Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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XIV Legislatura – Tornata del 18 aprile 1882

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Farini 36 occorrenze
  • 1882
  • politica - sedute parlamentari del Regno d'Italia
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Non mi soffermerò quindi sopra le questioni d'ordine militare, che ieri fecero oggetto dei bei discorsi che abbiamo udito sopra questa questione. Mi inoltrerò pertanto direttamente nelle considerazioni che toccano particolarmente la questione finanziaria, economica ed amministrativa.

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Abbiamo il bilancio definitivo che ci dà già una idea approssimativa delle risultanze che possiamo attendere dalla gestione di questo esercizio. Ebbene, signori, l'avanzo dell'entrata ordinaria effettiva sulla spesa pure ordinaria è presunto in lire 42,300,000. Abbiamo 837,000,000 di entrate straordinarie, nei quali son compresi i 650,000,000 per l'abolizione del corso forzoso, come ebbe già ad accennare ieri l'onorevole Perazzi.

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Quando abbiamo un'eccedenza delle entrate ordinarie sulle spese ordinarie, che è lungi dal coprire le spese straordinarie che facciamo, è necessario di avvisare ad altri mezzi per far fronte a queste maggiori spese straordinarie. Ora se questi mezzi si compongono

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Ora, se è vero che la spesa per la nostra difesa si limita a questa, che oggi è riconosciuta urgente, siccome indispensabile, non è men vero che abbiamo in vista un'altra spesa di lire 60 milioni, poichè si dovrà dopo provvedere agli arsenali marittimi. Non sono competente per la parte militare, quindi se dico qualche strafalcione, conto sull'indulgenza dei miei colleghi. Credo però di dover domandare se, facendo le cose a metà, l'opera nostra sarà per la difesa dello Stato più efficace, che se si facessero in più larga proporzione e con i mezzi, che con un piano finanziario adeguato, si potrebbero trovare. Faccio quest'osservazione perchè incorreremmo in una grandissima responsabilità approvando una spesa, riguardo alla quale ad ogni piè sospinto troviamo

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Noi abbiamo degli stanziamenti già fatti con leggi speciali sui bilanci dal 1883 al 1886 per la somma di lire 17,776,000 per opere permanenti di difesa: abbiamo i residui disponibili sul 1881 e 1882 per la somma di 8,887,000 lire; abbiamo inoltre il nuovo fondo, chiesto con la legge attualmente in discussione, di 61 milioni. La cifra totale di questi stanziamenti è adunque di 87,153,000 lire. Se a queste aggiungete gli 80,960,000 lire per materiale, armi portatili, cannoni e altre spese di cui parlerò ora, arriviamo alla spesa di 168 milioni.

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Noi abbiamo potuto in quel tempo, nei 1863 e qualche anno dopo, trovarci nella necessità d'essere larghi ai paesi esteri di concessioni, perchè venissero a portarci i prodotti delle loro industrie, perchè eravamo ancora nella infanzia del nostro risorgimento politico.

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Signori, per necessità politiche, che ora non è il caso di rammentare, noi abbiamo iniziata venti anni fa una politica economica colla quale ci siamo resi tributari all'estero di molte cose, di molti prodotti industriali, di molti prodotti dell'arte e della scienza militare, che l'Italia potrebbe fabbricare da sè. Io non censuro quella politica economica, che in quegli anni, come nei trattati di commercio, ha potuto essere una conseguenza delle nostre condizioni politiche di quel tempo.

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Io non voglio investigare questa parte; lascio anche all'onorevole Commissione il compito di chiarire questo punto, onde la Camera sappia se per esempio il cannone da 45 che si vuol far eseguire all'estero sia proprio così superiore al cannone da 45 che abbiamo costrutto nei nostri arsenali. Io, ripeto, desidererei degli schiarimenti e dalla Commissione e dall'onorevole ministro della guerra sopra questa materia, imperocchè vedo che essa forma oggetto di studio presso tutte le amministrazioni militari d'Europa. Voi sapete che ci fu il cannone Uchatius in Austria, che ce ne fu altro in Francia, che vi sono i cannoni Armstrong, i cannoni Krupp e via dicendo: c'è un'edizione completa di questi gingilli per l'aumento della popolazione d'Europa, quindi non sembra prudente adottare un dato modello, ed ordinarne la fusione all'estero con grave spesa senza averlo ben bene esaminato sotto tutti gli aspetti ed esserci persuasi che nei nostri arsenali, o nei nostri stabilimenti industriali non si possano proprio fabbricare cannoni che equivalgano a quelli, che si vogliano chiedere all'estero.

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Noi abbiamo la possibilità tecnica per farlo: ci sono gli operai, ci sono le persone tecniche capaci (i nostri arsenali lo hanno dimostrato), abbiamo degli ufficiali superiori attissimi a dirigere le costruzioni, la fabbricazione di grandi mezzi di difesa, perchè si deve dunque continuare a servirci all'estero?

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Perchè non dovete dimenticare, onorevoli colleghi, che noi abbiamo in Italia una tassa enorme, che non esiste negli altri paesi di grande produzione industriale, voglio alludere al dazio-consumo, il quale, tra Governo e comuni, rende ora 180 milioni all'anno. Ebbene, i due terzi di questi 180 milioni sono chiesti alla tassazione di sostanze alimentari di prima necessità. E voi vedete, o signori, se, quando gravate il lavoro con sì enorme peso, non sia di tutta giustizia il dare anche del lavoro alla classe operaia, ed aiutare il capitale a svolgersi. Perchè il capitale in Italia non è trattato con quei riguardi a cui ha diritto. Non vi ha paese in Europa ove esista una tassa di ricchezza mobile del 13 20 per cento sui profitti industriali. È vero, questa tassa è necessaria pei nostri bilanci, ma il fatto non men vero si è che questa tassa pesa enormemente sopra lo sviluppo industriale del paese e lo incaglia. In Francia per esempio la tassa dello patenti prende appena il 5 od il 6 per cento del profitto industriale: vedete quale differenza di trattamento ci sia fra gli altri paesi e noi!

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Dunque, concludendo, la situazione di Venezia è tale, che, occupati i punti che ho accennati, cadrebbe in potere del nemico tutto quello che si trovasse in quella città, tutti quegli immensi interessi che noi là abbiamo. Mi si dirà che si difenderà l'occupazione di questi punti; ed è appunto quello che io voglio, ma per ora non c'è nulla che impedisca di occuparli; questa è la questione; ed io vorrei appunto che si facesse qualche cosa per impedire questo danno.

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Coi 24 milioni di lire che ci si domandano, aggiunti agli 80 che abbiamo già speso, arriviamo al milione di fucili. Non è troppo, signori. Dirò anche che non è neppur molto, ma non è neanche poco. Quando, dieci anni sono, maestro e donno l'onorevolissimo nostro presidente, si venne alla Camera a chiedere i primi fondi pei primi fucili, codesto milione si vagheggiava, ma si credeva che non si sarebbe avuto mai.

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Con questi 25 milioni abbiamo fabbricato 100 batterie per l'esercito di prima linea; ne avremo 30 per l'esercito della milizia mobile e 35 per la riserva. È qualche cosa; io non ne sono del tutto contento, ma di questa questione ne tratteremo in occasione di un altro disegno di legge, quando si discuterà il riordinamento dell'esercito; dico non ne sono del tutto contento, ma ne sono abbastanza soddisfatto. Bisogna pensare che, 10 anni fa, non si aveva niente di tutto questo e che si è dovuto fare tutto da capo.

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Poi abbiamo visto ciò che è avvenuto. Dunque io domando se si fanno delle esperienze. Io ho sentito dire che si fanno degli studi da due eccellenti e dotti capitani per modificare il nostro fucile Wetterly. Quanto a me, non sono molto propenso ad una modificazione, la quale sarebbe molto costosa; tanto più che bisognerebbe cambiar tutto, meno la canna e la bacchetta. E poi non si avrebbero quei risultati balistici che, dietro gli ultimi studi, si sono ottenuti.

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Due anni or sono, abbiamo votato una somma perchè le batterie di riserva avessero 300 tiri per pezzo; quindi i 130 tiri mi sembrano pochi.

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Non mi si dica che si pigliano i cannoni di bronzo compresso che abbiamo, perchè quelli fanno parta della riserva, e la riserva vien data alia milizia mobile.

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Le ragioni che egli adduce sono varie, ma a me pare che si possano ridurre a due: la prima si è che col calibro più grosso ci vorranno più cavalli, dei quali abbiamo tanta penuria, nel giorno della mobilitazione; la seconda che il cannone da 9, contro i bersagli di campagna, produce lo stesso effetto che 1,3 da 7; ossia che per avere un eguale effetto, 3 cannosi da 9 sono eguali a 4 da 7, od anche che una batteria di 6 pezzi da 9 centimetri produrrà gli stessi effetti che una batteria da 8 pezzi da 7 centimetri. E siccome il numero degli uomini e dei cavalli per una batteria di 6 pezzi da 9 è uguale a quello per una batteria di 8 pezzi da 7, così si può considerare che queste batterie si equivalgano: meglio adunque conservare quelli da 7 che sono più leggieri.

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Sulle 10 batterie di milizia mobile e sulle 25 di riserva non ho nulla da osservare; ma quanto alle 40 batterie, le abbiamo votate due anni or sono. E qui mi permetto di fare qualche osservazione su questa questione del carreggio. Nel principio del 1879 il ministro della guerra di allora venne a chiederci dei fondi appunto per sostituire i carreggi vecchi in legno con carreggi nuovi di lamiera, perchè si diceva, il carreggio vecchio di legno non andava, era pesante, disadatto, ecc.

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A questo proposito, debbo ricordare una cosa: vale a dire che nel 1879, in quel progetto di legge che poi abbiamo approvato nel 1880, il Ministero d'allora domandava 3 milioni di lire allo stesso oggetto; ma la Commissione, della quale era relatore l'onorevole Bertolè Viale, dopo avere esaminato attentamente i documenti che gli aveva fornito il Ministero istesso, veniva nella conclusione che ce n'era poi abbastanza di questo materiale per l'artiglieria ad avancarica. Ed osservava che non potendo essere l'Italia assalita da tutte le parti ed avere la guerra contemporaneamente su tutti i punti, questo materiale si sarebbe potuto colle ferrovie facilmente trasportare dove il bisogno vi fosse, e perciò credeva che un milione e mezzo di lire sarebbe bastato. Il Ministero d'allora se ne dichiarò contento e soddisfatto; adesso invece si torna di nuovo alla carica e si domandano altre lire 2,500,000. Io su questo punto pure vorrei ottenere qualche schiarimento dall'onorevole ministro della guerra, perchè abbiamo già tante spese da fare per l'artiglieria a retrocarica che non vorrei se ne facesse qualcheduna, la quale non fosse necessaria per l'artiglieria ad avancarica. Non dico che necessaria non sia quella che ci si chiede, ma desidero che l'onorevole ministro in qualche modo mi rassicuri. Poi ci si domandano 6,500,00G lire per completare l'allestimento di 800 artiglierie da muro a retrocarica e sostituire cannoni da 9 a retrocarica a quelli ad avancarica. Di queste 800 artiglierie, se i miei conti non fallano, ve ne dovrebbero essere già 430, vale a dire 80 cannoni da 15 centimetri e 50 obici pure da centimetri 15, come risulta da documenti ufficiali presentati alla Camera; poi altri 300 li abbiamo votati due anni sono.

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In quanto a mobilità, abbiamo peggiorato; perchè hanno diminuito di 10 centimetri il diametro della ruota, e non c'è bisogno d'essere meccanici per capire che naturalmente la resistenza sarà maggiore; ed invano si lusingano di ovviare a questo inconveniente con un vantaggio che ottengono mediante un nuovo sistema di lubrificazione. Io vorrei dunque che il ministro ci dicesse che effettivamente qualche vantaggio si abbia con questo nuovo affusto; perchè se esso non fosse che un vantaggio estetico, mi pare che lo si sarebbe pagato un po' troppo caro; tanto valeva rimanere col vecchio affusto. È vero che quello era di legno: ma il legno ha poi dei grandi vantaggi per la sua elasticità, per la facilità delle riparazioni, e via dicendo.

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Passo ora all'artiglieria da costa; qui le note si fanno ancora più dolenti, e più malinconiche; abbiamo già dato una volta 23 milioni, ed ora ne diamo 17; sono in tutto 40 milioni, i quali veramente si riducono a 32, perchè 8 credo che siano ancora disponibili.

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È lunga e triste la storia di questo cannone da 32; noi abbiamo dato i denari per questo cannone sin dal 1872 e per costruirne cinquanta; nel 1880 si credeva che vi fossero, ma invece ci si venne a dire: badate che non ce ne sono che quattordici, e non ci sono che i cannoni, mancando gli affusti; dunque dateci i fondi per completare questi e portarli a 49. E la Camera aperse la borsa.

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Nei tiri curvilinei, dei quali il signor ministro ci parlava, abbiamo poca fiducia.

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Colla legge del 1880 abbiamo accordato una somma di oltre quattro milioni, e sempre per la mobilitazione delle 26 divisioni e dei 16 reggimenti. Eppure non basta ancora; adesso ci si chiedono altre 5,800,000 lire.

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E per le coste che cosa abbiamo fatto? L'abbiamo già visto nel lungo e per voi tedioso pellegrinaggio che abbiamo fatto oc ora attraverso l'esame di questo disegno di legge. Basti il dire che i nostri arsenali non sono ancora completamente difesi.

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Ma ne abbiamo poi molti di codesti siluri? Armate che abbiamo le nostre due grandi navi e le torpediniere costruite e in costruzione, quanti ce ne restano per la difesa dei porti?

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Ormai, signori, i così detti segreti di Stato, i segreti cioè della guerra e della marineria, sono segreti per tutti fuori che per quelli che non li dovrebbero conoscere, mentre non li sanno quelli che dovrebbero conoscerli, lo m'immagino che si tratterà di torpedini fisse; e qui io vorrei sapere quante ne abbiamo. Il numero forse suonerà tondo e grosso all'orecchio; ma chi sa, per esempio, quante ne sono necessarie per la difesa soltanto della Spezia, vedrà che a disposizione del Ministero ne restano poche, poche assai!

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Al contrario, signori; abbiamo ufficiali distintissimi; pare, anzi, che se ne abbia fin troppi; perchè uno dei più valorosi, dei più distinti, fa alla brava, molto alla brava, mandato via.

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Mi ricordo ancora di quel giorno in cui l'onorevole Saint-Bon da quei banchi venne a dirci chiaramente: signori, non abbiamo flotta; bisogna rifare la strada, bisogna rifarci da capo. La delusione in molti, non in tutti, fa grandissima, sorsero là per là dei dubbi, dei sospetti, ma poi tutti si acquietarono e l'universale convenne con lui.

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Che tale sia, consento pienamente con lui; nessuno anzi ne dubita; ma badi, che noi abbiamo dei vicini che hanno forze molto, ma molto soverchianti, e che dopo averci attaccati con forza preponderanti dalla parto di terra, ne avrebbero ancora abbastanza per attaccarci dal lato di mare. Nè è la facile cosa che egli pensa, e anzi non potrebbe essere neanche possibile, il richiamare lì per lì dalla valle del Po quei corpi di truppa coi quali soltanto a suo giudizio dobbiamo difenderci dagli sbarchi.

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Non abbiamo i grilli romani per la mente. I Quiriti sono morti, morti per sempre, e non c'è più posto in cielo per Giove Capitolino. Ma il giorno della prova, ripeto, può non essere lontano, e intanto non ci sentiamo sicuri. Fu sventura che nel 1866 non potessimo guadagnare l'indipendenza completa del nostro paese colla vittoria. La vittoria inebbria i prepotenti, ma per i popoli giovani che

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è vero che la marineria per la natura sua non è sempre vista da vicino e non è continuamente a contatto con tutte le popolazioni del paese, come lo esercito; forse è anche vero che, non per difetto degli uomini suoi, ma piuttosto degli avvenimenti e delle circostanze, non è spenta del tutto nel cuore di molti degl'individui che ne fanno parte, quella mala scintilla che un illustre italiano, il D'Azeglio, diceva che un po' più, un po' mano abbiamo tutti qui dentro di noi, e che io non ripeterò adesso che cosa sia, perchè la parola è brutta quanto il concetto ch'ella esprime.

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Di ammaestramento, o signori, perchè mi insegna che non basta essere un popolo di banchieri, d'industriali, di artisti e di poeti per serbare illesa la patria dalle invasioni straniere; di conforto perchè mi assicura che, se colle armi nazionali, familiari soltanto al forte popolo subalpino, abbiamo potuto riconquistare l'indipendenza e la libertà, sapremo, colle armi di tutta Italia, mantenerla illesa dagli insulti stranieri. Prepariamo dunque armi e difese. Abbiamo debellato il disavanzo, ardua e impopolare impresa, e avremo anche la forza di sopportare le spese necessarie alla difesa della patria.

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Fortunatamente, in un angolo del nostro paese, il culto delle armi nazionali fu sempre vivo, e fu più tardi per esse, aiutate dalla concordia del popolo, dall'ardire dei Giasoni che conquistarono il vello d'oro, e specialmente dalla magnanimità, dal valore, e dalla lealtà dei principi di Casa Savoia, che abbiamo potuto riconquistare la nostra indipendenza.

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Avevamo sempre un vasto littorale da difendere; ma adesso, dopo, non dirò nemmeno le perturbazioni, ma i cangiamenti che sono succeduti all'equilibrio del Mediterraneo, abbiamo le nostre due maggiori isole esposte a pericoli maggiori di quelli ai quali potevano essere esposte prima. Se un nuovo Annibale volesse spingersi fino al Trasimeno, ho gran paura che non avrebbe più d' uopo di percorrere il lungo e maraviglioso itinerario che acquistò tanta fama al capitano africano.

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XV Legislatura – Tornata del 5 dicembre 1882

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Farini 5 occorrenze
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In tempi anteriori abbiamo avuto l'elezione dell'onorevole Berti e quella dell'onorevole Saracco che vennero annullate perchè al momento della elezione gli eletti non aveano compiuta l'età di 30 anni.

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Inoltre noi abbiamo una costante giurisprudenza della Camera; non soltanto recente, perchè potrei citare l'elezione dell'onorevole Mussi annullata due o tre volte, dell'onorevole Codronchi e, se non m'inganno, anche dell'onorevole Luzzati; ma anche un po' remota; per esempio, l'elezione dell'onorevole Di Cesarò fu annullata appunto perchè egli nel tempo in cui era stato eletto non aveva compiuti i trent'anni, sebbene gli mancassero pochissimi giorni.

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Ma, si potrebbe dire, abbiamo le tradizioni del diritto romano; abbiamo l'adagio del diritto romano: Annus inceptus pro completo habetur, quoties de commodis agatur. Veramente sarebbe cosa grave il decidere se l'esser deputato sia un vantaggio, se sia una utilità privata; tuttavia il diritto romano viene come lume sussidiario quando manca una norma positiva. E badate che questa questione è oziosa non soltanto pel testo delle parole: compiuta la età, ma per tutto il diritto pubblico; infatti trovate in alcune leggi speciali la eccezione che l'anno spezzato vale per l'anno intero, e la eccezione esclude la regola generale. Per esempio: nella legge delle pensioni, voi trovate valutato l'anno per intero, quando si è compiuto il primo semestre, per far valere il diritto alla pensione.

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Quindi se hanno sbagliato gli elettori del 1° collegio di Catania a non informarsi bene dell'atto di nascita dell'onorevole Di San Giuliano, anche in ciò abbiamo il precedente che l'errore non fa pena; ma se essi hanno detto scientemente: noi conosciamo che tra pochi giorni questo giovane cingerà la toga virile della capacità politica

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Faccio un'altra ipotesi, onorevole Di Rudinì, e di questa abbiamo avuto altri esempi alla Camera. Immagino che il cittadino, il quale si presenta candidato, il giorno dell'elezione copra uno di quegli uffici pei quali è ineleggibile, e che egli rinunzi l'indomani dell'elezione, e l'indomani dell'elezione il Ministero accetti la sua rinunzia. Potrebbe la Camera ritener valida l'elezione di questo cittadino, il quale, nel giorno in cui gli elettori l'hanno nominato, era ineleggibile?

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