Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La Stampa

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AA. VV. 12 occorrenze

«Nella mia scuola — ci ha detto un professore del Sommeiller — abbiamo provato questa volta a scartare i temi letterari. Abbiamo scelto argomenti della vita quotidiana di fronte ai quali gli esaminandi non possono copiare o riferire nozioni imparaticce, ma devono dire qualcosa di veramente loro » .

In gennaio abbiamo vinto quasi un milione al Totocalcio azzeccando un «12». Non sapevamo di essere diventati milionari e mio figlio aveva già buttato via la schedina. Per puro caso io l'avevo firmata con nome ed Indirizzo. Qualche settimana più tardi ci giunse a casa un avviso della Banca del Lavoro che ci informava della vincita. Poiché non avevamo più il tagliando abbiamo dovuto svolgere lunghe pratiche per riscuotere la somma, che abbiamo incassato nel maggio scorso» .

Una lettera che abbiamo letta e capita - Patetico appello al Provveditore scolastico - Non parlateci dell'influenza asiatica - Il sogno della cameriera quindicenne- Donne che attendono dolci serenale - Il torinese deluso

Spiace di dover parlare in questo modo di un regista che in altri momenti poté interessarci; ma Occhio per occhio è quello che è, e noi, almeno di ciò siamo sicuri, non ne abbiamo proprio colpa alcuna.

A differenza di quanto succede nella vicina Repubblica francese, noi non abbiamo, infatti, alcuna ragione contingente per svalutare la nostra moneta, mentre vi sono ottimi motivi per non farlo.

Abbiamo visto anche un gruppo di cammellieri disposti a farsi fotografare a pagamento.

Le cinque giornate di Milano, o le battaglie vinte o perdute dall'esercito piemontese, non hanno, nonostante la minuzia dei foltissimi particolari, per l'eroe Angelo Pardi, un significato diverso da quell'epidemia di colera in Provenza che aveva costituito lo straordinario sfondo alle sue avventure nei primo volume dove lo abbiamo incontrato, Le hussard sur le toit .

In luglio poi, presso l'Unione Pagamenti Europei, abbiamo avuto il più elevato saldo positivo che la cronaca economica annoveri da molti mesi: 36 milioni di dollari. Così che lo sbilancio presso quella stanza di compensazione era per noi di 564 milioni di dollari a fine luglio contro 624 milioni alla fine del 1956. Un discreto miglioramento, come si vede.

«Noi abbiamo perduto il rispetto dell'infanzia» , sostiene Odette Philippon rievocando questi episodi. Ed ella conclude che tutti i films anche quelli che nei cartelloni si fregiano dell'avvertimento: valevoli per tutti, non sono adatti ai fanciulli. Ciò che in un film colpisce l'immaginazione e la coscienza del fanciullo influisce sulla sua psiche in forma decisiva, ne condiziona il divenire, la formazione, massimamente sotto l'aspetto morale. La generazione di oggidì, usa a frequentare i cinema nella misura che si è visto, non potrà che produrre esseri nervosi, sensuali, edonistici, apatici e violenti, sognatori ed avventurieri: degli esseri, anche, fatalmente scossi da squilibrii mentali, inclini alla violenza, al banditismo ed al terrore.

Tante volte abbiamo riconosciuto che la vita sportiva di Baldini eccezionalmente aspra, con troppi «nemici» schierati insieme contro di lui; ma quando i «nemici» li si va a cercare, bisogna esser sicuri di poter uscire dai vari matches a testa alta. È molto umana e comprensibile la teoria che Baldini è un professionista e che cerca quindi di guadagnare allorché se ne presenti l'occasione; ed è vero che il romagnolo ha già rinunciato a parecchie riunioni piuttosto fruttuose. Ma il ragazzo deve fare attenzione a non eccedere nel dispendio di energie in avvenimenti dove la stanchezza condanna all'insuccesso. Non c'è compenso che valga una serie di brutte batoste.

Ogni incontro con lui sollevava dentro di me una folla indistinta di ricordi, dì echi, di richiami affettivi, in parte provenienti dalle radici stesse della più lontana infanzia, in parte dalle grandi letture poetiche, dai personaggi veri e immaginari che abbiamo imparato a conoscervi quasi li avessimo incontrati in una vita prenatale. Lui stesso era un vecchio bambino, estremamente vecchio ed estremamente bambino, un personaggio molto. antico, vecchio non per numero d'anni ma perché era questa la sua qualità naturale, e insieme infantile e innocente. La sua conversazione era perciò ricca di insegnamenti, e dico insegnamenti nel senso preciso del termine: ma di saggio, e non di filosofo, perché considerava la filosofia una delle più acute e dannose malattie umane. Come si usava con gli antichi, si potrebbe raccoglierne un gran numero di sentenze, di detti, di giudizi sulle passioni, oltre a quelli da lui raccolti nelle prose di questi ultimi anni, sotto forma di massima, oppure di favola e di parabola. In lui vedevo una figura, unica nel nostro tempo, come ci hanno tramandato i testi biblici e le cronache sui saggi dell'antichità; saggio nel senso di chi insegna, esorta, depreca, largisce a chi viene da lui, sia anche un potente della terra, il consiglio o il rimbrotto; e soffre in modo pari della propria chiaroveggenza e della propria impotenza ad agire. La sua acutezza di psicologo, la sua chiarezza eccezionale (ed i nostri lettori hanno potuto constatarla, ancora qualche giorno fa, in quel piccolo capolavoro che fu la sua ultima prosa, il ritratto di Malaparte) si arrestavano in quello che lo toccava da vicino. Per sé era un innocente, disarmato di fronte all'inganno e alla sofferenza; forse anche voleva così. L'essere così lucido intellettualmente, e così disarmato nella vita pratica, cospiravano insieme ad impedirgli la fortuna, e costituivano in lui una ragione doppia di infelicità. Poteva essere irritante con chi non gli voleva bene. Provocava l'irritazione perché osservava apertamente nelle persone altrui, morali e fisiche, caratteristiche che altri ritengono sgradevoli, ma che egli riteneva semplicemente naturali. Più di venti anni fa lavoravo in una rivista, Pan, che si faceva a Firenze, e che dirigeva Ugo Ojetti. Saba era di passaggio, e volle parlare ad Ojetti, forse perché intendeva collaborare alla rivista e ottenerne qualche guadagno. Lo ricevemmo in redazione; Saba e Ojetti sedevano uno di fronte all'altro su due sedie portate al centro dell'ufficio, perché non c'eran divani. Ojetti discorreva di edizioni rare quando Saba, interrottolo con la sua caratteristica voce nasale, disse: «Mi permetta, eccellenza, di congratularmi con lei per la finezza straordinaria della sua camicia» . Ojetti sorrise seccato, e riprese il discorso. Ma dopo qualche istante Saba lo interruppe ancora: «Mi permetta anche di ammirare l'accordo perfetto tra la camicia e la cravatta» . Ojetti cominciò a divenire rosso in faccia, che in lui era il segno della collera, ma dopo un altro sorriso ancora più asciutto tornò alle edizioni rare. Intanto lo sguardo di Saba scendeva lentamente lungo il suo corpo, finché si fermò sui piedi. «Non avevo ancora notato — disse — che anche i suoi calzini si accordano con la cravatta e la camicia. Lei è veramente di un buon gusto impeccabile ». Ojetti riuscì a dominarsi ma, credendosi preso in giro, si infuriò non appena Saba fu uscito. In quanto a Saba, se ne andò serenamente e senza il minimo sospetto di averlo urtato. In lui non vi era l'intenzione di canzonarlo. Constatava Ojetti in natura; ammirava sinceramente, fuori di ogni giudizio letterario o morale, un uomo ben vestito. Ricordo anche, molti anni più tardi, una serata a Roma nei mesi che seguirono la liberazione. Saba fu contraddetto da un caporione politico: uno di quei poveracci, che si affannano ad essere uomini del loro tempo, ed a correre dietro a una pretesa storia, come quei bambini piccoli, che si vedono qualche volta trottare alle costole di una donna distratta, che va per le proprie faccende e si dimentica di loro. «È inutile che discutiamo — gli disse Saba —; non possiamo incontrarci. Lei è un uomo di quest'anno, del 1944, e come tale va benissimo; io sono di un migliaio di anni dopo ».

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