Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Fondamenti della meccanica atomica

441506
Enrico Persico 42 occorrenze
  • 1936
  • Nicola Zanichelli editore
  • Bologna
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
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Consideriamo una qualunque soluzione dell'equazione (14) la quale si annulli in A, e sia rappresentata graficamente da una delle curve della fig. 17: abbiamo già rilevato (§ 1) che la posizione dei nodi dipende solo dai coefficienti dell'equazione. Se ora facciamo variare il parametro λ, in essi contenuto, i nodi si sposteranno e si può dimostrare che aumentando con continuità λ, i nodi si spostano con continuità verso sinistra. Ogni volta che uno di tali nodi viene a coincidere col punto B, la curva soddisfa le condizioni (α) e quindi rappresenta una autofunzione, ed il corrispondente valore di λ è un autovalore (relativo alle condizioni α).

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Per rappresentare poi con una sola formula la sovrapposizione di una radiazione che si propaga in senso progressivo ed una che si propaga in senso opposto, abbiamo esteso, nella (57), l'integrale da [simbolo eliminato] a [simbolo eliminato] , con la convenzione che A(-k) rappresenti ampiezza e fase delle onde regressive di numero d'onde k.

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Così abbiamo ottenuto l'integrale che figura nella (68), la quale perciò diviene

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Secondo questo modello, quello che si suol chiamare, piuttosto vagamente, «diametro dell'atomo» (e che abbiamo visto essere dell'ordine di [numero eliminato] cm.) si deve identificare all'incirca colla massima dimensione delle orbite esterne: si può dire che l'atomo occupa presso a poco una sfera di questo diametro, ma intendendo bene che questa sfera non è riempita di sostanza compatta, anzi è quasi totalmente vuota, ed in essa si aggirano soltanto dei granuli di dimensioni piccolissime rispetto alle loro mutue distanze Il raggio del nucleo è dell'ordine di [numero eliminato] cm., quello dell'elettrone si ritiene non superiore a [numero eliminato] cm. .

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Si osservi che la velocità tra i due istanti e , (che può essere calcolata, come abbiamo detto, con tutta l'esattezza voluta), è una quantità priva di interesse fisico, poichè la sua definizione stessa presuppone che nell'intervallo considerato la particella non interagisca con il mondo circostante.

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Abbiamo così trovato la distribuzione spaziale dell'indice di rifrazione (che esso fosse funzione di x, y, z soltanto attraverso U, era del resto prevedibile). Osserviamo che, poichè in generale l'indice di rifrazione delle onde di De Broglie dipende dalla loro frequenza, C ed E saranno da considerarsi funzioni di v.

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Si osservi che se l'elettrone si trova in uno stato di quelli che al § 29 abbiamo chiamato « semplici», cioè se la sua energia ha un valore ben determinato e quindi la ha la forma (128), le espressioni precedenti divengono

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(da cui abbiamo escluso le potenze negative di perchè vogliamo che la soluzione sia finita anche per ). Sostituendo questa serie nella (186), si trova

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Analogamente a quanto abbiamo fatto nel caso unidimensionale (§ 38), possiamo ora considerare brevemente il caso di una particella vincolata a restare entro una scatola parallelepipeda, di lati a, b, c, a pareti perfettamente elastiche: nell'interno della scatola non agiscono forze. Ricercheremo dapprima una soluzione semplice, corrispondente ad un dato valore di E, ossia ad una sola frequenza, lasciandoci guidare dall'analogia col problema delle onde luminose o sonore entro una scatola a pareti riflettenti.

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Nel caso particolare di un solo grado di libertà, la condizione di Sommerfeld coincide con quella (303') che abbiamo dedotto in via approssimata dalla meccanica ondulatoria: si noti però che nel caso di un grado di libertà oscillatorio abbiamo trovato che la migliore approssimazione si ottiene eguagliando l'integrale a , mentre nel metodo di Sommerfeld lo si eguaglia a nh come per i gradi di libertà rotatori: effettivamente in questi casi l'introduzione di numeri «semi-interi»(cioè del tipo ) al posto dei numeri quantici interi migliora generalmente (come del resto si rilevò empiricamente anche prima che sorgesse la meccanica ondulatoria) l'approssimazione data da Sommerfeld, ed in certi casi (p. es. nel caso dell'oscillatore) dà senz'altro il risultato esatto. Invece, pei gradi di libertà rotatori, i numeri quantici, come si è visto, devono essere interi.

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È invece soltanto approssimata l'espressione (329) del momento angolare: abbiamo già detto infatti che nella teoria rigorosa questo risulta espresso (in unità )non da k ma da ossia ovvero . In particolare, per k = 1 dovrebbe risultare p =0 mentre la (329) dà .

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Un importante ritocco da farsi alla precedente teoria dei sistemi idrogenoidi consiste nel tener conto del fatto che il nucleo non è rigorosamente fisso, come finora abbiamo supposto, ma descrive una piccola orbita intorno al centro di gravità del sistema. Come si sa dalla meccanica, il problema dei due corpi si riconduce a quello di un solo corpo attirato da un centro fisso, purchè si modifichi lievemente la massa del mobile: il moto di un elettrone di massa m rispetto al nucleo di massa M, è retto dalle stessse equazioni del moto, rispetto ad un nucleo fisso, di un corpuscolo di massa (massa ridotta)

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Si osservi inoltre che, per un risultato trovato al § 56 (quantizzazione spaziale) che si estende immediatamente anche ad atomi non idrogenoidi, un atomo posto in un campo magnetico si orienta in modo che la componente di p sulla direzione del campo sia , dove m è un intero che abbiamo chiamato quanto magnetico: dalla (344') si vede allora che la componente, sulla direzione del campo, del momento magnetico risulta anch'essa quantizzata, e cioè

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dell'energia magnetica, da aggiungere all'energia cinetica e potenziale dell'atomo: con abbiamo indicato il valore medio del campo H lungo l'orbita. Però un esame più approfondito, fatto tenendo conto della teoria della relatività, mostra che i valori precedenti devono essere ridotti a metà (1) V. L. H. THOMAS, Phil. Mag. 3, (1927) p. 1; J. FRENKEL, ZS. f. Phys. 37, (1926) p. 243. . Con un calcolo, che non riportiamo, basato sulle ordinarie leggi dell'elettromagnetismo, e sulla legge del moto kepleriano, si trova, utilizzando le espressioni note del numero di Rydberg R e della costante di struttura fina (form. 340):

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Lo spettro fittizio che abbiamo convenuto di chiamare classico si compone, perciò, di righe che sono individuate da due gruppi di indici: (che definiscono lo stato del sistema, e quindi le frequenze ) e . Perciò, a ciascuna riga dello spettro classico si può far corrispondere una riga dello spettro quantistico, e precisamente quella emessa nel salto dallo stato di numeri quantici allo stato di numeri . Vediamo ora quale è la frequenza di questa riga, calcolata secondo la teoria dei quanti.

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Quanto abbiamo detto ora si riferisce solo alle frequenze delle righe spettrali, non alla loro intensità ed al loro stato di polarizzazione, che, mentre per lo spettro classico si sanno ricavare dai coefficienti dello sviluppo di Fourier, sono indeterminati nella teoria quantistica di Sommerfeld. Questa

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È questa la regola di selezione per il quanto azimutale, che abbiamo già trovato, con la meccanica ondulatoria, al § 50, e che ha importanza fondamentale. Difatti, riferendosi allo schema dei termini rappresentato in fig. 45, essa esprime che sono possibili solo i salti quantici tra due colonne contigue dello schema: ciò che riduce enormemente la complicazione degli spettri. In altre parole, i termini s si possono combinare solo coi termini p, i termini p solo con gli s e coi d, ecc.

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che abbiamo già dimostrato al § 50 mediante la meccanica ondulatoria: inoltre, si ritrovano le regole di polarizzazione enunciate al § 50.

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Quello che abbiamo detto ora per una funzione di una variabile x, si può estendere senza difficoltà ad una funzione di p variabili , definita e monodroma entro un certo campo S (eventualmente infinito): lo spazio funzionale avrà in questo caso dimensioni, ed ogni suo asse sarà denominato mediante un gruppo di p numeri: la relativa componente del vettore f sarà il valore che assume la funzione f in corrispondenza di quei valori delle variabili indipendenti. In tutto quel che segue ci riferiremo, per maggiore generalità, a una funzione di p variabili, ma spesso indicheremo il loro complesso con la sola lettera x, e scriveremo f(x) invece di

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Sostituendo nella (20) abbiamo

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Si trova dunque la condizione che abbiamo già espresso dicendo che l'equazione era autoaggiunta (v. § 3, p. II).

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L'introduzione della funzione impropria ci permette di considerare formalmente gli assi dello spazio hilbertiano che abbiamo chiamati «continui» al § 12, come assi principali di un o. l., e cioè come un caso particolare degli assi considerati fin qui. Difatti, si consideri l'o. l. e si ricerchino i suoi assi principali, ponendo l'equazione

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L'ipotesi che la luce abbia natura corpuscolare (che cioè sia composta di corpuscoli nel senso intuitivo della parola) mentre sembra quasi imposta dai fenomeni di cui abbiamo parlato nei §§ precedenti, incontra però gravissime difficoltà in un'altra non meno vasta categoria di fenomeni, e cioè in tutti quei fenomeni che hanno costituito, da HUYGHENS in

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II abbiamo chiamato stati semplici o stazionari (1) Questa denominazione, di cui si vedrà la ragione al § 24, non deve far credere che questi siano i soli stati che non variano col tempo. P. es., sovrapponendo due stati stazionari col prendere come una combinazione lineare di due autofunzioni di Schrödinger, (v. § 29, p. II) si ha uno stato non stazionario, ma tuttavia invariabile nel tempo. o quantici e a cui corrispondono le autofunzioni della equazione di Schrödinger.

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Il caso che abbiamo chiamato della perturbazione minima è quello in cui si identifica con la proiezione di sulla varietà V.

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Molto spesso nella meccanica quantistica si indicano con lo stesso simbolo una osservabile e il suo operatore (o la matrice corrispondente), anzichè distinguerle usando un diverso carattere come abbiamo fatto noi: ciò porta a scrivere le relazioni di permutazione (106) sotto la forma

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Come abbiamo detto più volte, non si può attribuire nessun significato fisico alla locuzione «insieme delle posizioni e delle velocità dei punti di un sistema in un dato istante», e quindi l'enunciato citato sopra, valido in meccanica classica, perde qualsiasi significato in meccanica quantistica. Vale in suo luogo la proprietà seguente.

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E precisamente, nel caso della meccanica ondulatoria lo spazio hilbertiano è riferito a quel particolare sistema, di assi che abbiamo chiamato «continui» (v. § 2) (individuato ciascuno da un gruppo di valori delle «coordinate» del sistema), mentre nel metodo delle matrici lo si riferisce ad un sistema generico di assi, per lo più discreti.

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Il metodo delle matrici, come si è detto nella parte I, è stato ideato da HEISENBERG ed è stata la prima forma data alla meccanica quantistica: tuttavia il punto di vista dal quale era presentato allora era notevolmente diverso da quello che abbiamo ora accennato, al quale ci atterremo nel seguito di questo capitolo.

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(1) In questo problema, numeriamo le righe e le colonne delle matrici a partire da 0 anzichè da 1, per conformarci alla convenzione adottata nella trattazione ondulatoria dello stesso problema in cui abbiamo numerato gli autovalori , etc.

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Traducendo queste uguaglianze tra matrici in uguaglianze tra gli elementi corrispondenti, e indicando con En gli elementi diagonali della matrice , cioè gli autovalori cercati, si ha (1) In questo problema, numeriamo le righe e le colonne delle matrici a partire da 0 anzichè da 1, per conformarci alla convenzione adottata nella trattazione ondulatoria dello stesso problema in cui abbiamo numerato gli autovalori , etc.

Pagina 384

Gli elementi delle matrici e che abbiamo calcolato (e che intervengono anche in problemi di teoria della radiazione), si potrebbero anche calcolare mediante la loro espressione ondulatoria (v. (147)):

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Si può poi facilmente verificare che le espressioni trovate per gli elementi delle matrici e soddisfano le relazioni (156) e (157) (che abbiamo utilizzato solo particolarizzandole per j = k) anche per .

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Si noti che ha forma diagonale, perchè, per la parte privilegiata che abbiamo conferito all'asse z, le matrici sono riferite allo «schema »: adottando un altro schema (e quindi un altro significato per ) le tre matrici si trasformerebbero come è stato spiegato al § 8.

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In tal caso abbiamo dimostrato (v. § 30) che, nella teoria di Schrödinger, si mantiene costante il momento dell'impulso rispetto all'asse z, cioè che

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Per dimostrare quanto abbiamo ora enunciato, consideriamo la trasformazione di Lorentz più generale, ossia la più generale trasformazione ortogonale nello spazio di Minkowsky, espressa dalle formule:

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Si noti che una soluzione della forma qui considerata può esistere solo per m compreso tra ed l (estremi inclusi), altrimenti vi figurerebbero dei simboli di funzioni sferiche con l'indice superiore più grande (in valore assoluto) dell'inferiore, simboli a cui non abbiamo dato significato. Quanto a , esso può assumere i valori 0, 1, 2,...

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Si riconosce così che le p autofunzioni, parte simmetriche e parte antisimmetriche, che abbiamo sostituito alle (361), sono tutte ortogonali tra loro.

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Questo V' è quindi quello che abbiamo chiamato potenziale di risonanza.

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Abbiamo ragionato finora come se l'atomo potesse assorbire solo l'energia E2—E1 , prescindendo quindi dai possibili passaggi dal livello fondamentale E1 ai livelli E3, E4 ecc. E ciò è in molti casi lecito, e cioè quando gli urti sono così frequenti che quasi tutti gli elettroni, appena hanno raggiunto l'energia sufficiente per portare un atomo al livello E2, la perdono immediatamente in un urto e non arrivano così mai a provocare una eccitazione che richieda un'energia maggiore.

Pagina 56

Esso però normalmente non rimane in questo stato, come abbiamo già detto, ma torna allo stato fondamentale eseguendo il salto inverso, ed emette quindi l'energia che aveva assorbito, precisamente sotto forma di radiazione della stessa frequenza.

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Mentre queste difficoltà si andavano accumulando nel campo della meccanica atomica, non meno grave appariva la situazione nel campo della teoria della luce, per la quale, come abbiamo già detto, si avevano due modelli, uno ondulatorio ed uno corpuscolare, ciascuno dei quali permetteva di interpretare esattamente una categoria di fenomeni, ma era incompatibile con l'altra categoria.

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Enciclopedia Italiana

533593
Enrico Fermi 8 occorrenze
  • 1936
  • Istituto dell'Enciclopedia Italiana
  • Roma
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Siccome tutte le celle in cui abbiamo diviso lo spazio delle fasi hanno egual volume, i numeri N s sono proporzionali alla densità dei punti rappresentativi nello spazio delle fasi. Possiamo dunque così formulare il risultato precedente:

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è facile convincersi che se, come abbiamo ammesso, entrambi i sistemi hanno un numero grandissimo di gradi di libertà, ω1 e ω2 sono funzioni rapidissimamente crescenti dei loro argomenti. Si riconosce, p. es., senza difficoltà, che se uno dei sistemi è un gas perfetto, contenente N molecole puntiformi, racchiuse in un recipiente di volume costante, si ha

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. - Conviene qui notare la connessione dei risultati, a cui abbiamo accennato, col terzo principio della termodinamica o principio di Nernst (v. termodinamica).

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Abbiamo stabilito d'altra parte, tra entropia S e probabilità π la relazione di Boltzmann

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. - Abbiamo fin qui considerata la legge di ripartizione di Boltzmann da due punti di vista diversi, cioè:

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Questo equivale, infatti, a dire che è fisicamente impossibile determinare lo stato di un sistema come un punto nello spazio delle fasi; il margine d'incertezza è, nelle migliori condizioni, entro un'area dell'ordine di grandezza h, pari cioè all'estensione che abbiamo trovato doversi attribuire alle celle dello spazio delle fasi.

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Secondo quanto abbiamo esposto, alle varie celle, in cui si divide lo spazio delle fasi nella meccanica classica, corrispondono, nel caso dei sistemi quantizzati, gli stati quantici. è interessante notare quali sono le conseguenze di questo fatto nel caso limite di grandi numeri quantici, quando cioè, secondo il principio di corrispondenza, le differenze tra meccanica classica e quantistica tendono a sparire. Riferiamoci per semplicità ad un sistema a un solo grado di libertà, avente la coordinata generale q e il momento coniugato p. Lo spazio delle fasi è in questo caso a due dimensioni e ha q e p come coordinate.

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Queste proprietà, come abbiamo già accennato, hanno importanza per la spiegazione delle proprietà elettriche dei metalli. Si trova infatti che il gas di elettroni, a cui sono dovute queste proprietà, si trova in condizioni di degenerazione assai forte (infatti per esso, data la considerevole concentrazione e la piccola massa degli elettroni, il parametro D risulta molto grande anche a temperature elevate) e quindi il suo comportamento è sotto molti punti di vista del tutto differente da quello che avrebbe un gas secondo le leggi classiche.

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