Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Come devo comportarmi?

172103
Anna Vertua Gentile 7 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Noi siamo eguali di fortuna; fummo educati al modo stesso, fin dalla nascita abitammo insieme; amiamo gli stessi autori,dei nostri giorni: abbiamo i piaceri stessi, le stesse disgrazie, le stesse speranze; oh , vogliamoci bene tra noi. Nei difetti compatiamoci; soccorriamoci nei bisogni; confortiamoci l'un l'altro a far il bene. Io sono il maggiore di voi, ma so che anche l'ultimo è mio eguale: se non che io ho più esperienza, devo essere come il protettore degli altri, amar di più, dar migliori esempi, farvi le veci di padre, se per disgrazia il nostro mancasse. E voi me ne ripagherete col volermi sempre pia bene e col secondare le premure che io ho pel vostro bene. Casa forte è quella che si appoggia sulla concordia dei fratelli. E quando gli uomini vorranno conoscere quale voi siete, osserveranno come vi comportaste coi vostri fratelli.»

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Bisogna essere amabili e cortesi, non già per vanità ma per generosità; per il debito che abbiamo verso gli altri. La signorina faccia di tutto per meritarsi l'altrui simpatia; e questo non per orgoglio ma per legittimo bisogno naturale; per ubbidienza alla legge divina, che impone un legame di affetto e di concordia. La signorina finamente educata e buona di sua natura, è un raggio di sole, che reca con sè luce e calore; è un fiore che rallegra con la grazia e il profumo; è la primavera ricca di promesse ; e il sorriso ingenuo e vivificante della società, quando a questa cerca piacere e vuole piacere per mezzo della cortesia, che è l' interprete della virtù, o meglio la figlia della delicatezza.

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Che riguardi abbiamo noi per questa povera gente che ci serve ? mentre noi, seduti a lauta, raffinata mensa, gustiamo bocconi scelti e ghiotti e beviamo vini squisiti, ci preoccupiamo forse un momento solo del domestico, che ritto, silenzioso, ci serve come un automa ?... Egli ci sente lodare la squisitezza delle vivande, i vini prelibati; i sente nostri discorsi, magari di eguaglianza, magari di emancipazione, di lotta di classe ; sente le nostre discussioni, le nostre querele, non di rado le nostre ingiurie contro la razza presente del servidorame; e se ne sta imperterrito, con la faccia che non tradisce un'emozione, rispettoso, ossequioso; in apparenza, convinto e rassegnato della sua inferiorità, anzi della sua nullità. Per me, assicuro che piu volte mi sentii sgomentata dal pensiero di ciò che quei nostri fratelli in livrea, avrebbero detto se avessero potuto. Nei nostri rapporti con le persone che compongono la famiglia, noi non ci curiamo punto dei domestici, come se essi fossero esseri incapaci di sentire e giudicare; qualche cosa come un bimbo incosciente, come un mobile, come un cane di casa. E davanti a loro, non si risparmiano i ripicchi, i battibecchi, le liti volgari, le critiche, le maldicenze e peggio. E poi si pretende educazione da essi, ai quali si fa una scuola tutt'altro che edificante. La signora, che non ha pregiudizi, ma coltiva nell'anima sentimenti nobilmente, schiettamente democratici, considera le persone che servono nella sua casa, non come inferiori, non come schiave, ma come gente libera che lavora mediante un compenso meritato. Questa gente ha verso i padroni il dovere della probità e dell'esattezza; i padroni hanno verso di loro quello dell'umanità e dell'equità. In tal modo, i rapporti fra padrone e domestico nobilitati dalla dignità di un reciproco impegno sociale, fanno schivare l'abuso da una parte e l'avvilimento dall'altra. Trattare altezzosamente le persone di servizio per la ragione che ci servono, è una ingiustizia e insieme una sciocchezza. Non bisogna stimare le persone a seconda dell'impiego che esercitano, ma bensì dal modo con cui l'esercitano. Servire, vuol dire dipendere da qualcuno. O non siamo noi tutti, o quasi tutti dipendenti da qualcuno?... L'impiegato, l'ufficiale, il medico, l'industriale, operaio, il commerciante, il commesso di studio, non obbediscono, non servono forse per ragioni d'ufficio, di umanità, di lusso, di lavoro manuale e intellettuale? O l'autore non ha per padrone il pubblico, e fra editore e autore non c'e forse una reciproca dipendenza ? Quando chi comanda è giusto e chi ubbidisce è dignitoso, non c'e avvilimento nella dipendenza nè superbia nel comando. La forza e l'onore dell'essere umano, stanno nel lavoro e nel guadagnarsi onestamente la vita. Ora, i domestici, quando lavorano onestamente per vivere, sono stimabili e rispettabili nè più nè meno come un industriale, un impiegato, un commerciante, che pure lavorano onestamente per il benessere proprio e delle famiglie. I cittadini sono tutti uguali davanti alla legge. O perchè dunque non tutte le persone oneste saranno uguali davanti alla pubblica stima ?... La vera signora ne' suoi rapporti con le persone di servizio, non dimentica mai la cortesia, che altre volte i padroni, pure essendo buoni, generosi e affettuosi, ricusavano di usare verso i domestici. Ella sa che in questo caso la cortesia è una virtù democratica per eccellenza, che impone e guadagna rispetto. Quindi non usa il tu con le persone di servizio, ma sibbene il voi. Il tu, espressione quasi sempre di affetto e di amicizia, qualche volta vuol dire, alterigia e prepotenza. Ora io credo per fermo, che il linguaggio influisca su le abitudini e che la troppa famigliarità di parole, finisca per tradursi in mancanza di riguardi. Forse qualcuna delle mie gentili lettrici, sara innamorata, come parecchi, dei lavori di Èmile Souvestre, e forse ricorderà un certo dialogo fra un servitore ed il vecchio padrone, di cui io trascrivo qui una parte. Il servitore dice che il suo antico padrone « l' a fait reflechir à la position respective des maitres et des domestiques. » - Et vouz avez trouvè ? - chiese il nuovo, vecchio padrone. - Qu'en avilissant le plus souvent les uns, elle corrompait les autres. - Oh! oh! voila de bien gros mots, monsieur Baptiste !... - (II servitore aveva premesso che voleva essere chiamato monsieur Baptiste - Pas plus gros que les choses, monsieur. Dans la domesticitè ordinaire, il semble que le maitre ait seulement - des droits, le serviteur seulement des devoirs d'ou il resulte que le premier tend toujours à l'abus, le second à la rèvolte. - Et quel remède voyez vous à cela, monsieur Baptiste ! - Un seul, monsieur: le respect reciproque. Quand le commandement est poli,l'obeissance n'a rien qui puisse rèvolter. Je ne m'en ètais pas rendu comte autrefois: - je trouvais seulement dur de me soumettre. A mon age, la domesticitè me paraissait humiliante pour un vieillard. Monsieur le comte m'a enseignè le moyen de la relever. - Comment cela? - En exigeant plus d'egards que de gages, et en rendant - mes services assez utiles pour qu'on craigne de les perdre. On a beau n'etre qu'un domestique; quand les cheveux commencent à blanchir il faut sauvegarder sa dignitè.

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Non sarebbe la musica una lingua perduta della quale abbiamo dimenticato il senso e serbato soltanto l'armonia ? Non sarebbe una riminiscenza? La lingua di prima e forse anche la lingua di dopo ?»

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Se si dedica al lavoro manuale libero, morirà certo di fame, e se fa la giornaliera guadagnerà press'a poco la metà di quanto guadagna l'uomo, quantunque entrambi abbiamo quasi gli stessi bisogni naturali. Le ragazze del ceto medio sogliono dedicarsi all'insegnamento, il quale però in nove casi su dieci diventa per loro una schiavitù, come è quella della governante di fanciulli: in alcuni paesi possono, ma in piccolo numero, aspirare a qualche pubblico impiego subalterno; tuttavia una giovine istruita e dignitosa non stima mai che un tale impiego si confaccia alla sua missione, alle sue qualità a alle sue attitudini; ed animata da questo sentimento potrà sopportare dignitosamente anche la povertà. Del resto, le ragazze che raggiungono quella meta possono ancora chiamarsi fortunate. Le altre vivono povere, misere, incresciose a sè e agli altri, avvilite dalla coscienza della propria inutilità, impotenti a procurare una gioia alla loro gioventù, a guadagnarsi il necessario pane quotidiano ed assicurarsi il sostentamento per la vecchiaia. E per soprappiù, la ragazza che vegeta in solitudine tanto crudele, deve avere perennemente e sovrumanamente una straordinaria fermezza di carattere; esigiamo insomma che questa donna afflitta, malcontenta di sè, che trema pensando alla sua vecchiezza, sia una eroina.

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Quante volte noi stessi non abbiamo dovuto arrestarci a contemplate una bambola in costume sfoggiato, un salottino, una cameruccia elegantissima? Dunque volendo fare un dono ai bimbi ed ai fanciulli, non si avrà che l'impaccio della scelta. Ed è appunto la scelta che deve essere giudiziosa e rispondere al bisogno educativo della prima età. I pedagoghi, ordinariamente, trascurano il capitolo balocchi, trattando dell'educazione. Sembra forse loro questo un salto poco decoroso, dalle vette filosofiche dalle quali guardano con occhio abituato alle grandi altezze, i grandi bisogni delle anime umane !... Ma questo capitolo disprezzato dai sommi, ogni mamma, ogni donna che abbia buon senso e naturale accortezza educativa, se lo compone da sè e lo segue senza il visto dei filosofi. I bimbi sono personcine che vedono, sentono e capiscono più di quello che non si creda. I loro occhi ricevono l'impronta della forma degli oggetti anche quando a noi sembra che sieno incapaci di fissarsi su qualche cosa; le loro orecchie sono sensibili ai suoni prima ancora di riconoscere la voce materna; capiscono prima ancora che la parola esca cianciugliata dalla loro boccuccia rossa. Attenti dunque ai primi oggetti che possono incontrare i loro occhi, attenti ai primi suoni che possono colpire le loro orecchie. Di solito il primo balocco che si mette nelle mani del bimbo, è il bubbolino o dentaruolo, che rappresenta una specie di mostricciatolo adorno di sonaglini e finisce nel pestellino. Il bimbo esercita le sue facoltà attive agitando il bubbolino; ma questo è un esercizio a scapito delle facoltà contemplative. Quel mostricciatolo, dà all'occhio del piccino l'idea del brutto. O perchè abituare l'occhio del bimbo, che appare a pena alla vita, alla bruttezza? Si, si; anche Rousseau era d'avviso di mettere sotto gli occhi dei piccini delle laide figure; e ciò, diceva lui, per agguerrirli. Ma M.me Louise d'Alq, osserva a proposito: «Il n'est pas besoin de familiariser l'enfant avec un crapaud pour l'empêcher de trembler devant un ramoneur. » Ora, grazie a Dio, ai mostruosi bubbolini si vanno sostituendo dei dentaruoli di caoutchouc, in forma di pupazzetti o di animali graziosi; sono dentaruoli igienici e affatto innocui, che il bimbo può stringere fra le gengive e nelle manine senza il più piccolo pericolo di farsi del male. Al bubbolino succedono di solito i balocchi a sonagli; certe voci aspre, false, che urtano i timpani delle persone grandi di casa e per certo sono ben lontane dall'educare l'orecchio del bimbo all'armonia. Le prime impressioni del bainbino dovrebbero essere tutte buone, belle, gaie, sì che i sensi, detti da Mantegazza, finestre dell'intelligenza, portassero all'anima fino da allora, l'immagine del bello, l'armonia del suono giusto e dolce. I parenti dunque, gli amici di casa, i padrini e le madrine, quando vogliono fare dei doni ai bimbi, facciano una giudiziosa scelta di dentaruoli e balocchi. Con il crescere del bambino il campo dei doni si allarga, si fa ampio e offre svariati mezzi di educazione intellettuale e fisica. Quante piccole macchine che imitano le grandi e danno un'idea del progresso scientifico! Quanti mezzi di osservazione, di riflessione, di studio non offre il disfare, il rovinare, per fino il distruggere! Quanti balocchi fatti a posta per esercitare i muscoli, con una razionale ginnastica! La corda, il cerchio, i birilli, le bocce, la palla, il volante, il cricket, il lawn-tennis, sono tutti esercizi che mettono in moto il sistema muscolare, sviluppano il petto, danno ai movimenti energia, leggerezza, rapidità, sicurezza; danno all'occhio acutezza, eleganza al portamento, delicatezza al tatto, prontezza di determinazione al cervello.

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Seguendo i doveri che abbiamo verso il prossimo; non fare del male, anzi fare del bene!- dice un'altra. Come hanno insegnato il Castiglioni, il Della Casa, l'Alberti, il Gioia soggiunge un giovinetto che la sa lunga. Come insegnano i galatei moderni salta su una signorina, la quale ci tiene a far sapere, che ha letto e molto imparato in libri italiani e stranieri. E infila una litania di nomi d'autrici e d'autori. Dunque ce n'è già parecchi di libri che insegnano il modo di comportarsi?... Sicuro; ce n'è parecchi; e questo è il più recente di tutti. Questo non è un semplice galateo; non è certo un formulario. Che cosa sia lo dice il titolo. Una specie di guida morale e pratica suggerita dall'esperienza, e fatta con vera coscienza, con schietto desiderio dell'utilità. Una guida nella quale è tenuto conto delle modificazioni e delle innovazioni introdotte, per necessità e per amore del meglio, nel modo di comportarsi in casa e fuori e di seguire le leggi della cortesia; modificazioni e innovazioni volute e imposte dallo sviluppo intellettuale che va ogni di più allargandosi, e dal progresso che corre rapidissimo importando usi d'ogni paese e d'ogni maniera. L'autrice, alla quale io stesso pochi anni sono, ho dato l'incarico del lavoro, non è una abborracciatrice; è studiosa, accurata; ed ha per i lettori il rispetto un po' timido di chi ne desidera sinceramente la fiducia e la stima. Ho creduto di fare cosa opportuna pubblicando questo libro conveniente a tutte le età e a tutte le condizioni dell'uomo e della donna; il libro è già a la sua quarta edizione!...

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