Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbiamo

Numero di risultati: 9 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Le belle maniere

180144
Francesca Fiorentina 9 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

E noi, via, abbiamo studiato! - ribattete voi. Ma, generalmente, questi grandi oratori, da cui accorrete illudendovi sempre di poter tutto capire, supponendo che la magnifica potenza della loro parola, come se fosse pura acqua di ruscello, renda chiare le immagini fra cui passa, discorrono di cose più alte che non sieno stati i vostri studi. E il desiderio di conoscere il famoso oratore non basta a scusare i vostri sbadigli a stento frenati, il moto perpetuo del capo e, peggio, il batter del mento sul petto. O sentite di poter tenere fissa l'attenzione dal principio alla fine, o rinunziate a questo. . . diletto intellettuale, ch'è fatto per chi può veramente gustarlo.

Pagina 114

Fuori di casa, i doni si fanno per dire qualcosa più d'un "grazie"a persona da cui abbiamo ricevuto un favore e che sentiamo di non poter pagare materialmente; per dimostrare simpatia; per ricambiare una gentilezza; per rispondere "sì"a un'offerta gradita d'amicizia. Ma quanta delicatezza bisogna usare! Non potrò mai dimenticare la sodisfazione piena, il sorriso luminoso con cui una buona signora mia casigliana, che voleva a ogni costo stringere relazione con me, si presentò un giorno alla mia porta con un involto bianco e me lo lasciò nelle mani scappando via precipitosa. Era un magnifico portagioielli d'argento massiccio! Io restai lì intontita, col dono che mi pesava sulle palme, a immaginarmi i begli oggetti preziosi di cui avrei potuto empirlo, se. . . li avessi avuti! Quell'eccellente signora, evidentemente, non era accorta. Ch'ero una donna di casa, alla buona, senz'alcuna pretesa di lusso, doveva averlo capito, vedendomi, se non altro, affacciarmi sul terrazzo a sbattere lo straccio della polvere. Poteva darsi che le gioie fossero nascoste nel cantuccio d'un cassetto, ma era anche probabile il caso contrario. Infatti. . . Primo consiglio, dunque:adattate il dono alla persona che lo deve ricevere, e, se non sapete le sue preferenze e non immaginate quel che le può far comodo, cercate un terzo compiacente che vi possa informare. A una signora ricca, che abbia un appartamento elegante, farete piacere regalando un oggettino di lusso, artistico, un nonnulla prezioso, un mazzo di fiori entro un semplice vasetto; a una persona modesta potrete offrire qualche cosetta che contenti il suo desiderio; a un povero cercate, col vostro dono, di risparmiare una spesa. Non oltrepassate però quel che potete regalare e quel che può essere accettato senza umiliazione da parte del vostro orgoglio. E soprattutto, donando, ricordatevi che "la façon de donner vaut mieux que ce qu'on donne", Corneille nel"Menteur". che il gesto dev'essere semplice come il sentimento che lo ispira. Non è cortese disprezzare troppo il regalo, come se l'offriste perchè non sapete che cosa farne voi; e nemmeno è delicato far sentire il prezzo del dono e lodarlo voi, esponendovi al rischio di vedervelo magari rifiutato. E' di pessimo gusto regalare un oggetto già posseduto da voi, e conosciuto dai frequentatori della vostra casa; a meno che la persona a cui l'offrite abbia mostrato d'ammirare quell'oggetto, che può essere un piccolo capolavoro antico o raro. Soltanto a un"carino! " "come mi piace! "d'un'intima si può rispondere mettendole súbito nelle mani la cosetta che le va a genio. Un'amica che si sposa gradirà molto un lavoretto proprio vostro:un portafazzoletti, una dozzina di piccole pezzuole di batista ricamate da voi, un bel centro tavola co'relativi quadratini, un ventaglio dipinto dalle vostre mani. Naturalmente, seconderete le vostre abitudini e le piccole fantasie della moda. Se non sapete far cose graziose o ve ne manca il tempo, allora potrete donare due cornicette d'argento pel ritratto dei genitori, un astuccio con i piccoli arnesi femminili che dovranno servire ogni giorno alla vostra amica, qualche ninnolo che le sia caro. Se poi chi riceve siete voi, mostratevi sempre liete, sempre sodisfatte, anche se il dono è umile, inutile, contrario ai vostri gusti. Tenete conto della buona intenzione, e il vostro grazie sarà spontaneo, e non vi verrà fatto di cedere, appena sole, a uno sfogo di malumore. Potrebbe capitare anche a voi di sbagliare, in un momento in cui non avrete ascoltato attentamente i consigli del cuore e del buon senso, che san dare de'punti al buon gusto.

Pagina 160

Schiettezza nel parlare - Disprezzo dell'italiano - La lingua è una moneta spicciola di cui abbiamo sempre bisogno - Piuttosto il dialetto che un italiano strampalato - Esattezza e semplicità. NON mi parrebbe d'aver compiuto i miei consigli sul modo di parlare, se non m'intrattenessi un po'sullo strumento di questo nostro parlare, sulla lingua nostra ch'è parte viva di noi, perchè è come lo scrigno dove si racchiudono i pensieri, i sentimenti, le speranze, i timori nostri, come l'arpa in cui vibrano tutte le corde del nostro cuore. La lingua italiana è fiorita come la bella terra dove si parla, è dolce come il cielo d'Italia, e, come il mare che l'abbraccia, è armonica, profonda, ricca, varia. E noi dobbiamo amarla come una soave emanazione dell'anima di questa nostra cara Italia, come un legame che avvince i nati della nostra terra, che imprime nel cuore un carattere particolare e proprio della nazione nostra. Se pensate, fanciulle, quale amore e - direi - religione nutrivano i Greci e i Romani per la loro lingua, che diffondevano fra gli altri popoli con vero entusiasmo, che coltivavano con fede e a cui davano tanta parte di sè e della propria indole da farne un tutto con la propria anima, vi persuaderete voi stesse che a quest'alto concetto in cui tenevano la lingua parlata dai loro padri e di tutti i concittadini si deve in gran parte lo spirito patriottico che li spronò a sì magnanime imprese, l'entusiasmo nazionale da cui derivarono sì straordinarie azioni che quasi, a distanza di secoli, sembrano inverosimili. O lingua nostra, sublime armonia che nessun'altra lingua d'oltre barriera, neppur di devastatori e violatori, può sovrastare e distruggere mai! Ma voi, figliole, non l'amate come dovreste. Quante, quante cagioni d'amarla! Se ve l'enumerassi, non farei che ripeter male quello che un nostro "veramente italiano" scrittore ha detto così bene nel suo Idioma gentile. E poteva, il De - Amicis, esaltare la bellezza della nostra lingua e raccomandare lo studio del vocabolario, col quale egli stesso raggiunse tanta perfezione di forma! Io vi dirò soltanto che, oltre tutte queste grandi evidenti ragioni, ce n'è un'altra:bisogna amarla la nostra lingua, come amiamo tante piccole virtù che ci attirano la simpatia altrui, e con le quali possiamo fare del bene. Se siamo d'accordo che uno sguardo benevolo o un dolce sorriso o la perfetta armonia delle movenze possano dare gioia, io non so perchè una schietta parlata, ch'è la via più diretta per arrivare all'anima altrui, non dovrebbe avere la sua efficacia benigna. E come l'ha, figliole! A tal punto, che una giovinetta linda e composta, tutta grazia nel viso e nella persona, se, conversando, mette fuori un linguaggio strampalato, di cui non capite se sia una versione dal dialetto in italiano o viceversa, e inceppa ogni momento o s'interrompe, perchè il segno del suo pensiero le si ferma nel gargozzolo non trovando il vestito adatto per uscire, e disponendosi intanto a mettersi indosso uno straccio qualunque pur di venir fuori, quella giovinetta non sembra più la stessa; voi le cercate nell'esteriore una disarmonia, una stonatura che non trovate, e finite con l'accorgervi che soltanto quando tace ritorna quella di prima. Il discorso di quella giovinetta è dunque sciatto e, in bocca sua, vi dà l'impressione d'una stanza in cui i mobili sieno sossopra, ma le tendine ben distese e i letti rifatti. La signorina che aspiri all'eleganza de'modi e del vestire, alla compita gentilezza del trattare deve sforzarsi d'ornare anche il suo discorso di chiarezza e di nitore, deve far sì ch'esso meglio si plasmi sull'ondeggiamento de'pensieri e degli affetti che le scaturiscono dall'anima; perchè non le avvenga d'urtare quando desiderava incoraggiare, di minacciare quando voleva riprendere soltanto, di perdersi in un ridicolo giro di parole per esprimere ciò che ne richiedeva una soltanto, di palesare un sentimento proprio, nato allora, con espressioni già fatte e muffite, di dire la cosa più semplice del mondo con frasi affettate che ci cozzano maledettamente, d'annoiare col ritornello dell'identica locuzione usata per tutte le idee affini a quella per la quale sarebbe più adatta, o con un cincischiamento di"ma. . . , " di "ecco. . . , " di "insomma" corrispondente all'intima ignoranza de'vocaboli da usare, Molte giovinette non solo non si sforzano di togliere dal loro discorso gl'idiotismi, i barbarismi, i dialettismi, ma ostentano un certo disprezzo dell'italiano, e lo considerano come una materia estranea, che son costrette a studiare nella scuola o per la scuola, ma a cui, fuori, non bisogna pensare più di quel che si pensi all'algebra o alla storia. E, appena uscite di classe, si mettono a ciangottare nel loro caro dialetto o in un italiano ch'è più barbaro del dialetto, ch'è una deturpazione della bellezza della loro lingua. Come si sbagliano quelle giovinette! Potranno non conoscere tutte le date del nostro Risorgimento, potranno ignorare qualche incognita algebrica senza danneggiare per nulla le proprie attrattive e quella bellezza ideale a cui giustamente devono aspirare; ma la lingua è una moneta spicciola, di cui abbiamo sempre bisogno, per comperare, prestare, soccorrere, difendere; se non ne conosciamo i piccoli segreti, ci avverrà spesso, anche nelle nostre relazioni sociali, di dire troppo o troppo poco, d'offrire più o meno di quanto è necessario. Un bel gioiello in una scatoletta di cartone non sfigurerebbe? Mettetelo in un astuccio di raso, e non sembrerà più lo stesso. Così le vostre idee, i vostri affetti:in bella veste parranno più limpidi e puri, come io vorrei l'anima da cui scaturiscono. "La lingua non è soltanto - dice il De - Amicis - un ornamento intellettuale; è un'arma nella lotta per la vita, è forza e libertà dello spirito, è chiave dei cuori e delle coscienze altrui, è strumento di lavoro e di fortuna". Per noi donne, poi, ha un'importanza speciale, sarei tentata di dire superiore a quella che ha per il sesso maschile. Non vi sembra? Pensate, forse, che assai più raramente dobbiamo esercitarla a scopo professionale. Ma io vi faccio súbito osservare che per altri scopi, ben ardui, la donna deve studiare la lingua, di cui soprattutto lei si servirà per consigliare, per educare, per consolare, per penetrare delicatamente nel cuore delle creature dilette; per avvolgere mollemente l'asprezza di cose che la donna sola - sorella, sposa, madre - può dire; per rendere in sfumature di parole altrettante sfumature di pensieri; per esprimere magari lo stesso concetto sotto forme diverse, di cui una riuscirà maggiormente a colpire la persona che si vuol persuadere. L'affetto, pur nell'intimità della famiglia, non sempre può compensare l'ignoranza del linguaggio; nè basta a farcela perdonare, fuor delle pareti domestiche, la grazia esteriore, con la quale - ve l'ho detto - strideranno come smorfie lo strambottolo o la frase volgare.

Pagina 187

Intanto, nell'istituto che tuo padre ed io abbiamo scelto, fra gli educatori a cui noi abbiamo accordato tutta la nostra stima, tu imparerai a rispettare la legge e a temere l'autorità che la rappresenta:non potrai uscire dalla regolarita dè'movimenti senza incontrare un ostacolo, nè deviare dalla via retta senza scontarne immediatamente la pena, la stessa pena che qualunque altra dell'educande dovrebbe scontare nell'identico caso:una scuola di giustizia, come vedi! Non solo; ma tu ch'eri abituata a vedere, in casa, tutti occuparsi di te - la nonnina, troppo indulgente pe' tuoi capricci, la mamma un po'deboluccia, la zia sempre propensa a scusar le tue colpe, la vecchia domestica addirittura schiava de'tuoi desideri - dovrai vivere per conto tuo in quel piccolo mondo, dove non c'è previlegio che per i migliori e dove, essendo la legge uguale per tutti, non s'urta senz'essere urtati, non s'offende senz'essere offesi:dove, infine, chi ha il carattere un po'bisbetico, oltre i giusti rimproveri de' superiori, deve temere - e come! - l'accanimento d'un gruppo di compagne più audaci o più maligne intese è punzecchiare i suoi ghiribizzi. L'egoismo è aborrito, l'orgoglio e gli stolti vanti di ricchezze o di nobiltà derisi, i capricci e il disprezzo per altri rintuzzati. La tua famiglia t'ha, finora, eccessivamente protetta con la sua tenerezza; non è male che, per qualche tempo, tu proceda sola per rinforzarti, tu ti trovi nella necessità di bastare a te stessa, di spiegare tutte le risorse del tuo temperamento e di guardare un po'più dentro di te, pur apprendendo a dimenticare te stessa come individuo. Sei permalosa, irritabile? Le campagne ti perseguiteranno per mettere alla prova la tua suscettibilità. Sei indulgente, affettuosa? T'accerchierà la simpatia generale. Sei d'umore lunatico? Anche l'umore di chi ti circonda subirà degli sbalzi che ti costringeranno a mutar condotta. Sei alquanto pigra e golosetta? Hai un granello di troppo d'ambizione? Questo ti sarà soffiato via, non temere, e anche al resto penserà la regola del collegio, alla quale non potrai sottrarti senza sentirti tu stessa umiliata dall'incapacità di fare quanto le altre educande fanno. In collegio tutte v'alzate di buon'ora, concedete alla toeletta pochi minuti, studiate a lungo, frenate i vostri muscoli nel silenzio o nella compostezza, sedete a una mensa uguale ch'esclude le ghiottonerie e offre cibi sani, tutti misurati, fuorchè il pane che il povero chiede elemosinando. E io sono sicura che la mia Clelia, aiutata dalle condizioni propizie, svilupperà le sue belle qualità a danno di quelle cattive che si rattrappiranno sempre più, vergognose di sè, fino a scomparire.

Pagina 203

Ma se a una manca la madre o il padre, non insistere sulla tenerezza infinita che noi abbiamo per te, non ricordar loro le nostre cure, i sacrifizi nostri:sarebbe come numerare a un cieco le bellezze della natura. Certe delicatezze, del resto, sono consigliate dal cuore. Non prender mai parte alla maldicenza; ma piuttosto, se si nomina con poco rispetto un superiore o si sparla d'una compagna, cerca d'intervenire con una parola buona in difesa dell'assente. Così anche, bimba mia, quando si schernirà qualcuno per un suo difetto morale e, specialmente, fisico:sarebbe una viltà il non ribellarsi a una sì indegna azione! Se regnerà concordia fra voi tutte, le piccole e inevitabili noie della vita in comune saranno compensate da infinite dolcezze, che vi procurerà l'adempimento de'doveri verso voi stesse e verso gli altri. E fra i doveri io metto, naturalmente, anche quelli della buona creanza.

Pagina 211

Ora costa tutto così caro, ch'è centuplicato - s'è possibile - l'obbligo di tener da conto quello che abbiamo. Guàrdati dalle macchie, dallo stropiccío delle scarpe che valgono un occhio dallo sfreghío delle maniche, dallo spreco della carta e de'pennini, che in questi tempi tengono il loro posto nell'economia domestica; smetti l'abitudine d'adibire a uso di puliscipenne il rovescio del grembiule che, se è nero, è tuttavia soggetto a sporcarsi. Vuoi bene alla tua mamma? Pensa che, dimostrandoti disordinata e sciatta, fai sfigurare anche me, che sono la tua prima educatrice. Quante cose t'ho scritte! Ma la più importante te l'ho serbata all'ultimo:è un ammonimento soave e grande, come una benedizione. Tienti stretta al cuore la tua religione, ch'è la più bella poesia dell'anima, che ci dona la felicità e la virtù, che c'insegna a camminare nella via de'nostri doveri; e rendila sempre più forte e serena, perchè la sua dolcezza e il suo vigore possano rinsaldare altre anime inquiete e fiacche. E prega! Prega con le labbra, col cuore, prega con tutte le tue azioni, uniformandole alla legge divina, che tutte le leggi umane comprende e purifica. Quando avrai pregato, sentirai l'anima più leggera e contenta, perchè la preghiera è luce per la mente, riposo pel cuore, forza per la volontà. Nel pensiero di Dio incontrerai sempre quello di tua madre, che t'ha insegnato a credere perchè la vita di chi non crede è come un albero senza succo, e le sue azioni cadono a terra come foglie vizze e ingiallite:mi sentirai così vicina quando, con te, invocherò da Dio il tuo conforto e il tuo bene, come in questo momento in cui mi sembra d'averti proprio sul cuore mentre ti bacio con tenerezza infinita. LA TUA MAMMA

Pagina 215

Tutti abbiamo de' momenti in cui desideriamo un raccoglimento completo, a tu per tu con la nostr'anima, co'nostri pensieri, e in tali momenti possiamo dircela appena con quelli della nostra famiglia: sarebbe addirittura seccante che l'intimità co'vicini ci obbligasse a divenire schiavi e a non ritrovare mai noi soli con noi stessi. Buoni amici sì, ma intimi no! Gentili sì, ma non mai schiavi! Tanto più che, generalmente, nelle case ci sono bambini, e, se gli uni cominciano a invadere giornalmente la casa degli altri, sono guai! Quante rotture d'amicizia, per causa di que'piccoli tiranni! Quante brutte figure! E guardate d'avere, quanto meno è possibile, bisogno dei vicini. Non bussate ogni momento all'uscio de'casigliani per uno spicchio d'aglio, per un pizzico di pepe, per una ciocchetta di ramerino; piuttosto fare una corsetta fino alla bottega vicina, voi che avete gambe buone. Pensate che anche alla vostra mamma darebbe noia d'esser sempre obbligata a rimediare alle dimenticanze degli altri. Di riguardi siate pure prodigi co'vostri coinquilini. Camminate più leggermente che potete e frenate la vivacità de'vostri fratellini per rispetto a chi abita sotto di voi; non trascinate inutilmente mobili, ma, se proprio vi bisogna, fatevi aiutare a sollevarli; non ballate e cantate, nè piantate chiodi troppo tardi la sera o troppo presto la mattina; prima di sbattere i tappeti fuori della finestra, guardate che non ci sia sotto nessuno o nulla che patisca; fate insomma ai vicini quello che desiderate per voi. Ma arrestatevi a tempo sulla via delle cortesie reciproche, perch'esse non impongano a voi e alla vostra famiglia obblighi esagerati. I nostri vincoli sociali non devono diventare catene!

Pagina 245

La nostra lingua " 187 Schiettezza nel parlare - Disprezzo dell'Italiano - La lingua è una moneta spicciola di cui abbiamo sempre bisogno - Piuttosto il dialetto che un italiano strampalato - Esattezza e semplicità. XLVIII. La lettura " 191 XLIX. . . . Nel dolore " 194 Dolore fisico - Piccoli malesseri - Disprezzo del male - Dolore morale - Chi soffre più - Non bisogna far scontare agli altri il proprio dolore - L'ombra che viene - Lutto in famiglia - Accompagnando una bara. L. . . . Senza madre " 198 Gli amici del babbo - Visite - Modeste serate - L'incarico d'un pranzo - Buon gusto - Ufficio di mammina - La matrigna. LI. . . Per le educande " 203 Vantaggi del collegio - Doveri verso la Rettrice e gli altri superiori - Confidenza in chi può consigliar bene - Con le compagne - Non eccessiva dimestichezza, nè infondate e improvvise antipatie - Leggi e divisa pareggiatrici - Allo studio - A ricreazione - Ordine! ordine! - Il pensiero di Dio. LII. . . . . Indipendenza " 218 LIII. . . . La mosca al naso" 220 LIV. . . . . Sputasentenze " 222 LV. . . . . . La signorina"a rovescio" " 223 LVI. . . . . Zuccherina " 224 LVII. . . . . Madamigella"prudenza" pag. 225 LVIII. . . . Beneficenza " 226 LIX. . . . . . La noia " 229 LX. . . . . . . Libri malsani " 231 LXI. . . . . . Note " 233 LXII. . . . . Le vendette dell'ago " 235 LXIII. . . . Il sorriso " 237 LXIV. . . . . Baci e saluti " 240 LXV. . . . . . Profumi e cipria " 243 LXVI. . . . . Con i vicini " 245 LXVII. . . . Sul tranvai " 247 LXVIII. . . In viaggio " 249 LXIX. . . . . Con le bestie " 253 LXX. . . . . . Superstizioni " 256 LXXI. . . . . Il coraggio della religione " 228 LXXII. . . . Scampoli di virtù " 261 LXXIII. . . Fine " 264 APPENDICE La zucca e la menta " 266 La camelia e la malva " 267 Il cucciolo di campagna " 268 L'asino filosofo " 271 Il mulo fra i cavalli " 272 Rispetto umano " ivi La supergallina " 273

Pagina 276

Noi abbiamo già molto vissuto; le speranze nostre, il nostro buon volere sono soffocate spesso dalle disillusioni, dalle amarezze, dai dubbi, sì che per vincere devono dare un crollo e sconquassare tutta la nostra anima, che ne resta tremante. Voi, no! Per un disinganno, quanto ridere di sogni! E' una nuvoletta di maggio che naviga in pieno azzurro:un lieve soffio di vento, e la nuvola fugge via e lascia al suo posto il sereno. Abbiano le vostre anime fresche la potenza de' fiori, che convertono in profumo il concime di cui è coperta la terra, in colori smaglianti il nero delle zolle:e non sieno così fiacche da non saper trasformare la materia grigia che le circonda in sorriso e in fragranza. L'anima ha bisogno di qualche lieve contrarietà per invigorire, ma deve assorbire i succhi amari che le scivolano vicini, come fa il fiore del fimo, e non lasciare ch'essi colino fra le pieghe del viso o salgano ad annebbiare la limpidezza dello sguardo. Abituatelo, il vostro cuore, fin da questi primi anni della vostra vita cosciente, quand'è, direi, ancor molle, a sentimenti buoni; fate che il suo dolore - inevitabile anche alla vostra età - si converta in grande benevolenza e in compassione infinita per gli altri:e allora tutta l'anima vostra non scatterà stridendo a un rozzo contatto, e la vostra fisionomia si distenderà in un'espressione di pace, che saprà conservare per l'abitudine contratta. Avverrà come d'un'arpa da cui una mano gentile abbia tratto per anni note sottili e delicate: le corde sue sono disposte fra loro in tal modo, che canteranno soavemente anche al tocco d'una mano inesperta. M'avvedo che ho incominciato a parlare di Lauretta e ho finito col rivolgermi a tutte le fanciulle. . . Eh, chi sa mai che in altre case, dov'io non sono penetrata, non tondeggino altre "lune", e non vi sieno altre"cuffie per istorto", altri"nervi scoperti", altre signorine"fatte così"

Pagina 33

Cerca

Modifica ricerca