Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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IX legislatura – Tornata dell’8 maggio 1866

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Mari 22 occorrenze
  • 1866
  • politica - sedute parlamentari del Regno d'Italia
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Io non riconosco a nessuno il diritto di dire che fu firmata l'accettazione piuttosto a quest'ora che a quest'altra; dico che non risulta alla Camera quale sia il momento in cui il candidato fu cancellato dal ruolo degli impiegati, anzi abbiamo qualche cosa di certo, ed è che in quel giorno era ancora impiegato. Partendo da questo punto dobbiamo riconoscere che non era eleggibile.

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Sotto il dispotismo abbiamo visto degli esempi di impiegati che si volevano dimettere, e la loro rinuncia non venne, per insistenza che facessero, accettata; ma sotto il sistema costituzionale e di libertà, salva la penale di non avere diritto alla pensione, se non a mente di legge, io credo che l'onorevole Sineo mi accorderà, che chiunque è libero di poter dire al Governo: io intendo di rinunciare al beneficio, se pure è un beneficio, che voi mi avete fatto, quello di essere un vostro impiegato.

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Se questo è, si faccia avanti quel Gabinetto; io credo non si debbano ripetere gli errori passati, non si deve aspettare di avere un nuovo Ministero quando tuona il cannone; noi abbiamo dei cattivi esempi, noi ci ricordiamo ancora i disastri di Novara. Signori, non dobbiamo avere un Gabinetto il quale entri nel momento solenne, in cui ha luogo la guerra ed egli non conosca prima nè il personale degl'impiegati, nè le disposizioni precedentemente date, nè la situazione politica del paese. Noi abbiamo diritto, qualora vi sia questo sottinteso, che questo Gabinetto si presenti subito. Maggiore dilazione potrebbe recare un disordine amministrativo da sconvolgere il paese. Del resto, domando io, che cosa fece la Commissione? Ha sostituito un proprio progetto a quello del Ministero; e ciò è ammessibile? Se noi esaminiamo quello che è succeduto da qualche tempo in qua, si può dire sì, perchè pur troppo siamo andati all'abuso, da togliere, dirò, l'iniziativa del potere esecutivo, sostituendo quella delle Commissioni.

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Noi abbiamo veduto, e recentemente, un progetto finanziario del Ministero, tolto di mezzo sostituendo direttamente altro progetto, neppure discusso negli uffici; ma quello che è stato abuso, stabilirà una consuetudine? Io dico di no, e non si deve ammettere, e tanto più quando noi ci troviamo in circostanze così eccezionali e straordinarie; la Commissione ha sostituito un altro progetto, non è più quello, e mi appello agli stessi membri della Commissione, se vi sia solamente lo spirito del progetto del Ministero in quello che ella vi ha sostituito. Si vedeva nel progetto del Ministero una domanda di potere, potere necessario per

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La ragione è chiara; perchè noi abbiamo diritto di studiare; non bisogna che le proposte vengano improvvisate. Ora, la Commissione ci presenta un progetto del tutto nuovo, un progetto che dà delle gravi facoltà, che stabilisce delle pene, che toglie quasi persino i diritti ordinari.

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Signori, non è questa la prima volta che noi abbiamo votato questi poteri. Io mi compiaccio di avere votata la legge del 1859: essa ha avuti degl'inconvenienti, ma ha avuto il grandissimo vantaggio, quello delle vittorie di Solferino e di San Martino; ha avuto il grandissimo vantaggio d'iniziare l'annessione della Lombardia per fare l'Italia.

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Fino al 1860 guerre veramente italiane non ce ne sono state; abbiamo avuto delle potenti rivoluzioni, delle guerre civili; ma una guerra nella quale l'Italia, essa sola, siasi misurata collo straniero, ed abbia provato la sua potenza, cotesta guerra ancora non si è fatta. Ora è bene che ciò sia! L'Italia ha bisogno di un battesimo di sangue: lo deve a sè stessa, affinchè le grandi nazioni d'Europa sappiano che anch'essa è una grande nazione, e che è abbastanza forte per farsi rispettare nel mondo!

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Ma questa legge evidentemente è qualche cosa di più della legge Pica, la quale certamente noi non abbiamo rigettata senza ragione.

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In effetto, o signori, io leggendo il progetto della Commissione trovo la giurisdizione per applicare il domicilio coatto nel potere del ministro: egli giudicherà chi sia il camorrista, non abbiamo la definizione legale di questa parola e di questo reato; egli giudicherà di coloro i quali sono indiziati di voler venire ad una restaurazione; egli giudicherà di coloro i quali in qualsivoglia modo volessero nuocere all'unità nazionale; vedete che questa è la più completa giurisdizione, la più completa facoltà; il limite sta che invece di potere applicare la pena di morte o della galera a vita, egli applica un anno di domicilio coatto, ma per un anno di domicilio coatto il Ministero ha l'assoluta facoltà di applicarlo secondo esso crederà; questa è la legge. Io ho rimarcato un'altra cosa sul rapporto della Commissione; un certo studio il quale trasparisce, un lavorio per discaricare la responsabilità della Commissione stessa, e riversarla sul Ministero.

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Abbiamo udito due oratori parlare contro la legge; però questi medesimi oratori mentre respingono una parte della legge, ne accettano le altre parti.

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Non si può governare quando non si ha la fiducia del Parlamento; e però ogni volta se ne è presentata l'occasione noi pei primi abbiamo voluto che il Parlamento ci avesse espressamente confortato del suo appoggio e della sua confidenza.

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Noi, o signori, non abbiamo avuto coteste intenzioni. Amici devoti delle attuali istituzioni, noi crediamo aver reso un grande servizio al Parlamento formulando in appositi articoli di legge le disposizioni che il Ministero ci aveva detto che avrebbe formulato in un decreto reale. Noi, dopo le spiegazioni sincere e leali dateci dal Ministero, crediamo che, senza offendere la sua delicatezza, si possa con questi articoli soddisfare alle sue sollecitudini tendenti a serbare incolume la sua autorità nelle condizioni politiche, in cui si trova il paese.

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Noi vi abbiamo acconsentito.

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Noi abbiamo veduto chiusi nelle carceri e mandati a confino cittadini egregi, noti pel loro affetto alla patria, i quali furono gettati in mezzo ai ladri, sotto l'infame accusa di camorristi o di reazionari. Che più? Si è osato persino adoperare una parola che (mi permetto di dire chiaramente la mia idea) io credo indegna delle leggi di un paese libero; si è osato adoperare la parola indiziati! A me questa parola rammenta il linguaggio delle ordinanze di polizia, dei tempi che spero mai più non verranno!

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Noi non abbiamo in verità mestieri d'imporre questa legge ai nostri giornali liberali, ma noi abbiamo, o signori, dovizia anco di giornali che non vogliono il compimento del nazionale programma; e noi abbiamo veduto, in questi ultimi giorni, mi sia permesso il dirlo, anche i giornali officiosi a non essere molto temperanti nel pubblicare notizie di movimenti o di disposizioni militari. In vero, non so comprendere come il Ministero, che si serve di essi, abbia loro consentito di dare cotali notizie che erano per lo meno soverchie.

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E tanto più volentieri questi concetti li accettiamo, perchè abbiamo cercato di avvicinarci per quanto fosse possibile e conveniente alla legge ed al decreto del 1859, stando però entro limiti molto più ristretti, posciachè i pieni poteri di allora furono veramente sconfinati. Basti il ricordare a tal proposito che a pretesto della difesa dello Stato si poterono far leggi sull'istruzione pubblica e sull'amministrazione della giustizia, e sulle miniere.

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Sarebbe portare all'eccesso questo culto che tutti abbiamo per la libertà, ove c'imputassimo a peccato il prendere quelle garanzie che sono necessarie a tutela delle nostre istituzioni.

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Or dunque sul campo noi abbiamo non solo le schiere nemiche austriache contro di noi, ma abbiamo già ordinate pei nostri danni anche le schiere clericali e le schiere dei fautori dei cessati Governi. Noi abbiamo gridato, o signori, e da lungo tempo, che gli uomini che si succedettero nel Governo italiano dal 1860 in poi, non si sa per quale malaugurato proposito e strana fatalità, hanno sempre favoreggiato tutti i reazionari, i partigiani dei Governi caduti e gran copia di clericali, quasichè in quelle fila i nostri uomini di Governo trovassero, di preferenza agli altri cittadini, i loro propri sostenitori.

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Or bene, o signori, di questi nemici io mi preoccupo assai; abbiamo veduto i recenti fatti di Barletta,

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Noi non abbiamo mai ottenuto la piena libertà d'insegnamento, avvegnachè molti liberalissimi la combatterono pel motivo che contr'essa stanno già preparate delle coorti di preti e frati, i quali hanno danari, mezzi ed istruttori oggi in molto maggior copia che noi non abbiamo. Ora, per sopperire ai bisogni dell'istruzione primaria e secondaria, io voterei la libertà d'insegnamento quando sarà negato dapprima l'insegnamento pubblico ai clericali sudditi di altro potere mistico ed assoluto, e non perciò alcuno di questi banchi potrebbe accusarmi di minore affetto, se non trovi piuttosto ch'io esageri le cautele per la libertà.

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Noi abbiamo, or son pochi giorni, ad unanimità, essendovi appena un solo dissenziente, presa una deliberazione gravissima per concedere al Governo facoltà straordinarie per urgenti provvedimenti finanziari. Una tale deliberazione, all'indomani di discussioni poco propizie all'attuale amministrazione, rivelò da sè quale fosse la sacra cagione che mirabilmente componeva ad improvvisa concordia tutti gli animi nostri.

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Noi abbiamo in questi giorni udito dalla tribuna di un paese vicino suonar parole ingiuste e dolorose per l'Italia nella bocca di un uomo di alto ingegno, ma il cui criterio politico è invecchiato ostinatamente nell'errore, di che basterebbe a dar prova la rovina toccata alla monarchia, di cui protestavasi consigliere e sostenitore. Egli parlò rimproverando il Governo dell'imperatore di non trattare abbastanza l'Italia come un docile ed inesperto pupillo; e tutti adoperò gli artifizi oratorii per far cadere sull'Italia l'odiosa responsabilità di farsi provocatrice della guerra.

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IX legislatura – Tornata del 21 febbraio 1866

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Mari 27 occorrenze
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Ad ogni modo, quello che riguarda la divisione delle sezioni è affare che spetta al ministro dell'interno, e siccome abbiamo già convalidata la elezione del Napoli mentre che la votazione era stata fatta colla stessa e medesima ripartizione in cui attualmente

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Vi disse allora: nelle casse dello Stato non sono che 75 mila lire, sta per scadere il semestre; abbiamo a pagare per la rendita dello Stato circa 120 milioni, occorrono imposte anticipate, dazi sul sale, ed altri provvedimenti finanziari.

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Abbiamo sott'occhio il piano finanziario dell'onorevole Romano, il piano Sella, il piano Scialoja, il piano finanziario dell'onorevole Briganti-Bellini: io non mi farò a discutere questi piani, dirò unicamente una parola sul piano dell'onorevole Briganti-Bellini.

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Una delle cause della cattiva politica che abbiamo avuto da sei anni a questa parte, furono quei voti equivoci per cui non v'è stato un Ministero che sia stato proprio abbattuto, come non vi è mai stato un Ministero che sia mai stato veramente sostenuto e reso forte e potente.

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La Francia ha pensato al suo interesse; se noi non abbiamo saputo provvedere al nostro, ed abbiamo accettato un contratto che a noi è pernicioso, la colpa è nostra, e bisogna eseguirlo.

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anticipata dei progetti finanziari, io direi che sarebbe cosa illogica ed assurda tanto il domandarlo quanto l'accordarlo; quando abbiamo un progetto di legge innanzi, si aspetta il giorno della discussione e del voto, e poi o si accetta o si respinge. Ma un voto generico di fiducia io non lo nego. E perchè dovrei negarlo? Una delle parti del mio programma, e credo di molti dei miei amici, era quella delle economie. Ora l'ultima crisi ha incominciata per mettere il Ministero sulla vera via delle economie. Io veggo, per esempio, che l'onorevole Chiaves viene innanzi a noi con un progetto radicalissimo di amministrazione.

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Da questa considerazione io prendo coraggio a trattare quella tesi, la quale noi abbiamo sempre propugnata in passato apertamente, e che oggi è più aspramente combattuta. Poichè se tutti sono d'accordo nello ammettere che ci sono quistioni sulle quali la Camera avrebbe dovuto pronunciarsi davanti a qualunque Ministero, in qualunque modo si fosse risolta la crisi, anche nel più logico, non tutti sono convinti come debba precedere nella discussione quella che prevale per la gravità, perchè come fu il perno della politica passata, lo sarà della avvenire, perchè da essa dipendono tutte.

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Ne abbiamo avuto una prova recente. Noi vedemmo al piano finanziario dell'onorevole ministro Scialoja, che altri più competente di me giudicherà, un uomo autorevole contrapporne uno il quale, mi sembra, ad una riforma reclamata dal paese e dallo spirito dei nuovi tempi dà quasi l'impronta fiscale d'un espediente economico, che per salvare le finanze dal deficit comincia dal salvare le corporazioni religiose dall'incameramento. Intanto l'opinione pubblica vaga incerta fra queste diverse proposte, fra queste diverse maniere, come le ha chiamate l'onorevole Boggio, dello stesso ministro nello stesso Ministero, fra tutti questi progetti che zampillano, si contraddicono come polemiche di giornali; perchè l'ingegno, lo studio, la buona volontà urtano contro un ostacolo; perchè non si sana radicalmente il male finchè sta la causa.

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In quanto all'effetto prodotto in paese lo abbiamo veduto da quell'allarme, forse esagerato, forse anche erroneo, ma che si appoggiava però a qualche disgraziata apparenza, come fu il deplorato idilio di Pola, che ieri il signor ministro della marina ha riconfermato, ma non ha potuto giustificare. Io non entrerò nei dettagli del Codice marittimo, dei rapporti internazionali, dell'etichetta, perchè un uomo autorevole in questo argomento per la dottrina e per la lunga pratica ha presentato un ordine del giorno che svolgerà provando come anche le circostanze attenuanti accennate dal signor ministro non esistono. Ma io dico che il contrammiraglio Vacca doveva prevedere che la spontanea cortesia dell'ospite forzato avrebbe prodotto una impressione di dolore e quasi di sgomento nel Veneto, come fu infatti quando si seppe che la bandiera, che è simbolo di Redenzione, avea dato l'amichevole saluto a quella dei nostri oppressori.

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Compreso della verità di quanto ho esposto, egli è evidente, che fino a che una nuova amministrazione non si componga con un indirizzo politico-amministrativo che più convenga al nostro paese, e che ne rilevi il morale ed il materiale, non può coscienziosamente accordarsi l'esercizio provvisorio per due altri mesi all'attuale Ministero; poichè son pochi per metterlo nel caso di prepararsi alle riforme del sistema amministrativo, e sono molti per concederli a chi nulla ha fatto che possa ispirare fiducia; e poichè, se tal cosa noi facessimo, verremmo implicitamente a riconoscere, non solo il procedimento amministrativo che da sei anni ci consuma, ma a cadere negli stessi errori, per cui noi abbiamo condannato le passate amministrazioni. Noi cogli stessi mezzi e cogli stessi pretesti ci faremmo trascinare, nostro malgrado, per quel cammino pericoloso da cui il nostro dovere, pel sacro mandato che abbiamo, c'impone ad ogni costo allontanarci.

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Ciò che io veggo intanto si è che noi abbiamo dinanzi a noi un piano serio e degno dell'attenzione della Camera. Per conseguenza in questo senso e con questa riserva, io mi sento tranquillo a dare il mio voto di fiducia al Ministero. Glielo do finalmente, perchè mi preoccupano le conseguenze di una crisi ministeriale, tanto più quando considero alla condizione di questa nuova Camera, nella quale i partiti non sono ancora bene delineati.

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accettare la proposta che le veniva dalla Spagna, mi sembra che confermi e ribadisca questo grande risultato che Roma non è una manomorta del cattolicismo e che l'ingerenza delle altre potenze cattoliche è esclusa nel patto che abbiamo stipulato.

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Egli è sulla base del principio di non intervento, principio comune nel diritto pubblico di entrambe le nazioni che abbiamo conchiusa la Convenzione.

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Bisognava dunque scansare questa discussione, e tale fu il mandato che noi abbiamo dato ai nostri negoziatori.

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Io ben mi ricordo che quando nei 1855 all'epoca del congresso di Parigi si ricercava quali fossero i desiderii e i voti dei sudditi del papa, fu da noi chiesto unicamente che non si ammettesse intervento austriaco nei suoi Stati: ma non abbiamo mai chiesto che si proibisse al papa di avere un esercito di volontari anche stranieri, nè di sciogliere i reggimenti svizzeri, perchè le forze mercenarie non possono supplire se non per breve tempo e imperfettissimamente alle condizioni di stabilità e di durata d'un Governo regolare. E tanto meno, in questo caso, nel quale come abbiamo detto, è la forza morale che deve sciogliere il problema: sono le idee di libertà, di civiltà, di progresso che debbono condurci al compimento dei nostri voti.

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Ma lasciando stare la massima generale, posto l'articolo 3 della Convenzione, se la Francia semplicemente presta degli aiuti e delle agevolezze al papa, perchè componga il suo esercito, mi pare che noi non abbiamo titolo d'interloquirvi. Però confesso che le espressioni che l'onorevole ministro di Stato Rouher ha adoperato nel Senato francese, e questo proposito mi hanno assai preoccupato. Io oggi non intendo muovere dubbi, ma tengo per certo che l'onorevole presidente del Consiglio non avrà esitato a domandare su questo punto delle spiegazioni nette e categoriche; e spero che la Francia le darà quali noi desideriamo, vale a dire che se pure dei cittadini francesi, con certi favori, vanno a servire nelle truppe mercenarie del papa, non vi è in ciò alcun ombra d' intervento simulato, nè alcuna solidarietà della nazione francese con la truppa papale che si forma.

Pagina 910

Ogni nostro sforzo di pareggiare il bilancio dello Stato sarebbe frustrato, se noi non cerchiamo modo di provvedere anche ai comuni e alle provincie, ai quali abbiamo dato nuove attribuzioni e nuovi carichi. Noi non potremmo coi nostri sforzi, colle nuove tasse arrivare ad un risultato efficace se, d'altra parte, l'opera nostra, come la tela di Penelope, fosse disfatta dalla mala amministrazione delle finanze comunali e provinciali.

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Noi abbiamo tenuto è vero negli anni scorsi un esercito molto più numeroso di quello che oggi abbiamo; ma due ragioni a ciò ci conducevano: l'una quella che il generale Della Rovere espresse più volte, che fino al 1866 non era compiuta la formazione e unificazione dell'esercito, cioè a dire che l'esercito non si trovava composto di egual numero di classi per tutte le provincie: la perequazione del sangue, se mi è lecito questa parola, non era compiuta. Ciò richiedeva, a giudizio di quell'illustre e compianto amico, che si tenessero sotto le armi più soldati di quello che era normale, e che diceva potersi tenere nel 1866. La seconda ragione sta nelle condizioni politiche d'Europa, che in quell'epoca erano tali da far supporre prossima la possibilità di una guerra. Infatti il concetto dominante del nostro Ministero (a che tacerlo?) era di riuscire prontamente alla guerra; e questo per avventura giustificherà molti atti che sono stati poscia troppo acerbamente censurati. Ma, signori, se io convengo che l'esercito possa essere minore in numero di quello che era nel 1863 e 1864, però credo debba essere per forza e per disciplina rispettabile, sicchè, come accennava sopra, presentandosi una propizia occasione, ci permetta non solo di coglierla, ma di prendere noi stessi l'iniziativa. Tale io credo sia il sentimento generale delle popolazioni: e qui mi fermo, perchè non sarei abbastanza competente a giudicare dei particolari in tale materia.

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Ma io spero che il paese non sarà per rifiutarli, e ciò posto può rispondere che non vuole ne guerra immediata, nè disarmo; noi dobbiamo esser pronti a cogliere tutte le occasioni che ci si presenteranno, a promuoverle ove si possa, a prendere anche l'iniziativa della guerra, se occorre; ma non intendiamo bandire a giorno fisso una guerra nazionale; vogliamo che essa sia preceduta da tali circostanze e accompagnata da tali eventi che l'opinione pubblica d'Europa non ci sia avversa e che abbiamo la morale e materiale probabilità di vincere; perchè, signori, una nazione che è già avanzata al punto ov'è l'Italia, non può sopra un'idea generosa sì, ma imprudentemente gittare tutte le sue sorti; deve aspettare fortemente preparata che il buon successo della sua impresa sia quanto è possibile assicurato.

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Ma quando noi abbiamo per l'imposta fondiaria un sintomo approssimativo e proporzionale della ricchezza, quando abbiamo dei catasti fatti in alcune parti d'Italia con grandissime cure, e altrove avviati, io confesso che non posso risolvermi, a priori, ad accettare il sistema delle denuncie per tutti, come quello che meglio risponda al fine.

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Il fatto è che noi abbiamo oggi di redditi denunziati reali 1,288,000,000 di lire; e questi redditi colla diversificazione si riducono a soli 962 milioni d'imponibile. Ora ognun vede come la tassa fortissima in apparenza si venga poi in realtà a menomare di molto. Supponiamo pertanto che tutti i redditi inferiori a 400 lire fossero esenti da qualunque tassa, il che rende più semplice e più ovvio il sistema, e l'attuazione di questa imposta; supponiamo che dalle 400 alle 500 lire vi sia una tassa graduata, mercè la combinazione di un aumento di lira in lira sino all' imposta proporzionale che comincia al disopra delle 500 lire; e supponiamo infine

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Dirò di più che quando noi fossimo in condizioni normali, o quasi normali delle nostre finanze, non avrei forse esitato a fare la prova; ma un esperimento in questi momenti, quando dal tabacco noi ricaviamo una somma così cospicua, un tentativo che può risolversi in perdita, almeno parziale di quello che abbiamo, confesso che non ho avuto il coraggio di farlo.

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Signori, io vorrei passare da questo argomento e dire una parola sull'amministrazione interna, ma noi non abbiamo ancora le prome[s]se leggi davanti a noi e dobbiamo per conseguenza aspettare che il Governo ce le presenti per discuterle; non di meno la Camera mi permetta di dire una parola, se non altro, per cancellare delle impressioni che non credo giuste e le quali dubito siano nell'animo di taluni.

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Siamo qui venuti dai nostri collegi, ciascuno colle proprie idee, coi propri sentimenti, non abbiamo ancora fatto comunione e ricambio di essi. Siamo come degli atomi che non si sono ancora aggruppati per formare dei corpi. Bisogna che ognuno di noi faccia il sacrifizio d'una parte delle sue idee secondarie per far trionfare le idee principali; bisogna che ognuno faccia abnegazione d'una parte dei propri sentimenti, se vuole che i sentimenti più nobili e più grandi trovino corrispondenza negli altri.

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Ora, scendendo un poco all'applicazione, che cosa abbiamo noi nella formazione d'Italia? Non abbiamo che comuni, provincie, Stato: credo che siano gli unici enti che esistano e che debbano logicamente esistere; gli enti intermedi che si creano alcuni li chiamerebbero superfetazione; io, per non adoperare questo vocabolo, dico che se ne potrebbe far senza.

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Ora, quando parliamo di finanza, cosa abbiamo? abbiamo i contribuenti che sono i cittadini italiani, o che contribuiscano questi al comune, o che contribuiscano alla provincia, o contribuiscano allo Stato, contribuiscono sempre, ed essendo essi gli unici contribuenti, bisogna esaminare 1'altro problema e vedere qual'è in atto la possibilità economica dell'Italia.

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Ma, o signori, che ci servono codeste tesorerie, se abbiamo le provincie che unicamente devono corrispondere col centro delle amministrazioni?

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