Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

Risultati per: abbiamo

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Enciclopedia Italiana

429177
Enrico Fermi 4 occorrenze
  • 1932
  • Istituto dell'Enciclopedia Italiana
  • Roma
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
  • w
  • Scarica XML

La prima conoscenza dell'elettrone, nel senso in cui si usa attualmente questa parola, si ebbe come abbiamo accennato, nello studio del passaggio della scarica elettrica nei gas rarefatti; precisamente nel fenomeno dei raggi catodici (v. catodici, raggi). Introduciamo in un tubo di vetro della forma mostrata nella fig. i due lastrine metalliche C e A collegate con l'esterno del tubo per mezzo di fili metallici saldati entro il vetro. Stabiliamo poi tra C e A, per mezzo d'una macchina elettrostatica o d'altro apparecchio equivalente, una differenza di potenziale di alcune migliaia di volt, in modo che la lastrina C risulti positiva (elettrodo negativo o catodo) e la lastrina A risulti negativa (elettrodo positivo o anodo). Se poi per mezzo d'una pompa rarefacciamo l'aria contenuta entro il tubo, avverrà il passaggio della scarica elettrica tra gli elettrodi C ed A, accompagnato da una luminosità del tubo i cui aspetti variano a seconda del grado di rarefazione (v. elettriche, scariche). Quando la pressione ha raggiunto un valore sufficientemente basso (dell'ordine di grandezza di 1/100 di mm. di mercurio) si osserva una radiazione nuova, i raggi catodici, che, partendo dal catodo in raggi rettilinei perpendicolari alla sua superficie, attraversano tutto il tubo di scarica e, urtando la parete del vetro nel punto B opposto alla superficie del catodo, vi producono una fluorescenza caratteristica verdastra abbastanza brillante. Se la rarefazione nel tubo poi non è troppo spinta, si può facilmente seguire il percorso dei raggi catodici entro il tubo poiché essi producono una debole luminescenza del gas che attraversano; si riscontra in tal modo che i raggi percorrono effettivamente il tratto da C a B in linea retta.

Pagina 750

Essendo noto, come abbiamo visto, il rapporto e/m tra la carica e la massa dell'elettrone, per conoscere separatamente i valori di queste due grandezze basta misurarne una sola. Le prime misure dirette della carica dell'elettrone sono dovute a J. S. Townsend; oggi conosciamo con notevole esattezza il valore della carica dell'elettrone grazie alle misure di R. A. Millikan; esse sono basate sul principio seguente:

Pagina 751

Non ci si può nascondere tuttavia che il valore di questa considerazione è assai scarso; nulla infatti ci autorizza ad ammettere che anche all'elettrone, data la sua estrema piccolezza si possano applicare i risultati di considerazioni dedotte dall'elettrodinamica dei corpi macroscopici; abbiamo anzi delle buone ragioni per ritenere che ciò non sia in alcun modo lecito. Il problema di sapere se, e fino a che punto, si possa parlare d'un raggio dell'elettrone è fino ad oggi completamente insoluto, ed è intimamente collegato al problema della determinazione delle alterazioni ancora sconosciute che subiscono le leggi dell'elettrodinamica quando si applicano a sistemi di dimensioni notevolmente più piccole di quelle dell'atomo.

Pagina 752

Oltre all'avere una carica elettrica e una massa con i valori che abbiamo indicato, l'elettrone ha anche altre proprietà che sono risultate principalmente dagli studî spettroscopici (v. atomo) e che possono ormai considerarsi accertate pur mancando prove dirette. Per spiegare la struttura degli spettri atomici e del sistema periodico degli elementi è stato infatti necessario ammettere che l'elettrone abbia una quantità di moto areale intrinseca rispetto al proprio centro e un momento magnetico coassiale con questa. A tale ipotesi, proposta per la prima volta da G. E. Uhlenbeck e S. Goudsmit, si dà il nome di ipotesi dell'elettrone rotante; essa infatti potrebbe interpretarsi formalmente pensando l'elettrone animato da un moto di rotazione attorno a sé stesso, che spiegherebbe l'esistenza simultanea della quantità di moto areale e del momento magnetico. Naturalmente questa interpretazione non è in alcun modo da prendersi alla lettera; oggi anzi si ritiene generalmente che queste proprietà dell'elettrone siano un'estrinsecazione di fenomeni relativistici. La quantità di moto areale intrinseca dell'elettrone ha valore h/4 essendo h la costante di Planck; il suo momento magnetico è pari a un magnetone di Bohr, cioè o,92.10-20 unità C.G.S.

Pagina 752

Cerca

Modifica ricerca

Categorie