Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il successo nella vita. Galateo moderno.

173294
Brelich dall'Asta, Mario 50 occorrenze
  • 1931
  • Palladis
  • Milano
  • Paraletteratura - Galatei
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Come abbiamo già ricordato, la delicatezza esige, sempre una modesta postergazione della propria persona. Vi sono persone - come si può tante volte osservare - che entrano in un locale pubblico, o in pubblici mezzi di locomozione, gesticolando e schiamazzando occupano tosto tutti i posti occupabili, non sono mai contenti di niente, hanno sempre pretese e desideri straordinari, criticano tutto, ecc. ecc.: tali persone danno prova di pochissima delicatezza. Persone che hanno soltanto un minimo senso di tatto entrano in un locale o mezzo di locomozione pubblico senza che nessuno se ne accorga; si adattano perfettamente ai costumi locali, evitano ogni spacconata, ogni stravaganza nel vestirsi o nel contegno, insomma: si comportano con sicurezza e naturalezza, sicchè non possano essere sgradevoli a nessuno. Gente beneducata si assimila sempre all'ambiente dove vive, anche nel vestirsi. E' indelicatissimo mettersi scientemente in contrasto colle usanze della società dove si vive; così sarebbe molto ridicolo e indelicato andare ad una rappresentazione dell'Opera in un vestito sportivo, molto usato, o viceversa andare in un locale modesto vestiti con straordinaria eleganza e lusso. Una persona delicata, non andrà mai a visitare parenti e conoscenti poveri in lussuosi vestiti di seta e di velluto, in pellicce costose. Specialmente in campagna, p. e. quando si va in chiesa la domenica, non ci si vestirà secondo l'ultima moda cittadina, con riguardo al modo di pensare conservatore della popolazione provinciale. A casa nostra comportiamoci in modo da non disturbare i nostri vicini. Canto, pianoforte, grammofono e altoparlanti sono nelle ore notturne o mattutine assolutamente intempestivi, perchè è probabile che gli altri in queste ore vogliano dormire. Ed anche di giorno appaghiamo i nostri desideri musicali possibilmente a finestre chiuse. Se un nostro vicino è gravemente ammalato, la delicatezza ci impone di smetterla con i divertimenti rumorosi. Se teniamo in casa degli animali, educhiamoli in modo che non disturbino gli abitanti della casa, e non esigiamo delle eccezioni o privilegi. Una speciale legge del rispetto è l'assoluta puntualità. Con questa dimostriamo il rispetto che abbiamo per i nostri prossimi. Non a torto, dagli uomini puntuali la mancanza di puntualità vien considerata come un atto di disprezzo offensivo. Assolutamente ridicola è poi la premeditata mancanza di puntualità, che da molti si pratica nella falsa supposizione che il far aspettare qualcuno sia molto « chic ed elegante ». Al contrario - come disse Luigi XV - « L'exactitude est la politesse des Rois ». Specialmente quando si tratti di appuntamenti per strada l'assoluta puntualità è indispensabile. Sarebbe ugualmente grave sgarbatezza il lasciar aspettar l'altra persona, anche se all'ora fissata fosse cattivo tempo. Generalmente si accetta il cosidetto quarto d'ora accademico (tempo di aspettativa che si usa osservare dalle Accademie, p. e. per il principio d'una conferenza, ecc.), ma ciò non significa che si debba contare su questo quarto d'ora, che si deve bensì accettare, evitando di profittarne. Possibilmente paghiamo i nostri piccoli debiti, p. e. ad operai, lavoranti, subito, e non lasciamo aspettare troppo neanche il negoziante dove usiamo comperare, perchè egli, temendo di perdere il cliente, non osa fare troppe reclamazioni, e con ciò può avere delle gravi difficoltà. Paghiamo subito specialmente i professori di lingua o altri insegnanti, i quali spesso, per un sentimento di falsa vergogna, non usano reclamare le loro spettanze. Un pagamento ritardato ha già molte volte causato la rottura di buone amicizie. Naturalmente sarebbe molto indelicato reclamare da qualcuno le nostre spettanze, in presenza di persone estranee, anche d'una sola terza persona, o di commettere l'indelicatezza, del resto abbastanza frequente di scrivere sollecitazioni su cartoline postali aperte. Non dobbiamo però nemmeno eccedere nella cortesia e dobbiamo sempre sapere fin dove possiamo andare. Troppa cortesia fa cattiva impressione e diviene spesso pesante. Ci sono p. e. delle persone che, terminata una visita, non possono finire di congedarsi. L'invito di rimanere ancora è spesso soltanto una formalità usuale, e si deve molto badare se sia veramente sincera. Perchè accettare un simile invito, quando non sia sincero, è molto sgarbato e sgradevole. Se vediamo p. e. che l'ora della colazione o del pranzo s'avvicina, prendiamo subito congedo, specialmente se non siamo in amicizia intima con quella famiglia. Se ci è toccato ripetutamente di non venir ricevuti in qualche luogo dove ci siamo recati a far visita è raccomandabile - così l'esige la delicatezza - di smettere le visite ed aspettare un invito. Non v'ha nulla di più odioso che l'insistere ostinatamente a voler frequentare una società o un circolo dove non si è benvisti. E ci sono molte persone così fatte: queste naturalmente non possiedono neanche il minimo di delicatezza. Per gli stessi motivi non conviene immischiarsi, senza essere invitati, in compagnie che sono in viaggio, voler partecipare a giuochi di società, offrirsi di accompagnare o far da guida a gente semi-sconosciuta, attaccare discorso senza motivo con gente estranea. Anche dal modo, come gli uomini osservano un nuovo « vis a vis», si può giudicare del loro tatto. Sguardi prepotenti, curiosi, scrutatori, che sembrano quasi volersi mangiare l'estraneo, sono sempre spiacevoli. Le persone indelicate naturalmente non badano ai sentimenti personali di chi è oggetto della loro sfacciata curiosità, e poco importa loro ch'esso stia a disagio. Il colmo dell'indelicatezza è poi, quando uno, dopo aver fissato a lungo il povero diavolo che gli sta di fronte, fa cenni con gli occhi, sussurra qualcosa sottovoce ad una terza persona. E quante volte possiamo essere testimoni di simili sgarbatezze! Ad ogni modo è molto raccomandabile di frenare un po' i nostri occhi. La loro lingua muta può esprimere molte cose inopportune. Uno sguardo può essere diversissimo: può essere rispettoso, ardito, sfacciato, prepotente e provocante. La curiosità è in ogni modo sempre fuori di luogo. Non si aprono mai lettere altrui. Oltre alla sgarbatezza che si commette aprendo una lettera non indirizzata a noi, si può avere dei gravissimi conflitti con la legge. (Segreto epistolare). Non si leggono nemmeno le lettere che giacciono aperte sulla tavola, o cartoline postali. Se ci vengono affidate delle lettere da imbucare, non se ne esamina curiosamente l'indirizzo. Anche il costume, oramai purtroppo molto diffuso, specialmente nei tranvai, di approfittare della lettura d'un altro guardando il giornale o libro che sta leggendo, è una grave indelicatezza. Stare ad origliare alla porta è disonesto. Il proverbio dice anche: « Chi sta in ascolteria sente cosa che non vorria ». E' proprio una debolezza di carattere, specialmente se il rispettivo discorso è tenuto a voce bassa. Peggio ancora che ascoltare abusivamente i segreti altrui, è il divulgarli. Una delle leggi fondamentali della delicatezza, che si può pretendere da ogni persona onesta, è quella che prescrive di tacere. Non si riferiscono i pettegolezzi sentiti su un conoscente. Moltissime cose, confidate nelle ore di intimità, possono cagionare questione di onore, se non si è tenuta acqua in bocca. Il tacere in tal caso è dovere naturalissimo. E' certo che mai si potrà estirpare del tutto, i pettegolezzi e le dicerie, ma dipende da noi se vogliamo diffonderle di più. Un difetto assai grave della buona educazione e del tatto è l'usanza molto diffusa, di lagnarsi e chiaccherare del marito o della moglie di amici o di amiche. Una persona che ha il tatto di non immischiarsi negli affari altrui, non dà nemmeno consigli, se non è richiesto; naturalmente ove si trattasse di aiutare ad evitare una disgrazia o spiacevolezza a qualcuno, il tacere non sarebbe un servizio da amico. Non dobbiamo invece tacere, se p. e. osserviamo dei difetti sui vestiti o nel comportamento, dei nostri amici, anzi è nostro dovere di renderli attenti, affinchè possano porvi rimedio. Naturalmente troveremo anche persone che non ci saranno grate per tale servizio, anzi ne saranno eventualmente offese. Se osservazioni di tal genere vengono fatte a noi, siamo sempre grati alla rispettiva persona che ce le fa, senza superflue suscettibilità. Ad ogni modo la persona che fa l'osservazione, deve farla in modo che nessuno se ne accorga, in un momento opportuno, badando di non offendere. Passato il rincrescimento momentaneo, le saremo certamente grati, perchè essa ci avrà impedito di continuare a produrre un'impressione sgradevole o comica per un difetto a noi sconosciuto, ma osservato da altri. Per gli stessi motivi si deve trattare con molta delicatezza le persone, verso le quali si è compiuto un atto di beneficenza. Se ostentiamo troppo la nostra cura per gli ammalati e i poveri, possiamo facilmente apparire affettati. Asteniamoci, appunto per il riguardo che dobbiamo ad altri, dal frequentare locali o adunanze, se noi stessi siamo indisposti o ammalati. E' poco delicato andare p. e. in qualche luogo dove è molta gente, con un forte raffreddore o tosse. Se siamo di cattivo umore, se abbiamo qualche dispiacere, cerchiamo di nasconderlo agli altri, perchè il portarlo appositamente in vista, sarebbe una mancanza di tatto. Il predominio su noi stessi è una esigenza fondamentale del buon contegno. Non si dovrebbe mai agire trasportati dall'eccitamento o dalla furia. In furia perdiamo tutto il giudizio, che eventualmente possediamo, in stato normale. La collera ci fa fare delle cose, spesso delle corbellerie, di cui poi ci pentiamo. L'unico consiglio giusto per questo caso è di dormirci un poco sopra. Il giorno seguente tutto avrà un altro aspetto, si avrà riacquistata la calma e si potrà agire, come deve agire una persona civile. Al pari del cattivo umore, per agire delicatamente, si deve saper anche sopprimere certe simpatie ed antipatie. In società, cambiare con ostentazione il posto a tavola o piantare una persona meno simpatica in mezzo alla sala, sono sgarbatezze imperdonabili. Generalmente un'occasione si presenta presto e facilmente da sè, ed allora possiamo cambiare senz'altro il nostro posto, senza offendere nessuno. E qui, attenti, cortesi lettori! Non facciamo mai la corte ad una bella signora o signorina, in modo che di questa nostra simpatia si accorga tutta la società. Noi dobbiamo distribuire imparzialmente, le nostre gentilezze e cortesie, senza badare all'età ed alla bellezza esteriore. Almeno finchè siamo in grande società dobbiamo agire cavallerescamente, ed occuparci anche delle meno belle. I giovani hanno pieno diritto di divertirsi tra loro, ma non devono mai dimenticare il rispetto ed il riguardo che debbono agli adulti e specialmente ai vecchi. Il loro dovere è di essere sempre premurosamente cortesi ed attenti verso i più vecchi. Volendo cessare di frequentare una famiglia, si deve farlo successivamente e non all'improvviso. Escluso naturalmente il caso d'una offesa, quando si deve rompere i rapporti immediatamente, ma anche allora si deve badare a non offendere più del necessario e conviene trattenersi assolutamente dal dichiararsi sul fatto di fronte a terze persone e specialmente non parlar male o con disprezzo della persona con cui abbiamo rotti i rapporti. Se qualcuno, dopo un certo tempo di freddezza o risentimento, ci si riavvicina, dimostriamoci concilianti. Il tener broncio molto tempo non è dignitoso. Dipende poi dalle circostanze, in quale grado vogliamo ristabilire i nostri rapporti. Ma il pensare anche dopo molti anni ad una vendetta, è prova di carattere duro e cattivo. E così si potrebbe proseguire ad enumerare ancora a lungo esempi del vero tatto e della vera delicatezza. Ma crediamo, che i casi citati siano già sufficienti; per schiarire l'importanza di questo concetto fondamentale. Ogni singolo caso, dove il tatto entra in funzione, deve venire giudicato e risolto in modo speciale e particolare, ma colui che possiede veramente un fine senso del tatto, troverà sempre da se stesso il giusto modo d'agire.

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Abbiamo sempre riguardo per la vanità dei presenti: sempre ed in ogni occasione! E' assai indelicato far somiglianze e paragoni facilmente sgradevoli. Dire p. e. la seguente frase, veramente affabile e lusinghiera: « Ma, senta, è veramente strano come lei assomigli all'assassino di Düsseldorf! Potrebbe essergli fratello! » Evitiamo, per carità, ogni raffronto meno che onorevole! Per la stessa ragione, non parliamo mai innanzi a vecchi signori di qualche « vegliardo imbecille! Avanti a signore non si parla della « illogica femminile » o « delle debolezze delle donne » ecc. Ogni generalizzazione è evitabile e fuori posto. « Ogni uomo è cattivo » si può talvolta sentire dire: però ciò non dimostra troppa intelligenza da parte di colui che dichiara simile frase. Non si ha la essere uomini soltanto per combattere la donna, e viceversa, ma sentirsi uguali nello spirito, se pur diversi di sesso. Se anche l'uomo ha un più forte ingegno ed è più capace di svolgere lavori spirituali, la donna lo sorpassa in molti riguardi e specialmente nello spirito di abnegazione e nella praticità dei criteri. La generalizzazione già menzionata, porta sempre una spina in sè contro l'altro sesso; è perciò meglio evitarla del tutto. Ognuno di noi sente volentieri complimenti affabili e delicati. Talvolta si offrono nella conversazione delle occasioni di fare un complimento, la cui omissione sarebbe addirittura scortese. Complimenti troppo lusinghieri, fanno effetto cattivo. Esaltare le bellezze giovanili d'una vecchia signora può per lo meno sembrare sciocco, se non proprio offendere. Mitigare gli elogi altrui e diminuire le proprie qualità è virtù, per ottenere poi maggior lodi ha talvolta un effetto sicuro in società, però far uso troppo spesso di questo piccolo « trik » è poco felice e si tradisce anche facilmente. Affine al concetto del complimento, però di minore importanza, è il « parlare affabile ». E' anche una legge di buona educazione. Se p. e. qualcuno ci ha fatto un grande favore non accontentiamoci di un semplice « grazie tanto! » ma rivolgiamo delle parole più affabili. Si ricordano qualità lodevoli di altri, solo a tempo e luogo, durante una conversazione. Però parlare soltanto in modo lusinghiero di qualcuno otterrebbe l'effetto contrario. Comunque, si potrebbe apparire per poco sinceri. P. e. di una padrona di casa che ci ha ospitato lautamente con piatti ben fatti, si può dire senz'altro delle buone parole ed esaltare la sua virtù di ospite. Ogni signora (tranne le troppo moderne ed americanizzate) ha piacere di sentire dire che gli ospiti hanno gustato il pranzo e che esaltano la sua arte culinaria. Naturalmente, dilungarsi su questo argomento, esaltarlo troppo sarebbe inopportuno e guasterebbe l'effetto piacevole. In nessun caso, la lode deve essere infondata; deve essere sempre corrispondente o quasi alle verità. Dove non c'è niente da lodare è meglio tacere. Però, si cercherà di trovare in tutti e in tutte le cose un lato lodevole. L'altro capirà da questo fatto, che le altre parti sono piaciute meno, e perciò si è lodato soltanto quelle. Il vero compagno non protrae troppo a lungo una conversazione. Come il vero « gourmand » cessa di mangiare quando gli piace di più, anche un buon compagno farà sciogliere la società quando è ancora animata, perchè niente è più terribile, di congedarsi quasi per « dovere », perchè la gelida noia incalza. Per lo stesso motivo, un compagno veramente esperto, cercherà sempre di assicurare una buona chiusura, un finale saporoso: farà magari un piccolo scherzo, che l'ultima impressione sia allegra e buona, e che i padroni di casa lo conservino di buona memoria.

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Se, durante la conversazione non abbiamo capito qualche cosa, non è bello domandare: « come » ma si dica piuttosto « comandi » o « come dice, prego » o « scusi », ma non ho inteso », mai però: « scusi non ho fatto attenzione ». Una contraddizione bisogna vestirla di una forma cortese. Non si dice: « Ciò non è giusto » o « non è vero » o « non è il caso » o « è una sciocchezza », ma: « secondo la mia opinione... » « io credo che... », ecc. E' una mala abitudine - e se è usata da giovani di fronte a persone in età, anche una sfacciataggine interloquire ogni tanto nel discorso di qualcuno con un « bravo » « bene » « questa è anche la mia opinione » ecc. Assolutamente fuori di luogo è interrompere uno che parla con esclamazioni di questo genere: « può aver ragione » «potrebbe darsi » ecc. Con gente occupata ad altri non si attacca discorso. Se una terza persona vuole partecipare al discorso già iniziato di due altre persone, si deve informarla con alcune parole dell'argomento. Però questa terza persona non può domandare l'argomento del discorso, come usa accadere spesso in società. « Niente d'importante » sarebbe una risposta sgarbatissima. Se la terza persona ha già posto la domanda - poco delicata - e non vogliamo comunicarle l'argomento, le diciamo che si tratta di « affari famigliari » o semplicemente « d'affari », e con ciò le facciamo capire in modo garbato, che non si desidera un terzo ascoltatore. Davanti a terze persone importune non si parla di cose e persone che si vuol tenere nascoste innanzi a loro, nè si parla « dell'affare citato » o « della cosa saputa » ecc. Come il sussurrare, altrettanto è sgarbato parlare in società lingue straniere. Se però ciò fosse indispensabile, perchè alcuni membri della società non capiscono la lingua che si parla, si deve subito tradurre, nella lingua della conversazione generale, ciò che si è detto, in modo che tutti sappiano di che si tratta. Infine ancora qualche parola sul ridere. In compagnia di solito si ride molto. Però queste risate non sono delle vere oneste risate, se si fanno a danno e scapito delle debolezze fisiche e spirituali dei nostri prossimi. A volte è difficile trattenere una risata: però si dovrebbe trattenere il riso, ogni volta che questo potesse recare fastidio od offesa. Anche difficile è reprimere una barzelletta maligna che ci è già sulla punta della lingua. Il direttore di scena (Regisseur), d'un film sonoro, ebbe una volta l'idea originale di girare il riso delle più diverse persone, e in tal modo, di caratterizzarle un poco. Il riso, cioè il modo di ridere d'un uomo tradisce moltissimo il suo carattere; perciò si deve stare attenti in società, durante un divertimento, a come ridiamo. Non ridete troppo rumorosamente, non spalancate la bocca come un portone, non la tirate sino agli orecchi, non vi picchiate le ginocchia con le mani, non stirate le membra per esprimere il vostro benessere fisico. Una corbelleria detta dal vostro vicino si può annotare con un sorriso; ma mai riderci sopra con malignità od asprezza. Se qualcuno racconta una barzelletta, non ridete ancora prima della fine, quando il « point » dovrebbe scoppiare, perchè questo resterebbe offuscato e confuso dalla vostra risata. Se una barzelletta è stata troppo forte per signore, queste tacciano. Sentendo degli scherzi a doppio senso, fingano di aver capito soltanto il senso onesto. Se tutti gli altri sono seri, non si disturbi con troppa vivacità.

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Veniamo a degli esempi: Il lettore attento avrà notato che noi stessi. poco fa, abbiamo scritto la parola « sport », nello stesso momento in cui intendevamo recriminare ogni parole impura. La parola sport non si potrebbe tradurre che in diporto: infatti, in origine il vocabolo inglese intendeva comprendere tutti i divertimenti, e gli svaghi possibili all'aperto. Col trasformarsi di tali giuochi in carattere professionale, lo stesso vocabolo inglese venne ad essere esteso a tutto ciò che è attività fisica. Considerato che l'attività fisica è comune ad ogni popolo o regolata da leggi internazionali, fu logico e inevitabile che il vocabolo « sport » fosse adottato indistintamente da ogni nazione. Si noti però che mentre sarebbe improprio e impuro dire « diportista » dal nostro « diporto », è ormai ufficialmente riconosciuta la purità dell'attributo sportivo. Si dovranno dunque distinguere i singoli casi e rimettersi ai manuali letterari di compilazione moderna, ad evitare vocaboli stranieri ogni volta che sia possibile. Sarebbe troppo lungo ed esulerebbe dal nostro compito di stendere un elenco completo di queste distinzioni le quali infine, attendono ancora oggi l'ultima parola: annoteremo però qualche vocabolo dei più correnti facilmente traducibili. chauffeur - conducente driblare - schivare (al giuoco del calcio) foot-baal - calcio lawn tennis - palla-corda boxeur - pugilista o pugile équipe - squadra ground - il campo (del giuoco) lunch - merenda sex-appeal - fascino del sesso dandy - damerino o vagheggino attillato five 'o clock- al tè danzante. blagueur- spaccone policeman - poliziotto cottage - villetta. E via dicendo. Rimandiamo i lettori ai manuali sportivi e scientifici, i quali non trascurano di annotare simili distinzioni. Della conversazione sarà bene fare, dunque, meno uso possibile dei vocaboli stranieri, ma non tanto da offrire l'impressione di essere del tutto digiuni dei termini più comuni nell'uso internazionale.

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Anche l'apparenza esteriore della lettera sia netta, senza macchie d'inchiostro, o traccie di gomma o cancellature, perchè la lettera è quasi una buona fotografia ed è un documento nella mano dell'altro, il quale serberà di noi l'impressione che gli abbiamo fatto con la nostra prima lettera. Ciò potrebbe anche essere umiliante, per noi, al momento in cui non saremo più principianti. La firma sarà scritta due centimetri sotto l'ultima riga sulla parte destra della carta. Se dobbiamo cominciare una nuova pagina, poco prima della fine, lo faremo in modo che non sia troppo in alto, che la firma venga pure sulla parte inferiore o centrale della carta. Dobbiamo sempre rileggere la lettera, prima d'impostarla, e correggere gli sbagli eventuali. Spesso ci viene ancora qualche cosa in mente, che vorremmo aggiungere alla lettera. Lo possiamo fare senz'altro mettendo sotto la firma a sinistra un P. S. « post scriptum » o scrivendo ancora alcune frasi brevi. Una lettera esatta, senza « post scriptum », farà sempre miglior effetto. La scusa: « in fretta e furia » è preferibile evitarla. Si vede bene, anche senza aggiungere nulla, che una lettera è stata scritta « in fretta e furia ». Giovani ragazze hanno la mania di sigillare le loro lettere, talvolta senza contenuto; persone adulte lo fanno soltanto di rado. Lettere, che contengono dei documenti preziosi, si consegnano alla posta come lettere di valore, dove il sigillo è prescritto dai regolamenti postali. Lettere comuni sigillate ottengono a volte l'effetto contrario, perchè attirano eventualmente l'attenzione di persone importune: così possono smarrirsi più facilmente. Non è però detto che il sigillo offenda il « bon ton » e che non sia ammesso fra persone raffinate, che sogliono usare elegante ceralacca colorata in oro o azzurro. Specialmente tra innamorati o amanti l'uso del sigillo è ancora in voga, benchè generalmente sia, da un certo tempo, in ribasso. Le buste grandi e munite di buona « colla » dispensano lo scrivente dal prendere eccessive cautele. Comunque è utile aggiungere che sarebbe ridicolo timbrare il sigillo con iniziali non nostre e che, invece , è anche oggi molto elegante disporre di ottima ceralacca e di un monogramma artistico. Benchè in ribasso anche il francobollo di beneficenza, via via, viene adottato anche ai nostri giorni. Il rispetto per il segreto della lettera è una legge della morale più che del buon contegno. Ogni lettera in arrivo dovrebbe essere consegnata immediatamente, a chi è indirizzata. Ma, naturalmente vi sono delle donnine curiose (e anche uomini) che aprono senza scrupolo le lettere del loro consorte e del loro amante; ciò che è ancora più grave. Coniugi che vivono insieme in armonia, daranno senza dubbio le lettere in arrivo l'uno all'altro. L'aprire scambievole delle lettere, fra consorti, serve ad «aumentare» le reciproca fiducia; però contro questa abitudine non serve sigillo, nè francobollo di beneficenza. Se qualcuno vuol spedirla in forma di raccomandata con la riserva di consegnarla soltanto direttamente al destinatario. Mentre le lettere d'affari, nelle quali si chiede un informazione, si paga la risposta, in lettere private non è delicato perchè perchè chi riceve la lettera può avere la sgradevole impressione di essere stato giudicato come un povero diavolo, a cui gravi perfino la lieve spesa d'un francobollo. Però, ad uno sconosciuto, si aggiunge una busta con francobollo accollato col proprio indirizzo. Per comunicazioni brevi, che non contengono segreti, si adopera la cartolina postale. Essa è sufficiente anche per avvertire buoni amici del nostro benessere, se non c'è tempo di scrivere una lettera. Poichè le cartoline postali possono essere lette da qualsiasi persona confidiamole soltanto ciò che diremmo indifferentemente innanzi ad altre persone. Per ordinazioni, per fissare un appuntamento, una breve comunicazione, una domanda, un annunzio d'una visita, ecc. la cartolina postale è comodissima, poichè si risparmia il tempo per mettere in busta, incollare il francobollo ecc. e si può usare uno stile più breve che in una lettera. Soltanto scrivendo a persone di riguardo, per congratulazioni, inviti ecc. si evita di adoperare le cartoline postali e si adopera la forma di lettera. Evitiamo di scrivere nomi di terzi su cartoline postali; specialmente mai scriviamo nomi di famiglia su cartoline aperte. Per comunicazioni private non adoperiamo delle cartoline postali. Evitiamo ogni allusione, che potessero essere interpretate da chi vive nell'ambiente del destinatario. Non facciamo su cartoline rimproveri o altre espressioni spiacevoli, e serviamoci della forma di lettera ben chiusa. Ma il meglio è farlo oralmente. La cartolina postale chiusa, che ci offre la medesima comodità (espressioni brevi, forma pronta per spedire) viene adoperata negli stessi casi della cartolina aperta. Però ha il vantaggio di non poter essere letta, che dal destinatario. A persone superiori, di riguardo non si scrive nemmeno delle cartoline chiuse. Se nei tempi antichi, si voleva dare soltanto un'immagine approssimativa dei luoghi dove si viaggiava, ci voleva spesso la metà del viaggio stesso, perchè i nostri cari rimasti a casa ricevessero notizie. Oggi grazie alla scoperta delle cartoline - quando non si voglia usare il telegrafo - basta un saluto affettuoso per poi completare il racconto delle cose viste e vissute, al ritorno. Due parole sullo stato di salute, bastano per tenere al corrente. Anche agli amici si manda delle cartoline illustrate dai viaggi, dimostrandogli che si pensa a loro, ma non per far loro notare che disponiamo di mezzi per spassarcela in lungo e in largo. Questa è indubbiamente una bella usanza, ma da adottarsi con discrezione. Nei più bei luoghi del mondo, troviamo sempre della gente che scrive un mucchio di cartoline illustrate, sottoscritte anche da estranei. La cartolina illustrata non dovrebbe essere neanche un mezzo per destare invidia ad altri che non ebbero la fortuna di poter viaggiare. Cartoline scherzose, scritte con molto umore, si devono mandare via con certa prudenza: perchè i gusti sono differenti, e ciò che il mittente tiene per un'osservazione molto umoristica, colui che riceve potrebbe considerare per un'offesa. E' raccomandabile mandare simili cartoline in busta e a persone di spirito. Specialmente a signore non mandiamo mai delle cartoline che potrebbero destare un sentimento di umiliazione, tanto meno cartoline caricaturali, come spesso usa, con figure odiose, lingue lunghe, teste cornute ecc. ecc. Lettere private si scrivono generalmente a mano, per dare un carattere personale alla lettera. Non tutti possiedono una calligrafia chiara, ma ognuno deve tentare di scrivere in modo almeno intelligibile, perchè niente è più seccante per chi riceve di lambiccarsi il cervello a indovinare che cosa intenda dire il mittente. La gioventù moderna, adotta la discutibile usanza di scrivere le sue lettere a macchina, ma certo che la lettera riceve così un certo sapore affaristico e molti sono offesi di ricevere una lettera privata scritta a macchina. Soltanto coloro che hanno una calligrafia veramente illegibile, devono scrivere a macchina ed aggiungere a mano una piccola scusa, così chè il destinatario veda che l'altro gli ha scritto a macchina per facilitargli la lettura. Lettere d'affari si scrivono ordinariamente a macchina. Ogni commerciante dovrebbe (già per il buon nome della sua ditta), acquistarsi una macchina e dattilografare ogni lettera d'affari, previa copia per l'archivio. La carta da lettera per affari è, ordinariamente intestata. L'intestazione deve essere di buon gusto e deve contenere il nome del commerciante o della ditta, o della società, l'indirizzo e l'abbreviazione telegrafica, i numeri del telefono, relazioni bancarie, il numero del conto corrente postale. Nell'angolo superiore a destra si mette la data. Nella disposizione materiale, della scrittura non possiamo dettare una regola fissa, perchè ad e. altro è scrivere una lettera commerciale, altro è una lettera intima. Anche fra le lettere intime possono esserci delle differenze essenziali quali corrono p. e. fra la lettera indirizzata alla mamma a quella indirizzata al fidanzato. Per la prima si potrà usare della carta semplice, talvolta anche d'occasione - purchè sempre decente - per la seconda invece la signorina sceglierà carta robusta di una certa finezza. Così si dica per tutte le lettere indirizzate a persone di riguardo. Circa il tenore delle lettere varia a seconda del carattere e dei rapporti che corrono fra scrivente e destinatario. La lettera commerciale va scritta nell'usuale stile del commercio. Vi sono dei manuali accreditati, sia per la corrispondenza commerciale, sia per quella burocratica. A proposito di quest'ultima non dobbiamo dimenticare che da tempo esistono dei modelli, dai quali sarebbe difficile esimersi: così si dica per le lettere tra Ministero e Ministero, tra Governo e Organi dipendenti, tra Avvocati e Procuratori della Legge, tra i Catasti e i Notai: e via di seguito. In questa specie di corrispondenza si usa parlare sempre in terza persona e indirizzarsi ad una Signoria, ad una Eccellenza ecc. ecc. Per ognuno di questi tre tipi - intimo, commerciale, burocratico - aggiungiamo qui sotto una lettera modello.

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Il difficile dunque è di scrivere una lettera quando manca la percezione esatta di ciò che si deve dire o che si deve tacere, quando il sentimento che ci ispira debba essere in qualche modo larvato o simulato, quando infine si debba esprimere un sentimento che non abbiamo. Il sentimento di amore - il più comune e insieme il più grande - è quello che meno ha bisogno di consigli: tuttavia sono numerosi i così detti « Segretari Galanti », nei quali il giovane o la giovane poveri di idee, possono scegliere la lettera che meglio corrisponde al loro sentimento momentaneo. La serietà del nostro libro ci comanda di passar sopra a questo argomento troppo sfruttato a torto. La pratica ci insegna che quando lo scrivente desidera qualche cosa sa trovare spesso - anche se di limitata intelligenza e di scarsa coltura - delle frasi miracolosamente proprie ed efficaci a conseguire lo scopo. Perciò ci sembra che la lettera più difficile sia la lettera di condoglianze, sopra tutto quando la persona defunta non è veramente l'oggetto del nostro affetto, ma solo parente della persona che veramente amiamo. Facciamo quindi seguire una lettera di condoglianza, scritta da uno studente al collega di Università per la morte del padre, che egli non conosceva affatto, se non di riflesso. Milano, 1 settembre 19... Caro Mario, Sono dolorosamente sorpreso della notizia, che poco fa mi hai comunicato per telefono. La sollecitudine con la quale mi hai informato della perdita immatura del tuo caro papà, mi ha fatto capire la profondità della nostra amicizia. Ho sentito che nella imminenza della catastrofe tu mi hai cercato come si cerca un fratello, sicuro che avrei saputo, anche da lontano, trovare una parola semplice e calda per consolarti nella grande sventura. Invece, colpito anch'io dalla notizia inaspettata, non ho saputo dirti la grandezza e la sincerità di tutto il mio dolore. Mi affretto a riparare subito la mancanza, inviandoti per lettera le mie condoglianze fraterne. Benchè non avessi avuto il piacere di conoscere, da vicino, il tuo povero padre, conoscendo ed amando le tue virtù, sono certo di aver conosciuto le sue. Alla povertà delle mie parole supplisca il calore delle mic intenzioni. Fra tanto dolore, ti sia di sollievo il pensare che il destino, pur crudele, ti ha tuttavia concesso di perdere tuo papà, quando il consiglio di lui e la sua vigile bontà avevano saputo far ormai di te un uomo alacre e compito. A te il compito di continuare la via da lui tracciata ed essere per la tua famiglia, ciò che egli era, anima e sostegno. Sono certo che nel lavoro onesto e fattivo troverai modo di renderti sempre degno di lui e sempre più amato dai tuoi e dal tuo affezionatissimo Piero

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Abbiamo già detto che è orribile cosa gesticolare con le posate in mano. Aggiungeremo qualche piccola osservazione per i nostri lettori più giovani. Non solo il boccone deve essere piccolo, ma non deve seguirne un secondo se non quando il primo sia già ingerito. La carne non si taglia mai in piccoli bocconcini, tutta in una volta: ciò si fa soltanto ai bambini per insegnar loro, appunto, che non si deve fare bocconi grossi. Non si tagliano col coltello i gnocchi, tagliatelle e pasta in genere. La pasta asciutta e specialmente gli spaghetti si devono arrotolare abilmente intorno alla forchetta, aiutandosi eventualmente con un cucchiaio. Le patate si possono tagliare anche col coltello. Dopo avere adoperato il coltello, sarà scorretto prendere con quello il sale dalla saliera. Ad evitar ciò, s'intende, la padrone di casa avrà fornito la saliera di un cucchiaino apposito. Il pane non si taglia ma si spezza delicatamente, senza sparger briciole attorno. Il pane viene distribuito con una forchetta apposita perchè non sarebbe igienico che la michetta o la fetta passino da una mano all'altra. Non è bello appoggiare le punte delle posate sul piatto. Ognuno cercherà di mangiare nè con troppa sollecitudine, nè con troppa lentezza, ma possibilmente cercherà di finire insieme agli altri.

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Se interrompiamo di mangiare per bere, o spezziamo un pezzetto di pane, deponiamo le posate incrociate sul piatto, il che è segno che abbiamo ancora intenzione di continuare a mangiare, mentre se abbiamo terminato, mettiamo le posate una accanto all'altra, col manico a destra, sul piatto.

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La sinistra rimane sulla tavola, abbiamo già descritto altrove, o si prende con questa un pezzettino di pane, con cui si aiuta l'uso della forchetta. Gelati, Parfaits, Cassate, Pezzi duri, ecc. si mangiano col cucchiaio apposito, e possibilmente con biscotti o savoiardi. Burro e formaggio: si prendono dal piatto servito, con la posata apposita. Rimasugli di burro non vengono raggruppati su un angolo del piatto. Un pezzettino di pane si unge con burro, con l'aiuto del coltello si mette su una fettina di formaggio e così si mangia il gustoso boccone. Con la frutta vengono servite posate speciali, e, talvolta, delle salviette di carta. Mele e pere: si tagliano in quattro pezzi, e si sbuccia poi ogni singolo pezzo. Prugne ed albicocche: si tagliano e si spezzano in modo da fare uscire fuori il nocciuolo. Pesche: se sono « spaccatoie » basterà premerle ai due capi e liberarle dal nocciolo; altre, più piccole, le così dette pesche « duracine », si mangiano come sono, tagliando la polpa col coltello, intorno al nocciolo, che non dovrà mai essere messo in bocca. Le banane, debitamente sbucciate, si possono mangiare sia « alla campagnola » mangiando cioè la polpa a morsi, purchè in forma non scorretta, o all'inglese, tagliata cioè in piccole fette col coltello. Meloni vengono serviti con la loro scorza e tagliati quindi in fette. In alcune paesi c'è l'usanza di mangiarli spalmati di zucchero. L'Arancio si divide in spicchi, dopo averlo debitamente sbucciato, procurando che il succo vada disperso il meno possibile. Sarebbe segno di pessima educazione mangiare l'arancio a morsi o senza sbucciarlo, come spesso avviene. A tavola, procureremo di isolare i semi dalla polpa in modo che non si debbano sputare più tardi. Uva e ciliege si mangiano con la buccia dopo averle lavate in tazze apposite. Dal grappolo di uva si distacca l'acino con le mani e non sarà mai permesso di morderlo con la bocca. I semi si lascieranno scivolare attentamente nel piatto attraverso il palmo chiuso della mano. Fragole e frutta in bacche si mangiano solitamente dentro vini o intingoli speciali, cui si renderà necessario l'uso di un cucchiaino. Gli Ananas si fanno prima in fette trasversali, si spalmano di zucchero e si possono mangiare col cucchiaino da frutta. Le noci verranno aperte con lo strumento apposito per schiacciarle, immancabile in ogni mensa che si rispetti. Sarebbe molto ordinario, per non dire volgare, rompere il guscio delle noci a colpi di coltello o schiacciarlo coi denti, come spesso avviene. Prima delle frutta, solitamente, la padrona di casa distribuisce una piccola coppa colma di acqua per il così detto « dessert ». Ci piace, a questo proposito, ricordare l'aneddoto di quel commensale di provincia che, invece di lavarsi delicatamente le punte delle dita, bevve tutto d'un sorso e con amena disinvoltura il liquido della coppa, creduto chi sa mai qual nettare! Bisognerà sempre ricordarsi di asciugarsi la bocca col tovagliolo prima di bere. Nonostante la cura che ognuno mette istintivamente nell'evitare rotture di piatti o di bicchieri, avviene spesso, che, qualche bicchiere di vino si rovesci sulla tovaglia. In tal caso la padrona di casa e i famigliari dovranno attenuare il loro rammarico verso il commensale responsabile dell'incidente, prima che questi debba ripetere le sue scuse. E' dovere di una buona padrona di casa sparecchiare, prima possibile, la tavola, ripiegare tovaglia e tovaglioli e riporli con cura in una credenza provvisoria, donde passeranno al bucato. In famiglia è permesso usare una tovaglia per circa una settimana, ma è logico che dipende sopratutto dallo stato di pulizia in cui si trova.

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Rifiutare il piatto offertoci dal vicino, sarebbe un'offesa contro il galateo; se anche non abbiamo voglia di un piatto, dobbiamo prenderlo e poi passarlo all'altro vicino. Perchè dove si rivolgerà il povero ospite, quando la sua vicina di sinistra è già servita e lui stesso si è servito, se la vicina di destra non prenderà il piatto offertole? Deve stare a d aspettare sinchè qualcheduno del personale lo libera di questo « imbarazzo » : e se ciò avviene soltanto tardi, può aspettare che i suoi cibi si raffreddino sul piatto. In nessun luogo si è tanto vicini come a tavola e perciò essa è il posto dove si può, più acutamente, osservare le consuetudini e l'educazione della persona che ci siede vicina. Ci sono già delle regole antichissime per il mangiare in comune: la principale è di non guastare l'appetito dell' altro, mangiando e comportandosi in modo disgustante. Qui sono anche valide le regole della tavola di famiglia » Attenetevi a queste regole e non soltanto nei giorni festivi. Dobbiamo avere delle buone maniere in ogni situazione della nostra vita; anche se mangiamo soli nella nostra stanza, dobbiamo farlo come se fossimo in una grande società. Se facciamo ciò d'abitudine, mangeremo sempre come « principi » ad ogni specie di tavola, in qualsiasi società. La conversazione, già avviata nella sala d'ingresso, deve poi svolgersi mangiando, allegramente, però non tanto vivamente che le delizie gastronomiche, ed il godimento del palate vengano a soffrirne. Le signore si curano piuttosto della conversazione, mentre gli uomini gastronomi si dedicano più volentieri ai godimenti culinari. Perciò, gentilissima vicina di tavola, pensate sempre a questo piccolo ammonimento: Non disturbate il vostro vicino, assorto nell'assaporare una coscia di cappone, con le vostre domande, perchè egli le ascolterebbe soltanto a mezz'orecchio. Anche le vostre osservazioni più spiritose non lo compenserebbero della dedizione, ch'egli consacra alle delizie del suo boccone. Negli intervalli fra un piano e l'altro c'è abbastanza tempo per recuperare i discorsi perduti. Allora anche la più tenace lingua si scioglie col buon vino, ed il vostro « Sybarita » si trasformerà in un cavaliere loquacissimo. Naturalmente non si parla di problemi difficili, di politica, religione, ecc. durante un pranzo di festa. Al pari di ciò non si menzionano nemmeno: malattie, mal di denti, disgrazie, furti, delitti ecc. Ed anzitutto non si toccano argomenti che possano andar sui nervi delle signore più suscettibili: come p. e. spettri, topi, ragni, incubi, streghe, ecc. Durante un pranzo non è lecito di divertirsi soltanto coi vicini immediati, ma bisogna occuparsi anche delle altre persone, che siedono in prossimità, naturalmente però soltanto ad una distanza che permetta la conversazione. Evitiamo di gridare da un'estremità all'altra e in ogni modo occupiamoci più con le vicine di tavola, anche se un'altra persona più distante fosse più interessante.

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Come abbiamo già menzionato, l'aperitivo, che può essere delle più diverse qualità si offre già nel salotto. Al giorno d'oggi i « Cocktail », i « Coup d'avant » ecc. sono molto in voga. Con l'antipasto si beve ordinariamente birra, col pesce si preferisce il vino rosso, colla minestra il vino bianco. Si continua ad offrire queste sorti di vino sinchè non si comincia a bere, ma soltanto in pranzi molto lussuosi, un « sorbet » e la sciampagna; negli ultimi tempi la sciampagna viene aperta dai serventi,

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Al giorno d'oggi, quando la nostra gioventù balla tanto volentieri, abbiamo preso dall'Inghilterra l'abitudine del « tè alle cinque ». In grandi alberghi, bars, ecc. si va alle cinque pomeridiane, si sta sino alle 7 di sera e bevendo un tè, si balla. Questa moda è stata adottata anche da case private, però non è tanto diffusa.

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Mentre le questioni di tatto, di cui abbiamo parlato più sopra, dipendono in molti casi dal senso di delicatezza, le regole del buon contegno hanno le loro basi più o meno prescritte. Ad ogni modo, non si può fare una distinzione precisa, tra il buon concetto del contegno e quello della delicatezza. Il « bon ton » può essere soltanto il risultato di una collaborazione della legge rigida col senso fine del tatto. Mentre i capitoli seguenti tratteranno piuttosto delle regole riferentisi a casi speciali, qui vogliamo far conoscere ancora alcune regole generali, che valgono anche nei più diversi casi. Una questione importante nella vita sociale è l'ordinamento gerarchico. Quantunque la legge non conosca differenza tra uomo e uomo, nella vita sociale esiste un'importantissima graduazione e chi non si vuole adattare ad essa, commette una grande sconvenienza e si espone a mille e mille spiacevolezze. Ad ogni modo, in una grande società non è facile fissare con precisione l'ordine dei ranghi sociali, perchè esso viene considerato molto diversamente. Perciò non si deve essere in questo riguardo troppo suscettibili, e se casomai qualcuno che, secondo la nostra opinione, è di grado inferiore al nostro, ci viene preferito, non sentiamoci perciò affatto offesi. Ci serva, di regola fondamentale che le signore precedono i signori, e la gente in età i più giovani. A ciò vanno aggiunte le numerose distinzioni secondo la posizione sociale e l'origine. In tempi addietro le signore maritate ebbero sempre la precedenza in confronto alle nubili, ma oggigiorno questa differenza non si fa più sentire. Molte volte anche il grado d'amicizia o di parentela può influire sull'ordine di rango. P. e. in certi casi si porrà la propria sorella dopo una signora estranea della stessa età. L'ospite (stabile) della casa è anche sempre una persona, a cui spettano speciali riguardi. Persone ammalate o deboli vengono naturalmente poste in primo ordine. Queste semplici regole naturalmente si complicano se vengono in contradizione tra loro. Qual'è p. e. il limite d'età, in cui una giovinetta deve venir trattata da un signore come una dama adulta? Ancora più complicata è la situazione quando tra le persone invitate nella stessa società, ci sono dei rapporti professionali come p. e. tra maestro e allieva, capo e impiegata, ecc.? E' costume, che chi possiede il più alto rango, abbia i diritti principali e sia considerato in ogni caso, come una persona onoratissima. P. e. se ci sono tre posti, a lui spetta quello di mezzo, quindi segue il posto alla sua destra, e così via. Egli dà il tema del discorso, comincia una discussione, la chiude, fa tutto a suo agio. Chi gli è sottoposto in grado, lo lascia passare avanti, gli apre la porta. Il suo nome deve sempre venire pronunciato prima degli altri, eccettuato il caso di presentazione. Sempre il posto di destra è il posto d'onore, che di diritto spetta a colui che ha un rango maggiore. Di tre posti, sempre quello di mezzo è il posto d'onore sicchè due signori prendono sempre in mezzo una signora. Un signore accompagnando due signore resta sempre alla loro sinistra. Se una persona di rango superiore cerca un posto per sedervisi, dobbiamo tosto offrirle il nostro. L'inferiore di rango deve sempre esser d'aiuto al superiore se questi porta dei pacchi. Se al superiore di rango cade un oggetto, l'inferiore deve alzarglielo. L'inferiore di rango aiuti il superiore ad indossare il soprabito, sia sempre pronto a simili piccoli servizi. Ma sempre con franchezza e senza servilismo. Sarebbe pure un « faux pas », se una signora facesse simili piccoli servizi ad un signore poco conosciuto, tranne i casi eccezionali. Viceversa un signore è sempre obbligato alla massima cortesia verso una signora. Se una signora si è affidata alla compagnia d'un signore, questi deve curarsi di lei, proteggerla ed aiutarla in tutto. Se esprime un desiderio, il signore deve appagarlo subito, naturalmente entro i limiti della possibilità. Se si lagna, p. e.: di aver sete, il signore deve procurarle tosto un dissetante; se si sente stanca il signore deve prendere una vettura. Al teatro deve procurare lui il programma e il binocolo, al ristorante deve curarsi lui del buon servizio. Egli dovrà difendere la sua dama da tutti i fastidii del cattivo tempo, non dovrà mai condurla per vie buie e poco sicure, insomma: dovrà essere un cavaliere perfetto. Dovrà comportarsi in modo che il suo contegno corrisponda al concetto della cavalleria. Al giorno d'oggi, però, si deve star molto attenti, chè, crescendo la emancipazione delle signore, troppa cavalleria può facilmente riuscire molesta ed anche ridicola. Se è necessario di aiutare una signora, sia per strada, sia nel salire o scendere le scale, il tranvai, il treno, oppure di sostenerla per impedirle di cadere o scivolare, non conviene toccarle che soltanto la mano o il braccio. Se si sta dirimpetto alla signora, si prende la sua mano, se invece stiamo al suo fianco, la pigliamo leggermente sotto il braccio inferiore, presso il gomito. E' regola di sostenerla leggermente, e soltanto in caso di bisogno assoluto, si può stringerle il braccio più forte. Dopo aver passato delle ore in società di signore, i signori non possono andarsene semplicemente per i fatti loro, ma devono curarsi in ogni caso, che le signore arrivino bene a casa loro. Se un signore accompagna a casa una signora, dopo essersi congedato brevemente innanzi al portone dovrà attendere finchè questo sia di nuovo chiuso. Sarebbe una grande sgarbatezza lasciar attendere una signora, sola, innanzi al portone di casa, finchè viene

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Come abbiamo già prima menzionato, ci sono dei regali che sostituiscono in molti casi la mancia, e possono essere donati a persone che una mancia potrebbe offendere. P. e.: la sigaretta che si offre in compenso a qualcuno, per un piccolo favore, è un simile regalo. In segno di riconoscenza si dà per esempio, oltre all'onorario anche un corrispondente regalo al medico, che ha avuto speciali cure per il paziente, all'avvocato che s'è occupato con molto zelo del suo cliente, al maestro che ha avuto cure affettuose per lo scolaro, ecc. Sotto questo titolo dobbiamo ricordare anche l'uso dell' « offrire». Sarebbe per esempio una mancanza di tatto mangiare in presenza d'un altro, che dovrebbe in tal modo assistere ad un pasto col tormento dell'affamato. Bisogna quindi invitarlo a prender parte al pasto. Prendendo un confetto o zuccherino, anche se si tratti d'un semplice zuccherino contro la tosse, bisogna prima offrirne anche all'altro. Ad un fumatore, prima di accendere una sigaretta, offriamo la nostra busta perchè si serva. Bisognerebbe innestare già nei bambini questa virtù, di offrire sempre prima di servirsi. Dobbiamo, infine, rilevare che chi riceve regali, a data fissa o metodicamente, si abitua a ricevere questo gesto d'amicizia, alla ricorrenza d'uso. Se p. s. si è mandato fiori per anni e anni a Natale ad una signora, tralasciare quest'abitudine ad un tratto sarebbe una sgarbatezza, anzi, una offesa che non potrebbe non dare nell' occhio.

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Se prima abbiamo detto che i regali debbono rappresentare un pensiero, e devono creare tra donatore e ricevitore un certo contatto spirituale, adesso rileviamo che il regalo non deve farsi a secondo fine. Perciò, coi regali intenzionali stiamo molto attenti! La prudenza è caldamente raccomandabile! Molta gente ha l'abitudine poco piacevole di voler influire p. e. in modo educativo e pedagogico su colui che ottiene il regalo. Ciò può far molto male; può irritare od avvilire l'altra persona. Così per esempio non regaliamo ad uno a cui piace il vino, un libro che tratta dei danni che l'alcoolismo arreca alla salute, o non mandiamo ad una persona che ha un cattivo odore alla bocca, una scatola di dentifricio. Ciò sarebbe molto logico, ma pure non è raccomandabile perchè la verità offende. Il problema principale di un regalo è sempre questo: « trovare qualcosa di pratico, o piuttosto qualcosa che appaga un desiderio prepotente della persona che accetta il regalo » Un realista preferirà naturalmente la prima soluzione, all'idealista invece, necessariamente, piacerà la seconda. In generale non si può decidere e non si deve nemmeno rispondere con precisione a questa questione. Ciò dipende in prima linea dalle condizioni di chi riceve il regalo. Ad un uomo benestante non si darà un oggetto che si può e si deve necessariamente comperare, così p. e. non gli si dona un paio di bretelle o legacci. Come si vede, oggetti che appartengono all'uso e bisogno quotidiano, sono esclusi dalle cose che si usa regalare. Ciononostante, non si deve scegliere per una persona ricca proprio un oggetto di lusso. Anche un oggetto per uso quotidiano può essere al ricco un regalo gradito, sempre, però, una cosa che sarebbe specialmente adatta per lui. Una cosa, che risulti nuova per l'altro farà sempre un sincero piacere. P. e.: una penna stilografica di forma speciale, di colore che piace alla rispettiva persona, ecc. o una novità, ecc. Al contrario di ciò si deve essere molto prudenti nella scelta di oggetti di lusso da regalare a gente povera. Donare p. e. ad una donna che vive in una abitazione semplice con proventi scarsi, un vaso di cristallo sarebbe superfluo e forse offensivo. Colei che accetterà un simile regalo, penserà soltanto nostalgicamente a tutte le cose pratiche e necessarie che le si sarebbe potuto procurare pel prezzo del dono costoso. Però dare una catena d'oro ad una povera fanciulla, è sempre a posto e procurerà sempre gioia. Occorre tenere per base la regola seguente: a gente benestante si regala piuttosto degli oggetti di lusso, a quelle meno agiate delle cose pratiche o almeno utili. Entro la famiglia ogni regalo è a posto. Un signore estraneo deve evitare di regalare ad una signora delle cose « intime » come biancheria, calze o un gioiello costoso, se non vuole destare dei sospetti, e preferisce non far parlare di sè. Una signora dona dei regali di valore soltanto ai parenti maschili, al marito o al fidanzato, ed a quest'ultimo neanche darà della biancheria, ma piuttosto, un bastone, degli articoli per fumare, dei bottoni per polsi, ecc. Regali che sono sempre adatti e permessi sono: fiori, dolciumi, carta da lettere, libri, profumi, borsette, scatole, vasi, per signori ed anche talvolta per signore delle sigarette o sigari, utensili per scrivere, portafogli, ecc. ecc. Gioielli devono essere regalati coll'intenzione di accentuare il loro significato, per diventare ricordi, piuttosto che per il loro valore pecuniario. Si possono regalare oggetti d'abbigliamento soltanto a buoni conoscenti, ed amici, o a parenti. I lavori manuali hanno sempre un più alto valore per la persona che li riceve. Un costume molto ordinario è di regalare la propria fotografia dedicata, a meno che l'altra persona ne abbia uno speciale interesse. I libri sono veramente delle belle cose che si può regalare sempre e ad ognuno, in qualsiasi situazione. Tra questi si ha un'ampia scelta, ed appunto perciò il dono di libri è sempre raccomandabile. I regali di denaro sono sempre un poco difficili. E' vero che al giorno d'oggi, nei nostri tempi prosaici, un dono di denaro non è più tanto spregevole come una volta. Però, generalmente si dà regali di danaro soltanto a persone bisognose, o ad impiegati di più basso rango, verso i quali un simile regalo assume la forma d'un premio o d'una rimunerazione. Ad altri conoscenti, od amici naturalmente non si può dare del denaro. E' una cosa molto indelicata se un marito, che durante il tempo del fidanzamento si è rotta la testa per trovare un regalo adatto per la sua amata sposa, dà a sua moglie, dopo un matrimonio di parecchi anni, semplicemente un biglietto di denaro o uno « chèque ». I doni di denaro non possono essere messi in mano dell'altro così semplicemente, ma devono essere sempre in una busta, tranne che si tratti di denaro in oro o argento che si usa offrire in una cassetta graziosa. Se in una compagnia d'amici, vi siano taluni disposti a spender danari in cose inutili, sarà lodevole iniziativa devolgere quella piccola somma a favore di un comune amico, che si sappia essere in bisogno (o, comunque, vivamente desideroso di procurarsi una tal cosa) Al contrario di ciò, in molti casi, invece del denaro è preferibile un grande dono, o dei piccoli regali di indole pratica. Una questione sempre ricorrente è: se i regali fatti da noi stessi siano più preziosi che gli oggetti comperati. Ciò dipende dai rapporti tra donatore e ricevente, e dal gusto di chi prepara il regalo. Un artista farà con le sue proprie opere sempre il più grande piacere. I prodotti fatti dagli amatori, sono però di rado tanto perfetti che possano essere adatti per regali. Naturalmente da bambini si accetterà sempre colla massima gioia i loro prodotti perchè in quelli c'è sempre molto sacrificio, e perchè chi è quasi l'unica forma di regalo adatta e possibile per bambini. Senza estenderci particolareggiatamente sui numerosi oggetti che si può regalare, osserviamo soltanto che si deve badare a due regole fondamentali, sia nel caso che si doni degli oggetti di lusso, sia nell'altro; e queste sarebbero; l'oggetto regalato deve avere uno scopo ideale e pratico, ed in seconda linea deve soddisfare alle esigenze dell'estetica. Soddisfare alla prima condizione è generalmente molto facile, perchè ci vuole soltanto un poco di prudenza e saggezza. Più difficile è invece la bellezza estetica del regalo, perchè ciò è questione di gusto, il quale può essere molto differente tra donatore e ricevente. Avere buon gusto è oltre a ciò un talento, di cui pochi si possono vantare. Lo stesso non è del tutto indipendente dalla coltura della persona; però ci sono delle persone coltissime che hanno un gusto orrendo, ed invece delle meno colte che hanno un ottimo gusto. Per avere un buon gusto si deve possedere un poco di senso artistico. L'industria che ambiva la produzione in grandi masse, a prezzo basso, durante questi ultimi anni ha guastato assai il gusto dell'umanità. Malgrado che al giorno di oggi le principali fabbriche cerchino di produrre soltanto degli oggetti più o meno artistici, si trovano, sul mercato, oggetti di regalo scadenti meno che mediocri, addirittura della merce brutta e senza alcun gusto. Perciò non ci lasciamo raccomandare troppo caldamente una merce dal negoziante, specialmente se si tratta d'un oggetto che deve servire per molti anni, come per esempio, per un regalo di nozze. Purtroppo sono poche le coppie che in occasione delle loro nozze non abbiano trovato sul tavolo un nano di maiolica che tiene un vaso di fiori nella mano; o un servizio per liquori oscillante su una slitta graziosa di legno lavorato a traforo; o lavori d'ago con frasi banali, ecc. In generale i regali fatti in famiglia consistono per lo più in adornamenti o arredamenti casalinghi e ciò è anche naturale. Regalando quadri siamo sempre molto prudenti. E' addirittura un'indelicatezza - spesso anche soltanto un'ignoranza - supporre che qualcuno « orni » le pareti della sua abitazione con quadri spregevoli, o con stampe. Molta gente adopera questi orrori casalinghi per ornare l'anticamera o altri posti, ove le esigenze estetiche sono limitate. Meglio è però nascondere simili oggetti, o adoperarli in modo che finiscano presto. E' indecente al sommo grado regalare cose ricevute in dono da altre persone, soltanto perchè non ci piacciono o non ci servono. Questo esempio vi renda sempre attenti. Tizio e Tizia attendono una visita. Aspettano il signore Peri con la signora. « Oggi i Peri devono venire da noi. dice Tizio, dovremmo mettere in mezzo alla tavola quel servizio che ci hanno regalato per le nozze, che vedano quanto le teniamo in onore ». Detto, fatto. Il servizio - una mela rossa di porcellana, con sei buchi per metter dentro i coltelli da frutta - viene tirato fuori dall'angolo più buio della casa, pulito e posto in mezzo al tavolo. Cinque minuti dopo, entrano i Peri. Appena la signora Peri ha gettato un'occhiata sulla tavola apparecchiata, esclama: O, Dio, che orrore avete qui! Anche noi abbiamo ricevuto un simile servizio per le nozze, ma fortunatamente ce ne siamo liberati presto regalandolo a un nostro amico. Ma se anche si tratta d'un semplice servizio casalingo, il regalare oggetti ricevuti è sempre una mancanza di tatto. Il prestare dei regali ricevuti è anche indelicato, come anche regalare degli oggetti usati, o anche nuovi, se chi li riceve sappia che il donatore li ha già da molti anni in deposito ed aspetta soltanto la buona occasione di liberarsene. Negozianti, che regalano la propria merce, danno prova di poco gusto. Naturalmente se la persona a cui si regala ha uno speciale desiderio per qualche merce, di cui il negoziante dispone, si può donarlo senz'altro. Quindi: un negoziante di cristallerie, regalerà un bel vaso di Boemia o di Baccarat, soltanto quando sappia che questo piace alla persona, a cui lo destina. A gente bisognosa si può naturalmente donare dei vestiti portati. Se si è in possesso d'un raro prodotto d'arte, e si sa che la persona, a cui si vuole fare il regalo, s'interessa per l'arte, si può donarglielo senz'altro. Ricordiamo specialmente

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Se per caso abbiamo involontariamente urtato o disturbato qualcuno, dobbiamo in ogni caso chieder scusa. Brevi formule di scusa sono, p. e. « Mi scusi! » o semplicemente « scusi », o più cortesemente « La prego di scusarmi » oppure: « Mi perdoni »; molto usata è anche la parola francese « pardon ». La domanda di scusa dell'uno viene accolta dall'altro con un cortese « prego » o con un più gentile « faccia pure » o « si figuri ». E' naturale di chieder scusa nel caso che si debba importunare qualcuno, chiedendogli p. e. di lasciarci passare o interrompendolo nel suo discorso. Le forme più adatte sarebbero: « Scusi se la disturbo » o « mi dispiace veramente di doverla importunare ». Se p. e. a tavola abbisogniamo del sale o di un panino, non conviene passare colla mano avanti al piatto del nostro vicino, o magari allungare il nostro braccio avanti al suo vino. Per lo meno ci si deve scusare, ma in ogni caso più cortese e di chieder l'oggetto che ci occorre, al nostro vicino, senza importunarlo con gesti superflui. Una formula adatta sarebbe: « scusi, signore favorisca passarmi il sale » o « abbia la bontà di passarmi il sale » « per cortesia, mi passi un panino » ecc... L'altro ci passerà l'oggetto chiesto in modo che noi lo possiamo prendere comodamente, p. e. la forchetta o il coltello li dobbiamo prendere sempre dalla parte del manico. In nessun caso è permesso di girare intorno a tutta la tavola per procurarci gli oggetti di cui abbiamo bisogno. Se anche abbiamo il diritto di comandare è preferibile pregare; questo è molto raccomandabile nei rapporti con camerieri, conduttori, portalettere e simile personale pubblico. Comandare si può soltanto a chi ci è sottoposto del tutto, ma anche in tal caso con la cortesia si raggiunge molto più che non con la rudezza. Con persone di rango uguale al nostro siamo deferenti lasciandoli fare o non fare a loro volontà. Se si viene pregato a far qualcosa si risponde con un cortese: « volentieri » o « si figuri, col massimo piacere ». Se non siamo in grado di soddisfare alla preghiera rivoltaci, dobbiamo scusarci motivando ampiamente la causa. P. e. « Mi dispiace, o sono spiacentissimo di non poterle fare questo favore, ma... ».

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Nella precedente tabella abbiamo in generale stabilito i casi più rigorosi, che a seconda delle circostanze potranno venir modificati e mitigati. Fra l'altro p. e., il subentrare della stagione calda può dar occasione alle signore ad un più rapido passaggio dal lutto normale al mezzo lutto. In ogni caso il lutto ufficiale non si limita al vestire, ma si estende anche alle altre manifestazioni della vita. Durante il lutto profondo si è esentati dagli obblighi di società e si evitano i pubblici ritrovi e divertimenti. Dopo un certo tempo però si possono frequentare conferenze, concerti, ecc. Se dopo il primo periodo di lutto si celebra in famiglia un matrimonio o si festeggia qualche altro avvenimento famigliare, vi si può prendere parte deponendo per tal'occasione il vestito da lutto, e si procura di adattarsi come meglio si può al tono festivo e giulivo della società. Le signore si scelgano roba di tinta opaca. Naturalmente al ballo non si può prender parte. Una signora non può andare vestita di lutto nemmeno in bicicletta; preferisca per questo sport un vestito scuro. Per tutti gli altri sport. che si possono benissimo esercitare anche durante il lutto, si portino i corrispondenti usuali vestiti da sport.

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Tutto ciò che abbiamo detto in merito del turismo è applicabile anche in maggior grado a tutte le attività sportive e turistiche, come ski, canottaggio, ecc.

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Nei diretti e nei direttissimi è lecito di trascurare più o meno alcune delle norme di comportamento enumerate nel capitolo in cui abbiamo trattato i viaggi in tramway ed in treni locali. Le maggiori esigenze di comodità richiede per viaggi lunghi comportano però che una parte del pubblico arrivi al colmo della mancanza di riguardo. Il vero gentiluomo si rivela già al modo di salire in treno. Il timore di non trovare un posto da sedere provoca alle stazioni di partenza, fin dallo sportello dei biglietti, le più disgustose scenate. Come ci si debba comportare in tale occasione è già stato detto. Il tumulto nelle sale d'aspetto prima dell' apertura delle banchine è talmente sgradevole, che ognuno dovrebbe cercare di rendere quanto meno spiacevole al suo prossimo quell'inevitabile attesa. Quando poi aprono i cancelli per fare entrare i passeggeri, sembra talvolta di non essere più tra gente civilizzata, ma semplicemente di fronte ad una orda di selvaggi che fuggono da un pericolo. La buona educazione viene messa a dura prova in questa circostanza, poichè il comportamento corretto per lo più viene compensato col dover viaggiare in piedi per lunghi tratti in treni affollati. In questo caso dunque bisogna trovare una via di mezzo fra la villania e l'eccessiva educazione. Particolarmente quando un uomo deve procurare un posto per una signora è necessario entro i limiti possibili di mostrare una certa sveltezza. Tuttavia non bisogna rammaricarsi se infine non si riesce a trovarle che un posto in piedi. La consapevolezza di essere una persona bene educata vale più della comodità del posto da sedere conquistato a colpi di gomito. In nessun caso però si deve perdere per simili avvenimenti il buon umore subito al principio del viaggio e conviene considerarli con filosofia. Dunque: riguardo verso il prossimo nel prendere posto in treno. Vi sono delle persone che non si accontentano di essere felici possessori di un posto da sedere, ma vogliono assicurarsi anche una maggior comodità tenendo occupati altri posti, magari per distendervi i piedi. Se qualcuno entra nello scompartimento e domanda se

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La mattina, al primo incontro, nonchè incontrandosi per strada, conviene salutare quegli ospiti dell'albergo che abbiamo già ripetutamente incontrati. Il personale d'albergo non dev'essere eccessivamente sfruttato. In Italia le mance sono abolite e vengono computate in forma di una percentuale nel conto del cliente. Osserviamo ancora che trovandosi di passaggio nelle città in cui si hanno conoscenti o parenti, salvo che si tratti dei più prossimi, conviene sempre più prendere alloggio in albergo anzichè sfruttare l'ospitalità di costoro.

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Come abbiamo già constatato, nei moderni sistemi di cura della bellezza si tratta d'un effettivo influenzamento del corpo, e non, come in passato, dell'ingannevole produzione di apparenze false mediante l'uso di mezzi artificiali, in parte anche dannosi alla salute. Se anche l'odierna cura della bellezza non esclude del tutto un moderato e ragionevole uso di mezzi artificiali assolutamente innocui, pure essa tende anzitutto ad un trattamento di tutto il corpo. Essa è dunque una cura attiva, in contrapposto all'abbellimento passivo di prima. Il corpo deve esprimere la sua forza in base alle sue proprietà naturali, riducendo queste a quella bellezza sana, che non è il risultato del suo trattamento esterno, bensì una conseguenza del suo fortunato sviluppo. Con ciò la cura della bellezza si unifica con la tanto indispensabile cura della salute! Soltanto una persona sana è produttiva, soltanto in un corpo sano può abitare un anima sana e soltanto un organismo resistente si conserva a lungo elastico ed atto al lavoro. Ed appunto il tempo in cui viviamo, con le sue esigenze professionali che fanno dell'uomo una macchina, posta a duro cimento, richiede una sistematica e regolare cura del corpo. Molte persone, specialmente uomini, si sottraggono a questa cura, dicendo di non aver tempo. E' vero che apparentemente la moderna cura del corpo e coltura della bellezza esigono un grande spreco di tempo. In realtà però ciò non è il caso. Almeno nella misura in cui la cura del corpo e della bellezza si rende necessaria ed opportuna a tutte le persone, essa abbisogna di poco tempo. A ciò va aggiunto che ogni energia che il corpo ben curato immagazzina in più, non solo è in grado di far riguadagnare il tempo perduto, ma di aumentarlo anche con una produzione quantitativamente e qualitativamente migliore. Chi non lo crede, lo provi una volta soltanto! Se anche il lavoro si fosse raccolto sul nostro tavolo raggiungendo l'altezza d'un monte, - lasciamolo giacere sul tavolo senza scrupoli e dedichiamo un po' di tempo al nostro corpo; rinfrescati e rinvigoriti noi ci riporremo poi con aumentata energia al lavoro, che riusciremo a superare in un tempo sorprendentemente breve. Non si deve credere che quelle persone che giorno per giorno, non escluse nemmeno le domeniche e i giorni di festa, stanno chinati sino a tarda notte sul loro lavoro, possano vantare sempre una produzione massima. Il più delle volte, presso tali persone si tratta piuttosto d'una specie di nervosità, della paura di non essere pronti, ed infine d'una certa ignavia e consuetudine, che le tengono legate al loro tavolino o nel loro studio. Se si osserva più a fondo il risultato di questa diligenza esagerata e sbagliata, ci si meraviglierà di vederlo in realtà molto scarso. Molti professionisti moderni, che del resto s'intendono meravigliosamente di organizzare grandiose industrie, non sono in grado di dare al proprio corpo un trattamento economico. Spesse volte si priva il corpo delle cure necessarie per conseguire un momentaneo aumento di produzione, anzichè, sacrificando un po' di tempo e di fatica alla cura del corpo, aumentare costantemente la capacità di produzione ed in tal modo conseguire un più di produzione veramente prezioso. La cura della bellezza è dunque non soltanto cura della salute, ma in pari tempo anche un allenamento al lavoro! Necessaria è una cosa soltanto: la volontà! Questa si deve fortificarla, e allora tutto il resto va da sè; allora anche l'uomo più occupato troverà il tempo necessario e ciò che originalmente gli costava uno sforzo, gli diventerà una necessità. Del resto una buona parte della cura del corpo consiste in certe regole che dobbiamo seguire e che non vanno congiunte ad alcuna perdita di tempo: regole che ci indicano un quotidiano sistema di vita, ragionevole e sano. Di queste regole vogliamo occuparci in prima linea.

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Come abbiamo già menzionato, su questo punto moda ed igiene vengono facilmente in conflitto tra loro. Che nel caso dato a quale delle due si debba obbedire, è una questione di cui ognuno deve decidere da sè. Per le vesti di sotto sono più adatte le stoffe di tessuto a rete, oppure le stoffe di panama. Cattiva e malsana invece è la biancheria di lana o di maglia di lana. Anche le stoffe di lino aderiscono troppo al corpo. Tutte le vesti che sono in immediato contatto col corpo, devono essere lavabili e perciò di colore bianco, affinchè facilmente vi si scorga il sudiciume. I vestiti non devono stringere o premere il corpo in alcun punto, perchè con ciò s'impedisce la circolazione del sangue, le rispettive parti del corpo s'indeboliscono, la pelle ne soffre ed il corpo può anche internamente subire deformazioni. Tipica era in questo riguardo la moda del busto (corsetto) delle signore, moda fortunatamente quasi sconosciuta alla generazione d'oggi. Ma dannose sono anche le cinture troppo strette, i legacci, le giarrettiere. Specialmente queste ultime indeboliscono la muscolatura, restringono la forma della gamba e favoriscono la formazione di varici. D'altra parte però non è bene nemmeno che tutto il peso delle vesti, gravi sulle spalle, alle quali sono appese; con ciò viene sfavorevolmente influenzato tutto il portamento, viene impedita la respirazione, i seni delle signore sono premuti in basso, ed i movimenti del corpo diventano goffi. Le vesti della parte inferiore del corpo, siano dunque preferibilmente sostenute dalle anche. Ciò avviene nel miglior modo mediante una larga cintura di stoffa porosa, alla quale possano venir saldati i legacci delle calze, le mutande e le sottane. Anche gli stessi vestiti hanno bisogno d'un trattamento accurato. Tutte le stoffe d'un accurato trattamento. Tutte le stoffe assorbono facilmente gli odori e così anche le esalazioni del corpo, che tengono poi in sè lungo tempo, specialmente in stato umido. Perciò non si deve, appena spogliati, riporre i vesiti nell'armadio, nè sta bene nemmeno di tenerli nella camera da letto, ma piuttosto si dovrebbe metterli ad arieggiarsi in un luogo aperto. La biancheria deve venir cambiata abbastanza spesso. E' riprovevole il costume di molte persone, di non cambiare in generale biancheria che una volta alla settimana, come in generale è falso principio quello di voler fissare per il cambiamento della biancheria un dato tempo, rispettivamente dati giorni della settimana: la biancheria deve venir cambiata ogni qual volta ciò si mostri necessario.

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Abbiamo già parlato nelle righe d'introduzione di quella specie di persone che non trovano il tempo a ciò necessario, ed abbiamo dimostrato che l'affermazione tanto spesso ripetuta « non ho tempo » è spesso infondata. Assai sovente tali persone trovano pure il tempo di passare mezze od intere notti tra divertimenti e distrazioni dannosi alla salute. La maggior parte degli uomini credono di poter rimediare a tutti i peccati ed i danni d'un anno intero, durante le vacanze che spettano loro una volta all'anno. Ciò però è impossibile: Se vogliamo conservare a lungo, invariata la forza di resistenza, lavoro e riposo devono alternarsi regolatamente. Come è più sano prendere più volte minori quantità di cibo, anzichè dopo lunghe pause riempirsi smoderatamente lo stomaco, così è meglio anche riposare più spesso e con brevi pause, che non rare volte e a lungo. E' dunque necessario di riposarsi e ricrearsi anche durante l'anno di lavoro, e precisamente non soltanto le domeniche e i giorni di festa, non soltanto la sera e al tempo della colazione, ma anche durante lo stesso lavoro per mezzo di piccole pause. La grande licenza che spetta a quasi tutti coloro che lavorano, una volta all' anno, è per sè stessa troppo lunga, inoltre assai spesso si commette anche l'errore, che durante questo tempo di licenza si riposa troppo assolutamente. Queste pause del lavoro dovrebbero piuttosto venir riempite da un'attività che serva a distrarre e a ristabilire l'equilibrio del nostro organismo, per cui si adattano il meglio quegli esercizi del corpo, che esigono in pari tempo anche una certa presenza di spirito ed intelligenza, come per esempio il gioco della palla, la scherma, ecc. - Se persone normalmente molto occupate si danno improvvisamente per giornate intere ad un completo riposo, possono con ciò procurarsi anche disturbi nervosi più o meno gravi. In che abbia da consistere l'attività equilibratrice durante il tempo di vacanza, dipende sempre dalla disposizione ed inclinazione del singolo. Uno si ricrea il meglio con una gita turistica o una bella passeggiata sui monti, un altro ristabilisce le sue forze passando un giorno a letto, un terzo percorrendo il mondo a 120 chilometri all' ora, il quarto mediante un viaggio in mare o simili. Un'attività che serva a distrarci è in ogni caso quasi sempre meglio che un riposo assoluto.

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Ripetiamo in poche parole ciò che abbiamo detto: dobbiamo distinguere tra albumina ed idrati di carbonio. L'albumina serve allo sviluppo del corpo, gli idrati di carbonio servono quali fonti di energia. E, per completare le nostre parole aggiungeremo ancora che l'albumina può servire anche come fonte d'energia e così sostituire gli idrati di carbonio, mentre invece gli idrati di carbonio non possono mai sostituire l'albumina, ch'è assolutamente necessaria per lo sviluppo del corpo. Oltre all'albumina e agli idrati di carbonio, si abbisogna per la nutrizione anche di acqua e di sostanze minerali. Il grasso non è una sostanza nutritiva indispensabile: per le sue funzioni nella nutrizione, esso appartiene completamente alla categoria degli idrati di carbonio. Cosa accade se una persona prende in sè più nutrimento, di quanto le è necessario? Essa lo immagazzina nel suo corpo, e precisamente in forma di grasso, sotto la pelle, tra i muscoli e gli organi. Questo grasso serve al corpo come riserva, che esso consuma ogni qualvolta la nutrizione che riceve da fuori non sia bastante. Chi dunque mangia troppo, diverrà grasso, chi mangia troppo poco, diverrà magro, supposto sempre, che si tratti d'un organismo sano. Noi conosciamo bene le più importanti regole fondamentali della nutrizione, note generalmente già dai tempi remoti. Per poter misurare il valore d'energia del nutrimento, si usano le cosidette « calorie », ossia quella stessa unità che si adopera anche per misurare e significare la produzione di calore delle sostanze combustibili. Una «caloria» è la quantità di calore necessaria per riscaldare, ossia elevare di 1 centigrado la temperatura di 1 chilogrammo (1 litro) d'acqua. 1 grammo di zucchero o di amido (idrati di carbonio) ha quattro calorie, vale a dire può, bruciando, riscaldare un chilogramma d'acqua di 4 centigradi. Anche un grammo d'albumina ha 4 calorie, mentre invece 1 grammo di grasso ha 9 calorie. Il grasso ha dunque un valore riscaldante, rispettivamente nutritivo molto superiore a quello dell'amido, dello zucchero, della farina, ecc. Coll'aiuto di quest'unità di misura chiamata « caloria », si è potuto constatare e fissare d'una parte quale valore nutritivo abbiano i singoli alimenti, d'altra parte di quante calorie abbia in media bisogno il corpo umano giornalmente. Con ciò è divenuto possibile in teoria, di calcolare approssimativamente quella quantità di ogni specie di alimenti, che è necessaria per soddisfare al bisogno di nutrizione d'una persona, senza che la stessa ingrassi o dimagrisca. Così per esempio hanno: 100 grammi di carne di manzo, magra .... 122 calorie 100 » di prosciutto............................ 397 » 1 uovo di gallina, di circa 47 grammi............ 73 100 grammi di burro......................................756 » 100 » di formaggio svizzero.............. 340 » 100 » di pane di frumento............ 229 » 100 » di pane di segala............... 203 » 100 » di piselli............................. 300 » 100 » di maccheroni.................... 340 » 100 » di patate.............................. 88 » 100 » di zucchero......................... 383 » 100 » di frutta fresche................. 60 » 100 centimetri cubici di latte...................... 67 » 100 centimetri cubici di birra stagionata........... 47 » Un uomo di circa 70 chilogrammi ha ogni giorno bisogno approssimativamente di: 1680 calorie - in stato di completo riposo e quiete 1890 » - in stato di riposo a letto 2100 » - in stato di riposo, nutrendosi normalmente; 2520 » - in stato di riposo, rimanendo a casa 3360 » - se lavora moderatamente; 6720 » - se occupato con un lavoro pesante Donne abbisognano in media del 10 per cento in meno. L'intensità però di assimilazione varia molto da individuo a individuo. Per pratica si sa, che vi sono forti mangiatori magri e viceversa persone che patiscono la fame e che nondimeno sono grasse, a seconda della disposizione individuale. Alcuni possono consumare moltissimo grasso, senza ingrassare, altri invece devono essere molto moderati nel consumo di grassi; ad alcuni le frutta sono ottimo ed efficace nutrimento, ad altri cagionano una digestione più rapida e perciò meno perfetta e conseguentemente li fanno dimagrire. Per quanto dunque la teoria delle calorie abbia in sè e nei riguardi della generalità un grande valore, nei riguardi di moltissimi singoli essa appare inapplicabile. A ciò va aggiunta la difficoltà di stimare e classificare gli alimenti secondo il loro valore di calorie. Specialmente in case private sarebbe molto difficile di far la cucina scrupolosamente a seconda delle calorie, perchè in tal caso prima di cominciare a preparare iI cibo, tutte le vivande nonchè gli ingredienti, dovrebbero venir pesati ancora in stato crudo. Fortunatamente esistono delle misure più pratiche e più comode, secondo le quali si può e si deve controllare le proprie condizioni di nutrizione, e queste sono precisamente la tensione dei nostri vestiti, la pesa e lo specchio. Con lo aiuto di questi semplici mezzi ausiliari ognuno è in grado di controllare de sè le proprie condizioni di nutrizione. Qui però si deve notare che quella norma molto conosciuta e diffusa, secondo la quale ogni persona deve pesare tanti chilogrammi, quanti centimetri è più alta di un metro (per esempio, un uomo di 165 centimetri dovrebbe pesare 65 chilogrammi), nei singoli casi è altrettanto inapplicabile, come la rigida teoria delle calorie. Perchè come l'assimilazione varia nei singoli individui, così differisce anche la costituzione dei diversi individui. Uno ha le ossa forti e pesanti e pochi tessuti congiuntivi, un altro invece ha la struttura ossea molto delicata e più contenuto grasso; questi ha le gambe corte, quegli le ha invece lunghe. Per un corpo medio, ideale, i numeri di cui sopra potrebbero corrispondere, ma volendoli applicare praticamente per ogni singolo individuo, potrebbero portare a risultati fallaci ed ingannevoli. Partendo ora dalle nozioni sopra esposte, l'antica disciplina considerava tutto il problema della nutrizione come un processo chimico ed ha immaginato che tutte le sostanze chimiche necessarie potessero venir prodotte artificialmente ed introdotte in brevissimo tempo nell'organismo in forma di pillole. Il fisiologo tedesco von Bunge fece anche esperimenti e nutrì alcuni animali con un « latte artificiale » ch'egli stesso aveva prodotto nel suo laboratorio. La conseguenza di quest'esperimento fu, che gli animali sottoposti a questa « cura del latte artificiale », in breve tempo perirono tutti uno dopo l'altro. Questo prova, che oltre all'albumina, agli idrati di carbonio, all'acqua e alle sostanze minerali, ci deve essere nel nutrimento ancora qualcosa che noi non possiamo produrre artificialmente, perchè è un prodotto della vita stessa. Il più importante di questi prodotti è quello ben noto sotto il nome di vitamina, la cui presenza sta in relazione con l'influenza della luce del sole. Le vitamine esistono soltanto dove vive la natura e vengono distrutte tostochè i mezzi commestibili in cui si trovano (legumi, frutta, latte) in seguito ad una prolungata cottura o scottata con acqua bollente, subiscano un mutamento, o anche se essi fossero conservati troppo a lungo. Quanto più un nutrimento è naturale, quanto meno i legumi, il latte, le frutta, vengono sottoposti a mutamenti, tanto più sono sani, tanto più la formazione delle cellule del nostro corpo procederà liscia e naturale, tanto più resistente sarà il nostro corpo e tanto più a lungo conserverà la sua giovinezza. Oltre alle vitamine, è di grande importanza per l'igiene dell'assimilazione - secondo le constatazioni di Ragnar Berg - la regolare provvista del nostro organismo di cosidetti sali basici. Questi sali sono contenuti abbondantemente in certe specie di legumi, per esempio nelle carote, nelle barbabietole, in tutte le insalate verdi, nei pomodori, in tutti i generi di cavolo, nei cetrioli, nei fichi, nelle prugne, nei limoni e nelle arance. Si trovano abbondanti anche nel pane di puro frumento e nelle patate, mentre invece si trovano appena, molto scarsi, negli asparagi e nei cavolfiori. Nelle lenticchie e nell'uva orsina mancano quasi del tutto. Viveri contenenti, rispettivamente producenti acidi nel senso di Ragnar Berg, sono la carne, il pesce e le nova. Se vogliamo mantenerci stabilmente sani, dobbiamo stabilmente consumare una maggiore quantità di alimenti che contengono sali basici e per non eliminare poi questi sali dai cibi e non distruggerli, bisogna cuocere i legumi nel proprio sugo non troppo a lungo e non su fuoco troppo caldo, in modo ancora da conservar loro in gran parte il sapore e la fragranza naturale. La preparazione industriale degli alimenti è spesso dannosa dal punto di vista igienico, inquantochè mediante la fabbricazione vengono allontanate dagli alimenti stessi parti preziose per la nutrizione, come ciò è il caso nella farina macinata molto finemente e nel riso brillato.Il ritorno alla farina più oscura, ruvida, ma più ricca di contenuto ed al pane nero od a quello di frumento granelloso, sarebbe quindi importante e molto raccomandabile. Tutti questi riconoscimenti, che a ragione tendono a rendere di nuovo l'alimentazione più naturale e più sopportabile, condussero nelle loro forme più acute alla cosidetta cucina cruda. I seguaci della cucina cruda, partendo dall'idea che l'energia del sole immagazzinata nelle piante, passa in questo modo nell'uomo, rispettivamente diventa energia umana, si nutrono principalmente di frutta e legumi crudi. Senza dilungarci in particolari, rammentiamo soltanto che la cosidetta cucina cruda è un sistema di nutrizione unilaterale, che, applicato ragionevolmente, può condurre allo scopo che si prefigge, però dovrebbe essere sempre accompagnato da un controllo medico. Sebbene anche la cucina cruda si astenga dal consumo di tarianismo, il quale ripudia bensì ogni sorta di carne ed anzi, nelle sue forme estreme, anche altri prodotti animali (uova, latte, formaggio), nondimeno si permette il consumo di frutta e legumi cotti. Il vegetarianismo è molte volte conseguenza di particolari concezioni del mondo e della vita, come lo è in misura speciale nel caso della dottrina indiana del Mazdaznan, la quale vuol far conseguire agli uomini la redenzione per mezzo della spiritualizzazzione e ripudia ugualmente il consumo di carne. Sebbene basati esclusivamente su principi etici, i precetti della dottrina del Mazdaznan hanno molta somiglianza con le nostre moderne vedute sulla assimilazione corrispondente alle norme igieniche. Prescindendo dalla parte qualitativa della nostra nutrizione, dobbiamo prendere in considerazione anche i suoi rapporti quantitativi. La maggior parte degli uomini mangiano troppo. La conseguenza di ciò è che essi non sono più capaci di sentire un sano appetito. Questo viene piuttosto costantemente eccitato o stuzzicato mediante cibi fortemente drogati e salati, ghiottonerie e cibi piccanti e pesanti, sicchè il palato non è più assolutamente capace di reagire a nutrimenti semplici. Anche in questo riguardo molto si può migliorare con una nutrizione naturale e non eccitante. Soltanto coloro il cui appetito viene stimolato già dalla vista di un pezzo di pane asciutto, sono in questo riguardo perfettamente sani. Compendiamo ora queste nostre considerazioni nella seguente domanda:

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Naturalmente, secondo quanto abbiamo spiegato nei precedenti capitoli, nella cucina moderna non deve mancare l'acqua di legumi. Uguale è il valore della zuppa di legumi. Un ottimo mezzo per combattere la magrezza è il consumo di fiocchi d'avena. Se ne prepara una specie di pappa, che si può mangiare a colazione con latte e zucchero. Le carote, che del resto sono pregevolissime anche per il loro grande contenuto di vitamine e di sali basici, mangiate regolarmente ed in stato crudo, hanno la proprietà di abbellire e di dare un colorito chiaro alla pelle e splendore agli occhi. Carne grassa, cucinata al vapore, danneggia la pelle. All'incontro le frutta, mangiate dopo terminato il pasto, depurano il sangue, favoriscono la digestione e rendono la pelle meno sensibile, impedendo specialmente la formazione di comedoni. Ci sono poi dei cibi che a singole persone producono delle eruzioni cutanee, per esempio le fragole, le pere, il formaggio, il pesce, ecc. Ognuno sa per esperienza quali di questi cibi esercita su lui simile effetto dannoso, e potrà quindi facilmente evitarlo. L'uso di medicamenti per abbellire non è raccomandabile, perchè non è cosa naturale. Ove però essi siano assolutamente necessari, non se ne faccia uso in nessun caso senza consiglio e controllo medico. Uno dei più conosciuti medicamenti di tal genere è l'arsenico - velenoso in quantità maggiori -, che ingrassa, dà un bel colorito ed aumenta lo splendore degli occhi. Anche gli innocui preparati di ferro, come per esempio la «Tinctura ferri pomati » sono molte volte atti a dare alla pelle un bel colorito roseo, avendo i preparati di ferro la proprietà di aumentare i globuletti rossi del sangue. In ogni caso, chi può farlo, preferisca di conseguire quest' aumento dei globuletti del sangue per mezzo di un confacente sistema di vita igienico e mediante un soggiorno in un clima di alta montagna. Per ultimo, ancora alquante parole sull' alcool e sulla nicotina. Un regolare consumo di alcool danneggia la salute e la bellezza. Le sue conseguenze esteriori sono i ben noti pannicoli adiposi sul volto, il colorito arrossato del naso e delle guance. Particolarmente dannoso è il consumo di alcool la sera. La nicotina in generale è meno dannosa dell'alcool, però nuoce facilmente agli occhi, produce catarri cronici nelle vie respiratorie, arrossamento del naso e imbrunisce i denti, le dita e le unghie. Nondimeno un consumo moderato di alcool e di nicotina, da persone sane, non influisce dannosamente dal punto di vista della cura della bellezza.

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Per render ciò possibile, è necessario un regolatore del calore, che lavori con molta precisione, e questo regolatore lo abbiamo nella pelle. Col suo strato contenente grasso, la pelle costituisce già anche fisicamente un mantello riscaldante. Anche i peli, distribuiti su tutto il corpo, hanno un effetto riscaldante e precisamente grazie al mantello di aria, che vien tenuto fermo intorno al corpo dai molti sottili peli. Sopravvenendo uno stimolo di freddo, i peli vengono rizzati dai muscoli cutanei, sicchè il mantello d'aria ch'è chiuso tra loro, viene rinforzato. In tali occasioni constatiamo che ci è venuta la cosidetta « pelle d'oca », perchè ogni pelo drizzato solleva alquanto la pelle intorno a sè. Ma molto più importante è l'attività regolatrice dei vasi sanguigni. Se fa freddo, i vasi sanguigni si restringono e non permettono al sangue di spingersi del tutto sino alla superficie del corpo, perchè li perderebbe calore. La pelle diviene in simili casi pallida. All'incontro, quando fa molto caldo, i vasi sanguigni si dilatano e conducono il sangue del tutto sino alla superficie del corpo, onde lì si raffreddi; la pelle si fa rossa. Il buon funzionamento di questo meccanismo è la condizione preliminare per poter tenere lontani i raffreddori e le malattie d'infreddatura. Persone che ad ogni soffio d'aria più fresca vestono tosto abiti più gravi, chiudono le finestre nelle loro abitazioni e fanno tosto riscaldare la stufa, inoltre persone che si vestono con stoffe troppo calde e passano la maggior parte della loro vita in locali esageratamente riscaldati e mal ventilati, - si rammolliscono la pelle; il meraviglioso regolatore naturale del calore vien fuori d'esercizio, ed alla prima brezza più fresca, cui s'esporrà la persona ammollita, il raffreddore sarà bell'e preso! Se la temperatura esterna si alza di molto o se l'individuo, in seguito ad un grave lavoro fisico, deve produrre molto calore, entra in funzione ancora un altro regolatore: il sudore. Come è noto, ogni liquido per passare allo stato gasoso, abbisogna di calore; questo calore dunque il sudore lo sottrae al corpo, che in tal modo si raffredda. L'asciugarsi continuamente il sudore durante un lavoro faticoso è dunque assolutamente inopportuno. Con ciò si provoca soltanto la formazione di nuovo sudore e s'impedisce il raffreddamento del corpo. Il sudore ha però ancora un altro scopo. Il sudore corrisponde nella sua composizione chimica all'orina quadruplamente diluita. Esso caccia dunque fuori dal corpo i rifiuti dell'assimilazione. Anche senza che durante tutto il giorno ci sia stata una visibile secrezione di sudore, l'uomo sano, le cui glandole sudorifere non sono otturate da sudiciume, emette giornalmente circa un litro di sudore (corrispondente a circa un quarto di litro d'orina). La pelle difende il corpo anche contro un'influenza troppo forte della luce. Sotto l'influenza dei raggi solari, rispettivamente dei raggi ultravioletti in essi contenuti, essa cambia il suo colorito, produce nuova sostanza colorante e diventa bruna. Il pigmento prodottosi trattiene i raggi ed impedisce ch'essi penetrino nel corpo in misura nociva. La pelle sta nelle sue funzioni in connessione anche con gli organi interni, come il cuore, i polmoni, i reni. Il dilatarsi e il restringersi dei vasi sanguigni equivale ad un effetto aspirante e premente, che deriva dal cuore; la secrezione di sudore significa una collaborazione coll'attività dei reni; la forte affluenza di sangue nella pelle rende possibile, con l'aiuto dei raggi solari, una depurazione del sangue da germi nocivi. Inoltre sembra che la pelle dia al corpo anche internamente delle secrezioni simili a quelle delle glandole tiroidei, delle glandole surrenali e di altre glandole, che servono alla cosidetta secrezione interna e che producono gli « ormoni » tanto importanti per tutto il corpo. Anche i cosidetti « anticorpi », prodotti dall' organismo come contravveleno contro bacilli o materie infettive, vengono prodotti la maggior parte dalla pelle. Infine è ormai generalmente accetta l'opinione, che la pelle sia in connessione anche con la stessa formazione del sangue. Trascurando del tutto i rapporti tra vita psichica e pelle (arrossire ed impallidire) e così pure le sue funzioni nervose, abbiamo ugualmente una serie di fatti reali, che dovrebbero indurre ognuno ad una diligente cura della pelle. La pelle sana è in pari tempo anche bella. Se ha un contenuto di grasso medio, essa è liscia, senza però splendere, ed ha lo aspetto vellutato della pelle di pesca. Essa è tesa, arrendevole, elastica. All'incontro, non è bella la pelle lucida, oleosa, troppo ricca di grasso, che spesso appunto causa la liquefazione del grasso, presenta anche altri aspetti poco gradevoli. La pelle povera di grasso è viceversa ruvida e si screpola facilmente. La pelle sana è raramente del tutto pallida, ma piuttosto leggermente rossa, rosea. L'intensità del colorito rosso dipende dalla ricchezza di sangue e dalla forza della pelle. Il colorito più pallido della pelle non è però sempre segno di anemia. Belle sono anche le intonazioni brune della pelle, che transitoriamente si possono conseguire anche coi bagni di sole. La ricchezza di pigmenti cutanei sta del resto in connessione con quella dei pigmenti capillari. Capelli biondi sono spesso ornamento d'una pelle bianca, a sciutta. Lo stesso vale anche per i capelli rossi. Persone bionde o dai capelli rossi hanno anche inclinazione alle lentiggini, che raramente si trovano in persone dai capelli bruni.

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Come abbiamo già menzionato, un'insufficiente pulizia dei resti di sudore delle cellule epidermiche morte, cagiona odori molto sgradevoli, che devono venir combattuti con bagni di tutto il corpo e con una nettezza accuratissima. In caso d'un ostinato cattivo odore del corpo, si guardi di sopraffarlo con l'uso d'un profumo, sino a tanto che un serio trattamento medico non elimini la radice del male. Mai però si voglia sostituire il profumo alla pulizia e si tenga presente che un eccessivo uso di profumi può rendere una persona altrettanto insopportabile all'olfatto dei vicini, che lo stesso male che si vorrebbe neutralizzare e nascondere. Di giorno possibilmente non s'adoperi in generale profumi ma soltanto acqua da toilette profumata. Per la toilette serale si può adoperare moderatamente un profumo. Non si profuma però mai il vestito o il fazzoletto, ma si versano soltanto alcune gocce di profumo sul collo, sulle braccia e sulle mani. Si evitino profumi dall'odore forte, e così pure non se ne faccia uso in quantità esagerata. La qualità del profumo prescelto rivela il gusto di chi lo usa. Le moderne inglesi sono ancor oggi fedeli all' « Old Lavender » e all' « Eau de Cologne » ed affermano che nessun altro profumo ristori così bene i nervi e lo spirito come questi due. Piacevole odore hanno anche i profumi di rosa, di mughetto e di lillà. Invece profumi prodotti con sostanze animali, come per esempio il muschio, sono piuttosto nauseanti. Poco distinto è l'uso di profumo dai signori: eccezione fatta per l'acqua di Colonia, che però non va annoverata tra i profumi, ma piuttosto tra i mezzi refrigeranti.

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Abbiamo già rilevato l'utilità del masticare con una certa energia. Mediante un vitto di cibi costantemente teneri, i denti s'indeboliscono. Nuoce il consumo di troppe ghiottonerie, tra le quali però non vanno annoverati lo zucchero e i bonbons, perchè questi si sciolgono completamente, quindi non si depositano sui denti. Molto più pericolosi sono tutti i dolci e zuccherini, che si attaccano ai denti, vi si decompongono ed attaccano in tal modo lo smalto dei denti. Se il primo comandamento della cura dei denti è la pulizia, il secondo consiste nel precetto di visitare regolarmente il dentista. Dobbiamo farci visitare i denti almeno due volte all'anno. Se tutti i denti sono sani, il dentista ne allontanerà soltanto il tartaro e pulirà a fondo i denti con mezzi ausiliari che solo egli può applicare. Specialmente i fumatori dovrebbero andare spesso dal dentista, per farsi togliere dai denti l'inestetico colore giallo, molte volte bruno. Non si tenti di raggiungere da soli il colorito bianco dei denti, perchè i mezzi idonei a tale scopo sono quasi tutti nocivi per i denti. Perciò questa cura è da affidarsi al dentista. Esaminando un dentista la dentatura, egli s'accorgerà tosto anche dei piccoli buchi, anche nel loro primo stadio, e senza dolore a senza grande spesa, potrà applicarvi una piccola otturazione. Un improvviso dolore di denti deve però venir visitato dal dentista, anche se del resto siamo abituati a consultarlo in regolari intervalli di tempo. Perchè involontariamente si evita la pulizia del dente che fa male e dei denti vicini, come pure si evita di masticare con quella parte della dentatura, e ciò può cagionare grandi danni molto più rapidamente che non si creda.

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Come abbiamo già menzionato, anche in dentature tenute molto pulite, a volte rimangono attaccati negli interstizi dei denti e agli orli delle gengive, resti di cibo, che si mescolano alla saliva e vanno incontro a fermentazione. La carie che ne deriva, comincia con una piccola macchietta bruna nello smalto del dente. Ed è caratteristico che mentre nella dura superficie del dente essa fa progressi molto lenti e negli interstizi dei denti è la maggior parte delle volte appena visibile, essa distrugge invece con molto maggior rapidità la tenera parte interna dei denti. A ciò va aggiunto che questa malattia spesse volte cagiona dolore soltanto più tardi quando ne è già attaccata anche la polpa del dente e quindi non è possibile più una semplice otturazione del buco, ma è necessario un lungo trattamento, congiunto in molti casi all'allontanamento del nervo. Se il nervo viene allontanato dal dente, questo viene derubato dalla sua naturale nutrizione mediante la circolazione del sangue. Perciò, sebbene esso possa ancora per molti anni soddisfare ai suoi compiti, comincia a cambiare di colore e diviene d'una tinta azzurrognola o bruna, sicchè spicca tra i denti vicini, ciò che fa un effetto molto brutto quando si tratta di denti anteriori. Quanto maggiore è la massa ossea dei denti che va in putrefazione, tanto maggiore è la quantità di resti alimentari che penetrano nel buco, sicchè essi non possono più venir allontanati con uno stuzzicadente o con una spazzola e perciò esalano costantemente un odore sgradevole. Specialmente sui denti anteriori della mascella inferiore, ma anche sui denti laterali, si deposita il tartaro ch'è una composizione di calce, avanzi di cibi, polvere e batteridi. Tanto più abbondante è la formazione del tartaro, quanto meno si mastica coi rispettivi denti. Innocuo per sè stesso, il tartaro crescendo continuamente respinge le gengive dal loro posto naturale, sicchè le gengive spostate non tengono più saldi i denti. Il tartaro può bensì venir facilmente allontanato dal dentista, ma ciò non giova però a far riprendere il posto di prima alle gengive che una volta ne furono già deviate. Quanto più abbondante è dunque la formazione del tartaro, tanto più opportuno è di farselo allontanare, almeno due volte all'anno, per impedire per quanto possibile il ritirarsi delle gengive. Un processo naturale è il rilassamento dei denti come un fenomeno dell'età, che spesse volte comincia già a 35 anni, mentre in molti casi soltanto a 60. Contro questo inconveniente combatte la tecnica moderna che va sempre più perfezionandosi, mediante le dentiere artificiali.

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Per quanto riguarda l'acconciatura dei capelli alla « Eton », è in ogni caso innegabile, che essa dà sovente al vino femminile un certo che di maschile, la somiglianza ai lineamenti d'un giovanotto, che a volte ci fa restar dubitosi, se abbiamo da fare con una persona di genere « maschile » oppure di genere « femminile»? Chi dunque si decide per il taglio dei capelli alla Eton, dovrebbe prima sempre ben ponderare, se i lineamenti del suo viso hanno anche per sè abbastanza carattere femminino, anche senza l'influenza che vi esercita la capigliatura. Naturalmente neanche la « testa alla garçonne » è adatta per tutte le signore. Essa esige un viso dai lineamenti regolari, una figura snella con un collo aggraziato ed una certa abbondanza di capelli. Se una signora ha tanto pochi capelli, che in caso se li facesse tagliar corti, ne trasparirebbe la pelle del capo, meglio se si tiene i suoi capelli lunghi. Anche la figura di signore piccole grasse, come pure quella di signore già vecchie che si possono appena muovere, è poco adatta per la moda della « garçonne ». Il principio nel portamento di capelli corti è di trovare il giusto taglio. Questo non riesce già alla prima volta. Spesse volte passa molto tempo prima che uno veda chiaro e sappia ciò che meglio gli si confà. Poi anche i capelli non s'adattano subito alla direzione desiderata. Studiando però alquanto i lineamenti del proprio viso e confrontandoli a quelli di altri visi, si troverà ben presto il giusto taglio. In nessun caso si deve però commettere l'errore di adottare senz'altro il taglio ch'è sembrato bello sulla testa d'un'altra signora. Il taglio dei capelli deve corrispondere all' individualità della rispettiva persona, nonchè ai lineamenti del suo viso. Il parrucchiere, che vuole al primo tentativo trovare il giusto taglio dei capelli, deve essere un vero artista, nel senso più stretto della parola: egli deve essere altrettanto uno scultore che un profondo conoscitore di uomini. E' si può ben comprendere che a tali esigenze pochi sono i parrucchieri che sanno rispondere. Bisogna dunque che le signore s'industrino a collaborare nella formazione della loro « testa alla garçonne » e non si affidino cecamente ai consigli del loro parrucchiere. Ed anzitutto gli si proibisca di rasare il collo, ciò ch'è altrettanto poco naturale che inestetico. Bisogna ancora aver riguardo alla costituzione e alle particolarità dei capelli. Altrimenti bisogna tagliare i capelli biondi, altrimenti bruni, altrimenti i capelli fini e morbidi ed altrimenti i capelli grossi, ruvidi o increspati. E' falsa l'opinione che per ottenere una bella testa alla « garçonne » i capelli devono esser sempre arricciati, inanellati o ondulati. Naturalmente i capelli ondulati sono addirittura l'ideale per una testa alla « garçonne », ed esimono la felice proprietaria da tutte le cure e noie di acconciatura. Però anche capelli completamente lisci possono stare benissimo, come è il caso nelle « teste di paggio ». Difficili sono a domarsi i capelli increspati. Non si deve lasciarli semplicemente fare a modo loro ma renderli arrendevoli con massaggi d'olio e spazzolandoli molto diligentemente. Coloro però, ai quali i capelli lisci non s'adattino assolutamente ai lineamenti del viso, cui la natura non abbia concesso dei ricci naturali, non possono far altro che ricorrere all'ondulazione artificiale. Il mezzo ausiliare meno adatto a ciò, è il ferro da ricci. Prescindendo dal fatto che col ferro da arricciare i ricci non riescono mai belli, non v'ha alcun mezzo migliore per rendere i capelli facili a spezzarsi, ad assottigliarsi e ad incanutire prima del tempo, che un uso incauto del ferro da arricciare. Questo non deve mai essere tanto caldo, da imbrunire la carta bianca. Ma anche tenendo sempre presente questa condizione non conviene far troppo spesso uso del ferro da arricciare. Il miglior procedimento per arricciare i capelli e oggidì senza dubbio l'ondulazione a lunga durata, la cui durevolezza è per lo più limitata soltanto dal crescere dei capelli. Si faccia eseguire però l'ondulazione a lunga durata soltanto da un parrucchiere di prima classe, che disponga senza dubbio della necessaria pratica ed esperienza.

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Della correzione chirurgica dei seni pendenti abbiamo parlato or ora. In egual modo può venir eliminato il ventre pendente. Molto frequente è il trapiantamento di pezzi di pelle, che si eseguisce specialmente per coprire grandi lesioni al viso, per esempio al naso. A tale scopo si toglie da un'altra parte del corpo, per esempio dal braccio o dalla coscia, un pezzo di pelle che vien poi collocata al posto desiderato. Una frequente operazione ha per scopo di eliminare la protuberanza del naso. Questa non ha sempre un carattere deformante, pure assai spesso è utile allontanarla. Viceversa abbisognano spesso di una correzione i cosidetti nasi a sella. L'operazione di questi consiste nel sollevare l'osso nasale. Per render le guance liscie, il medico chirurgo fa un'incisione dietro all'orecchio, che così resta quasi invisibile, e tende la pelle. Se una delle guance è più infossata, vi si può trapiantare del grasso da qualche altra parte del corpo. Orecchie a ventaglio o pendenti possono ugualmente venir portate nella posizione desiderata in via operatoria. Un altro mezzo per eliminare deformità del naso di grado leggero e di cicatrici che giacciono molto profonde, sono le

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Abbiamo già parlato dell' applicazione dell'elettrolisi, quando questa si usa per allontanare peli superflui dal viso o altre parti del corpo - e questi sono i più frequenti casi di applicazione. Cionondimeno si adopera l'elettrolisi abbastanza spesso anche per far sparire tumori sanguigni, per eliminare voglie colorate, lentiggini, macchie epatiche, verruche, tumori cutanei, ecc.

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L'organizzatore del gioco comincia un fervorino, press'a poco così: « I Signori sono pregati di disporre le sedie in un circolo e, poichè abbiamo il piacere di avere fra di noi otto dame, vogliano i Signori mettere nove sedie in circolo, quindi una sedia di più del numero delle dame presenti. Ed ora le gentili Signore e Signorine vogliano prendere posto. E dietro a loro si mettano nove cavalieri. Sì, proprio dietro alle sedie e precisamente dietro quella vuota anche. No, egregio dottore, non sia tanto avvilito se proprio le è capitata la sedia vuota. Già chi tardi arriva, male alloggia. Ma coraggio d'altra parte, che proprio a Lei sta di iniziare il gioco. Fissi i suoi sguardi più dolcemente possibile su una delle nostre rappresentanti del gentil sesso e cerchi di attrarla a sè col calore dei suoi occhi, finchè essa, accorgendosene, si alzi dal suo posto per accorrere a Lei. Ma non creda che ciò sia tanto facile. Che dietro ad ognuna di esse sta un cavaliere servente che non intende farsela rapire da un solo sguardo e cercherà di trattenersela con la forza. Sì, con la forza, ma non con la violenza, poichè, Lei, caro ingegnere, arrischia di strappare le vesti alla sua dama. Nè d'altra parte si deve trattenere la dama prima che abbia ad accennare ad alzarsi o tenere le mani sopra le sue spalle. I cavalieri sono pregati di distendere le loro braccia lungo i propri fianchi, così, come dice il regolamento militare, chi lo ricorda? « Col pollice disteso lungo la cucitura dei pantaloni ». Eh sì, è la posizione dell'attenti ed attenti state ora, se non volete che l'egregio dottore coi suoi dolci sguardi vi porti via la dama. Si, egregio dottore, prenda coraggio, e faccia i suoi occhi più dolci e più languidi ancora, ma soprattutto più ardenti se vuol riuscire a far comprendere la sua domanda alla dama che sta fissando. L'ingegnere gliela ha trattenuta. Cerchi di fare gli occhi... di triglia a qualche altra dama il cui cavaliere sia meno attento. Forse questo novello Adamo non pensa alla sua Eva che ha seduta dinanzi, ma a qualche altro « serpente » e Lei ne approfitti della sua distrazione, Così, va bene. Ed ora che la ha conquistata stia attento a mantenersela. Ed ora naturalmente è l'egregio avvocato, che è rimasto abbandonato, a dover cercare di attirare a sè un'altra damigella ». E così via. Se dovesse capitare al cavaliere che cerca col suo sguardo di attrarre a sè una dama, che invece di questa gli si slanci un'altra che egli non intendeva, egli può rapidamente voltare la sedia osservando che il suo sguardo non era rivolto a lei. Certo questo rifiuto... poco cavalleresco... non dovrebbe esser fatto che fra persone che ben si può essere convinti che non abbiano a dolersene o ad offendersene e piuttosto il cavaliere farà bene di far buon gioco a cattiva fortuna ed accettare la damigella che gli è piovuta dal cielo piuttosto di scatenare un temporale. Il gioco può essere anche invertito e mettere seduti in circolo i cavalieri, mentre resta alla dama che ha davanti a sè la sedia vuota di invitare con gli sguardi più soavi il cavaliere che consoli la sua solitudine. E qui è ben più facile che la dama abbia a... voltare la sedia... rifiutando il cavaliere non chiesto con i suoi sguardi, poichè i cavalieri in generale sono meno permalosi e non si offendono facilmente per un rifiuto mormorato da due labbra dolci. Chè anche di fronte ad un rifiuto il cavaliere deve comportarsi come tale e far buon viso ad avversa fortuna.

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Già fra i giochi precedenti abbiamo indicato vari giochi che possono servire per raccogliere fra i giocatori « pegni » che poi devono essere riscattati dal giocatore, sottoponendosi questi a fare una « penitenza ». Parleremo più innanzi delle « penitenze » mentre in questo breve capitolo ci limiteremo ad indicare alcuni giochi che hanno per fine esclusivamente l'assegnamento di un « pegno » a chi non li sa assolvere.

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In generale questo gioco appartiene al numerosissimo gruppo dei giochi a rincorrersi di cui più sopra ne abbiamo accennato qualcuno. Anche qui è bene limitare il campo di gioco. Uno dei giocatori offertosi volontariamente oppure designato dalla sorte è il « cane » tutti gli altri sono le « lepri ». Il gioco incomincia e le lepri si sparpagliano e fuggono. Quando il cane ha raggiunto una lepre, le parti si invertono e la lepre raggiunta deve fare da cane. Quando i giocatori osservano che una lepre rincorsa dal cane si stanca, essi possono « tagliare la pista » cioè passare fra la lepre ed il cane e questi allora è obbligato ad abbandonare la preda per rincorrere la lepre che gli ha tagliato la pista.

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Se una croce attraversa in un punto qualunque la linea della vita (e tutti di quelle croci ne abbiamo) la vita sarà felice e scorrerà piacevole in mezzo all'abbondanza, alla salute, a' figli, ecc. Dopo le croci vengono le stelle. Una tra la linea della vita e il monte di Venere significa celebrità per intelletto; tre stelle sulla linea, uomo calunniato dalle donne (!!!). Per ultimo i triangoli! Uno nella cavità: esilio; uno al principio della linea della vita, verso il monte di Venere (ahi!): perdita di beni; se presso il monte di Giove: disinganni amari! La linea naturale. - Ecco la linea del cervello! Serve a indicare la complessione, il carattere ed il temperamento. Nasce al disopra del monte di Giove e se forma in questo punto l'angolo supremo con la linea della vita, è indizio di persona inclinata al bello e al buono. Peccato, che nell'umanità questo incontro succeda tanto di rado! E' per questo mancato incontro, appunto, che i cattivi e i perversi sono in maggioranza su questa terra. Eppure è così facile essere buoni! Quando la linea naturale è diritta, profonda, intiera, appariscente, annunzia una mente superiore, un cuore d'oro, un'anima retta e... fortunata; una vita lunga, eredità, salute perfetta e gioconda, tranquillità di spirito. Se però, qualche cerchio si trova sulla naturale, non mancheranno le dispute e le querele in famiglia e fuori; ma sopratutto con gente chiesastica. La naturale lunga e larga è sintomo di pessimo carattere; ma se è lunga ed estesa fino al monte della mano, rivela coraggio, fortezza, destrezza, generosità. Per essere veramente felici è però necessario che la naturale pencoli alquanto verso la linea della vita e verso quella della rasetta; perchè se è tortuosa, la malizia e la cattiveria soffocheranno qualsiasi sentimento nobile. Se si perde nel cavo della mano: malattie, carattere imbelle, morte prematura; se traversa la mensale: infortuni, danni, perdite; se in ambo le mani si riunisce alla mensale: morte sicura prima di venti anni (!); con una croce: gambe o testa ferite, senza speranza di guarigione; se biforcata all'orlo della mano: vecchiaia e fine devoti; se ricurva e perdentesi fra l'anulare e il medio: morte improvvisa per eccessiva pinguedine. Tagliata da linee parallele all'opposto del medio: ferite mortali. Due linee ascendenti dalla naturale e riunite presso alla mensale: rapido cammino in qualsiasi carriera; fortuna inaspettata. Mal formata e tagliata da varie linee di diversa lunghezza: reumi e dolori nervosi ad ogni cambiamento di stagione. Una croce all'origine della naturale: beneficenza e benevolenza, il risultato delle quali sarà una disgrazia. Se la croce si trova verso l'estremità della linea: vita felice senza sinistri, morte placida e serena. Se si trova nel mezzo della linea, all'altezza dell'indice, e dalla parte opposta: processi, imbrogli, litigi, e... vita corta. Linea del fegato. - La linea del fegato, o epatica, è la linea della prosperità. Chi l'avrebbe detto? Si vede proprio che la chiromanzia può fare miracoli! La forte complessione fisica è rivelata da una linea diritta e continua; per, se è profonda e continua ed unita a quella della vita, senza però toccare quella naturale, è indizio di complessione non integra; se, poi, traversa la linea della vita, il temperamento è addirittura non buono. Larga, continua, profonda, simboleggia la forza, il coraggio e una vita lunga; e se con questi caratteri tocca la linea della vita e quella naturale, dinoterà una invidiabile armonia tanto fisica, quanto morale. Se lunga ed attraversante il cavo della mano: volgarità di carattere; se ripiega verso la percussione: predestinazione a naufragare o ad annegare. Quando sale dalla rasetta al monte di Giove : grandi onori, grandi ricchezze; se si estende fino al monte di Saturno: salute perfetta fino alla vecchiaia; se tocca il monte Mercurio: favori di persone altolocate, e facilità di eloquio; se inclinata verso il cavo della mano e se divisa dalla naturale: debolezza, incostanza; se tortuosa: furberia; se tortuosa e pallida: malattia. Allorchè la linea del fegato è larga, dritta e un po' interrotta nel centro, è presagio di vita lieta e felice; se intersecata da quella della vita: coraggio e tendenza al bene; se non tocca quella vitale: vanità, incostanza, carattere battagliero; se tra la linea del fegato dista da quella della vita, ma è unita alla naturale, la linea del fegato rivela un uomo collerico ordinario, malgrado l'apparenza di mite agnello. Quando la linea del fegato non tocca la naturale, è indizio di leggerezza; ma se tocca la linea vitale e quella naturale, è indizio di purezza di costumi, e di lucidità di mente. Quando la linea della vita tocca la naturale, e si unisce alla linea del fegato nell' angolo supremo, annunzia un grande pericolo. La linea mensale. - La linea mensale nasce alle falde del monte di Giove e limita inferiormente i monti di Saturno, del Sole e di Mercurio. E' di buon augurio quando è diritta, continua, profonda ed apparente almeno fino alle falde del monte di Saturno. In caso diverso è sintomo di malanni e di sventure. Quando risale verso l'indice e senza diramazioni predice perdita di beni od esilio: e se rimonta sulla collina di Giove: ricchezze, dignità, bontà d'animo. E' indizio di sventura quando senza diramazioni raggiunge la radice dell'indice; che si traduce in esplosioni violente di collera allorquando si prolunga oltre le radici dell'indice. Se non discende oltre il monte di Saturno: povertà; se tra l'indice e il medio: facile conquista di beni; se finisce tra queste due dita ed a contatto della linea saturnina: pericolo. Questi i principali caratteri della linea mensale, chè, per descrivere tutte le interpretazioni secondarie occorerebbe un volume. La rasetta. - La rasetta, o ristretta, è quella linea raramente unita che si trova alla congiunzione della mano col polso. Generalmente è ritenuta di buon augurio se ben chiara, senza crespe nè sorelle. Si dà più particolarmente il nome di ristretta alla linea che separa la palma della mano dalla rasetta. La ristretta è talvolta accompagnata da una o due sorelle, linee parallele che la circondano. La rasetta propriamente detta è lo spazio che esiste fra la prima e l'ultima linea. Se la ristretta è continua, profonda e ben colorata: vita felice e tranquilla, grande fortuna; corta ed interrotta: povertà, vita infelice ed agitata; se è tagliata per traverso da linee eguali: gioventù laboriosa, ricco matrimonio, eredità, industria e benefici; segata da linee tortuose ed intrecciata a guisa di anelli da catena: vita laboriosa che condurrà alla fortuna, se il monte della Luna non vi si oppone; se la ristretta è accompagnata da tre sorelle ben segnate e colorite: vita prolungata per lo meno sino agli ottant'anni; se la rasetta manda fuori una linea la quale passando pel mezzo della mano, s'estende sino alla naturale: vita comoda e piacevole; se questa linea si prolunga verso il medio: grande prosperità. Le stellette e le croci intorno alla rasetta preannunziano: alta posizione sociale. Se una di queste croci o stelle si trova verso la fine della vitale: fortuna acquistata con liti. Linea di Saturno. - La linea di Saturno è anche detta della prosperità ed è quella che dalla rasetta sale verso il medio. Se comincia verso l'angolo destro indica: abbondanza di danaro e... di figliuoli; se dalla rasetta risale verso il cavo della mano: immaginazione feconda; se termina verso la naturale: spirito inventivo, virtuosità e vita lunga; se nasce dal monte della Luna: ricchezze; se tortuosa dalla rasetta all'anulare: ignoranza e... cervello fino; se biforcata sul monte di Saturno: avvenimenti piacevoli; estesa sul dito medio: avarizia, tendenza al male; estesa dalla rasetta all'indice: lunghi viaggi felici ed onorevoli. La via lattea. - Nasce verso la rasetta e si dirige verso il monte Mercurio, e verso il principio della mensale. La linea della via lattera serve a pronosticare l'energia di un uomo nella resistenza alla volontà della donna. Se è diritta e raddoppiata verso il mignolo, se comincia dall'angolo destro o dal monte di Venere e procede verso il mignolo: felicità e fortuna conquistate con l'aiuto di una donna; se tagliata ad una estremità a forma di croce: sventura per cagion di donna. La cintura di Venere. - La linea arcuata che nasce tra il medio e l'indice per finire tra l'anulare e il mignolo, si addimanda cintura di Venere. Non tutti la posseggono, ed a sintomo di animo cattivo, di scarso senso morale, di brutalità d'animo. La linea solare. - Si trova sul monte del Sole. Si diparte dal concavo della mano o dalla linea naturale, o da quella mensale, o dal quadrangolo. Più è estesa, più è netta, meglio è. Si perde alle radici dell' anulare. Se si diparte dalla vitale, come solco profondo, fino al monte del Sole, preconizza cose piacevoli, onori, vita lunga, felice, prosperosa, occupata da studi. Ma se manca, o è imperfetta, ogni aspirazione a salire in alto cade nel vuoto. Se la linea del Sole comincia nel cavo della mano e si prolunga sino all'anulare, è sintomo di alte protezioni; se taglia il monte del Sole recisamente: fortuna, mente eletta, produzione intellettuale di molto pregio. Il triangolo - Il triangolo è formato dall'incontro delle tre linee: del fegato, vitale e naturale. Occupa la parte concava del palmo, e se è ristretto simboleggia l'avarizia; se largo, la generosità e la munificenza. Se le linee che formano il triangolo sono ben marcate e meglio colorite, diritte e pressochè uguali: costituzione robusta, vita lunga e felice, coraggio, intelletto. Quando nel triangolo appare una stella, una eredità si avvicina; ma se vi appare un quadrato: processi con parenti. Il quadrangolo. - E' detto anche tavola, e trova tra la mensale e la linea del cervello. Ha gli stessi caratteri e predice quasi le medesime cose del triangolo. L'angolo supremo. - L'angolo supremo è formato dalla vitale e dalla naturale. Esso dovrebbe prendere la sua origine alle falde del monte di Giove, e non ha da essere acuto e congiunto: povertà di mente e costituzione debole; ma aperto e piuttosto ottuso: spirito superiore e salute da vendere. Quando l'angolo è eccessivamente largo e poco appariscente, denota durezza e cattiveria di carattere; e se apparisce verso il cavo della mano, la timidezza, l'avarizia e la malignità saranno d'ostacolo a qualsiasi impresa. La mancanza dell' angolo è indizio di maldicenza e di infedeltà. L'angolo acuto è sintomo di astuzia: ma se è quasi diritto: onori e dignità a non saperne che fare. Separato e unito da una o da due linee, tagliate da altre due: pentimento di trascorse pazzie. Se questo angolo è separato, e nella separazione presenta alcune linee senza ordine: rivelazione di una persona marziale, sì, ma anche infedele. Se diviso, e se nella separazione si trovano alcune linee in forma di rete: carattere menzognero, appassionato per la musica e pel giuoco. Se la vitale è tagliata dalla naturale e da un'altra linea, che discendendo dalla parte superiore della mano le tagli ambidue: avverte di guardarsi da animali velenosi e dal mare. Se l'angolo è tagliato da una linea, la maggior parte della quale si trovi dal lato della mensale: pericolo d'incendio; tagliato da un semicerchio, le estremità del quale sieno rivolte verso la vitale: aumento di fortuna. Una croce od una stella annunciano eredità provenienti da donne. L'angolo destro. - L'angolo destro è quello formato dalla vitale e dalla epatica. Se l'angolo è alquanto acuto, appariscente netto: buona complessione, molta inclinazione alla virtù; appena visibile: avaro, mariuolo, interessato ed egoista; se è aperto, e che all'apertura una croce tocchi le linee vitale e del fegato: buon fine, morte devota. L'angolo sinistro. - L'angolo sinistro è formato dalla naturale e dalla epatica. Se è ottuso, netto ed appariscente: lunga vita, animo retto; se è acuto: litigio, cattiveria; se appena visibile: temperamento malaticcio, intelletto limitato; se non esiste: malattia di fegato o di stomaco; quando è lungo, molto acuto, vicino al mezzo della mano: si morrà annegato.... probabilmente nell'acqua!... Il significato dei monti. - Il monte di Venere di... giusta statura è indizio d'amore; e se è attraversato da più linee profonde e diritte: amore in anima retta e in corpo sano. Però, di queste linee non ce ne ha da essere troppe, altrimenti si passa alla categoria della lussuria. Se il monte di Venere è prominente: passione irresistibile per la musica: se basso: fabbricante di castelli in aria. Il monte di Giove senza linee e poco elevato indica bontà d'animo. amore per la giustizia (ecco un esame al quale dovrebbero sottostare i magistrati), generosità. Se qualche linea lunga lo traversa: predizioni di onori e di ricchezze. Il monte di Saturno senza solchi vuol dire: quieto vivere, trionfi nelle esperienze e nelle speculazioni agricole; se basso e solcato da qualche linea, è indizio di vita dura, laboriosa. ricca di... amarezze. Il monte del Sole alquanto elevato e solcato da linee diritte predice ad una donna l'affettuosa ammirazione di molti, copia di onori e di dignità; mentre tutto l'opposto le predice, se è basso e solcato da linee tortuose. Il monte di Mercurio, un po' basso, è indizio di mente acuta, di furberia; indica tutto l'opposto se è alto. Il monte della mano, pianeggiante, senza linee, rivela dolcezza di carattere e generosità; altrimenti: incostanza in tutto. Sul significato dei centomila caratteri dei vari monti ci sarebbe da scrivere non uno, ma cento volumi, perchè l'interpretazione dipende essenzialmente dalla fantasia e dall'accortezza di chi li esamina.

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Come abbiamo già detto, per la gioventù spensierata sarà meglio suonare musica leggera e magari qualche «jazz » o qualche « valzer » di modo che si possa ballare un po'. Ma se l'uditorio è composto di persone posate, piuttosto adulte e di carattere conservativo sarà bene attingere alle fonti più vecchie e con gentile tatto magari cercare di rievocare qualche aria nota della loro gioventù, che ricordi loro i bei tempi passati. Chi suona il pianoforte, il violino od altro strumento, tenga sempre presente che per gli uditori è sempre preferibile udire un pezzo leggero e facile ma suonato bene e con sicurezza e giusta interpretazione che un pezzo difficile suonato appena passabilmente, con incertezze e visibile fatica (Schumann). Una gran parte di persone non ha la capacità e le attitudini di comprendere gran cosa della musica dal punto di vista artistico e sublime e si accontenta di trarne passatempo gradevole, non potendo il loro spirito addentrarsi e comprendere le bellezze intime e profonde dell'arte pura. Di ciò bisogna tenere speciale conto e si farebbe grave torto di rimproverare loro tale mancanza di disposizione. La musica è un'arte che si sente più o meno profondamente e la « comprende » solo chi è toccato dalla grazia e dal genio.

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Se nel presente capitolo noi abbiamo mantenuto la forma esteriore di questo « Domandami qualcosa! », ciò non significa punto che la raccolta di domande che presentiamo ai nostri cortesi lettori, sia un giuoco. Ci siamo piuttosto industriati a prendere da ciascuno dei più differenti rami della scienza temi ed argomenti, di cui generalmente non si sa il significato, fatti ed avvenimenti che dovrebbero essere conosciuti a tutte le persone che si vantano di possedere una coltura generale, questioni, problemi, di cui si parla molto spesso in società, - insomma: « ciò che si deve sapere ». E cominciamo!

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Abbiamo voluto comprendere in questo volume anche una raccolta di pensieri e sentenze dei migliori autori antichi e moderni, poichè, come ben dice Carlyle: « I grandi, presi in qualsiasi maniera, sono profittevole compagnia ». Certamente il consiglio dei saggi è lo stimolo più fecondo di gentilezza per i cuori e di fierezza per i caratteri, ed è lo stimolo più fecondo ed efficace per gli animi alla perfezione morale, artistica e sociale. La conoscenza e lo studio dei pensieri di uomini eccelsi arricchiscono le menti ed i cuori, ed una persona che ad essi si sia dedicato, potrà approfittarne con grande successo società. E' questo il motivo per cui presentiamo al lettore questa piccola crestomazia, nella quale facciamo conoscere anzitutto ed in più ampia misura sentenze citate da opere italiane, e precisamente secondo il tema da essi trattato, in ordine alfabetico; facciamo seguire poi una raccolta di pensieri e sentenze di autori latini, francesi, inglesi e tedeschi, in numero più limitato e, senza riguardo al loro soggetto, semplicemente in ordine alfabetico.

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Se abbiamo invitato qualcuno ad una gita in automobile da nolo, o anche nella nostra propria macchina, dobbiamo provvedere noi a tutte le spese che potrebbero sopravvenire; come p. e. tasse, dogana, spese di tragitto ecc. ecc. Dobbiamo naturalmente pensare al nutrimento dello « chauffeur » all'acquisto di benzina ed olio ecc. Se si è ospite in un'automobile private, a gita finita, si dà una mancia allo « chauffeur ». Se una signora va in qualche luogo di divertimento accompagnata da un signore commetterebbe una sgarbatezza correndo via ed entrando nel locale mentre il signore è ancora occupato collo « chauffeur ». Essa aspetterà, tenendosi un poco in disparte, finchè il suo accompagnatore abbia finito. Anche maggiore sgarbatezza è viceversa da parte di un signore, se dopo aver accompagnato a case una signora in automobile, resta seduto nell'interno della vettura, invece di scendere ed aspettare sinchè alla signora venga aperto il portone. Affinchè pagando il taxi non si debba cambiare, è raccomandabile di provvedersi già prima di spiccioli. Si evitino discussioni collo « chauffeur » intorno al prezzo specialmente se si è in compagnia di signore. Se sull'automobile da nolo non c'è « tassametro » o, come è uso in gite più lunghe, non lo lasciano funzionare - si combina collo « chaffeur » il prezzo già in avanti e, a gita finita, gli si dà una corrispondente mancia. Chi può concedersi di fare gite in automobile, non deve essere avaro e lesinare per pochi centesimi.

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A seconda del ristorante che abbiamo scelto, dobbiamo adattare la nostra toilette e il nostro aspetto: con scarpe a chiodi, giacche da vento e da pioggia, calzoni corti, che abbiamo indossati per fare una escursione, non entriamo nella sala da pranzo d'un albergo elegante, mentre il « frack » e lo « smoking » non sono corrispondenti per un'osteria delle periferie. In

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Se veniamo pregati da un conoscente di venire al suo tavolo, possiamo rifiutare soltanto nel caso che abbiamo una società propria, ad un altro tavolo. Colui che invita deve presentare subito l'invitato alle persone che si trovano in sua compagnia. Se incontriamo un nostro conoscente, ci comporteremo a seconda del grado di conoscenza o amicizia che è da noi. O bene si attende un invito da parte sua, o si va lì e si domanda: « Permette che io mi sieda qui? ». Dipende dal senso di tatto scegliere quale forma sarebbe la più conveniente. Osserviamo che la persona a cui vien rivolta la domanda, non può rispondere negativamente senza commettere una molto grossolana scortesia, se anche preferisse rimanere indisturbato. Non sarebbe distinto farsi invitare al tavolo d'un conoscente che sia molto superiore di rango, o che si trovi in società di persone a noi sconosciute. Naturalmente alla tavola d'un nostro amico cui diamo del tu e sta seduto solo, prenderemo

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In un ristorante dove c'è guardaroba, non rifiutiamo, per risparmiare quella piccola spesa di farne uso, col pretesto che abbiamo intenzione di rimanere soltanto per breve tempo. Se si ha da aggiustare qualcosa nel nostro abbigliamento o vogliamo ravvivarci i capelli, andiamo nelle località destinate a tali scopi. Se in un locale una signora ed un signore prendono posto ad un tavolo, è naturale che il signore sieda alla sinistra della signora; se il tavolo è molto piccolo può sedersi anche di fronte alla signora. Per una signora sola il più adatto è un tavolo piccolo. E' sempre la signora che deve per prima porsi a sedere a tavola, e così ad essa spetta anche di alzarsi per prima; il signore deve alzarsi subito anche lui, ed aiutare la signora a vestirsi. Prendendo posto ad un tavolo dove sono già seduti degli estranei, li salutiamo inchinandoci; una signora fa soltanto un cenno col capo. In egual modo si agisce allontanandosi dal tavolo. Il signore dà prima la carta alla signora, quindi sceglie egli stesso ed ordina a bassa voce per tutti e due. Studiare mezz'ora la lista cibaria, calcolarne visibilmente i prezzi è poco distinto. Talvolta le carte dei nostri ristoranti contengono anche dei « misteri » in lingue straniere; se l'ospite riesce a comprendere

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Se abbiamo bisogno di sale, pepe, aceto, olio e panini, ce li facciamo portare dal cameriere, ma se per caso il cameriere non fosse presente, si può domandarli senz' altro alla tavola vicina, naturalmente soltanto nel caso che lì non se ne abbia più bisogno. Si può anche dal tavolo vicino domandare e prendersi una seggiola superflua. Tali piccole cortesie sono sempre dovere dei più giovani verso i più vecchi, di signori verso le signore. E' ben naturale che non ci si culla sulle sedie, non si « abbracciano » con le gambe i piedi della tavola, non si appoggiano i gomiti o la testa sulla tavola, e non si giuoca col sale, colle posate o collo stuzzicadenti. Ciononostante possiamo osservare abbastanza spesso tali usanze. Stuzzicarsi i denti, specialmente per minuti è una cosa addirittura nauseante. Orrenda è anche la cosidetta « pulizia pneumatica » dei denti, accompagnata sempre da diversissimi suoni poco estetici. Ed ancor peggio è lo schioccare colla lingua, - per esprimere anche esteriormente il godimento « gastronomico » per il buon pranzo, - uso purtroppo non raro. A tavola, finchè altri ancora mangiano, non si comincia a fumare, nè si chiede il

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Il riguardo che dobbiamo agli altri ci impone di guardare bene i diversi oggetti che abbiamo con noi, affinchè non cadano nei momenti meno adatti, a terra, facendo rumore. Se ad una signora che ci siede vicino cade qualcosa a terra, ci si china subito per raccoglierla. Durante lo spettacolo non si fanno osservazioni sugli artisti, non si domandano dal vicino schiarimenti su fatti che non si capiscono, nè si danno, non richieste, spiegazioni ai vicini che certamente non sono curiosi di udirle! Si cerca di nascondere le affezioni dell' animo, e si evita di singhiozzare, come pure di ridere troppo forte. Il modo di ridere, come pure la causa per cui si ride, tradiscono moltissimo a un osservatore. Specialmente le signore evitino le risate troppo forti, e udendo sia scherzi a doppio senso, sia qualche barzelletta o discorso indecente, fingano di non aver udito nulla. Accompagnare il ritmo della musica con movimenti del capo, della mano, o dei piedi è non soltanto sconveniente ma anche stupido; lo stesso vale anche per tutti i gesti o smorfie che si fanno per esprimere la compiacenza o il dispiacere. Dimostrazioni di troppa commozione fanno sempre un effetto ridicolo. Se durante lo spettacolo avvertiamo un conoscente, lo salutiamo senza far cenni, soltanto con un leggero chinar del capo. Se vogliamo usar cortesia ad un nostro conoscente, - se pure non siamo in compagnia d'una signora, - andremo a salutarlo nella seguente pausa. Non si può parlare con un conoscente attraverso due tre persone. Un signore può visitare una signora anche nel suo palco, dove potrà poi intrattenersi secondo le circostanze e l'accoglienza che gli vien fatta, per più o meno tempo. Può anche accettare un invito per il rimanente della rappresentazione. Mangiare nella sala anche durante la pausa, è molto volgare. Tutt'al più si possono mangiare dei bonbons o qualcosa di simile; ciò è lecito anche durante atti più lunghi, però evitando ogni rumore. In generale si mangia soltanto nelle località a ciò destinate. Un signore può offrire dei rinfreschi ad una signora, soltanto se la conosce bene. Se la signora rifiuta, non deve insistere, nè ripetere l'offerta. Se un signore ordina una bibita o un rinfrescante per corrispondere al desiderio espresso dalla signora che accompagna, naturalmente li pagherà, ma non deve poi insistere troppo, se la signora vuol restituirgli l'importo sborsato per lei: però una signora che viene accompagnata in teatro o al concerto da un signore non è obbligata a far ciò: essa potrà trovare facilmente un altro modo di « revanche ». Specialmente in Italia non è uso di restituire tali piccole spese. Non si critica ad alta voce nei corridoi e non si fanno osservazioni « intime » sugli artisti. Criticando, siamo sempre sinceri ed onesti. Se sentiamo che non siamo in grado di criticare la produzione artistica, molto meglio è tacere. Le critiche superficiali, o la ripetizione di critiche sentite da altri, sono ridicole. Specialmente da gioventù dovrebbe guardarsi dall'azzardare critiche troppo aspre e recise, perchè può facilmente apparire saccentona e vuota. Freniamoci anche nel dar espressione alla compiacenza o al dispiacere. Le signore applaudiranno meno forte dei signori. Gridare, battere con i piedi o fischiare è ordinariamente costume della gioventù troppo effervescente, ma non è bello, nè distinto. Se, terminato l'applauso generale, si continua ad applaudire ancora da solo, si riesce talvolta a provocare ancora un uragano di applausi, ma se con ciò non si fa uno speciale piacere all'artista, è meglio tralasciarlo, perchè si potrebbe esser ritenuti un « claqueur ». Nei concerti si badi a non prorompere in segni d'approvazione, prima del tempo. In concerti di musica sacra, o in concerti in chiesa non si applaude per non offendere la serietà della musica o la santità del luogo con un chiasso profano. La disapprovazione va espressa col silenzio, mai con fischi, grida o urli. Non si zittisce, fuorchè nel caso che si voglia far tacere un claqueur, troppo importuno. cSe il concerto o lo spettacolo dura troppo a lungo e dobbiamo allontanarci, non lo faremo mai durante un pezzo o nel mezzo di un atto, ma attenderemo la pausa, per poter allora dileguarci senza dar nell'occhio a nessuno. E non ci si affretta prima della fine dello spettacolo o concerto nel guardaroba per ricevere quanto prima i vestiti: quest'è un'offesa non soltanto contro il pubblico ma anche contro l'artista, rispettivamente contro gli attori. Se qualcuno ha serio motivo d'affrettarsi, resti dopo l'ultima pausa all'uscita. Una persona distinta non si pigierà mai innanzi ai tavoli del guardaroba per ricevere il soprabito qualche minuto prima, ma attenderà in un angolo pacificamente finchè il primo « uragano » sia passato. Specialmente una signora si trattenga dal pigiarsi e dal volersi spingere avanti ad ogni costo. Si risparmino le osservazioni impazienti contro il personale di servizio del guardaroba. Signori che accompagnano signore, devono provvedere al guardaroba anche per queste. Infine osserviamo ancora che al giorno d'oggi anche il cinema è diventato ormai un luogo, dove sono validi gli stessi costumi, le stesse regole e raccomandazioni che al teatro o nelle sale di concerto.

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Ricevuta la comunicazione, anzitutto salutiamo la persona che abbiamo chiamata o ci ha chiamato, e quando ci si congeda si saluta di nuovo. Un « arrivederci » può a volte riuscire alquanto comico e potrebbe venir piuttosto sostituito da un « a risentirsi ». La forma ed il contenuto del colloquio telefonico deve essere addattato al carattere. Anzitutto evitare colloqui di lunga durata. Perchè questi possono non solo far disperare tre o quattro persone che vorrebbero pure parlare, ma potrebbero far perdere anche a voi stessi una chiamata importante. Se in un telefono pubblico, un « automatico », vi accorgete che qualcuno sta fuori ed attende, affrettatevi. Sarebbe invece, scortese da parte dell'aspettante, di far cenni d'impazienza o eventualmente di picchiare al vetro, o far simili cose. C'è una certa specie di gente che fanciullescamente trova un piacere nell'adoperare il telefono, per ore e ore; tali persone sono per gli altri un vero tormento. Non chiamate mai qualcuno nel suo uffizio per scopi privati, - eccettuati naturalmente i casi urgenti. Non potete mai sapere se colla vostra chiamata, non fate eventualmente cosa sgradita, perchè p. e. in molti uffizi i colloqui privati sono vietati agli impiegati. La durata del colloquio viene imposta generalmente dal chiamante, ma se non avete tempo, potete sollecitarne la fine anche se chiamati. Naturalmente dovete motivare la vostra fretta. Durante il discorso telefonico si deve sempre pensare al fatto poco piacevole che il telefono talvolta trasforma o metalizza la voce, e con ciò la rende un po' rude; cercate perciò di essere al telefono, sempre molto affabili. Non prendetevi a male se la persona con cui parlate taglia corto al telefono: non potete sapere, se non c'è qualche importuno nella sua vicinanza, o se altri non attende

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Ordinazioni, ed incarichi ricevuti telefonicamente, ce li facciamo ripetere, per esaminare se li abbiamo compresi bene. Ricevendo telefonicamente una commissione, sta bene di confermarla tosto con lettera. Chi debba andare in una casa privata al telefono e prendere i messaggi, è una questione che dipende sempre dalle circostanze particolari; se si ha in casa una cameriera brava ed intelligente, non occorre che la padrona o il padrone vadano in persona al telefono. La cameriera va al telefono e dice: « 22-2-34 », o « casa Merlini », poi domanda chi parla: ed annunzia ai padroni che vengono chiamati dal tale o dal tal'altro. Se i padroni non sono in casa deve prender il messaggio puntualmente, ed annotarlo, sul quaderno che deve sempre essere accanto all'apparecchio. Andare all'apparecchio trasformando la voce è poco distinto ed è anche arrischiato, perchè si è sempre esposti al pericolo di venir riconosciuti. Una consuetudine poco distinta è di pregare ogni momento il permesso di telefonare ai vicini; in caso urgente ognuno cederà volontieri il suo apparecchio, ma è un'inurbanità l'abusare di questa cortesia.

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Noi stessi ci sentiamo ben diversi in una toilette moderna e decente che non in vestiti vecchi e poveri; vestiti bene, abbiamo un maggior senso di sicurezza, ci moviamo più spigliati e leggeri. « Il vestirsi è una questione di denaro » si sente spesso dire: con ciò si vuol dire che uno che ha pochi mezzi, sta innanzi ad un problema insolubile. mentre a chi è ricco, basta ordinarsi i più moderni vestiti dal sarto, ed è tutto a posto. Certamente nelle questioni del guardaroba il denaro è un fattore importante, non però tanto rilevante, quanto una falsa. ponderazione. Si provi una volta di mettere a disposizione abbondanti mezzi ad una persona che sinora non si è mai troppo curata del suo vestire. Certo che essa si acquisterà i migliori vestiti, fatti all'ultima moda e cionondimento può accadere facilmente ch'egli appaia ridicolo ed impossibile. Perchè non si tratta già di acquistare con molta spesa un vestito elegantissimo, una cravatta perfetta, biancheria e calzature carissime, ed un cappello all'ultima moda. La nostra apparenza perfetta dipende principalmente dal « come » ci vestiamo, ossia come sappiamo comporre gli effetti acquistati in un tutto armonioso, sappiamo portare i vestiti comprati, come vi sappiamo in essi comportare.

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Persone che vedono soltanto il fuscello nell'occhio altrui e non la trave nel proprio; non potranno evitare di venire giudicate presuntuose, il che impedirà loro di raffinarsi perchè mai si può liberarsi da un errore, se prima non abbiamo riconosciuto il nostro torto. La conoscenza di se stesso è il primo passo verso il miglioramento. Una premessa della delicatezza nel comportamento è la modestia. Persone a cui manca questa qualità, discorrendo, cercano sempre di mettere in rilievo la propria individualità. Spesso, incapaci di seguire con attenzione ed intendimento un tema, cercano di guidare la discussione su un terreno personale, onde non essere condannate a tacere. Però un uomo delicato e beneducato potrà sempre colorire i temi generali colla narrazione di un'avventura interessante della sua vita: ciò sarà sempre gradito a tutti gli uditori: però, terminata la sua narrazione, egli dovrà ritornare subito al tema generale e non trattenersi troppo a lungo sulla sua propria persona. Un uomo modesto e delicato non si vanta di certi vantaggi e stravaganze. Egli non accentua in una forma insopportabile, la sua coltura generale, le sue genialità individuali, non si fa interessante, lagnandosi di piccoli mali, debolezze o mancanze, insomma: cerca di trascurare quanto possibile di mettere in rilievo se stesso. Questa postergazione della propria persona, è raccomandabile soprattutto per non mettere in ombra le altre persone. Perciò dobbiamo sempre riconoscere i vantaggi e le buone qualità di un altro, sia in sua presenza che in sua assenza. Niente fa peggiore impressione, che il negare, il burlarsi, il parlare male di uno che viene lodato nella società. Certamente non sono geni tutti coloro che si proclamano tali ad alta voce. Ma, se qualcuno ha dimostrato veramente di avere talento e di aver avuto dei successi, soltanto uno spirito meschino gli negherà l'approvazione e la lode. Ci sono persone che in simili casi, dimostrano una perfetta noncuranza ed ignoranza come se nulla sapessero dei successi, dei fatti, dell'esistenza dell'altro, soltanto per non dover approvare. Sebbene quest'ignoranza - come tutte le ignoranze ostentate intenzionalmente - sia molto indelicata, in certi casi può anche essere dettata dal tatto e può essere molto abile, quando si tratti p. e. di evitare un incontro sgradevole, o una discussione spiacevole. Non è lecito prender nota neanche delle debolezze altrui. E' molto indelicato, e dimostra grande mancanza di tatto, burlare e punzecchiare persone di cui è nota la sensibilità. Si deve fingere di non vedere gli errori che altri commettono e non se ne parla. E non curiamoci neanche delle stravaganze nel modo di vivere degli altri, nè facciamo mai in proposito osservazioni o burle. Una persona che abbia disgraziatamente un difetto fisico, esige un trattamento anche più delicato. Si dovrà evitare ogni, gesto ogni parola che possa eventualmente ricordare alla persona la propria deficienza o fargli sentire che il suo difetto fisico attira la nostra attenzione. Così il tatto ci prescrive di essere molto cortesi verso coloro che hanno l'udito debole e di parlare con loro molto chiaramente e distintamente. Noi potremo riscontrare in molte persone delle piccole passioncelle, talvolta anche delle stravaganze. Bisogna lasciar loro queste piccole debolezze, anzi si deve rispettarle e degnarle d'attenzione quando ne parlano. Uno sarebbe felice se potesse dirsi possessore d'una bicicletta, un altro invece non è già più contento della sua piccola automobile, ma vorrebbe avere una macchina di lusso, e forse ambisce e sogna di acquistarsi un areoplano. Ora, se il « ciclista » racconta a tavola agli amici i suoi bei progetti, per l'estate, di girovagare pel mondo sulla sua amata bicicletta, sarebbe grande e imperdonabile sgarbatezza da parte dell'«automobilista» di dichiarare il ciclismo uno « sport » volgare e spregevole. Se siamo anche di origine nobile, o se sentiamo di essere anche intellettualmente superiori agli altri, per delicatezza non lo faremo mai sentire. Ma quante volte possiamo osservare tali mancanze di tatto nelle più diverse società! Un segno di poco tatto è p. e. anche parlare in società ad alta voce di soggetti e di fatti sgradevoli agli altri. Altrettanto sgarbato è di fare osservazioni generalizzatrici in luoghi pubblici, come p. e. di inveire nel tranvai contro un partito politico, di cui vediamo la targhetta all'occhiello del nostro vicino; in generale tratteniamoci dal fare osservazioni sfavorevoli su certi gruppi di persone, specialmente poi se sappiamo in vicinanza un loro aderente. Similmente è una mancanza di tatto sussurrare all'orecchio di qualcuno, in presenza di altre persone, che istintivamente possono avere la sensazione che si parli di loro. Una grandissima sgarbatezza, anzi una cosa altrettanto ridicola che orrenda, è il voler richiamare l'attenzione di qualcuno su una terza persona, con sguardi espressivi o magari facendogli maldestramente dei cenni. Altri esempi per « Delicatezza nel parlare troveremo nel capitolo intitolato « I ritrovi ». Ora vogliamo parlare un poco della:

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Abbiamo raccolto in una tabella - naturalmente senza prendere in considerazione i cambiamenti della moda del giorno - i diversi modi di vestire per le diverse occasioni. Vogliamo ancora aggiungere qualche breve osservazione per i singoli casi. Soltanto per visite prettamente ufficiali il signore può indossare il suo vestito combinato, giacca nera e calzoni striati. Per visite di famiglia e nell'ambito degli amici, il vestito di strada scuro è sufficiente. In visite ufficiali, indossando il « cut » il cilindro non si depone in anticamera. Così si dica dei guanti. In ogni altra occasione il signore deve liberarsi dal bastone, dai guanti, e dal cappotto già nell'anticamera, mentre la signora, in visita formale, entrerà nella stanza come è venuta dalla strada. In thé privati, dove la correnza degli invitati sia numerosa, la signora si leva il cappotto, mentre non se lo toglierà nei locali pubblici, in qualsiasi ora del giorno.

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