Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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C'era una volta...

218825
Luigi Capuana 4 occorrenze
  • 1910
  • R. Bemporad e figli
  • Firenze
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Noi abbiamo una figliuola che è un sole: conduciamola dal Re. Gli diremo che è la sua figliuola, resa così bella da una fata. La Reginotta la chiuderemo nel granaio e ve la lasceremo morire. — Ma il Re come potrà crederlo? — Ci ho tutti i segnali. - Così fecero. Nel mezzo della notte, afferrarono la povera Reginotta, la chiusero in un granaio, e il giorno dopo condussero la loro figliuola al palazzo reale. Il Re e la Regina, sentita quella storia della fata, rimanevano ancora incerti. Allora la ragazza, indettata, disse: — Maestà, non vi ricordate di quando venivate nella mia camera colla cesta, e poi vi mettevate a dire piangendo: « Figliuola sventurata, sei nata Regina e non puoi godere della tua sorte »? — Il Re e la Regina rimasero. Quelle parole non potea saperle nessun altro, che la loro figliuola! Abbracciarono la ragazza, e bandirono feste reali. Ai due che l' avean condotta regalarono un monte di monete d'oro. Intanto la povera Reginotta, dopo essersi per tre giorni stemperata in lagrime, cominciò a sentirsi anche fame. Chiamò più volte, domandando per carità almeno un tozzo di pan duro! Non accorreva anima viva. Allora rammentossi della cipolletta: — Poteva ingannare un po' lo stomaco! — E la cavò di tasca. — Comanda! comanda! — Da mangiare! — Ed ecco pietanze fumanti, tovagliuolo, posata, coltello, bottiglia e bicchiere. Terminato di mangiare, ogni cosa sparì. Cavò di tasca il coltellino. — Comanda! comanda! — Spacca quell' uscio per legna. - E, in un attimo, uscio fu ridotto un mucchio di legna. Cava di tasca il sonaglino e si mette a suonarlo. Ed ecco una mandria di capre, che non potevan contarsi. — Comanda! comanda! — Pascolate per questi campi, finchè ci sia un filo d' erba. — E in un minuto i seminati, le vigne, gli alberi di quella fattoria eran distrutti. La Reginotta partì e arrivò in una città, dove c' era un Re che avea l' unico suo figliuolo gravemente ammalato. Tutti i medici del mondo, i più dotti, i più valenti, non n'avean saputo conoscere la malattia. Dicevano ch'era matto; ma egli ragionava benissimo. Aveva soltanto dei capricci, e dimagrava, dimagrava a segno che era ridotto una lanterna. Un giorno il Reuccio trovossi affacciato a una finestra del palazzo reale, e vide passar la Reginotta. — Oh! com' è brutta! La voglio qui! La voglio qui! Il Re, i ministri, i dottori tentarono di levargli di mente quella stramba idea; ma lui strepitava, piangeva, batteva i piedi. — Oh! com' è brutta! La voglio qui! La voglio qui! — Il Re la fece chiamare: — Ragazza, vorresti entrare a servizio? — Maestà, volentieri. — Dovresti servire il Reuccio. - E si mise a servire il Reuccio. — Bruttona, fai questo! Bruttona, fai quello. - Il Reuccio non la comandava altrimenti: volea perfino che rigovernasse i piatti. Una volta al Reuccio gli venne la voglia dei baccelli; ed era d' autunno! Dove andare a pescarli? — Baccelli! baccelli! — Non diceva altro, e rifiutava di mangiare. Il Re avrebbe pagato quei baccelli a peso d' oro. La Reginotta rammentossi della cipolletta e la cavò di tasca. — Comanda! comanda! — Un bel piatto di baccelli! - Ed ecco un bel piatto di baccelli. Il Reuccio se li mangiò con gran gusto, e dopo disse: — Mi sento meglio! - Un' altra volta gli venne la voglia d'un pasticcino di lumache. Ma non era la stagione. — Pasticcino di lumache! pasticcino di lumache! — Non diceva altro, e rifiutava di mangiare. Il Re avrebbe pagato quelle lumache a peso d' oro. La Reginotta corse di bel nuovo alla cipolletta. — Comanda! comanda! — Un pasticcino di lumache! - Il Reuccio se lo mangiò con gran gusto, e dopo disse: — Mi sento assai meglio. — Infatti, s' era rimesso un po' in carne. Un' altra volta finalmente gli venne la voglia delle polpettine di rondine. Non era la stagione. Dove andare a pescarle? — Polpettine di rondine! polpettine di rondine! — Il Re quelle rondini le avrebbe pagate a peso d'oro. La Reginotta, al solito, cavò di tasca la cipolletta. — Comanda! comanda! — Polpettine di rondine! — Il Reuccio se le mangiò con gran gusto e dopo disse: — Sto benissimo. - Era diventato fresco come una rosa: non si rammentava neppure d' essere stato malato. E, un giorno vista la Reginotta: — Oh, come è brutta! — esclamò. — Ma chi è costei? Cacciatela via! - La Reginotta andò via piangendo: — La sua stella voleva così! - E incontrò la vecchia, quella del grano. - Che cosa è stato, figliuola? - In poche parole le raccontò l' accaduto. — Sta' allegra, figliuola mia! Ti aiuterò io. Vieni con me. — E la condusse davanti a una grotta. — Ascolta: Lì dentro c' è la fontana della bellezza. Chi può tuffarvisi a un tratto, diventa bella quanto il sole. Ed ora, bada bene: questa grotta ha quattro stanze. Nella prima c'è un drago: buttagli in gola la cipolletta, e ti lascerà passare.

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Allora la Regina gli disse: — Ora che abbiamo quest' altra figliuola, che ne facciamo di quel mostro? Io direi di farla ammazzare. — Per amore di quest' altra figliuola, il Re, benchè a malincuore, acconsentì. Ma come andarono per prendere Testa-di-rospo e farla ammazzare, sulla C'era una volta.... soglia del canile trovarono mamma cagna, che abbaiava e ringhiava mostrando i denti. E Testa-di-rospo non voleva uscir fuori. — Perchè non vieni fuori? Perchè mi farete ammazzare. — E chi ti ha detto questo? — Me l'ha detto mamma cagna. - La Regina, maliziosa, volea indurla colle buone: — Non è vero, sciocchina. Vieni su, vieni a vedere che bella sorellina ti è nata. Sorellina non me n' è nata, A peso d' oro fu comprata. Mamma cagna, mamma cagna, Siete voi la vera mamma. — Che significa? — domandò il Re. — O che gli date retta? Testa-di-rospo parla da bestia. — Ma il Re disse: — Chi tocca Testa-di-rospo l'ha da fare con me. Mostro o non mostro, è una creatura di Dio. Lei è la vera Reginotta, perchè nata la prima. - La Regina, arrabbiata per lo smacco, che pensò? Pensò di ricorrere ad una strega: — Fammi due vestiti compagni, tutti oro e diamanti; ma uno dev' essere incantato: deve bruciare addosso a chi se lo mette. — Fra un anno li avrete. - In questo mentre la Regina fingeva di voler bene egualmente alle due figliuole; anzi, se comprava un balocco, un ninnolo per la Gigliolina, ne comprava uno più bello per Testa-di-rospo. La Gigliolina, vedendo il regalo più bello, si metteva a strillare: — Quello lì lo voglio io! — E Testa-di-rospo glielo dava. Passato l'anno, la Regina tornò alla strega. — Maestà, i vestiti son pronti; ma baciate di non scambiarli. Per non sbagliare, in questo incantato ci ho messo un diamante di più. — Ho capito. — Chiamò le due figliuole e disse: — Ecco due bei vestiti; provateveli subito, per vedere se vanno bene. Questo è il tuo, Testa-di- rospo. - Ma la Gigliolina, contati i diamanti e visto che in quello di Testa-di-rospo ce n' era uno di più, comincia a strillare: — Quello lì lo voglio io! — La Regina non permise. che lo toccasse. Intanto la Gigliolina continuava a strillare, e pestare coi piedi: — Quello filo vogliò io! quello lì lo voglio io!— Accorse il Re e disse: — Non ti persuadi che quello è un po' più grande? Provalo, e vedrai. - E stava per infilarglielo. — No, Maestà, — disse Testa-di-rospo. Vestito bello, fatto da poco, Vestito nuovo fatto di fuoco, Mamma cagna, mamma cagna, Siete voi la vera mamma. — Che significa? — domandò il Re. - O che gli date retta? Testa-di-rospo parla da bestia. — Ma il Re disse: — Chi fa danno a Testa-di-rospo, fa il proprio danno. Lei è la vera Reginotta, perchè nata la prima. - La Regina, arrabbiata per quest' altro smacco, non sapeva più che inventare. E la sua rabbia si accrebbe quando vide arrivare a corte il Reuccio del Portogallo, che andava cercando una principessa reale per moglie. La Regina disse al Re: - Almeno facciamogli vedere tutte e due le figliuole; così sceglierà. — Il Re, per contentarla, rispose: — Sia pure. — Il Reuccio voleva visitare le principesse negli appartamenti ov' esse abitavano; e la Regina lo condusse prima nel magnifico appartamento della Gigliolina. La Gigliolina, vestita cogli abiti più sfarzosi, sfolgorava come una stella. Il Reuccio disse: — È mai possibile che l' altra principessa sia bella quanto questa? Andiamo a vederla. Ma dove andiamo?

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che abbiamo visto! Che abbiamo visto! — Che cosa avete mai visto? — Quel contadino ha uno zufolo, e appena si mette a sonarlo, ti, tiriti, ti, il suo pagliaio, di botto, diventa una reggia. — E poi? — E poi vien fuori una ragazza più bella della luna e del sole, e lui, tì, tìriti, tì, la fa ballare con quella sonata; e dopo le dice: Bella figliuola, se il Re ti vuole, Dee star sette anni alla pioggia e al sole. E se sette anni alla pioggia e al sole non sta, Bella figliuola, il Re non ti avrà. — E poi? — E poi smette di sonare, e quella reggia, di botto, ridiventa pagliaio. — Glieli darò io la pioggia e il sole! — disse il Re, toccato sul vivo. — Ma prima vediamo codesto miracolo di bellezza! — E andò la notte dopo, accompagnato dai ministri. Ed ecco che il contadino cava di tasca il suo zufolo, e tì, tìriti, tì, di botto il pagliaio diventa una reggia; e tì, tìriti, tì, compare la ragazza e si mette a ballare.

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- Il sarto, che ne aveva una Regina ed una Principessa, era montato in superbia e rispose: — Il pecoraio, scusate, noi per ora ce l' abbiamo. - Stava per passare un altr' anno. La minore restava sempre in casa, e il padre non faceva altro che brontolare giorno e notte: — Le stava bene, stupidona! Sarebbe rimasta in un canto, con quel suo anello di ferro. - E all' anno appunto, tornò a presentarsi il pecoraio: — Volete darmi quella figliuola? — Prendila, — rispose il sarto. — Non si merita altro! — Si sposarono, senza feste e senza nulla, e la menò via. Allora il sarto disse: — Voglio andar a visitare la mia figliuola Regina. — La trovò che piangeva. — Che cos' hai, figliuola mia? — Sono disgraziata! Il Re vorrebbe un figliuolo, ed io non posso farne. I figliuoli li dà Dio. — Ma l' anello della buona fortuna non giova a nulla? — Non giova a nulla. Il Re mi ha detto: Se fra un anno non avrò un figliuolo, guai a te! Son certa, babbo mio, che mi farà tagliar la testa. - Quel povero padre, come potea rimediare? E partì per fare una visita alla figliuola Principessa. La trovò che piangeva. — Che cos' hai, figliuola mia? — Sono disgraziata! Tutti i figliuoli che faccio mi muoiono dopo due giorni. — E l' anello della buona fortuna non giova a nulla — Non giova a nulla. Il Principe mi ha detto: Se questo che hai nel seno morrà anche lui, guai a te! Son certa, babbo mio, che mi farà scacciar di casa! — Quel povero padre che potea farci? E partì. Per via gli nacque il pensiero d' andar a vedere l' altra figliuola, quella del pecoraio. Ma avea vergogna di presentarsi. Si travestì da mercante, prese con sè quattro ninnoli da vendere e, cammina, cammina, arrivò finalmente in quelle contrade lontane. Vide un magnifico palazzo stralucente, e domandò a chi appartenesse. — È il palazzo del Re Sole. - Mentre stava lì a guardare, stupito, sentì chiamarsi da una finestra: — Mercante, se portate bella roba, montate su. La Regina vuol comprare. - Montò su, e chi era mai la Regina? La sua figliuola minore, la moglie del pecoraio. Quello rimase di sasso; non potea neppure aprir le cassette degli oggetti da vendere. — Vi sentite male, poverino? — gli disse la Regina. — Figliuola mia, sono tuo padre! e ti chiedo perdono! — Lei, che l'aveva riconosciuto, non permise che le si gettasse ai piedi, e lo ricevè tra le braccia: — Siate il ben venuto ! Ho dimenticato ogni cosa. Mangiate e bevete, ma prima di sera andate via. Se Re Sole vi trovasse, rimarreste incenerito. - Dopo che quello ebbe mangiato e bevuto, la figliuola gli disse: — Questi doni son per voi. Questa nocciuola è per la sorella maggiore: questa boccettina di acqua per l' altra. La nocciuola, dee inghiottir- sela col guscio; l' acqua, dee berne una stilla al giorno, non più. E che badino, babbo! —

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