cameriera, dove ella lucidi le scarpe, spolveri gli indumenti, li smacchi, lavi i guanti, lavi qualche vestito o della biancheria fine, ecc. Questo locale dovrebbe avere un piccolo lavabo completo di maiolica, qualche presa di corrente elettrica, un fornellino per ferro da stirare a gas, la coperta da stiro, uno stira-maniche in legno coperto di flanellina, la tavola lunga per stirare le gonne ecc. Un capace armadione, dove trovino posto biancheria, coperte, vestiti da inverno, cuscini, copriletti ecc. può formare la felicità di una buona padrona di casa. Esso è più comodo quando è a sportelli scorrevoli e rientranti, e deve avere sempre accanto una robusta scaletta per arrivare ai piani superiori. Per economia (giacchè un grande armadione oggi costa intorno alle 1.500 lire) si può farlo fare smontabile, senza la parete che va attaccata al muro, inchiodando al muro una qualsiasi tela. Generalmente una metà dell'armadio è destinata a coperte e a biancheria; l'altra a vestiti, cappelli, scarpe. In basso c'è un cassone di latta, per rinchiudervi la pellicceria durante l'estate. Nella guardaroba, la tavola da stiro abbia la luce a destra; i bauli e i cassoni, che non mancano in nessuna famiglia, sieno messi bene vicino ai muri o uno sopra l'altro, possibilmente riparati dalla polvere e coperti di stoffa eguale. La biancheria da stirare (che deve stare il meno possibile in giro) trovi posto in capaci cassetti del tavolo o in armadio a muro, o in una di quelle ceste speciali, con coperchio, di giunco o di paglia. La macchina da cucire stia, quando essa è a mano, ben coperta, al riparo della polvere, sopra una mensola. Un armadietto a mensola, chiuso - se non esiste un provvido armadio a muro, - contenga il necessario per pulire e smacchiare, le pinze e qualche cordicella pulita per stendere ad asciugare la roba. E, giacchè siamo in argomento, ecco l'ottima ricetta di un liquido, con cui bisogna ripassare spesso il collo delle giacche maschili e femminili: far bollire g. 200 di saponaria in due litri d'acqua, fino a che l'acqua è ridotta a metà; unirvi, quando è fredda, 2 cucchiaj d'ammoniaca e 2 di benzina rettificata. Per smacchiare vestiti, è bene avere anche un liquido che si ottiene facendo bollire per un istante in un litro d'acqua g. 25 di sapone di Marsiglia, e aggiungendovi, a freddo, g. 25 di etere etilico e g. 25 ammoniaca. E ancora: i merletti nuovi, quando sono fatti un po' lentamente, sono sempre poco immacolati. Per pulirli si rotolano intorno a una bottiglia o a un cilindro di vetro; si ricopre d'acqua, in un caldano capace, bottiglia o cilindro, dopo aver dato qualche punto al merletto per tenervelo ben fisso; si pone nell'acqua del Lux e un granello di soda, e si fa bollire. Si getta l'acqua e se ne mette della pulita, fino a che il merletto sia immacolato; si risciacqua e si toglie dal cilindro solo quando è a metà asciutto. Si stira colle mani e non col ferro. Uguale procedimento si usa per qualunque merletto.

Pagina 215

Nel dare un valore a quella parte del nostro attivo e del nostro passivo che non sia in contanti, o non abbia un valore fisso e immutabile, chiediamo consiglio a competenti, e teniamoci sempre piuttosto al «disotto» che al «disopra» delle cifre suggeriteci; nella valutazione di mobili, arredamento di casa, quadri (non di autore) ecc. ricordiamo che quello che noi abbiamo pagato mille in negozio, diminuisce almeno della metà, se dovesse venire subito realizzato. Le passività possono dividersi in due generi: i debiti propriamente detti, che un saggio ammortamento rateale deve possibilmente eliminare, e i pagamenti rateali di case, terreni ecc., a cui fa riscontro un aumento di patrimonio. Questo primo quaderno deve essere aggiornato scrupolosamente: siamo mortali, e abbiamo lo stretto obbligo di lasciare agli eredi uno stato patrimoniale esatto, a base di documenti!... Secondo quaderno della nostra piccola contabilità sia quello delle rendite, da cui risulti quale è il guadagno o il compenso che i vari membri della famiglia ritraggono dal loro lavoro, e a quanto ammonti interesse del capitale posseduto. Terzo: quello delle scadenze attive e passive. Sono scadenze attive gli incassi di qualsiasi natura; sono passive le sei rate bimestrali d'imposte, i contributi, gli interessi da pagare per somme avute a mutuo, le pensioni a famigliari o a domestici, affitto, le annualità di assicurazioni vita, incendio, i debiti tutti ecc. Al principio di ogni mese, basterà un'occhiata per stabilire su quali immediate entrate si potrà contare ed a quali uscite bisognerà provvedere... ma non bisogna dimenticare quell'occhiata, perchè il trascurare una scadenza, per esempio di una cambiale, può portare danni gravissimi!... Lo scadenziario potrà essere stabilito ogni principio d'anno, ma dovrà avere un posto per quelle nuove scadenze derivate da mutamenti patrimoniali improvvisi, o da nuovi impegni assunti, o da proventi inattesi. Quarto sia il quaderno delle spese giornaliere, su cui siano notate le spese tutte, e sia copiata la cifra complessiva settimanale o mensile della spesa di cucina. Quinto ed ultimo sia il libro su cui la cuoca o la domestica nota la spesa dettagliata pel vitto. Forse un ragioniere, leggendo queste note, potrà sorridere... ma poi dovrà convenire che, nei nostri cinque quaderni, potremo avere una completa e pratica contabilità domestica, sia fine a sè stessa, sia, principalmente, atta a farci stabilire il bilancio annuo.

Pagina 25

Ma se, invece, si tratta di ospiti caduti dal cielo in un nostro villino solitario, dove non abbiamo che una sola domestica? Pazienza; si potrà presentare, in meno d'un'ora, una buona colazione, consistente in una... rottura di scatole fatte col solito «grano salis» e nei prodotti della nostra dispensa. Antipasti alla russa: acciughe, olive, peperoni pelati, sardine, salmone; Maccheroni con funghi; Carne in scatola, coperta di maionese; Fondi di carciofo, ripieni di piselli; Pesche al lampone. Oppure: Olive farcite e alici in salsa piccante; Minestra di purée di spinaci; Conchiglie di salmone con maionese; Budino di fagiolini; Asparagi; Spumone; Macedonia. Tutto è pronto in scatole, all'infuori dei maccheroni; la padrona di casa deve soltanto aggiungere del burro, olio, o strutto per fare insaporire i funghi o la purée di spinaci, e 1/2 litro di panna montata (chantilly) se si vuol fare lo spumone. Si ottiene uno squisito spumone per otto persone unendo una scatola di polpa di albicocche con 5 cucchiaj di zucchero e con mezzo litro di panna, e mettendo il composto a gelare nel ghiaccio e sale, (2 pugni di sale ogni chilo di ghiaccio) in uno speciale stampo a cupola. ... E, con questo po' po' di roba, chi abbia un buon appetito, alimentato dal vento marino «ubriaco di sale», o dalla frizzante aura montanina, dovrà convenire, a ragione, d'aver mangiato come un principe...

Pagina 278

Se poi abbiamo vestiti molto delicati. è meglio adagiarli in una robusta scatola di cartone e fissare quella nel baule, oppure nella cappelliera. Se poi si posseggono bauli speciali colle «stampelle» o bauli-cappelliere, o bauli portascarpe, niente di meglio. È indicatissimo scrivere su di un quaderno le cose che si portano con sè, sia per dimenticare le indispensabili, sia per riportarle alla fine della villeggiatura, sia per contarle al primo sospetto che qualcuna abbia preso il volo. Quando una signora non sia provvista dei bauli speciali sopra accennati, abbia almeno varie tasche o borse in tela o in mollettone per tenere ben divisa la biancheria, le combinazioni, le calze, i fazzoletti; abbia borse di «crétonne» per le scarpe, e ve le metta bene imbottite di roba leggiera, o colla loro forma; quando non possegga un «nécessaire» da «toilette» da viaggio, abbia almeno parecchie tasche di tela ricamate collo stesso disegno; per pettine, spazzole ecc. abbia sempre delle igieniche buste portatovaglioli, e una scatola, il meno possibile grande, con la scritta «farmacia». Essa contenga un tubo di pasticche di sublimato corrosivo (una di esse, sciolta in un litro d'acqua, dà la soluzione all'uno per mille) una siringa con astuccio, due aghi e due fialette d'olio canforato (per poter fare un'iniezione in caso grave, e rianimare le forze del cuore), un pacchetto di g. 100 di cotone sterilizzato, delle compresse di chinino e di salolo, una scatola di vasellina borica e delle pillole purgative; una boccetta di tintura di jodio e una di laudano potranno stare in una valigetta a mano, assieme al piccolo prontuario che ognuna di noi deve tenere sempre vicino (vedi appendice di questo capitolo). Un baule ben fatto deve ancora contenere un sacchetto di tela greggia con chiusura a guaina per la biancheria da lavare, dei sacchetti impermeabili per manopole, e spugne, catini di gomma, ecc. In quanto al «nécessaire» da lavoro, ecco come farne da sé tre: uno più semplice e minuscolo, uno più completo e uno completissimo. Per il primo prendiamo due rocchetti di misura comune, posiamoli su della tela cerata e tagliamo due dischi eguali al «fondo» dei rocchetti, aggiungendo due o tre millimetri all'ingiro. Questi dischi saranno le basi del futuro astuccio a forma di cilindro. Ora misuriamo quanto siano lunghi i due rocchetti e quanto un ditale, e facciamo un piccolo calcolo geometrico. Moltiplicando il diametro di un disco per 3,14 noi abbiamo la circonferenza del disco. Ebbene, tagliamo un rettangolo di tela cerata lungo due centimetri più di quanto sia la circonferenza stessa e largo quanto i due rocchetti e il ditale messi in fila nel senso della lunghezza. Foderiamolo di sottile e morbida lanetta, foderiamone anche le basi e poi cuciamo le basi al rettangolo per quattro quinti... giacché, se lo cuciamo tutto, avremo un cilindro chiuso. Attacchiamo solidamente un robusto gancio automatico su quel soprappiù di due centimetri, in modo da poter chiudere bene l'astuccio. Ora adagiamovi i due rocchetti, uno di filo bianco e uno dove arrotoleremo della seta color delle calze e del vestito, mettiamoci in mezzo il ditale; nella flanellina infiliamo due aghi da cucire, uno da lana, un minuscolo passanastro, un piccolo e sottile uncinetto pieghevole, due spille da balia, due spilli comuni, una piccola limetta che possa tagliare il filo..., giacchè un paio di forbici sarebbe ingombrante. Vi stanno anche due o tre ganci automatici, e altrettanti bottoni. Il tutto risulta piccolissimo, ma completo, carico e tale da prendere posto nel sacco da montagna di un'alpinista o nella capace tasca di un cappotto da viaggio. Invece, per mettere nella valigetta a mano, dove si ha uno spazio un pochino maggiore, si può costruire una cosina più completa, servendosi di una qualunque solida scatoletta di cm. 12 X 6, alta tre centimetri. Se ne imbottisce il coperchio con un po' di ovatta che si copre con un pezzetto di solida seta; vi si fa passare un robusto cordoncino teso dove s'infileranno una piccola forbice, e il passanastro; mentre si appunterà sull'imbottitura ogni sorta di aghi e di spilli. Si acquistano sei minuscoli rocchetti e si fa nella scatola una piccola esatta divisione (con cartoncino foderato della stessa seta) per contenerli; si riempiono i rocchetti di filo bianco, di cotone da rammendo, di seta di vari colori. Nello spazio rituasto libero stanno ganci, bottoni, un ditale, un rotolino di fettuccia uno di elastico, un uncinetto sottile pieghevole. Per la chiusura serve un robusto gancio automatico, che si può far mettere a macchina da un calzolaio o da un sellaio. Infine, per avere un capace «nécessaire» da portare con sè in una lunga villeggiatura, si opera come si è fatto per la scatola N° 2 e si riduce a «nécessaire» una bella scatola grande; la si provvede come quella N° 2, aggiungendovi in più delle forbici grandi, dei lacci da scarpe e da busto, degli uncinetti, del cotone da ricamo e da rammendo, della seta di varii colori, della lana di tinte svariate, corrispondenti ai calzettoni sport dei ragazzi, ecc... In quanto al «nécessaire» per pulire le scarpe, è bene fare una spesa una volta tanto, e comperare quegli astucci di cuoio contenenti due spazzole, rispettivamente per scarpe chiare e nere, con varie creme e varie pezzuole. Se si viaggia con bimbi o con persone anziane, bisogna avere, in apposita scatola di ferro, un fornello pieghevole con del combustibile solido (quello Meta, usato da Nobile al Polo è il migliore) e con dei fiammiferi. Un fornellino elettrico, e quel piccolo apparecchio elettrico ad immersione, mediante il quale si può avere in qualunque momento dell'acqua calda, saranno praticissimi in qualunque luogo dove ci sia la luce elettrica; un bicchiere di alluminio tascabile, con relative posate e cava-turaccioli, in apposita custodia di cuoio, serviranno durante qualche gita; il piccolo ferro elettrico, servirà a «rinfrescare» vestiti e biancheria; una piccola cartella in cuoio conterrà il libro degli indirizzi, delle carte da visita, la carta d'identità; un «blocco» di buste e carta da lettere servirà per la corrispondenza, con una buona penna stilografica e con compresse d'inchiostro; ... Se poi partiamo per un lungo soggiorno, rechiamo con noi qualche gaio tappetino, qualche bel ricamo, un portacarte e un paralume pieghevole; qualche gingillo (tra cui utilissima, e anzi, necessaria, una sveglia da viaggio con astuccio), dei vasetti argentati o di rame per fiori, ed anche una piccola «grafonola Columbia per poter fare quattro salti a suon di musica» e una buona «Kodak». E non dimentichiamo d'essere cristiani e non dimentichiamo che la vita è incerta. Così l'«Imitazione di Cristo», nell'edizione che ha anche le preghiere per la Messa, abbia un posto d'onore nell'astuccio di cartone che le impedirà di sciuparsi. E un Crocifisso con l'indulgenza «in articulo mortis», ci sia sempre accanto. Vivendo un'esistenza onesta e di lavoro, non dobbiamo temere la morte... al punto di allontanarne da noi, paurosamente, il pensiero!... E poi, con tanti incidenti della via e della vita, con tanti disastri ormai comuni, il Simbolo benedetto e eterno della Croce, può ajutare e confortare altri... I porta-ritratti pieghevoli o di cuoio, o di cartone, o di stoffa, o foderati con carta di Varese, colle fotografie dei nostri cari vivi o perduti, ci siano pure compagni di viaggio e di villeggiatura.

Pagina 293

Infatti, se ricordiamo la nostra infanzia più o meno lontana, ripensando al Natale, abbiamo la sensazione d'essere «blottis» (che verbo espressivo è quello «se blottir!») in una comoda poltrona davanti al fuoco o, meglio ancora, nel tepore delle braccia materne o paterne, mentre, fuori, cade la neve!...

Pagina 356

Tornando agli sposi, che abbiamo lasciato alla colazione di fidanzamento, ricordiamo che non è di buon gusto signorile preparare due tipi di bomboniere per gli amici; invece un tipo più modesto, ma molto capace, sia dato al personale di servizio, alla balia, ai coloni, ai dipendenti. Vi sono però delle eccezioni. Può accadere talvolta che il celebrante il matrimonio (Parroco o suo facente funzione), pur senza conoscere gli sposi, per grande cortesia verso di loro o verso comuni amici, offra la penna d'oro e dei fiori alla sposa. Allora, volendo ricambiare l'amabilità, si può trovare pretesto dei rituali confetti per offrire una bella scatola in cristallo, col coperchio d'argento, o in argento, o in vermeil ecc. Si faccia altrettanto quando, sempre in argomento di nozze, si voglia ricambiare un favore a chi si sia occupato, per esempio, delle pubblicazioni; ma, in questi casi, non si faccia la consegna del dono diverso degli altri, in presenza degli altri.

Pagina 381

La moderna tendenza egoistica e il ritmo accelerato e più laborioso della vita moderna hanno, come abbiamo visto, spesse volte ridotto di molto certe usanze e certe convenienze, quando non le hanno abolite. Ma una signora ben nata e bene educata deve saper distinguere. P. e. non deve obbligare un'amica a stare appositamente a casa per ricevere quella che, con brutto termine volgare, si chiamava un tempo «visita di digestione», ma deve farsi viva con una riga o una telefonata cortese dopo essere stata invitata a pranzo; una signora moderna e bene educata deve adottare il ritmo del tempo presente, unita all'educazione che non potrà mai passare di moda. E ciò in molti rami (corrispondenza, scambio di carte da visita, lettere di circostanza, visite) e anche nel modo di contenersi nei riguardi alla posizione del marito, in tram, per via, a teatro, nell'organizzare feste di beneficenza ecc. ecc... in una parola nell'ingranaggio della vita sociale.

Pagina 399

Pensiamoci tutti in tempo: «camminiamo finchè abbiamo la luce, affinchè le tenebre non ci sorprendano: crediamo nella luce e siamo figli della luce». Ogni giorno l'esistenza di ognuno si avvicina alla fine - e la fine sarà dolce soltanto se la vita sarà stata buona. -

Pagina 4

Se non abbiamo nulla d'importanza decisiva da fare, e se una sola donna e un solo ragazzo accompagnano la bara, accompagnamola anche noi per un tratto, con doverosa carità cristiana. Se incontriamo un reggimento con una bandiera, un gruppo con un gagliardetto glorioso, fermiamoci e facciamo il saluto romano; se incontriamo il S. S. Sacramento, inginocchiamoci. Salutiamo con un corretto e impersonale chinar del capo le persone che salutano non noi, ma chi ci accompagna per via e, se siamo con un ufficiale, tutti gli ufficiali, anche sconosciuti, che portano la mano al berretto. Quando, nelle città affollate, è prescritto tenere la destra o la sinistra nelle vie popolose, obbediamo subito; quando dobbiamo attraversare una strada percorsa dal tram e solcata da rotaie, facciamo attenzione dove mettiamo i piedi, per evitare che il tacco delle scarpe non entri e resti «inchiodato» nelle rotaie. Per attraversare incolumi una via frequentata e bivii pericolosi, adesso che tutta l'Italia tiene la mano destra, guardiamo alla nostra sinistra prima di raggiungere il mezzo della via; giunti là, guardiamo alla nostra destra per finire la traversata incolumi, nel momento in cui ci sarà un sicuro passaggio fra due veicoli. Oppure dopo la prima traversata mettiamoci accanto all'agente municipale, che, con la sua bianca mazza in mano, regola il transito. E, in epoca di tante disgrazie tramviarie, impariamo a scendere dal tram. Attacchiamoci alla sbarra colla mano sinistra, mettiamo dapprima il piede destro e poi il sinistro sul predellino, e poi il piede destro a terra, venendo quindi a camminare nello stesso senso del tram. Così non finiremmo sotto le ruote, se il tram si muovesse repentinamente. Questa è pedanteria? No: è previdenza e intelligenza.

Pagina 413

Mussolini, che reprime gli abusi in fatto di titoli, abbiamo un'invasione di nobiltà e di titoli, in gran parte abusivi... incominciando da quello di «donna». Esso spetta per consuetudine: 1. a una signora nobile di nascita, sposata a un borghese; 2. a tutte le nobili nubili, dato che ora non usano più i titoli di «contessina», «duchessina» ecc.; Spetta di diritto: 1. alle mogli dei personaggi delle prime due categorie delle presentazioni a Corte; 2. alle signore e signorine delle famiglie, di particolari regioni d'Italia, che ne abbiano avuta regolare concessione (Lombardia, Sardegna e famiglie ducali e principesche romane e napoletane). Il titolo di Eccellenza compete soltanto alle mogli dei Collari della SS. Annunziata, quindi a un numero massimo di una diecina di signore ma, va dato, per consuetudine, senza alcun diritto, alle mogli dei Ministri e delle alte cariche dello stato. Presentando una di queste legittime eccellenze o scrivendo loro, si usa questa forma: «S. E. la Duchessa del mare», oppure: «S. E. la signora Mussolini»; o «A S. E. donna Rachele Mussolini». Ricordiamo ancora che, secondo il codice civile italiano, la donna assume il cognome e la condidizione civile deIl'uomo che ella sposa, e quindi perde il suo titolo di ragazza, se lo possedeva. Fino a qualche tempo fa, vi erano poche famiglie dell'Italia meridionale i cui titoli femminili si trasmettevano al marito, ma sono stati tolti dalla nuova legge. Quindi una nobile sposata ad un borghese, metta il suo nome di battesimo sulle carte da visita seguito da quello del marito e da «nata dei marchesi di X», e non metta corona. La Principessa Mary d'Inghilterra ha dato per prima l'esempio, firmandosi e calcolandosi viscontessa di Lascelles. Tutte noi signore ricordiamo che è cosa piacevolissima avere un bel nome e un titolo, ma a patto che siano legittimi, cioè provengano dal proprio padre, quando si è nubili, dal proprio marito, quando si è maritate o vedove... e tutte rifuggiamo da quella ridicola debolezza, che fa dire giustamente agli uomini: «Le donne sono capaci di qualunque compromesso, pur di mostrare una corona all'angolo del fazzoletto». È vero, poi, che troppi uomini ostentano il nome passato della moglie, la fanno chiamare coi titolo che non ha più, mettono sul di lei indirizzo «marchesa» o «duchessa», e fingono di non sentire, per non essere obbligati a rettificare, quando chi non è al corrente della situazione, chiama essi stessi marchese o duca... È vero poi che molti uomini, registrati nello Stato civile come dei borghesi e vissuti come tali, volendo sposare una ragazza con molto danaro e la smania della nobiltà, la improvvisano senza documenti di sorta, e si attribuiscono sulla partecipazione nuziale, stemmi, corone, o due o tre nomi rimbombanti... andando anche contro la legge. In quanto agli ufficiali, il protocollo militare stabilisce che il grado vada avanti al titolo (maresciallo conte Pecori-Giraldi), e in quanto a tutti gli uomini, è dignitoso e simpaticissimo che si facciano chiamare dottore, console, capitano o commendatore, che preferiscano valorizzare i loro studi e il loro lavoro, anzichè i meriti degli antenati, pur essendone legittimamente fieri. Naturalmente la moglie si atterrà, presentando il marito o parlando di lui, a questo suo veramente nobile desiderio. Quando un uomo è presentato a una donna, o a un altro che gli sia superiore, o quando una donna è presentata ad altra che le sia superiore per età, per nascita o per gerarchia, dovrebbe aspettare prima di tendere la mano. Ma, generalmente, il movimento è simultaneo. Ciò nei salotti o fra persone amiche, giacchè negli uffici e per via, è bene obbedire al Duce, che ha imposto il solenne, igienico e signorile saluto romano. Qui viene in mente la duchessa di Genova-madre - nata Elisabetta di Sassonia, - che, gelosissima dell'etichetta e non certamente amabile come lo fu (pur nella sua magnifica regalità), l'Augusta Figliola Margherita di Savoia, riceveva con le braccia incrociate sul petto e con le mani strette intorno al suo filo di perle, staccandole solo per concedere a qualche rarissimo privilegiato l'onore di baciargliele... ln quanto al baciamano, esso sia fatto dall'uomo alla donna, solo quando abbia la mano nuda, altrimenti, anche per evidenti ragioni d'igiene, l'uomo s'inchini molto profondamente... sul guanto stesso. Ricordiamo ancora che un ragazzo titolato, fino ai vent'anni, non si presenta col titolo, bensì come «figliolo del Duca X...» o «della Duchessa X», e si chiama col cognome; ricordiamo che una signora presenta un giovanotto nobile col titolo nobiliare e lo chiama col cognome; ricordiamo che soltanto i servi e i dipendenti aggiungono il «signore» o «signora» davanti al titolo (c'era un fattore che, per dimostrare il suo ossequio alla padrona, le rispondeva: «Sissignora, Signora Baronessa...»). E, venendo al punto interrogativo «deve chiamarsi signora o signorina una ragazza di età matura?», ricordiamo che le opinioni sono varie. Per i francesi, l'appellativo «mademoiselle», va fino ai novant'anni; in Danimarca, invece, il governo socialista tolse dal dizionario il vocabolo «madamigella», su istanza di un gruppo di femministe. E ciò allo scopo di fare scomparire qualche pur lieve disuguaglianza tra i due sessi; siccome non sarebbe stato facile indurre un cinquantenne scapolo a farsi chiamare «signorino», così non rimaneva altro scampo, alle ragazze cinquantenni, che diventare «signore»!... Sotto il nostro bel cielo e col nostro buon senso italiano... noi dobbiamo saperci barcamenare, intuendo dal tipo, dal vestiario, dalla serietà di una persona nubile, se ella preferisca essere chiamata e presentata in un modo o nell'altro. Però, generalmente, la maggioranza desidera essere «signorina»... e si può accontentare senz'altro.

Pagina 433

Non aiutiamola, imaginando di essere vecchie ancora in buona età, (come la famosa contessa di Castiglione, la più bella donna che sia mai esistita, che a trent'anni si chiuse in casa e ruppe tutti gli specchi, per non far vedere e per non vedere il decadimento della sua bellezza...) ma abbiamo l'autosuggestione di non voler invecchiare moralmente, rendendoci utili ai nostri cari e ai nostri poveri, restando attive e fresche di spirito. Sappiamo poi economizzare la vita e risparmiare le nostre forze, appena l'età porta con sè un deperimento organico, rinunciando alla parte faticosa della mondanità, alzandoci presto e coricandoci presto, scegliendo un'alimentazione variata, saporita, con poca carne, senza bevande acide o alcooliche, eliminando con opportuni rinfrescanti e diete la vecchia linfa, sostituendola con nuova. Ricordiamo che, quando una donna ha sorpassato la cinquantina, non ha più nessuno scoglio per arrivare a tarda età. Per ciò che riguarda l'igiene della vecchiaia, salvo i casi di trattamenti speciali imposti da incomodi speciali, occorre che una signora anziana lavori sempre un pochino e senza sforzo, occupandosi della sua casa, del suo giardino, dei suoi fiori; sia riguardata non solo dal freddo, contro il quale non può opporre una valida resistenza fisica, ma da tutti gli sbalzi repentini di temperatura; si guardi dai cibi di non facile digestione; mantenga, mediante frizioni mattutine e serali, sempre attiva la circolazione capillare della pelle; passeggi moderatamente, ma quotidianamente; si alzi presto e si corichi presto e, a letto, sempre mantenga i piedi molto caldi; mantenga lo spirito, per quanto è possibile, in uno stato di giocondità. Venendo poi a considerare l'età matura e la vecchiaia dal lato morale, ricordiamo che, generalmente, ognuno ha la vecchiezza che si prepara. Una gioventù operosa, dà una vecchiaia riposata e tranquilla; una giovinezza sobria, dà una vecchiaia sana; una gioventù amabile dà una vecchiaia amata. E se, da una parte, il giovane non deve mai dimenticare il rispetto verso chi è vecchio, questi, d'altra parte, deve essere sempre pronto a saper comprendere e compatire la gioventù che lo attornia, a ricordarsi anche che è «felice colui che sa sorridere, nella sera della vita, ai piaceri del mattino di essa». La signora anziana, in modo particolare, può e deve dare ancora molto di sè alla gioventù, sotto forma di utili, sani e pratici ammaestramenti, senza ombra di pedanteria. La signora anziana gaia, semplice, spontanea, non deve pretendere d'imporre la propria esperienza, ma deve, con tono convinto, buttare là il consiglio, la parola opportuna, indicare la via di componimento d'una vertenza o di un dissenso, dire la bellezza della rassegnazione, del perdono cristiano; deve dare, sopratutto, alla gioventù che ha intorno, l'impressione di tenerezza e di sicurezza che spesso, purtroppo, i giovani non trovano presso il padre, affaccendato a far danaro, presso la madre affaccendata a buttarlo dalla finestra, colle sue mani dalle unghie dipinte...

Pagina 449

Piccole cose, ma utili nel senso sociale, e pratiche, perchè risparmiano tempo... tempo di cui, teniamolo bene a mente sempre, abbiamo il sacrosanto dovere di essere avare.

Pagina 493

Anzi, non abbiamo fatto niente, perchè il distintivo è solo un privilegio e una bandiera... un privilegio di cui bisogna rendersi degne, una bandiera che si deve tenere alzata gagliardamente sempre, e che non deve vacillare per vento o per tempesta. Di fasciste all'acqua di rose, di tesserate le quali fanno mostra del distintivo per snobismo, se sono ricche; per avere qualche vantaggio economico, un posto od una protezione, se non lo sono; di queste fasciste che non hanno modificato la loro vita da otto anni a questa parte, conformandola ai nuovi tempi e ai nuovi doveri, S. E. Mussolini non sa che farsene!... Noi, qui riunite, apparteniamo alla classe abbiente, intelligente, e, in certo modo, privilegiata; la classe fra cui sono scelte le delegate, che devono collaborare con i dirigenti; noi tutte, affettuosamente considerate dai mariti e dai figliuoli, cordialmente considerate da parenti e amici, abbiamo, pur restando nell'ombra e considerandoci discepole e esecutrici di ordini, una certa influenza sull'andamento generale. La prima cosa che ci deve animare è la fede nel Regime e nell'avvenire, una fede che deve essere religiosa, quella che la Regina Margherita - la donna eletta che sorrise al fascismo, e benedì il fascismo - chiamava «la fede del carbonaio» cioè: fede umile, fede che tace, che si sacrifica, che non discute l'ordine del Duce, fede che è comunicativa e incrollabile!!! Il mondo è generalmente così fatto, che se un uomo, anche buon fascista, udisse ripetersi dieci volte al giorno dalla moglie delle frasi disfattiste: ... il mondo è così fatto che, se cento uomini udissero sempre ripetersi, nei momenti scelti con femminile furberia, queste frasi..., dieci butterebbero la moglie dalla finestra, ma novanta, per amore di quieto vivere, tacerebbero... e poi sarebbero scossi nel loro ideale, giacchè la goccia scava la pietra. Certamente, in sei anni, il fascismo non poteva ridarci le meringhe a tre soldi; il velluto a tre lire; un palco al rinnovato Teatro Reale dell'Opera per cento lire; certamente non poteva farci risalire dal baratro in cui eravamo caduti, (anzi in cui ci avevano fatti cadere); naturalmente il Regime ha ancora dei nemici, dei nemici gelosi e in mala fede, dei nemici che lavorano a scalzare e a rovinare la torre magnifica che il Duce magnifico sta erigendo!... Ma, se questi nemici, (che hanno paura degli uomini, i quali nei torbidi del dopo guerra, seppero tutto osare e tutto avere!), se questi uomini, che si rivolgono a noi donne sapendoci più deboli, più impressionabili, più suggestionabili - sapendo di poter influire sui nostri cari attraverso a noi... - se questi uomini, dico, si trovassero sempre di fronte a noi tranquille e dignitose... ma ferme, ma forti!... se ci trovassero pronte a sacrificare, tacendo, un vestito, o un thè danzante, a restringere i nostri capricci non solo, ma i nostri bisogni... ad essere pronte a rispondere loro: «Siete dei rinnegati e degli indegni: quella è la porta!» - vi giuro che l'antifascismo avrebbe meno forze e meno nemici!... E queste donne dobbiamo e dovremo essere noi, non le schiave e le serve di remota epoca, non le romantiche donzelle e castellane medioevali, non l'inconcludente donna di certi secoli, non la garçonne dell'ultra elegante Parigi ma le italiane nuove, fidenti, disciplinate, laboriose, organizzatrici. ... Primo dovere e primo compito dell'italiana deve essere quello d'organizzare e indirizzare la vita famigliare... ed eccomi subito entrare nel tema della mia conferenza, destinata in modo speciale alle signore. Parlerò della casa e dei figliuoli; prima parlerò della casa e poi dei figliuoli, facendo come i bambini che, davanti ad un frutto e ad una torta, serbano per ultimo la torta, volendo rimanere con la bocca dolce. Non farò qui quello che i francesi chiamano «della letteratura» sulla casa, ma voglio indugiarmi un solo istante a dire la dolcezza profonda da cui siamo invasi ad ogni ritorno là dove nacquero i nostri padri e i nostri figliuoli, del senso di pace (pace nel senso evangelico) che ci invade quando ne passiamo la soglia, del senso di letizia che dà la lampada accesa pendente su di una tavola, anche modesta, ma accurata... del profondo senso di amore in noi radicato per lei. Importantissimi sono i doveri della donna verso la sua famiglia, perchè lo Stato è composto di famiglie, come ogni edificio è formato di umili mattoni; perchè il benessere, la serenità, l'agiatezza dei singoli, sono benessere, agiatezza e serenità dello Stato, e i singoli non hanno serenità vera, se non nella famiglia e nella casa. Serviamo dunque in letizia la Patria, servendo la nostra casa. Ho scelto appositamente, per esprimermi, il verbo servire. Il più superbo degli Imperatori moderni, Guglielmo di Hoenzollern, aveva per motto queste parole «ich dien» (io servo)... Se il servire può essere talvolta umiliante, è, nella maggior parte dei casi, dignitoso e, talvolta, magnifico. Per esempio: magnifico è quello del nostro Re e del nostro Duce, per la fortuna d'Italia; magnifico fu quello dei nostri padri, mariti e fratelli, che corsero alla frontiera, pochi anni or sono; e anche la nostra modesta, tranquilla, silenziosa dedizione alla famiglia, è una forma di servire alta e nobile. Dobbiamo, però, ancora imparare qualche cosa. «Gli italiani sono indubbiamente il primo popolo del mondo», diceva il nostro Principe di Piemonte ancora fanciullo - e ne conveniamo toto corde - e anche noi italiane fummo largamente dotate da Dio! Ma, prima della guerra, tre cose ci facevano difetto: il senso della responsabilità, la capacità di realizzare e l'organizzazione. La guerra ci ha dato le due prime qualità; il fascismo sta dandoci, e ci darà la terza. La responsabilità! Noi avevamo il concetto espresso da Enrico Ibsen, nella «Donna del mare», che Eleonora Duse portò trionfalmente in Italia;... cioè che la responsabilità era un peso troppo grande per le spalle femminili, e a lei preferivamo la supina obbedienza all'uomo che sapeva assumerla; noi ammiravamo persino le bambinaie tedesche che tranquillamente asserivano: «Assumiamo noi la responsabilità del pampino». Partiti i nostri mariti per il fronte, noi donne, volendo contribuire efficacemente alla vittoria, assumemmo automaticamente tutte le responsabilità domestiche, e semplicemente, abilmente, anche quelle di aziende agricole e commerciali, dei vecchi rimasti, dei figliuoli che seguitavano a nascere; ci sentimmo responsabili del nome e dell'onore di quelli che combattevano al fronte, e, pure automaticamente, diventammo realizzatrici. Ora dobbiamo essere anche organizzatrici. Questa parola fu prettamente tedesca e formò la forza e la superiorità dell'Impero teutonico; è ora diventata parola prettamente italiana, e deve diventare parola prettamente femminile. Le nostre nonne dalle lunghe vesti larghe dieci metri, che, sedute fra numerose dipendenti, passavano la vita a filare la lana e il lino... le nostre nonne che avevano poche esigenze, pochi bisogni e molta - relativamente - più ricchezza di noi, avevamo con tutta facilità decine di domestiche brave e fedeli (mentre noi stentiamo tanto a trovarne una buona!!!), avevano meno bisogno di noi di studiare il problema domestico e meno bisogno di organizzazione. Vivendo solamente e continuamente in casa, rinunciando al mondo e alle sue pompe dal giorno delle nozze, non avevano altro scopo che figliuoli e casa, casa e figliuoli. Noi, oggi, se non dobbiamo uscire per guadagnarci la vita, vogliamo uscire per compere e commissioni, per sport o per divertimento, perchè siamo abituate così e non potremmo stare sempre in casa come una volta. Ma nessun danno deve venire a nessuno per questo nostro sciamare dal nido; esiste la maniera di conciliare dovere e piacere, di avere una casa ben tenuta e curata in ogni dettaglio, piacevole ai nostri cari e a noi... e questa maniera consiste nell'organizzarla così bene, con tanto ordine, dando un posto ad ogni cosa, e rimettendo sempre e subito tutto a posto, che tutto possa camminare bene, dando solo qualche ora di sorveglianza all'andamento generale. E come? Qui entrerò brevemente in un campo pratico, giacchè oggi ci vogliono fatti e non chiacchiere. Cominciamo dalla biancheria, che è una delle ricchezze più oneste e liete, più femminili, più intime e più vere di una famiglia dabbene. Per avere della biancheria pulita si può, senza un fastidio al mondo, consegnarla ad una delle tante lavandaie; oppure si può farla lavare razionalmente in casa col vecchio sistema del ranno, oppure mediante una comune lavatrice o mediante una lavatrice elettrica. Ricordo sempre questo racconto della compianta Signora e scrittrice Sofia Bisi Albini: «La mia lavandaia mi aveva assicurato che non mischiava i panni miei con quelli di altri, che li lavava in acqua corrente, che li asciugava al gran sole in un immenso prato presso il ponte Nomentano... ed io vivevo tranquilla e sicura. Un bel giorno vado a trovare un paralitico che mi era stato raccomandato e che abitava lontano, fuori porta Pia. Entro in un tugurio diviso in due antri; nel primo vedo molta biancheria sudicia buttata in tinozze ributtanti, mentre un puzzo di cloro sta per soffocarmi; nel secondo antro, dormitorio e refettorio di ben sette persone, vedo dei tovaglioli che asciugavano stesi sul letto dell'infermo... Orrore!!!». ... Voi mi avete ormai capito: in quel tugurio viveva e lavorava la lavandaia di Sofia Bisi Albini! Per avere invece bella biancheria, candida, frusciante, odorosa di sole, che è una gioia riporre negli armadi odorosi di lavanda e di gaggia, bisogna che la padrona di casa abbia una vera e propria piccola organizzazione. E ancora: abbiamo tutti noi - e qui potrei rivolgermi in parte anche ai signori mariti - un piccolo registro in cui sia notato quello che abbiamo in casa? quanti orologi possediamo? quante bottiglie si trovano in cantina?... quanto consuma al giorno il termosifone? Abbiamo il catalogo dei libri? e quelle dei libri prestati?... Abbiamo in cucina una lavagnetta bella e pronta col gesso per notare ciò che occorre alla cuoca? conserviamo le ricevute? abbiamo fatto testamento? facciamo ogni mese il bilancio consuntivo e preventivo?... Noi donne, ricordiamo sempre che cogli stessi mezzi finanziari, una famiglia diretta da una brava signora svelta ed energica può mangiare bene, vestire bene, vivere in agiatezza, divertirsi, viaggiare... e un'altra, guidata da mano femminile fiacca e dalle unghie troppo dipinte di rosso ardente, vive meschinamente di debiti, di pasticci, spesso di peccati, e sempre di malcontento?... Partendo noi fra breve per un viaggio o per la villeggiatura estiva, avremo la nota di quanto portiamo con noi?... Permettetemi di dubitarne... perchè la forma di organizzazione, perchè il tenere dei quaderni esula ancora dalla nostra mentalità; perchè noi ci fidiamo troppo della nostra memoria, mentre poi siamo distratte e occupate da mane a sera in troppe cose, che non sono la casa... Se, invece, noi siamo brave signore intraprendenti, svelte, volenterose, pazienti, appassionate; se, specialmente, quando dobbiamo fare una cosa, la facciamo subito, per organizzare una delle diverse partite di lavoro domestico, impiegheremo appena una o due ore, e troveremo quindi posto anche per la beneficenza, per le Opere assistenziali, per tutto quanto rende la vita sana, serena, interessante, buona, intellettuale, artistica... e proveremmo anche un senso di superiorità verso le donne che non sanno muoversi e realizzare come noi. Questo sarà forse un movimento di orgoglio... movimento che, però, sia benedetto!!! Ho detto impiegare e non perdere. Di grazia, se non lavoriamo per l'ordine, il benessere e la prosperità dei nostri cari, di che dobbiamo e per chi dobbiamo lavorare? Di grazia, è nostro dovere non perdere una prima al Teatro Reale dell'Opera, o non perdere di vista l'andamento domestico? Di grazia, dobbiamo concorrere al premio di charleston in un salone da ballo, o concorrere a tener igienicamente la casa? dobbiamo essere scultrici o letterate, e incaricare il marito di ordinare il pranzo? Per amor di Dio!!! Possiamo essere anche scultrici o laureate, possiamo anche suonar bene il violino, scrivere qualche buon articolo... ma solamente quando e dopo che ogni particolare della nostra vita e della nostra casa sia curato in tutto e per tutto.

Pagina 496

Dieci anni sono il tempo in cui una fanciulletta viene in età da marito... e credetemi che, anche se non abbiamo ancora l'oro alla pari, anche oggi 80.000 lire è una cifra non disprezzabile, e che conta. E se, poi, avessimo una matematica sicurezza della nostra potenzialità avvenire, perchè dimentichiamo le parole evangeliche: «Quanto è difficile che un ricco salvi la propria anima»! e non facciamo parte con mille sventurati di quel danaro che non è merito, ma una fortuna di cui dovremo rendere conto a Dio? Prendendoci la piccola pena di spegnere una luce quando non serve, noi potremmo illuminare delle povere vite. Ma voi direte: «Cara Signora, ella dimentica una cosa essenziale; come per fare un pasticcio di lepre occorre una lepre, per avere una casa ben organizzata, occorrono dei domestici». Non l'ho dimenticato... anzi penso che, se le donne della nostra condizione sociale debbono saper fare in caso di assoluta necessità, debbono, normalmente, essere organizzatrici, direttrici, ispettrici, e non esecutrici. No! non ho dimenticato l'ingrato argomento, ma voglio trattarlo in altra forma di quella che lo rende odioso agli uomini e indigesto a tutti...! Voglio fare brevissime considerazioni, forse non vane, anche se non sono assolutamente piacevoli: cioè che troppo spesso la colpa del disservizio domestico, della servitù indifferente, che pianta da un'ora all'altra, che non si affeziona come un tempo alla famiglia, siamo proprio noi padroni. Vedete: tutti noi signore e signori qui presenti, siamo stati colmati da tanti favori e grazie di Dio, che siamo abituati ad esse, adagiate in esse..., che le calcoliamo sacrosantamente dovute ai nostri meriti, - meriti, nel valutare i quali non ci teniamo certamente indietro. - Noi tutti diamo volentieri, molto volentieri, ai poveri le cravatte smesse o le scarpe vecchie; noi ci diamo della pena per far ricoverare quei vecchi..., che, ad essere sinceri, ci chiedevano un po' troppo insistentemente danaro, danaro, danaro. Noi balliamo con maggiore entusiasmo, (questo ve lo posso proprio giurare!), a beneficio dei piccoli cinesi, anzichè per arricchire il proprietario di un albergo... ma, nella gran parte dei casi, questo bene nulla ci costa, anzi ci procura un divertimento; quindi, è bene che nulla vale, e che non ci metterà di sicuro una prima ipoteca in Paradiso. Ebbene: accanto a noi vivono delle giovanette e delle donne che, se noi professiamo il cristianesimo anche solo in parte della sua essenza, dovrebbero essere per noi delle sorelle: le nostre domestiche, a cui noi dovremmo rendere un po' di quel bene che la Provvidenza ci ha dato. Oh Dio! non si tratterebbe di abbracciare la cameriera ogni dieci minuti, o di confidare i segreti palpiti del cuore alla cuoca... bensì di mandare la cameriera per un'ora a Villa Borghese a godere una giornata di sole, venuta dopo una settimana di pioggia, e di assumerci noi la spolveratura di un salotto...; piccola cosa, ma, facendo la quale, avremo progredito nella vita interiore, che è la vita vera, molto più che se avessimo dato cento o cinquecento lire a una sottoscrizione, in cui figura il nostro riverito nome... E poi, sentite: tre anni fa durante la settimana santa, il Padre Tacchi Venturi, l'illlustre gesuita, tenne, presso le Suore del Cenacolo, il solito ritiro pasquale a un centinaio di signore della migliore società, e, - mentre altre volte dei predicatori francesi avevano parlato sì della fraternità, ma in tesi generale, con quella squisita arte francese di non urtare mai nessuno, - egli abbordò l'argomento delle relazioni tra padroni e servi con perfetta chiarezza, basandosi sul Vangelo. E il mercoledì santo disse: «Signore, mentre voi siete qui, nella piazzetta davanti al convento stazionano le vostre automobili, con una sessantina almeno di conducenti: siccome essi hanno il dovere cristiano di fare Pasqua e siccome voi avete il preciso dovere di ricordarglielo e di facilitarglielo, avvertiteli che stasera essi troveranno qui un confessore. Domattina, poi, mentre io porgerò a voi il Dio che predilesse i lavoratori, gli umili e i diseredati, essi pure riceveranno Dio nella vicina cappella...». Ebbene, Signori, credetemi che Padre Tacchi Venturi disse, nel corso del ritiro, delle cose bellissime e sante, ma che diede la migliore lezione pratica, facendo riflettere a questo: nessuno ci obbliga ad essere cristiani, nè ci porta per forza in chiesa, ma, se noi stesse ci proclamiamo tali, se tali vogliamo essere, dobbiamo assolutamente agire come comanda e vuole Iddio, verso le persone che Egli ci ha messo accanto. E ce le ha messe accanto allo scopo di servirci in compenso di una rimunerazione, ma non per essere umiliati o per darci modo di sfogare i nostri capricci, i nostri malumori, i nostri nervi. Signore! credete che se, fino dal primo servizio, una ragazza trovasse buona maniera, pazienza, tolleranza, fiducia; se trovasse ordine e organizzazione in casa, farebbe una almeno discreta riuscita; credete che chi fa del bene riceve bene; ricordate che le nostre popolane hanno un fondo di generosità e di gratitudine, sanno distinguere e sanno apprezzare.

Pagina 505

Restando sempre nel campo di quella che è convenuto chiamare economia domestica, noi madri ricordiamo che la riuscita delle nostre figliole femmine dipende da noi e che, fino da quando noi le abbiamo avute da Dio, dobbiamo pensare che sono destinate, nella maggioranza, ad un galantuomo ed a educare altre generazioni. E verso quel galantuomo e quelle generazioni abbiamo una responsabilità ben grave e definita. Sentite: se domani il Rettore Magnifico dell'Università venisse a chiederci nostra figlia come insegnante di diritto civile e di astronomia, noi cadremmo dalle nuvole, e lo congederemmo con molte grazie e rimpianti. Se, invece, un giovane, desideroso di un affetto, di un focolare suo, di una vita fatta di pace e di gioie famigliari, venisse a chiederci la mano di nostra figlia..., eccoci tutte soddisfatte a concedergliela, senza nessun pensiero che questa, come padrona di casa e futura madre di famiglia, valga poco o nulla. Nel primo caso (del Rettore Magnifico), ci sarebbe parso disonesto accettare; nel secondo ci sembra onesto accettare... mentre è molto più disonesto rovinare un giovane dabbene, anzichè insegnare male a degli allievi i quali, alla peggio, potranno studiare su di un libro di professore veramente laureato... - E intelligente, saprà cavarsela! - pensiamo noi. Quale errore! Sì, dopo qualche anno ella, di buona o cattiva voglia, avrà fatto una certa quale pratica...; al terzo figliuolo non ripeterà forse gli sbagli che ha fatto col primo, e che renderanno quell'innocente malaticcio per tutta la vita; dopo qualche anno saprà conservarsi le domestiche più che per un mese... ma, intanto, in quel periodo di inesperienza, avrà, col fervido aiuto di malpratica servitù, rovinato mobili, casa, servizi, avrà rovinato lo stomaco, e, con lo stomaco, l'umore del marito; fatto debiti od intaccato il capitale, perchè avrà speso certamente in ragione diretta dei desideri, e non delle disponibilità; avrà compromessa la felicità, la pace domestica e, qualche volta, anche per sempre. Siamo d'accordo? Credo di sì. Ebbene; corriamo subito ai ripari ed ai rimedi. Questi potranno essere (lo accenno solamente, per non farvi restare qui fino a domattina): 1. Insegnamento famigliare. 2. Insegnamento nelle scuole elementari e secondarie, non solo di astruserie, ma di cose veramente utili e pratiche, primissime fra queste l'igiene ed il modo di preservarsi dalle malattie. 3. Insegnamento professionale fatto in apposite scuole. 4. Una grande «Lega delle Massaie» per la diffusione della cultura e delle previdenze domestiche, sul tipo di quella Lega Tedesca, che conta duecentomila aderenti!!! e non nel medio ceto, ma nella migliore classe sociale. Anche in questo ramo, come in tutti, il Fascismo sta provvedendo e subito e bene; a Roma funzionano tre scuole principali: la Fuà Fusinato, le due professionali, intitolate al caro nome della Regina Margherita e molte altre. Varie scuole preparano le infermiere famigliari e professionali, ed ormai in ogni rione, alla dipendenza della delegata dei Fasci, lavorano e tanto e tanto bene, le assistenti sanitarie, a cui sono felice di mandare, a nome di tutte le Signore fasciste qui riunite, un applauso sincero.

Pagina 510

Oggi sono ben poche le malattie che, prese in considerazione dalla prima infanzia, sono inguaribili; oggi abbiamo perfetti mezzi d'indagine e di cura; oggi noi genitori siamo abbastanza istruiti su quella legge terribile dell'ereditarietà, per poter vegliare e provvedere... E, su questo punto, ricordiamo bene che un capriccio, un moto cattivo dell'animo di un nostro bimbo, spesso riproduce il capriccio, il moto cattivo dell'animo nostro e dei nostri padri, e che, allora, egli non va castigato, ma curato con la medicina e con la dolcezza, comprendendo che egli non è responsabile, ma, piuttosto, è vittima. Colla salute, diamo loro la Fede. Benedetto mille volte il Fascismo, che è tornato alla pura fonte della Fede! Infatti, è solo della gioventù profondamente e sinceramente religiosa, l'esuberanza di affetti, di entusiasmo, di poesia, che costituisce la vera giovinezza; è la religione quella che dà ai giovani e alla loro vita uno scopo alto, che mantiene loro la fede nella riuscita di ogni buona impresa, di ogni sforzo, che mantiene in loro la costanza (forza senza la quale nè le azioni hanno grandezza, nè gli uomini fermezza e pace), che li allontana dai malsani divertimenti, dal fango di avvilenti passioni e vizii... Ma poi... anche se noi fossimo delle atee convinte, basterebbe che noi amassimo i nostri figlioli, che pensassimo alla felicità della loro vita nel senso più egoistico, per dare loro, con la certezza della fede, tutte le certezze, tutte le idealità, tutte le rassegnazioni, tutte le speranze!... Dopo la fede, diamo ai figlioli la volontà. Ricordiamo che le nostre ragazze potranno essere belle come Venere, o matematiche come Maria Gaetana Agnesi; che i nostri ragazzi potranno scoprire gli abitanti del pianeta Marte, o strappare più segreti alla natura che Edison e Marconi, ma che saranno sempre zero e che varranno sempre zero, se non sapranno volere,... se non sapranno dirsi quel ferreo «non si può», davanti agli infiniti desiderii, alle infinite tentazioni che ci assalgono ad ogni passo e ad ogni momento!... se non sapranno che la disciplina interiore è quella, è unica, inflessibile, in tutti i campi, sia dello spirito, sia della mondanità, sia della semplice vita di ogni giorno! C'era una volta una cara figliola, che era divisa da dolorose, immeritate, circostanze da un bravo giovane che amava, e che l'amava. Una volta mostrò alla sua migliore amica un quaderno di musica. - Vedi? - le disse. - La mia maestra di canto trova che guadagnerei molto di più, anzichè dando lezione di solfeggio, insegnando queste canzonette da «tabarin». Ma - ed ella la guardò con i suoi limpidi occhi, che avevano versato e ricacciato tante lacrime, - se mi promettessero di poter domani sposare lui per due sole note di esse, rifiuterei... Non si può! Dopo la salute e la volontà, diamo ai nostri figlioli la gioia... gioia semplice e schietta, sotto forma di qualche dolce e di molto sole, di poca pedanteria e di molta tenerezza, di molti bei soggiorni all'aperto, di buoni libri, di viaggi... e diamo loro la gioia di rendere felice qualche compagno povero, mediante un loro piccolo sacrificio. E diamo loro la gioia per agguerrirli nelle future lotte della vita. Infatti, guardiamoci intorno..., e vedremo che gli «schopenhaueriani» a vent'anni, gli sfiniti a venticinque, i finiti a trenta, hanno avuto, anche nella ricchezza, un'infanzia triste, pesante, caliginosa... Ascoltiamo intorno, e osserveremo che, se qualcuno dice: «Bisogna agguerrire fino da piccoli i figlioli, abituarli al dolore»..., non è mai una madre che lo dice! Siamo certi che, se, invece, essi hanno appreso, hanno sentito, fin da piccoli, che il sole c'è, che il sole esiste, che il sole riscalda, essi, anche durante la bufera, penseranno che il buon sole ritornerà certamente. Dopo aver dato tutto questo, insegniamo, di buon' ora, ai nostri figlioli, che l'ottimismo è la più gran forza della vita; che basta non credersi vittima, perchè, il più delle volte, non si sia vittima; insegniamo loro ad avere il senso della responsabilità, a cercare e a trovare le piccole gioie e a sperare nel domani. I primi tre versi che i nostri bambini dovranno imparare e ripetere con noi, fino alla più tarda età, sono questi di D' Annunzio, che sintetizzano una vita serena:

Pagina 517

Noi tutti, che pretendiamo così rigorosamente una parola cortese, un «grazie», un ricordo, forse anche una prova tangibile di gratitudine da persone che abbiamo beneficato,... dobbiamo essere le prime a riconoscere, che al Creatore del mondo e dell'uomo, a Colui che ha creato il sole e la luce, che ci ha dato intelligenza, amore, i nostri diletti figlioli, dobbiamo dare il primo pensiero di gratitudine, riconoscendolo come Padre e come Padrone, adorandolo come l'essere Supremo e sublime.

Pagina 7

E, quando la possediamo, o abbiamo meritata e conquistata, facciamola passare in altri. So di una giovinetta a cui un sacerdote disse, accanto al letto di sua madre morta: «Le più dolci parole del Vangelo sono indirizzate da Cristo alle vedove e agli orfani, a cui egli è particolarmente largo di protezione». Ebbene: quella giovanetta, che sperimentò subito la paterna protezione divina, ricordò sempre quelle parole e sempre le ripete o le scrive agli altri orfani, dando loro lo stesso balsamo, la stessa certezza, la stessa fede che l'hanno sostenuta e fortificata nella prova. Ecco della buona propaganda. Ad essa si deve unire l'esempio, dato ai figlioli e ai dipendenti, di una vita cristiana e anche delle pratiche cristiane, seguite per gioia ed impulso del cuore. Qui non è il caso di dire che «la mano destra deve ignorare ciò che fa la sinistra», bensì ricordare la grande virtù dell'esempio. Così, a Pasqua, una signora faccia in modo che i componenti la famiglia e la servitù sappiano che ella adempie al precetto della chiesa; e, una sera, si congedi dai suoi figlioli, dicendo: - Ragazzi, domattina in piedi di buon' ora, e tutti con me alla Comunione! - Spesso le madri hanno, verso i figlioli che frequentano l'Università, un senso che è quasi soggezione; esso le trattiene di parlare loro di Dio, d'incitarli ad adempiere - senza diventare dei bigotti o dei sagrestani - i loro doveri religiosi, quasi che il Cristianesimo fosse cosa da donnicciole o da bimbi!... Ormai, fortunatamente, in tutti i grandi centri ed anche, spesso, nei piccoli, vi sono sacerdoti dalle idee larghe e generose, pronti ad istruire e a guidare le generazioni giovinette, affinchè esse - rappresentanti l'Italia nuova e l'Italia di domani - crescano più istruite nella fede, più pronte, più forti, e più nobili di quanto siamo e fummo noi. A Roma il Provveditore agli studi organizzò un corso quindicinale di istruzione religiosa per gli allievi delle scuole medie "

Pagina 8

Lo abbiamo fatto noi? Lo fanno i nostri figlioli? Se noi non lo abbiamo fatto, incominciamolo subito. In quanto ai nostri figlioli, essi hanno, nonostante la riforma Gentile, un enorme bagaglio di libri, e anche un bagaglio di cognizioni per gran parte ingombranti, e anche perfettamente inutili nella vita di ogni giorno. Ebbene: chiedete loro, non una notizia di pura religione, ma una notizia di coltura generale: per esempio il nome degli Evangelisti. Nessuno lo saprà... Ed è doloroso che, in un paese cattolico, con alte tradizioni culturali come l'Italia, vi si insegni solo in qualche Università quella storia delle religioni (i principali elementi della religione cattolica inclusa ), necessaria a completare una cultura. In molti istituti tenuti da ordini religiosi ed in qualche collegio femminile, una certa infarinatura non manca, ma l'insegnamento non assume quel carattere di praticità, necessaria alla vita interiore di ogni giorno. Le allieve sanno forse a memoria il nome e il numero dei libri scritti da Mosè o da qualche patriarca, ma ignorano «il sermone della montagna» del Vangelo, come si svolge la Messa, i salmi più belli e necessari a chi voglia comprendere il significato delle principalissime funzioni; nè mai hanno letto la commovente narrazione della Passione di Cristo, così efficacemente scritta nel Vangelo di S. Matteo. Oppure studiano certi piccoli e inventati episodi di Gesù bambino, molto carini e commoventi, ma adatti alla mentalità infantile. Il Cristo che deve essere presentato invece alle anime adulte, non deve essere il pargoletto piangente nella stalla di Betlemme, ma Cristo adulto nella sua predicazione magnanima, nella sua vita purissima, nella sua pietosa umanità, nella sua missione di comprensione, di amore e di perdono. E tutte dobbiamo poi essere capaci, quando abbiamo fede sicura e siamo sufficientemente istruite, di proclamare altamente le nostre convinzioni, imponendo il silenzio ai mille sfaccendati, per la massima parte in cattiva fede, che vorrebbero fare propaganda anticristiana o mettere in dubbio il dogma. Di cristiane che sappiano soltanto tacere, chinare il capo e sospirare, di cristiane pavide all'acqua di rose (anzi, oggi, ai più complicati profumi di «Coty»), Iddio non sa che cosa farsene! Sono soldati di pasta frolla, che nessuno buon ufficiale vorrebbe con sè!... A questo proposito, ecco un simpatico episodio vero; le cose accadute interessano maggiormente e maggiormente insegnano. Un giorno, un giovane signore stava entrando in un salotto, quando udì la voce di una fanciulla: voce così fremente di sdegno che aveva fatto tacere la conversazione generale. - No, baronessa; non sopporti che nel suo salotto si parli così, si bestemmi così! Ripetere: «Dio non è giusto, Dio non ci sente, Dio non ci ascolta», è ingiuriare e bestemmiare Iddio, nostro padre amoroso!... è ingiuriarlo peggio di quanto possa fare un ignorante facchino ubbriaco, o una donna perduta. - Brava! - gridò il giovane signore, che aggiunse, rivolto alla padrona di casa: - «Baronessa, ha la compiacenza di presentarmi alla signorina? - ...Due mesi dopo, quei due erano fidanzati, e ora sono marito e moglie da parecchi anni, tutti occupati a educare i loro bei figlioli... Ed egli ricorda sempre con emozione quel giorno, in cui la franchezza e il coraggio cristiano di una giovanetta gli rivelarono la forma fede di lei e il suo temperamento generoso...

Pagina 9

E abbiamo anche un senso di compassione per chi deve farlo pel pane quotitiano, come c'erte ballerine, o come certe artiste di cinematografo! Noi, signore italiane, ridiamo e ridiamoci di tante fantasie d'oltre Alpi... e compiangiamo quella principessa Vittoria, sorella dell'ex Kaiser, la quale, per sposare (a 63 anni), un giovane equivoco russo di 28, si fece ringiovanire al punto di non mostrarne che trenta. E come? Un medico spagnolo le disse un giorno che, se gli concedeva piena fiducia, in grazia ad un suo metodo speciale, avrebbe potuto ridarle la gioventù. La principessa, sulle prime indecisa, finì coll'accettare la dura proposta. Durante due mesi ella restò chiusa in una camera scura, sottomessa ad un regime quotidiano di massaggi e d'iniezioni. Poi tutto il suo corpo fu avvoltolato in una sostanza grassa, che impediva ogni movimento. Finita la cura, il dottore le tolse quella specie di cappa che ricopriva la sua pelle, e le fece prendere un bagno molto caldo. Dopo tre giorni di riposo completo, la principessa potè mirarsi in uno specchio; tale fu l'impressione che ne ricevette, che cadde svenuta. Il cristallo le aveva reso immagine di una donna giovane e bella... Questo improvviso ringiovanimento della vecchia principessa, produsse un tale effetto sul suo giovane amico, che egli si affrettò a chiederne la mano; ella, dopo qualche esitazione, accettò... per pentirsene poi amaramente, per perdere la dignità... che vale più della vita e per morire poi misera e sola...

Pagina 92

Cerca

Modifica ricerca