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Il Corriere della Sera

370572
AA. VV. 12 occorrenze

Abbiamo visitato quei disgraziati ed in un modesto articolo abbiamo esposto la loro condizione.

Ieri abbiamo incontrato Paolo Ferrari, che fumava uno zigaro sui marciapiedi del Corso.

In che modo abbiamo fatto tutto questo? Ecco il segreto. Ma lo sveleremo, coi documenti, a chiunque voglia conoscerlo.

Abbiamo da quella sera tenute altre sedute, altra gente invitando, altri credenti assoldando, lasciando turbati e incerti gl'increduli.

Noi abbiamo voluto in punta di piedi, penetrare nel santuario, sgranare gli occhi, raccogliere tutta l'attenzione nostra e guardare. Abbiamo visto. La mistificazione l'abbiamo colta in flagrante. Ed ora crediamo di fare omaggio a quelle elette intelligenze mistificate e di compiere quasi un dovere, dicendo la verità, tutta la verità, null'altro che la verità.

In un cantuccio di questo ottagono, abbiamo i mobili dorati di Carlo Cella, e buoni mobili artistici vicini a questi, che non portano né numero né nome.

Il dottore Carlo Bareggi ci ha fatto osservare che oltre i poveri di Trecasali - già sufficientemente aiutati anche dalla propria provincia, abbiamo a Milano un caso che reclama urgente soccorso.

Con piacere abbiamo rilevato da fonti diverse come l'egregio deputato Levi si sia dato ogni cura di studiare nei più minuti particolari tutto ciò che riguarda l'arma che imprese a sostenere, ma noi vorremmo, lo diciamo francamente, che altri s'inducesse a fare altrettanto per l'arma d'artiglieria, perché, da quanto ci consta, questa assai più richiederebbe le amorevoli cure del ministro della Guerra.

Lasciamo che sia una politica iniqua, e guardata a un punto di veduta generale, nociva: noi non ne abbiamo colpa, e il sangue non ne cade sopra noi. Sin dove possiamo impedirla, trattenerla, sarà utile e doveroso il farlo; ma non potremmo metterci a trattenerla, a impedirla tanto, che quegli ai quali giova e piace, si voltassero contro noi. Però, oltre all'essere iniqua e nociva, questa politica, nel parere delle potenze che la fanno, è particolarmente utile ad esse. Ne accresce il territorio e le forze: ne porta l'una alle sponde dell'Egeo, l'altra prima o poi a quello della Propontide. Ora, noi, colla Russia e l'Austria giunte, per altre vie, per altri porti, nel Mediterraneo, non resteremmo più in questo la potenza che siamo ora. Come col trattato di Berlino del 1878 ci siamo lasciati diminuire nell'Adriatico,così colla violazione di quello ci lasceremmo diminuire in un mare più largo.

Poiché abbiamo e spendiamo tanto nell'esercito e nella marina, serviamocene a mantenere una indipendenza di giudizio e di criterio, se vincolarsi possiamo soltanto a patto di rinnegare il giudizio e il criterio nostro; e quando occorra, spendiamo, per mantenerle, anche più che non spendiamo ora.

Non incuteremo - né c'importa - paura agli altri; ma gli altri sapranno, che non abbiamo paura di essi. Vogliamo giustizia per tutti; e nella misura della nostra forza, siamo disposti a procurare giustizia a tutti; ma, a nome di questa forza stessa e del diritto, esigiamo giustizia per noi né permetteremmo pazienti che ci si neghi.»

Il governo inglese ci ha chiesto almeno due volte di associarsi con esso: nel 1878 innanzi al trattato di Berlino; e qualche anno dopo, innanzi la sua spedizione in Egitto; e due volte noi abbiamo rifiutato. Seguendo l'invito, noi avremmo ora in Oriente e lungo la spiaggia africana, o asiatica del Mediterraneo quella base che ci manca. È molto difficile che il governo inglese si riprovi la terza volta. Padrone dell'Egitto, s'è in parte guarentito del danno, che gli possa venire da un inoltrarsi della Russia verso la Propontide, o dallo spezzare, ch'essa faccia, i cancelli del Mar Nero. E, diffidando di bastare sola in Europa a trattenere la Russia, gl'importa di avere tutte le forze di cui sia in grado di disporre a trattenerla in Asia.

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