Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Sulla origine della specie per elezione naturale

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Carlo Darwin 50 occorrenze
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Abbiamo osservato che quelle specie che hanno un maggior numero d'individui sono in condizioni più acconce a produrre in un dato periodo delle variazioni favorevoli. I fatti esposti nel secondo capo pongono in evidenza questa legge, e ci dimostrano che le specie comuni sono quelle che presentano il numero più grande di varietà conosciute. Quindi le specie rare si modificheranno e si miglioreranno meno rapidamente, in un periodo determinato, e per conseguenza saranno vinte nella lotta per l'esistenza dai discendenti modificati delle specie più comuni.

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Abbiamo supposto che le specie originali del nostro, genere si rassomigliassero in diverso grado, come generalmente si osserva nella natura. La specie A sarebbe più strettamente affine alle specie B, C e D che alle altre specie; e la specie I sarebbe più affine alle specie G, H, K ed L che alle altre. Noi abbiamo anche immaginato che queste due specie A ed I fossero le più comuni e le più diffuse, cosicchè esse debbono aver presentato in origine qualche vantaggio sopra tutte le altre specie del medesimo genere. Ora i loro discendenti modificati, nel numero di quattordici dopo quattordicimila generazioni, avranno probabilmente ereditato alcuni di questi vantaggi: e quindi saranno stati modificati e perfezionati in una diversa maniera, ad ogni stadio della discendenza, fino a divenire adatti alle situazioni più differenti nella naturale economia della loro regione. Perciò sembra estremamente probabile ch'esse abbiano preso il posto, non solo delle loro madri-specie A ed I, ma anche di alcune delle specie originali più affini a queste e le abbiano così esterminate. Quindi pochissime specie originali avranno trasmesso la loro progenie fino alla quattordicimillesima generazione. Noi possiamo supporre che una sola specie F, come la meno strettamente affine alle altre nove specie originali, abbia conservato i suoi discendenti fino a quest'epoca lontana.

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Noi abbiamo veduto che le specie più variabili sono le comuni, le più diffuse e numerose, quelle che appartengono ai generi più ricchi di ogni classe; e queste hanno la tendenza di trasmettere alla loro prole modificata quella superiorità che le rese dominanti nella loro patria. L'elezione naturale, come notammo, conduce alla divergenza di carattere e alle molte estinzioni delle forme di vita meno perfette ed intermedie. Con questi principii possono spiegarsi la natura delle affinità e le distinzioni in generale ben definite degl'innumerevoli esseri organizzati in ogni classe esistenti sulla terra. È un fatto veramente prodigioso - l'importanza del quale non suole colpirci, perchè ci è famigliare - che tutti gli animali e tutte le piante, in ogni tempo e luogo, siano in rapporti scambievoli, formando gruppi subordinati ad altri gruppi, come noi osserviamo in ogni luogo; che le varietà di una medesima specie siano collegate strettamente fra loro, le specie di un medesimo genere in rapporti meno stretti e disuguali, che possono costituire delle sezioni o sotto-generi; vediamo le specie di un genere distinto essere anche meno affini, e i generi paragonati sotto diversi aspetti formare le sotto-famiglie, le famiglie, gli ordini, le sottoclassi e le classi. I gruppi subordinati in ogni classe non possono disporsi in una sola linea, ma piuttosto sembrano raccolti intorno a diversi punti, e questi intorno ad altri, e così via via in cicli quasi infiniti. Partendo dall'ipotesi che ogni specie sia stata creata indipendentemente, io non saprei trovare la spiegazione di questo gran fatto nella classificazione di tutti gli esseri organizzati; ma per quanto posso giudicare, ciò viene chiarito per mezzo dell'ereditabilità e dell'azione complessa della elezione naturale, che implica la estinzione e la divergenza del carattere, come abbiamo dimostrato nel diagramma.

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Allo stato libero di natura non abbiamo un tipo di confronto per giudicare delle conseguenze di un uso o di un non-uso lungamente continuato, perchè noi non conosciamo le madri-specie; ma molti animali offrono tali forme, delle quali può darsi ragione per mezzo degli effetti del non-uso. Come notava il professore Owen, non vi ha in natura un'anomalia più grande di quella di un uccello che non possa volare; tuttavia ne abbiamo parecchi in questo stato. Una specie d'anitra dell'America meridionale (Anas brachyptera) può battere soltanto la superficie dell'acqua colle sue ali, che sono in una condizione quasi identica a quelle dell'anitra domestica d'Aylesbury, ed è un fatto singolare che, secondo l'asserzione del Cunningham, gli uccelli giovani sanno volare, mentre gli adulti hanno perduta questa facoltà. Gli uccelli più grandi, che prendono alimento sul terreno, non volano che per fuggire un pericolo, cosicchè io credo che lo stato quasi rudimentale delle ali di certi uccelli che abitano al presente, o abitarono altra volta, alcune isole oceaniche in cui non trovansi animali rapaci, provenne dal non-uso. Lo struzzo però abita i continenti ed è esposto a pericoli che non può evitare volando; ma può difendersi da' suoi nemici coi calci, non altrimenti di alcuni quadrupedi. Noi possiamo ritenere che il progenitore del genere struzzo avesse delle abitudini simili a quelle dell'ottarda e che, avendo l'elezione naturale accresciuto nelle successive generazioni la grandezza e il peso del suo corpo, egli adoperasse più spesso le sue gambe che le sue ali, al punto da divenire incapace al volo.

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Noi possiamo abbracciare con tanta maggiore sicurezza codesta conclusione, in quanto che questi contrassegni, come abbiamo visto, sono eminentemente facili a ritornare nella prole incrociata di due razze distinte e dotate di colori diversi. In tal caso le condizioni esterne della vita non possono cagionare la ricomparsa del colore turchino-ardesia e degli altri caratteri, ma ciò nasce dall'influenza del solo atto dell'incrociamento sulle leggi dell'ereditabilità.

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Io ho notato parecchi casi di cavalli inglesi delle razze più distinte e di qualunque colore, che presentano la striscia dorsale; così le righe trasversali alle gambe non sono rare nei cavalli stornelli e grigi: e ne abbiamo un esempio anche nel cavallo castagno; così nei cavalli grigi può trovarsi talvolta la riga sulla spalla, ed io ne vidi una traccia sopra un cavallo baio. Mio figlio esaminò accuratamente e disegnò per me un cavallo grigio belga da tiro, che aveva una doppia riga ad ogni spalla e le gambe rigate; io stesso ho veduto un pony grigio del Devonshire, e mi è stato descritto un piccolo pony brettone, ambidue dotati di tre righe parallele ad ogni spalla

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Abbiamo noi a ritenere che l'elezione naturale possa produrre, da una parte organi di così debole importanza, come la coda della giraffa che serve a guisa di cacciamosche, dall'altra parte organi di una struttura tanto portentosa, come l'occhio, del quale noi possiamo appena conoscere la perfezione meravigliosa?

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Così l'estinzione e la naturale elezione andranno di pari passo, come abbiamo dichiarato. Quindi se noi consideriamo che ogni specie sia derivata da qualche altra forma sconosciuta, ambi i progenitori e tutte le varietà transitorie saranno state generalmente esterminate, in conseguenza del processo di formazione e di perfezionamento della nuova forma.

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Helmholtz, la cui competenza nessuno vorrà mettere in dubbio, dopo avere descritto colle più forti espressioni il potere meraviglioso dell'occhio umano, aggiunge queste parole significative: «Quanto noi di inesattezza e di imperfezione abbiamo scoperto nell'apparato ottico e nella immagine sulla retina, è cosa di poco conto di fronte alla inesattezza che abbiamo testè incontrata nel dominio delle sensazioni. Si potrebbe dire che la natura trovi diletto nell'accumulare le contraddizioni per rimuovere tutte le basi ad una dottrina di armonia preesistente fra il mondo esterno ed interno». Se la nostra ragione ci conduce ad ammirare con entusiasmo una moltitudine di inimitabili disposizioni nella natura, la stessa ragione ci induce a ritenere che alcuni altri congegni naturali siano meno perfetti, quantunque possiamo facilmente errare da ambi i lati. Possiamo noi considerare il pungiglione dell'ape quale organo perfetto, mentre se venga usato contro altri animali non può essere ritirato, opponendosi la sua dentatura all'indietro, e cagionando così inevitabilmente la morte dell'insetto per l'estrazione e la lacerazione dei suoi visceri?

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In questo capo noi abbiamo discusso alcune delle difficoltà ed obbiezioni che possono contrapporsi alla mia teoria. Parecchie sono molto serie; ma io credo che la discussione abbia sparso qualche luce sopra diversi fatti i quali rimangono completamente oscuri secondo la dottrina degli atti indipendenti di creazione. Abbiamo veduto che le specie di ogni periodo non sono indefinitamente variabili, nè sono collegate fra loro da una moltitudine di gradazioni intermedie: e ciò in parte perchè il processo di elezione naturale è sempre assai lento, e si esercita in ogni tempo solamente sopra pochissime forme; e in parte perchè questo processo di elezione naturale implica quasi la continua successione ed estinzione delle gradazioni precedenti ed intermedie. Quelle specie strettamente affini che vivono attualmente in un'area continua, debbono spesso essere state formate quando l'area era discontinua e quando le condizioni di vita non erano insensibilmente variate da una parte ad un'altra. Se due varietà si formano in due distretti di un'area continua, spesso si produrrà una varietà intermedia appropriata ad una zona intermedia; ma per le ragioni esposte, la variazione intermedia esisterà ordinariamente più scarsa delle due forme che sono dalla medesima congiunte; per conseguenza queste ultime, nel corso delle loro ulteriori modificazioni e per il fatto stesso di essere più numerose, avranno un grande vantaggio sopra la varietà intermedia meno ricca, e riusciranno così generalmente a soppiantarla ed esterminarla.

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Abbiamo veduto, nel presente capo, quanto dobbiamo essere cauti nel concludere che le abitudini di vita più diverse non possano gradatamente sostituirsi le une alle altre, e che un pipistrello, per esempio, non possa essere derivato, per elezione naturale, da un animale che dapprima si sosteneva appena nell'aria.

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Abbiamo veduto che una specie può modificare le sue abitudini sotto nuove condizioni di vita, ovvero acquistare abitudini diverse, alcune delle quali affatto differenti da quelle de' suoi congeneri prossimi. Quindi se poniamo mente che ogni essere organico si adopera per vivere dove può esistere, comprenderemo come si osservino oche terrestri co' piedi palmati, picchi che vivono al suolo, tordi che si tuffano nell'acqua, e finalmente procellarie dotate delle abitudini dei pinguini.

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Negli organi a testa d'uccello e nei vibracoli dei briozoi abbiamo visto degli apparati assai distanti tra loro all'apparenza esterna, ma sviluppatisi da una medesima forma fondamentale; e nei vibracoli s'è potuto comprendere come le successive gradazioni abbiano potuto essere utili. Per ciò che riguarda i pollinari delle orchidee, abbiamo potuto vedere come i filamenti, i quali originariamente servivano per tenere insieme i grani pollinici, si sono uniti insieme per formare il caudicolo, e si possono anche seguire i gradini, pe' quali la massa viscida, tale quale è secreta dai pistilli dei fiori comuni a scopo simile sebbene non identico, viene attaccata alla libera estremità del caudicolo, essendo tutte queste gradazioni di evidente vantaggio per la relativa pianta. Non occorre che io ripeta ciò che poc'anzi dissi delle piante rampicanti.

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Mi sia permesso di ricordare, in primo luogo, che noi abbiamo innumerevoli esempi, sia nelle nostre produzioni domestiche, sia in quelle allo stato di natura, di tutte le sorta di differenze di struttura che sono correlative a certe fasi della vita, e all'uno o all'altro sesso. Abbiamo delle differenze correlative ad un solo sesso, ma che si verificano soltanto per un breve periodo, quando il sistema riproduttivo è in azione; come nell'abito nuziale di molti uccelli e nella mascella inferiore ad uncino del salmone maschio. Notiamo altresì delle piccole differenze nelle corna delle varie razze di bestiame bovino, in relazione ad uno stato artificialmente imperfetto del sesso maschile; perchè i buoi di certe razze hanno corna più lunghe di quelle d'altre razze, in confronto alle corna dei tori o delle vacche di queste medesime razze. Quindi non trovo una reale difficoltà che un carattere si sia palesato, in relazione alla condizione di sterilità di certi membri di una società di insetti: la difficoltà rimane nello spiegare come queste modificazioni di struttura correlative possano essere state lentamente accumulate dalla elezione naturale.

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Ma non abbiamo ancora toccato il culmine della difficoltà, cioè il fatto che i neutri di parecchie formiche non differiscono soltanto dalle femmine feconde e dai maschi, ma diversificano inoltre fra loro; talvolta ad un grado quasi incredibile e sono così divisi in due o tre caste. Le caste, inoltre, non sono generalmente in gradazione, ma sono perfettamente bene definite; e tanto distinte fra loro, quanto possono esserlo due specie di uno stesso genere, o due generi di una stessa famiglia. Così nella Eciton abbiamo le neutre operaie e le neutre soldate, con mascelle ed istinti straordinariamente diversi; nella famiglia Cryptocerus le operaie di una casta sono le sole che portino una singolare sorta di scudo sul loro capo, di cui non si conosce lo scopo; nelle Myrmecocystus messicane le operaie di una casta non abbandonano mai il nido; esse sono nutrite dalle operaie di un'altra casta ed hanno un addome enormemente sviluppato, dal quale si secerne una specie di miele, che tiene il posto della secrezione degli afidi, o di quel bestiame domestico, come potrebbe chiamarsi, che le nostre formiche europee inseguono e tengono in loro potere.

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Abbiamo già notato che il grado di fecondità, sia dei primi incrociamenti, sia degl'ibridi, si manifesta in progressione crescente dallo zero alla perfetta fecondità. È in vero sorprendente l'osservare in quante curiose maniere questa gradazione esiste; ma qui dobbiamo limitarci ad un semplice e nudo abbozzo dei fatti. Quando il polline della pianta di una famiglia è collocato sugli stimmi della pianta di una famiglia distinta, non esercita una influenza maggiore di quella che avrebbe altrettanta polvere inorganica. Da questo zero assoluto di fecondità, il polline delle specie diverse del medesimo genere posto sullo stimma di qualcuna di queste specie, presenta una perfetta gradazione nel numero dei semi prodotti fino alla quasi completa od anche affatto completa fecondità; e, come potemmo osservare in certi casi anormali, una fecondità eccedente quella che suole produrre il polline stesso della pianta. Così anche negl'ibridi ve ne hanno alcuni che nulla producono e probabilmente non produrranno giammai alcun seme fecondo, anche col polline della loro madre-specie; ma talvolta si nota una prima traccia di fecondità, perchè il polline, in alcuni di questi casi, agisce sul fiore dell'ibrido, il quale si distacca assai prima di quello che altrimenti farebbe e il più pronto disseccamento del fiore è già un segnale della fecondazione incipiente. Da questo grado estremo di sterilità, noi abbiamo piante ibridi che si fecondano tra loro, producendo un numero di semi sempre più grande, fino alla perfetta fecondità.

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Abbiamo veduto che la sterilità degl'ibridi, che hanno i loro organi riproduttivi in una condizione imperfetta, è una cosa molto diversa dalla difficoltà di incrociare due specie pure, che hanno i loro organi di riproduzione in uno stato perfetto; tuttavia questi due casi distinti corrono paralleli fino ad una certa estensione. Nell'innesto avviene alcun che di analogo. Thouin infatti ha trovato che tre specie di Robinia, le quali producevano semi abbondanti sul proprio tronco, e che potevano innestarsi senza ostacolo grande sopra altre specie, tutte le volte che erano così innestate divenivano infeconde. D'altra parte, certe specie di Sorbus, innestate sopra altre specie, producevano il doppio dei frutti che solevano dare sul proprio tronco. Quest'ultimo fatto ci ricorda il caso straordinario dell'Hippeastrum, della Lobelia, ecc., che producono semi più abbondanti, quando sono fecondate dal polline di specie distinte, che quando sono fecondate dal loro stesso polline.

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Quando i meticci e gl'ibridi più fecondi sono propagati per molte generazioni, è noto che nella loro prole si manifesta molta variabilità; ma abbiamo registrati alcuni pochi casi in cui gl'ibridi o i meticci hanno conservato lungamente l'uniformità del carattere. Però nelle successive generazioni la variabilità dei meticci è forse maggiore di quella degl'ibridi.

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Così nelle specie naturali, se noi consideriamo le forme affatto distinte, per esempio, il cavallo e il tapiro, non abbiamo alcun motivo di supporre che vi siano mai stati dei legami direttamente intermedi fra le medesime, ma bensì fra ognuna di esse ed il comune loro progenitore che ci è ignoto. Il comune progenitore avrà presentato, nell'intera sua organizzazione, molta rassomiglianza generale col tapiro e col cavallo; ma in alcuni punti della sua struttura avrà differito notevolmente da ambidue e fors'anche più di quello che essi diversificano tra loro. Perciò, in tutti i casi analoghi, noi saremmo incapaci di riconoscere la forma-madre di due o più specie quali si vogliano, ancorchè noi confrontassimo accuratamente la struttura del progenitore con quella dei discendenti modificati, senza possedere contemporaneamente una catena quasi perfetta di forme intermedie.

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Inoltre fra ogni formazione successiva noi abbiamo, secondo la opinione della maggior parte dei geologi, dei periodi enormemente lunghi, durante i quali non si ebbe alcuna formazione. Per modo che gl'immensi strati di rocce sedimentarie dell'Inghilterra non dànno che un'idea inesatta del tempo trascorso per la loro accumulazione. L'esame di questi molteplici fatti produce sul nostro spirito la stessa impressione che fa l'inutile tentativo di concepire l'idea della eternità.

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Abbiamo alcuni casi di una medesima specie avente delle varietà distinte, nelle parti superiori ed inferiori della stessa formazione; così il Trautschold cita l'esempio delle ammoniti, e Hilgendorf ha descritto l'esempio interessantissimo di dieci forme graduate della Planorbis multiformis negli strati successivi di una formazione di acqua dolce della Svizzera. Benchè ogni formazione richiedesse indubitamente un grande numero di anni per la sua deposizione, si potrebbero addurre diverse ragioni per sostenere che ciascuna non dovrebbe includere una serie graduale di forme, fra quelle specie che vissero in quel luogo; ma non ho la pretesa di assegnare la loro importanza relativa alle considerazioni che andrò esponendo.

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Cosicchè noi abbiamo la maggior prova delle quasi generali piccole modificazioni di forma, che la teoria suppone; quando non si voglia credere che questi naturalisti eminenti furono tratti in errore dalla loro immaginazione: e che queste più recenti specie terziarie realmente non presentano differenza alcuna dalle loro forme congeneri viventi, o quando non si pensi che la grande maggioranza dei naturalisti ha torto, e che le specie terziarie sono tutte perfettamente distinte dalle recenti. Se noi prendiamo degli intervalli di tempo più estesi, vale a dire le epoche scorse nell'accumulazione dei distinti e consecutivi strati di una stessa grande formazione, noi troviamo che i fossili sepolti, benchè quasi universalmente considerati come specificamente diversi, sono assai più strettamente collegati fra loro che le specie trovate nelle formazioni più lontane; per modo che noi abbiamo anche qui una prova incontrastabile dei cambiamenti, benchè non sia una prova rigorosa delle variazioni, nel senso indicato dalla mia teoria; ma io mi occuperò di nuovo di questo argomento nel capo seguente. Abbiamo ancora un'altra considerazione importante: cioè che vi ha ragione di supporre che in questi animali e in quelle piante che si propagano rapidamente e non si muovono con facilità, le varietà siano dapprima locali, come abbiamo già veduto, e che queste varietà locali non si diffondano molto e non surroghino le loro forme-madri se non quando sono state modificate e perfezionate in modo considerevole. Secondo questa opinione, la probabilità di scoprire in una formazione di un dato luogo tutti gli stadii primitivi di transizione fra due forme è piccola, perchè si ammette che i cambiamenti successivi furono locali o limitati ad una sola località. Quasi tutti gli animali marini hanno una grande estensione; e noi abbiamo veduto che fra le piante, quelle che sono più disseminate presentano più spesso delle varietà; per modo che i molluschi ed altri animali marini che furono più ampiamente diffusi, fino ad eccedere i limiti delle formazioni geologiche conosciute di Europa, furono molto probabilmente quelli che diedero più spesso origine alle locali varietà ed infine a nuove specie; ed anche questa circostanza ci renderà assai difficile il tracciare gli stadii di transizione in ciascuna formazione geologica.

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Noi abbiamo ogni fondamento di ritenere che le produzioni terrestri dell'Arcipelago non si conserverebbero che in modo assai incompleto nelle formazioni che per ipotesi colà si accumulassero. È probabile che non rimarrebbero nel sedimento molti fra gli animali che abitano esclusivamente il littorale, e neppure molti di quelli che vivono sulle roccie sotto-marine denudate; e quelli che sono ricoperti di ghiaia o di sabbia, non durerebbero fino ad un'epoca lontana. Laddove il sedimento non si accumula sul fondo del mare, oppure non si ammassa in quantità bastante a proteggere i corpi organici dalla decomposizione, non si conserverebbe avanzo di sorta.

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Se in queste osservazioni abbiamo qualche fondo di verità, non dobbiamo aspettarci di trovare nelle nostre formazioni geologiche un numero infinito di queste forme gradatamente transitorie, le quali, secondo la mia teoria, hanno collegato fra loro le specie attuali colle passate di uno stesso gruppo, in una lunga catena di forme viventi con diverse ramificazioni. Invece noi non dobbiamo trovare che pochi esseri intermedi, alcuni più distanti, altri più prossimi fra loro, come appunto avviene; e queste formazioni intermedie, per quanto siano vicine, quando si incontrino in strati diversi di una formazione, saranno classificate tra le specie distinte da molti paleontologi. Tuttavia io confesso che non avrei mai sospettato che anche la meglio conservata sezione geologica ci offra sì scarse notizie delle mutazioni degli esseri estinti, se la difficoltà che si oppone alla scoperta delle innumerevoli forme transitorie, fra le specie che esistevano al principio e alla fine di ogni formazione, non si fosse con tanta insistenza sostenuta contro la mia teoria.

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Pictet, nella sua eccellente rivista di quest'opera, nel commentare quanto si è detto delle forme transitorie primitive e prendendo gli uccelli per un esempio, non può capacitarsi come le successive modificazioni delle estremità anteriori di un supposto prototipo abbiamo potuto riuscire di qualche utilità. Ma se poniamo mente ai pinguini dell'Oceano del Sud, non vediamo forse in questi uccelli le estremità anteriori nel preciso stato intermedio, nè di vere braccia, nè di vere ali? Nondimeno questi animali mantengono vittoriosamente il loro posto nella battaglia per la vita; perchè esistono in grandissimo numero ed in molte razze. Non voglio supporre che noi abbiamo in essi il grado transitorio effettivo pel quale sono passate le ali degli uccelli; ma quale speciale difficoltà si trova nel credere che abbia potuto giovare ai discendenti modificati del pinguino il divenire atti a battere colle ali la superficie del mare come l'anitra stupida, ed infine giungere a staccarsi da quella superficie, sostenendosi a volo per l'aria?

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Questo caso può presentemente rimanere inesplicabile; e continuerà a formare un valido argomento da opporre contro i principii che abbiamo sviluppati. Pure per dimostrare che in seguito potrà ricevere qualche schiarimento, io farò una ipotesi. Dalla natura degli avanzi organici che non sembra abbiano abitato mari profondi, nelle varie formazioni dell'Europa e degli Stati Uniti, e dalla quantità di sedimento, di una potenza di parecchie miglia, di cui sono composte le formazioni, possiamo dedurre che dal principio alla fine del periodo dovevano trovarsi, in prossimità dei continenti attuali dell'Europa e dell'America settentrionale, delle grandi isole o tratti di continente, dai quali provenne quel sedimento. Ma noi non conosciamo quale fosse lo stato delle cose negl'intervalli trascorsi fra le formazioni successive; nè sappiamo se l'Europa e gli Stati Unità esistessero, durante questi intervalli, come terre emerse o come una superficie sotto-marina presso il continente, sulla quale non si formava alcun sedimento, o come il letto di un mare aperto e profondo.

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Le difficoltà che abbiamo discusso sono certamente molto gravi, e sono: il trovarsi nelle nostre formazioni geologiche molti legami fra le specie che ora esistono e quelle che vissero in altre epoche, benchè non incontriamo molte forme transitorie che le rannodino strettamente fra loro; il modo subitaneo con cui alcuni interi gruppi di specie apparvero la prima volta nelle nostre formazioni europee; la quasi completa assenza, da quanto fu scoperto fino ad oggi, delle formazioni fossilifere sotto gli strati siluriani. Noi vediamo che per questi fatti i più eminenti paleontologi, come Cuvier, Agassiz, Barrande, Pictet, Falconer, E. Forbes, ecc., e tutti i nostri geologi più insigni, come Lyell, Murchison, Sedgwick, ecc., hanno unanimemente, e spesso con veemenza, sostenuta la immutabilità delle specie. Ma io ho dei motivi di pensare che una grande autorità, Carlo Lyell, dopo nuove e mature riflessioni conservi dei gravi dubbi su questo soggetto. Io riconosco quanto rischio vi sia nel dissentire da queste autorità, alle quali, insieme con altre, noi dobbiamo tutta la nostra scienza. Coloro che considerano le memorie naturali geologiche come perfette, in certa guisa, e che non danno molto peso ai fatti ed argomenti d'altra sorta dati in questo volume, certamente respingeranno a prima vista questa mia teoria. Per mia parte, seguendo una metafora di Lyell, stimo le memorie geologiche naturali come una storia del mondo conservata imperfettamente, e scritta in un dialetto variabile; di questa storia noi possediamo il solo ultimo volume, che si riferisce soltanto a due o tre contrade. Di codesto volume non ci è rimasto che qualche breve capitolo qua e là; e di ogni pagina non abbiamo che poche linee sparse. Ogni parola del linguaggio lentamente - variante, con cui questa storia è scritta, essendo più o meno diversa nei capitoli successivi, può rappresentare i cambiamenti, apparentemente improvvisi, delle forme della vita sepolte nelle nostre formazioni consecutive e interamente separate. Con questi concetti le difficoltà che abbiamo esaminate sono diminuite grandemente, od anche eliminate del tutto.

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Abbiamo discorso soltanto incidentemente della scomparsa delle specie e dei gruppi di specie. Secondo la teoria della elezione naturale, l'estinzione delle forme antiche e la produzione di forme nuove e perfezionate sono intimamente connesse fra loro. La vecchia nozione, che tutti gli abitatori della terra furono avulsi in periodi successivi da varie catastrofi, è generalmente abbandonata; anche da quei geologi, come Elia di Beaumont, Murchison, Barrande, ecc., le cui opinioni generali condurrebbero logicamente a questa conclusione. Al contrario abbiamo ogni ragione di pensare, dietro lo studio delle formazioni terziarie, che le specie ed i gruppi di specie si perdono gradatamente, uno dopo l'altro, prima in un luogo, poi in un altro, e finalmente nel mondo intero. In alcuni rari casi, però, come per la rottura di un istmo e la conseguente irruzione di una moltitudine di nuovi abitanti, o per l'immersione di un'isola, l'estinzione può essere comparativamente pronta. Tanto le singole specie quanto gli interi gruppi di specie continuano per intervalli di durata diversa; alcuni gruppi infatti, come vedemmo, si mantennero dalla prima alba della vita fino al presente; altri scomparvero prima del termine del periodo paleozoico. Non sembra che esista alcuna legge prestabilita che determini la lunghezza del tempo in cui deve durare ogni singola specie od ogni singolo genere. Tuttavia pare che l'estinzione completa della specie di un gruppo segua generalmente un processo più lento di quello della loro produzione: se l'apparizione e la scomparsa di un gruppo di specie fossero rappresentate, come precedentemente, da una linea verticale di larghezza diversa, si troverebbe questa linea più gradatamente assottigliata nell'estremo superiore, che denoterebbe il processo di estinzione, di quello che nell'estremo inferiore, che raffigurerebbe la prima comparsa delle specie e l'aumento del loro numero. In certi casi però la distruzione di gruppi interi di esseri, come delle ammoniti verso la fine del periodo secondario, fu straordinariamente improvvisa rispetto a quella della maggior parte degli altri gruppi.

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La lotta sarà in generale più severa, come abbiamo spiegato e dimostrato cogli esempi, fra quelle forme che sono più simili fra loro sotto ogni rapporto. Perciò i discendenti perfezionati e modificati di una specie cagioneranno generalmente la distruzione della specie-madre; e se molte forme nuove si sono sviluppate da una specie qualsiasi, le prossime affini di questa specie, cioè le specie del medesimo genere, saranno le più esposte alla distruzione. Per tal modo io credo che un gran numero di specie nuove, provenienti da una sola specie, il che vale quanto dire un nuovo genere, arrivino a prendere il posto di un genere antico, appartenente alla medesima famiglia. Ma spesso sarà avvenuto che una nuova specie spettante ad un dato gruppo avrà surrogato una specie appartenente ad un gruppo distinto, e così ne avrà cagionato la distruzione, e se molte forme affini saranno derivate dal vittorioso invasore, molte altre avranno abbandonato i loro posti; e generalmente saranno le forme affini che soffriranno in comune per le inferiorità ereditate. Del resto, sia che le specie appartengano alla medesima classe o ad una classe distinta, quando sono surrogate da altre specie che furono modificate e perfezionate, alcune delle medesime possono pure conservarsi per lungo tempo, per essere dotate di qualche speciale abitudine di vita e per abitare qualche stazione distante ed isolata, dove possono sfuggire alla severa concorrenza. Per esempio, una sola specie di Trigonia, grande genere di conchiglie delle formazioni secondarie, sopravvive nei mari dell'Australia; e pochi individui del gruppo vasto e quasi estinto dei pesci ganoidi abitano ancora le nostre acque dolci. Perciò la totale estinzione di un gruppo è generalmente, come abbiamo veduto, un processo più lento della sua produzione.

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Queste osservazioni però si riferiscono soltanto agli abitanti del mare in parti del mondo molto distanti; nè abbiamo dati sufficienti per giudicare se le produzioni terrestri e d'acqua dolce si trasformino col medesimo parallelismo in punti molto discosti. Noi anzi possiamo dubitare che esse siansi modificate in questo modo; perchè se il megaterio, il milodonte, la macrauchenia e il toxodonte sono stati trasportati dalla Plata in Europa, senza che rimanga alcuna informazione rispetto alla loro posizione geologica, niuno avrebbe sospettato che questi animali siano stati contemporanei di alcuni molluschi marini esistenti ancora. Ma questi mostri anomali convissero insieme al mastodonte e al cavallo, e quindi potrebbe almeno dedursi che essi esistettero durante una delle ultime epoche terziarie.

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Abbiamo qui a far menzione di un altro fatto, che riguarda questo argomento. Ho esposto le ragioni che m'inducono a pensare che la maggior parte delle nostre più grandi formazioni, ricche di fossili, dovette depositarsi nei periodi di abbassamento; e che gli intervalli di lunga durata, in cui non avveniva alcun deposito, dovettero verificarsi in quei periodi, nei quali il letto del mare fu stazionario, oppure si elevò, od anche quando il sedimento non era abbastanza abbondante e pronto, da rivestire e conservare gli avanzi organizzati. In queste lunghe lacune suppongo che gli abitanti di ogni regione soggiacessero ad una considerevole quantità di modificazioni e avvenissero molte estinzioni e che vi fossero anche molte migrazioni dalle altre parti del mondo. Siccome abbiamo ragione di credere che vaste superfici del globo subiscano contemporaneamente il medesimo movimento, gli è probabile che delle formazioni esattamente simultanee siano state spesso accumulate sopra estesi spazi nella medesima parte del mondo; ma non possiamo rettamente conchiudere che ciò abbia dovuto accadere invariabilmente, e che le grandi aree siano state costantemente affette da movimenti conformi.

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Siccome noi possediamo solamente l'ultimo volume delle Memorie geologiche e in una condizione molto imperfetta, non abbiamo alcun motivo di aspettarci, eccettuati pochissimi casi rari, di completare i grandi vuoti che si hanno nel sistema naturale e così legare insieme le famiglie e gli ordini distinti. Tutto ciò che noi possiamo sperare si è di trovare che questi gruppi, i quali in certi noti periodi geologici furono soggetti a molte modificazioni, si ravvicinano qualche poco fra loro nelle formazioni più antiche; per modo che i membri più antichi differiscono fra loro, in alcuni dei loro caratteri, meno dei membri attuali dei medesimi gruppi; appunto sembra che ciò si verifichi frequentemente, dalla concorde testimonianza de' migliori nostri paleontologi.

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Abbiamo veduto nel quarto capo che il grado di differenza e di specialità delle parti di tutti gli esseri organizzati, quando sono adulti, è la migliore norma che siasi mai suggerita della loro perfezione e della loro elevatezza. Abbiamo anche notato che, quando le parti e gli organi si rendono più speciali per date funzioni, ne deriva un vantaggio ad ogni essere; per tal modo l'elezione naturale tenderà costantemente a rendere l'organizzazione di ogni essere più speciale e perfetta e in questo senso più elevata; essa tuttavia può lasciare e lascia semplici e immutate molte forme adatte a condizioni di vita molto semplici; anzi in certi casi essa degraderà e semplificherà l'organizzazione, lasciando così questi esseri degradati meglio adatti alle nuove loro circostanze. In altro modo più generale possiamo vedere che, secondo la teoria della elezione naturale, le forme più recenti tenderanno ad essere più elevate dei loro progenitori; perchè ogni nuova specie si forma coll'ottenere qualche vantaggio sulle altre forme preesistenti nella lotta per l'esistenza. Se gli abitanti eocenici di una parte del mondo, sotto un clima quasi uguale, fossero entrati in concorrenza cogli abitanti esistenti nella medesima o qualche altra parte del mondo, la fauna o la flora eocenica sarebbe certamente stata vinta ed esterminata, e così la fauna secondaria sarebbe dominata dalla fauna eocenica e la fauna paleozoica dalla secondaria. Così è per questa prova radicale della vittoria nella lotta per la vita, come per il grado di specialità degli organi, le forme moderne debbono essere più elevate delle forme antiche dipendentemente dalla teoria della elezione naturale. Questo fatto si verifica? La grande maggioranza dei paleontologi risponderebbe affermativamente; ma dopo aver letto le discussioni sostenute su questo argomento dal Lyell e le opinioni di Hooker riguardo alle piante, nel mio apprezzamento credo che ciò avvenga soltanto in una estensione limitata. Nulladimeno può presumersi che si avranno prove più decisive nelle future ricerche geologiche.

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In breve, noi abbiamo, rispetto alle lente e quasi insensibili mutazioni delle forme specifiche, tutte quelle prove che possiamo giustamente aspettarci.

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Ma in molti altri casi, nei quali abbiamo ragione di pensare che le specie di un genere furono prodotte in epoche relativamente più vicine a noi, questa difficoltà diviene molto grave. Ora è anche evidente che gl'individui della medesima specie, benchè oggi si trovino in regioni distanti ed isolate, debbono essere partiti da un luogo solo, quello cioè in cui i loro progenitori furono prodotti; perchè, come si disse nell'ultimo capitolo, è incredibile che individui identici possano essersi formati, mediante la elezione naturale, da parenti specificamente diversi.

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In Europa noi abbiamo le prove più evidenti del periodo freddo, dalle coste occidentali della Gran Bretagna fino alla catena dell'Oural e verso il sud fino ai Pirenei. Dai mammiferi gelati e dalla natura della vegetazione dei monti, possiamo dedurre che la Siberia fu colpita nello stesso modo. Nel Libano, secondo il dott. Hooker, le nevi perpetue coprivano l'asse centrale e nutrivano dei ghiacciai che discendevano nelle vallate fino a 4000 piedi. Lo stesso osservatore ha trovato recentemente delle grandi morene, a piccole altezze nella catena dell'atlante dell'Africa settentrionale. Lungo l'Himalaya, sopra dei punti distanti 900 miglia, i ghiacciai hanno lasciato i segni dell'antica e lenta loro discesa; e nel Sikkim il dott. Hooker ha veduto crescere il grano turco sopra antiche morene gigantesche. Al sud dell'equatore abbiamo qualche prova diretta dell'antica azione glaciale nella Nuova Zelanda; e le medesime piante, trovate in monti molto lontani nell'isola, ci narrano la medesima storia. Se si avesse a confermare la verità di una descrizione che ne è stata fatta, anche nell'angolo sud-est dell'Australia si avrebbe una diretta constatazione dei fenomeni del periodo glaciale.

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Noi non abbiamo scritto delle genealogie; noi abbiamo dedotta la discendenza comune dalle rassomiglianze di ogni sorta. Perciò preferiamo quei caratteri che, a nostro giudizio, debbono essere stati meno facilmente modificati, in relazione alle condizioni di vita, a cui ogni specie fu esposta recentemente. Sotto questo aspetto gli organi rudimentali sono ugualmente utili e talvolta anche migliori di altre parti dell'organizzazione. Noi non ci occupiamo della poca importanza di un carattere; - come la sola inflessione dell'angolo della mascella, il modo con cui è piegata l'ala di un insetto, e così se la pelle sia coperta di peli o, di penne: - ma se esso prevalga in molte specie differenti, e specialmente in quelle aventi abitudini di vita molto diverse, assume un alto valore; perchè noi non possiamo spiegare la sua presenza in tante forme dotate di abitudini sì diverse, che per mezzo della eredità da un progenitore comune. Possiamo errare a questo riguardo in alcuni punti della struttura, ma quando parecchi caratteri, anche poco rilevanti, si presentano riuniti in un vasto gruppo di esseri dotati di abitudini differenti, possiamo rimanere quasi certi, per la teoria della discendenza, che questi caratteri furono ereditati da un antenato comune. E sappiamo che questi caratteri accumulati e correlativi hanno una speciale importanza nella classificazione.

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Noi non abbiamo maggiori motivi di ammettere questa relazione, di quello che se ne abbiano a credere che le ossa simili nella mano dell'uomo, nell'ala del pipistrello e nella natatoia di una testuggine siano riferite a condizioni di vita analoghe. Non vi sarà alcun osservatore abile che supponga che le righe dei leoncini, o le macchie del merlo giovine, siano di qualche utilità a questi animali.

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Ma noi sappiamo altresì che ciò non avvenne in altri casi, dei quali abbiamo esatte notizie storiche come può dirsi del costante aumento di grossezza dell'uva spina. Puossi constatare ancora un progresso meraviglioso nelle piante da fiori, se si raffrontino i fiori attuali coi disegni fatti soltanto venti o trent'anni fa. Quando una razza vegetale è bene sviluppata e stabilita, i coltivatori non raccolgono più dalle vaneggie i migliori individui: ma svelgono quelli che più deviano dal loro tipo. Rispetto agli animali si pratica pure questa specie di elezione; giacchè non esiste alcuno così trascurato da permettere la produzione dei soggetti più difettosi.

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È anco probabile, in seguito a quanto abbiamo detto intorno agli embrioni dei mammiferi, degli uccelli, dei pesci e dei rettili, che questi animali siano i discendenti modificati di un antico progenitore, il quale allo stato adulto era fornito di branchie, di una vescica natatoria, di quattro arti pinniformi e di una coda lunga, organi tutti utili per un animale acquatico.

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Quanto alle forme esistenti, ricorderemo che non abbiamo alcuna ragione per sperare (eccettuati alcuni casi rari) di scoprire i legami che direttamente le connettono, ma soltanto quelli che le congiungevano a qualche forma estinta o soppiantata. Anche in un'area molto estesa, che rimase continua per un lungo periodo, e nella quale il clima e le altre condizioni di vita variano insensibilmente, quando si passa da un distretto occupato da una data specie in un altro distretto abitato da una specie strettamente affine, non possiamo ragionevolmente aspettarci di trovare spesso delle varietà intermedie nella zona intermedia. Perchè abbiamo qualche fondamento di credere che soltanto poche specie di un genere siano quelle soggette a cambiamenti; mentre le altre specie si estinguono interamente e non lasciano altre progenie modificata. Di quelle specie che si trasformano, poche si cambiano contemporaneamente nello stesso paese; e tutte le modificazioni si effettuano lentamente. Ho anche dimostrato che le varietà intermedie, dapprima esistenti probabilmente nelle zone intermedie, saranno state surrogate dalle forme affini da una parte e dall'altra; queste ultime, trovandosi in maggior numero, si saranno modificate e perfezionate generalmente, molto più presto delle varietà intermedie che erano più scarse; per modo che le varietà intermedie, a lungo andare, saranno state soppiantate ed esterminate.

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Finchè le condizioni della vita rimangono inalterate, abbiamo ragione di credere che una modificazione, già ereditata per molte generazioni, possa continuare ad essere trasmessa per un numero quasi infinito di generazioni. D'altra parte, noi abbiamo delle prove che la variabilità, quando si sia manifestata una volta, non cessa interamente, perchè anche le nostre più antiche produzioni domestiche producono occasionalmente delle varietà nuove.

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Quanto all'assenza di formazioni fossilifere sotto gli strati cambriani, mi basterà richiamare l'ipotesi fatta nel capo nono: sebbene cioè i nostri continenti ed oceani abbiano passato un tempo lunghissimo nelle relative loro posizioni quasi uguali alle presenti, non abbiamo ragioni per ammettere che queste fossero sempre tali; per conseguenza sotto al grande Oceano possono trovarsi sepolte delle formazioni assai più antiche che qualsiasi altra di quelle che oggi conosciamo. Relativamente all'obbiezione che il tempo trascorso dopo la solidificazione del nostro pianeta non sia stato sufficiente a produrre tanta somma di cambiamenti organici - obbiezione su cui ha insistito V. Thompson, e che è una delle più gravi! - io posso solamente rispondere, in primo luogo, che noi non sappiamo con quanta prestezza, misurata cogli anni, le specie si cambino; in secondo luogo che molti filosofi non vogliono ammettere che noi sappiamo tanto intorno alla costituzione dell'universo e quella della terra per giudicare della loro trascorsa durata.

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Non posso credere che una teoria falsa valga a spiegare le diverse grandi classi di fatti che abbiamo specificati superiormente, come può farsi, a mio avviso, colla teoria dell'elezione naturale. Si è detto recentemente che questo sia un modo incerto di argomentazione; ma è il metodo che si impiega nel giudicare gli avvenimenti comuni della vita, e di cui spesso si valsero i più eminenti naturalisti. Per tali vie si giunse alla teoria ondulatoria della luce, e fino a questi ultimi tempi l'idea della rivoluzione della terra intorno al proprio asse, difficilmente poteva sostenersi con una prova diretta. Non si può opporre l'obbiezione che la scienza nello stato attuale non getta alcuna luce sul problema assai più elevato dell'essenza o dell'origine della vita. Chi giungerà a scoprire quale sia l'essenza dell'attrazione di gravità? Ma non vi ha alcuno che non accetti i risultati che emergono da codesto ignoto elemento dell'attrazione; non ostante che Leibnitz accusasse Newton di introdurre «nella filosofia delle qualità occulte e dei miracoli».

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., perchè qui, come abbiamo osservato, abbiamo nelle leggi della omologia e della embriologia, ecc., diverse prove, che tutti sono provenuti da un solo stipite.

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Abbiamo anche osservato che le specie più variabili sono in ogni classe le più fiorenti o le dominanti dei generi più ricchi; e le loro varietà, come vedremo, tendono a divenire specie nuove e distinte. I generi più grandi hanno pure una tendenza di accrescersi maggiormente. In tutta la natura le forme viventi, ora dominanti, manifestano una tendenza di dominare maggiormente, lasciando molti discendenti modificati e dominanti. Ma, come spiegheremo altrove, mediante fasi graduate i generi più grandi tendono anche a spezzarsi in generi minori. Per tal modo le forme viventi nel mondo intero dividonsi gradatamente in gruppi subordinati ad altri gruppi.

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Abbiamo altre relazioni fra le specie dei grandi generi e le loro varietà. Abbiamo veduto che non possediamo un criterio infallibile per distinguere le specie dalle varietà ben caratterizzate; e che quando i passaggi intermedi fra due forme dubbie non furono trovati, i naturalisti sono obbligati a determinarne il rango dall'insieme delle differenze esistenti fra loro, giudicando per analogia se siano sufficienti o no per contrassegnarne una od entrambe col titolo di specie. L'insieme di queste differenze è quindi uno dei criteri più importanti per decidere se due forme debbano considerarsi come specie o come varietà. Fries ha osservato nelle piante e Westwood negli insetti, che nei grandi generi la somma delle differenze fra le specie è alle volte eccessivamente piccola. Ho cercato di stabilire numericamente questa proporzione col mezzo delle medie, e per quanto potei rilevare dai miei calcoli imperfetti, essi la confermano pienamente. Consultai anche alcuni osservatori esperti e sagaci, e dopo discussione, i medesimi aderirono a questi risultati, Sotto questo aspetto, dunque, le specie dei generi più abbondanti somigliano alle varietà più di quelle dei generi più poveri. Si può esprimere altrimenti questo concetto col dire che nei generi più ricchi, nei quali un certo numero di varietà o di specie nascenti superiori alla media sia per formarsi, molte specie già formate rassomigliano in qualche modo alle varietà, distinguendosi fra loro per una somma di differenze minore della consueta.

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Qui noi abbiamo veduto il bestiame decidere assolutamente dell'esistenza del pino di Scozia; ma in diverse contrade certi insetti determinano l'esistenza del bestiame. Il Paraguay offre forse uno degli esempi più curiosi di questo fatto. In quel paese nè il bue, nè il cavallo, nè il cane sono ridivenuti selvaggi, quantunque lo siano verso il Nord e verso il Sud. Ora Azara e Rengger hanno provato che ciò dipende da una certa mosca, comune in quella regione, la quale depone le sue uova nell'ombelico di questi animali appena nati. L'accrescimento di quelle mosche, per quanto numerose, dev'essere generalmente limitato con qualche mezzo e probabilmente da altri insetti parassiti. Ne segue che ove certi uccelli insettivori diminuissero nel Paraguay, gli insetti parassiti nemici delle mosche aumenterebbero; per cui facendosi minore il numero di queste ultime, esse non impedirebbero ai buoi e ai cavalli di vivere allo stato selvaggio. Ora dietro le osservazioni che potei fare nell'America meridionale, l'esistenza del bestiame allo stato di natura modificherebbe profondamente la vegetazione. Questa modificazione colpirebbe in alto grado gl'insetti, i quali reagirebbero sugli uccelli insettivori, come abbiamo visto verificarsi nella contea di Stafford; e così procedendo l'effetto si accrescerebbe sempre più in cerchi vieppiù complicati. Noi avevamo cominciato questa serie cogli uccelli insettivori, e l'abbiamo compiuta ritornando ai medesimi. Ma non è a credere che nella natura tutti i rapporti scambievoli siano tanto semplici. Continue battaglie hanno luogo con successi diversi, e tuttavia l'equilibrio delle forze è mantenuto con tanta perfezione, nel corso dei tempi, che l'aspetto della natura rimane inalterato, per lunghi periodi, benchè sovente basti la menoma circostanza per dare la vittoria a un essere organizzato sopra un altro. Però la nostra ignoranza e la nostra presunzione sono tali che noi ci facciamo le meraviglie per la estinzione di una specie; e non ravvisandone la causa, invochiamo i cataclismi a desolare il mondo, o inventiamo delle leggi sulla durata delle forme viventi! (Nota XI)

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Finalmente abbiamo veduto che l'elezione naturale, che deriva dalla lotta per l'esistenza, e che quasi inevitabilmente produce l'estinzione di alcune specie e la divergenza del carattere in molti discendenti di una madre-specie dominante, spiega la grande caratteristica universale delle affinità di tutti gli esseri organizzati, vale a dire la loro distribuzione in gruppi subordinati ad altri gruppi. Noi ci serviamo dell'elemento della discendenza nel classificare gli individui di ambi i sessi e di tutte le età sotto una sola specie, sebbene abbiano pochi caratteri comuni; impieghiamo anche lo stesso elemento della discendenza nel classificare le varietà conosciute, per quanto siano differenti dal loro progenitore; ed io credo che questo elemento della discendenza sia il segreto anello di congiunzione che i naturalisti vanno cercando col termine Sistema naturale. Secondo questa idea che il sistema naturale, per quanto potè perfezionarsi, è genealogico nelle sue disposizioni, con vari gradi di differenza fra i discendenti da un parente comune, che vennero espressi mediante le parole generi, famiglie, ordini, ecc., possiamo intendere le regole che siamo costretti a seguire nelle nostre classificazioni. Possiamo spiegare i motivi per cui valutiamo certe rassomiglianze più di certe altre; come ci permettiamo di servirci di certi organi rudimentali ed inutili, o di altri organi di poca importanza fisiologica; come nel paragonare un gruppo con altro gruppo distinto, noi trascuriamo sommariamente i caratteri analogici o di adattamento, e ciò non pertanto adoperiamo gli stessi caratteri nei limiti di uno stesso gruppo. Possiamo infine dimostrare con evidenza come avvenga che tutte le forme viventi ed estinte possano riunirsi insieme in un grande sistema; e come i diversi individui d'ogni classe siano collegati fra loro dalle linee di affinità più complesse o divergenti. Probabilmente non potremo mai svolgere la tela inestricabile delle affinità esistenti fra i membri di ogni classe; ma quando noi abbiamo in vista un oggetto distinto, senza ricorrere a qualche ignoto piano di creazione, possiamo sperare di fare dei progressi lenti ma sicuri.

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Negli animali acquatici abbiamo molti ermafroditi, nei quali si verifica l'autofecondazione, ma le correnti offrono loro mezzi facili di accidentali incrociamenti. Del resto in essi, come nei fiori, dopo di avere consultato una delle più grandi autorità, il prof. Huxley, non seppi trovare una sola specie, in cui gli organi della generazione fossero racchiusi tanto perfettamente nell'interno del corpo, da vietare l'accesso all'azione dell'accidentale influenza di un altro individuo, in modo da renderla fisicamente impossibile. Per molto tempo credetti che i cirripedi presentassero un caso di somma difficoltà per tale riguardo; ma, per una fortunata combinazione, altrove potei provare che due individui ermafroditi, benchè si fecondino da sè, pure qualche volta si incrociano.

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