Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Ricordi d'un viaggio in Sicilia

168865
De Amicis, Edmondo 1 occorrenze
  • 1908
  • Giannotta
  • Catania
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
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Disse un illustre napoletano che, venendo per la prima volta nell'altra Italia, gli parve che la gente non avesse occhi: noi stessi abbiamo una tale impressione ritornando nel nostro paese dal mezzogiorno; ma ritornando dalla Sicilia in particolar modo. Oh quegli occhi siciliani così profondi, cosi acutamente scrutatori, cosi pieni di sentimento e di pensiero, e pur così misteriosi quando il loro sguardo non è spiegato dalla parola o animato da una passione determinata, intorno alla quale non ci possa esser dubbio! Avete già lasciato l'isola, molti ricordi di luoghi famosi e di spettacoli incantevoli del suo mare e del suo cielo si sono già confusi nella vostra mente; ma vedete ancora quegli occhi, un balenìo di pupille oscure come sparse per l'aria, che vi dicono mille cose non ben chiare, e par che vi leggano nell'anima, senza svelarvi l'anima che fiammeggia in loro. Sono esse veramente l'espressione visibile della profondità e della complessità del carattere siciliano, così difficile a definirsi, così vario in sé medesimo, e pieno di contraddizioni, di disarmonie e di lacune; per cui disse uno scrittore dell'isola che il siciliano "pensa e sente come un arabo, agisce come un greco, concepisce la vita come uno spagnuolo". Strano carattere, violento e tenace nella passione, debole e mutevole nella volontà, facile egualmente all'entusiasmo e allo scetticismo, eroico nei suoi impeti generosi e pazientissimo nelle sue rassegnazioni indolenti; nel quale quel fortissimo sentimento individuale, che in altri popoli è il più grande propulsore delle iniziative, produce l'effetto di far curvare l'individuo dinanzi all'individuo, di far idolatrare la forza, di assoggettare le moltitudini a pochi padroni, di perpetuare lo spirito del feudalismo nella politica, nelle amministrazioni, in tutti i campi della vita pubblica! L'uomo, dotato di facoltà intellettuali e morali ammirabili, è capace di far miracoli; ma gli uomini, renitenti all'associazione e ai sacrifici che la concordia impone, sono collettivamente inetti e infecondi. Un grande errore è però il giudicare il siciliano dalla collettività, come la maggior parte di noi italiani facciamo. Egli ha tutto da guadagnare a esser conosciuto individualmente e da vicino. Lavoratore, ragionatore, padre di famiglia, amico, ospite, egli si rivela tutt'altr'uomo da quel che pare visto di lontano, nella moltitudine. Per questo c'è una grande diversità nel giudicarlo fra gli italiani del Continente che hanno vissuto lungo tempo nell'isola e quelli che non v'hanno mai posto piede o non vi passarono che come viaggiatori. Questi sono ingiusti. Questi pensieri mi sorgevano in mente ogni volta che mi soffermavo a guardar lo Stretto nel punto in cui le due coste sono più vicine. Che c'è di più maraviglioso di questo fatto? Poco più di tre chilometri di mare, che si attraversano in trenta minuti, e quel poco d'acqua divide le due terre come un vasto deserto o come una formidabile barriera di montagne. Passano continuamente quel breve spazio, con la maggior facilità, migliaia di persone e carichi enormi di merci; e quello stesso spazio mantiene quasi immutate per secoli diversità profonde di idee e di costumanze, perpetua ignoranza e pregiudizî reciprocamente funesti fra un popolo e l'altro, falsa e deforma mostruosamente le notizie dei fatti, arresta il cammino di grandi fame, ed è causa che uno dei due popoli, che pure ha con l'altro tanti legami di sangue, d'indole, d'interessi, di storia, senta in sé un'indomabile tendenza a viver di vita propria, con leggi proprie, considerando - e non in tutto a torto - come inconciliabili con la sua natura ed esiziali ai suoi interessi la maggior parte delle istituzioni e delle norme che reggono la vita pubblica nella terra posta quasi a contatto della sua! Ed è forse appunto questa uniformità forzata di leggi e d'obblighi, su cui si fondarono per tanto tempo tutte le migliori speranze del suo risorgimento, è forse questa appunto la cagione principale della persistenza delle sue miserie e dei suoi dolori! Ma queste sue miserie chi potrebbe mai sospettare viaggiando per quello splendido "paradiso terrestre" delle sue coste? Non ero mai andato per terra da Messina a Palermo; feci questo viaggio in una giornata bellissima; ne fui abbagliato e incantato. Questo versante Tirrenico, che rappresenta la quarta parte dell'area totale dell'isola, e contiene oltre un terzo dell'intera popolazione, con una densità molto superiors alla media del regno d'Italia, pure essendo meno maravigliosamente florido del versante Jonico, compreso fra Messina e Siracusa, è per bellezza di paesaggio e per ricchezza di vegetazione una delle più ammirabili regioni d'Europa. E' una successione di golfi e di seni dalle curve graziosissime, dominati da alti promontorii dirupati, che si specchiano nel più maraviglioso azzurro marino che abbia mai sorriso al sole. Si percorre il primo tratto, lungo il mare, in vista delle diciassette isole dell'Arcipelago Eolio, che par che sorgano l'una dopo l'altra dalle acque, con le loro belle forme vulcaniche, ardite e leggere, tinte di colori soavi, d'un'apparenza quasi vaporosa. E le pianure verdi, solcate da innumerevoli corsi d'acqua, succedono alle pianure verdi, i boschi ai boschi, i vigneti ai vigneti, e vaghe città biancheggianti sulle alture, e monti scoscesi coronati di chiese aeree e di castelli spagnuoli e normanni e d'avanzi di colonie greche e romane. E fuggono accanto al treno i boschetti d'aranci, le siepi di fichi d'India, le spalliere di áloi, i gruppi di palme, tutte le varietà di piante di tutte le terre italiche, accarezzate e mosse da un'aria imbalsamata che vi delta nel sangue e nell'anima un sentimento delizioso della vita. E quante grandi immagini del passato vi sorgono dinanzi da ogni parte! Su quel ridente azzurro del golfo di Spadafora fu distrutta da Agrippa la flotta di Sesto Pompeo; su quell'altre acque luminose, fra il Capo Orlando e la foce della Zapulla, fu sconfitta l'armata di Federico dalle armate riunite di Catalogna e d'Angiò; laggiù riportò Duilio la prima vittoria navale di Roma; su questa pianura l'esercito cartaginese di Amilcare fu sbaragliato dall'esercito greco di Gelone e di Terone. A grandi lampi vi passa dinanzi tutta la storia dell'isola fatale, intorno a cui gravitò per secoli la vita storica e sociale di tre continenti, e d'in fondo al passato immenso vedete sorgere l'albore d'una speranza: poiché se l'Italia peninsulare, come fu detto con felicissima immagine, è un braccio teso dall'Europa nella direzione dell'Africa, la Sicilia è pur sempre la mano di quel braccio; ed è ancora una grande verità quella affermata dal Fischer, ch'essa possiede una stoffa di colonizzatori di primordine "atta a metter radici sopra ogni terra, a prosperare sotto ogni cielo". Chi sa che nell'avvenire dell'Africa non sia il risorgimento dell' "organo prensorio" d'Italia? Ed ecco Monte Pellegrino, ecco la Conca d'oro, ecco Palermo!

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