Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Plico del fotografo: trattato teorico-pratico di fotografia

517402
Venanzio Giuseppe Sella 50 occorrenze
  • 1863
  • Tipografia G.B. Paravia e Comp.
  • Torino
  • Fotografia
  • UNIPIEMONTE
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Quando, infine, il corpo su cui cade la luce è trasparente, essa viene trasmessa come abbiamo detto di sopra. La intensità della luce riflessa cresce col pulimento del corpo, e coll’angolo che i raggi incidenti fanno colla normale alla superficie riflettente.

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. — Abbiamo visto che la luce può differire immensamente di intensità. Lo stesso si può dire dei colori, di cui spesso basta una traccia per colorire sensibilmente una grande superficie, o una grande massa con cui si mescoli.

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. — Abbiamo veduto che la luce, nell’entrare in un mezzo trasparente a superficie parallele, si rifrange e sorte da esso nè alterata, nè deviata dal suo corso rettilineo, ma solo

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. — Nelle due equazioni fondamentali che abbiamo di sopra 1/d+1/D = 1/F; G/g = D/d sappiamo che

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Per rendere più facili questi calcoli abbiamo ricavato dalle equazioni predette le formole seguenti, che comprendono tutti i casi possibili.

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. — Noi abbiamo detto che le immagini delle rette saranno rette, che le immagini degli oggetti saranno simili agli oggetti stessi, e che queste immagini avranno i loro punti quasi equidistanti dalla lente, ove la distanza dell’oggetto sia di tal riguardo, che tutti i suoi punti possano considerarsi come equidistanti dalla lente.

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Infine, la lunghezza dei raggi rifratti da una lente variando presso ogni alterazione della sua apertura (essi, come abbiamo veduto, sono più lunghi quando questa è piccola, e viceversa), ne deriva che il fotografo non deve mai mettere al foco nella camera oscura prima di cambiare il diaframma, se vuole poter ottenere una immagine nitida. Il diaframma produce un ritardo

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Qui dovrebbe aver termine la prima sezione della seconda parte dell'ottica del fotografo, perchè quel che abbiamo detto circa alle lenti basta per far comprendere ciò che saremo per dire circa agli oggettivi fotografici, ma io non posso astenermi dal qui riferire le seguenti riflessioni, sulle proprietà delle lenti che trovo in un dotto opuscolo (a) del signor Porro.

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L’ingrandimento è quello che abbiamo già prima d’ora insegnato, cioè, se l'immagine è 10, 100 volte più lontana dalla lente che l’oggetto, l’ingrandimento sarà 10, 100 volte quello dell’oggetto.

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. — Da ciò che abbiamo detto l’occhio può assai bene paragonarsi ad una piccola camera oscura.

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Questa unità di sensazione si attribuisce all’abitudine che noi abbiamo contratta di riferire ad uno stesso oggetto le impressioni simultanee prodotte sulle due retine.

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Un pennello di luce inviato da P si riflette nello specchio, e l’occhio posto in L lo vede in R, e la distanza mR = mP, come abbiamo dimostrato parlando degli specchi piani. Lo stesso si dica dei raggi partiti dal punto Q, e riflessi dallo specchio corrispondente, dunque sarà

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Le immagini destinate ad essere esaminate in quest’ultimo stereoscopio vengono prodotte con una camera oscura avente un oggettivo d’una lunghezza focale minore di 25 centimetri, che è quella che abbiamo domandata di sopra, cioè con un oggettivo di una lunghezza focale equivalente di 12 a 14 centimetri, e ciò collo scopo di rendere maggiore la grandezza angolare del campo.

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Come abbiamo fatto osservare prima d’ora, le due camere nel produrre le due immagini di una stereografia dovrebbero essere tra loro parallele, sia che esse siano molto vicine, sia che esse siano tra loro più distanti. In questa maniera le due immagini, producendosi sopra di uno stesso piano, si lasciano poi più facilmente osservare nello stereoscopio in cui sono osservate sopra un piano comune. Tuttavia in pratica è spesso utile inclinare le due camere in modo che l’asse di ciascuna concorra verso uno stesso punto prominente dell’oggetto. La convergenza che così si viene a dare alle due camere, come dissimo, è generalmente assai piccola, e poco si scosta da un esatto parallelismo, se si osservano le regole che abbiamo stabilite di sopra circa alla distanza da dare alle due camere tra loro.

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Ma se si oltrepassa la distanza da una camera all’altra, che abbiamo prescritta, l’influenza della mancanza del parallelismo nelle due camere si farà tanto più sentire, quanto più grande sarà la distanza delle due camere tra loro, per cui le immagini saranno rese insopportabili a vedere nello stereoscopio per causa della troppo grande esagerazione del loro rilievo.

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Abbiamo brevemente parlato del modo di comportarsi dei corpi gli uni verso gli altri per causa del loro relativo antagonismo chimico. Ora dobbiamo far osservare che i corpi, nell’agire reciprocamente in modo da dare luogo a delle combinazioni chimiche, seguono una regolarità costante, procedono con ordine, misura e peso.

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Infatti siccome abbiamo detto di sopra esso è composto di 1 equivalente di solfo = 16 e di 3 equivalenti di ossigeno = 24.

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Da quanto abbiamo detto si scorge che l’equivalente dei corpi nell’atto della loro combinazione chimica non si altera, nè modifica menomamente, quantunque abbia luogo un così profondo cambiamento nelle altre proprietà. L’equivalente è dunque come uno spirito invulnerabile, intangibile, che presiede alla combinazione dei corpi senza mai abbandonarli.

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Abbiamo visto che un acido combinandosi con una base dà origine ad un sale. Il nome di questo si deve adunque comporre del nome dell’acido, e del nome della base; con una leggera modificazione però del nome dell’acido, il quale, terminato essendo in ico, si cambia in ato ed essendo terminato in oso si cambia in ito; la parola ossido venendo spesso omessa per brevità.

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L’equivalente chimico dell’ossigeno viene espresso dal n° 8 come abbiamo veduto, poichè in tutte le combinazioni che esso forma cogli altri corpi si conserva sempre questa quantità di peso, oppure un multiplo di essa, cosicchè in una combinazione chimica esso può rinvenirsi nella proporzione di 8 — 16— 24 — ecc., ma non mai nella proporzione di 7 — 10 — 11

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Quest’acido, quando è puro, è composto, come abbiamo veduto,

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Allora si deve operare col metodo delle carte reagenti, come abbiamo detto per le soluzioni dilungatissime di acido solforico:

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Le lastre di rame si possono inargentare in modo perfetto con l’azione galvanica, col mezzo della quale noi possiamo a piacimento aumentare lo spessore dello strato di argento senza dover riscaldare, ed abbiamo il vantaggio di ottenere uno strato di argento assolutamente puro. Il più semplice metodo consiste:

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Abbiamo già parlato di questa sostanza trattando del cautschouc. Essa è preziosa pel fotografo che viaggia, imperocchè può rimpiazzare in molte circostanze il fragile vetro nel fabbricare i bacini, gli imbuti, le boccie, ecc.

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Abbiamo veduto che questo sale è il miglior fissatore delle immagini fotografiche per la proprietà che esso ha di sciogliere i ioduri, i bromuri, i cloruri, i cianuri di argento che non vennero alterati dalla luce e dai liquidi rivelatori.

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Il cloruro che così si ottiene si può cimentare in due modi diversi; per via umida, come abbiamo veduto di sopra, o per via secca, che consiste nel calcinare in crogiuolo di terra

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Dal ragionamento che qui sopra abbiamo fatto, si vede che noi applichiamo ai pesi i ragionamenti fatti sui volumi. Con un tal metodo, quando vi ha contrazione o dilatazione, e quando la densità dei liquidi che si mescolano è diversa, non si ottiene un’esattezza matematica. Infatti sia V il volume di un liquido;

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e l’errore che commetto è minore di 1/2(1/5x1/500-1/6x1/500) = 1/60x1/500, come abbiamo detto.

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Il lavoro di questa costruzione gli sarà ancor meno imbarazzante se esso vorrà consultare la parte in cui abbiamo trattato degli istrumenti ottici, le figure che abbiamo date della camera oscura e suoi accessorii.

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., dopo lo spazio di 10 minuti circa non comparisca sufficientemente intensa, prendi la soluzione di acido gallico, che hai versato nel bicchiere come abbiamo detto, e riversala sulla lastra.

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Tu, approfittando di questa proprietà, esaminerai di nuovo con attenzione la tua prova per poterla, mentre sei ancora in tempo, riprendere con acido gallico e nitrato di argento, rinforzarla nel modo che abbiamo veduto di sopra, nel caso che essa non avesse ancor ricevuto una conveniente intensità.

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Noi non abbiamo alcuna prova di ciò, ci abbondano invece i fatti che provano non influire sulla sensibilità la quantità più o meno grande dell’ioduro contenuto nel collodio relativamente alla pirossilina.

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. — Nella prima edizione di questo trattato abbiamo dato la seguente ricetta per preparare il collodio fotografico. Molti operatori avendo ottenuto buoni risultati con essa, stimiamo utile di qui riprodurla.

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. — Parlando del collodio semplice abbiamo veduto quale sia l’azione che esercitano questi due componenti del collodio. Ora ci rimane a considerare una tale azione relativamente alle operazioni fotografiche.

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Non teniamo conto che della pirossilina nel fare l’aggiunta dell’ioduro, e non ci curiamo degli spiriti che in maggiore o minor quantità si possono aggiungere al collodio per dilungarlo, perchè questi, evaporandosi poi sulla lastra, non possono entrare in questione nel nostro proposito, e pensatamente abbiamo omesso di aggiungere la proporzione chiesta dal bromuro, perchè questo è meno importante, e perchè la sua azione richiede il concorso del tempo per rendersi profittevole.

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L’acidificazione del bagno sensibilizzatore, di cui abbiamo parlato più sopra, può anche spesso derivare dall’uso di un collodio vecchio di color rosso; in questo caso non vi è altro inconveniente che nella maggior lentezza d’impressione fotogenica.

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Alcuni si servono della artificiale che abbiamo indicato a pagina 144.

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Vi sono altre vie per intensare le prove, ma esse essendo meno convenienti di quella che abbiamo or ora accennata, perchè o sono più complicate e lunghe, od hanno per effetto di togliere la tenacità ed adesività dello strato sul vetro, sarà meglio passar oltre, che parlar di esse.

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Sotto un tale punto di vista il procedimento del collodio albuminato è forse preferibile a tutti gli altri procedimenti, e noi lo raccomandiamo sia per l’autorità dei valenti operatori, dai quali lo abbiamo veduto usato esclusivamente, sia per l’esperienza che ne abbiamo fatto noi stessi in varie occasioni, con successo perfetto e costante.

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Adunque noi lo descriveremo brevemente, persuasi che il lettore ne trarrà egual vantaggio, e che sarebbe cosa inutile il ripetere le osservazioni che già abbiamo fatto presso l’albumina ed il collodio. Ecco in qual modo si opera.

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Nelle operazioni che si debbono far subire alla carta abbiamo procurato di conservare la più grande analogia possibile coi metodi prima d’ora descritti, sia nelle manipolazioni, sia nella composizione dei liquidi sensibilizzatori, rivelatori, fissatori, ecc.

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Ciò, che abbiamo detto presso il collodio e l’albumina, per rispetto alle regole generali a seguirsi nell’eseguire questa operazione, è naturalmente applicabile anche alla carta.

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L'albumina in questo caso si prepara ancora colle stesse precauzioni che abbiamo indicato nella prima parte, a pagina 295, e può essere composta nella proporzione di

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L’iposolfito di soda in soluzione nell’acqua, che noi abbiamo trovato essere di un ottimo uso per fissare le prove negative, è un energico dissolvente del cloruro d’argento, epperciò esso è la sostanza a cui generalmente si ricorre nella fissazione delle prove positive.

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Se si mettesse la prova nell’acqua corrente basterebbe un’azione di tre ore per essere fissata sufficientemente bene; se si volesse ottenere sulle prove una tinta molto nera converrebbe ricorrere alla soluzione di cloruro d’oro all’acido citrico e bicarbonato di soda, che abbiamo descritto nella osservazione (4a) del capo precedente.

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Laonde noi non abbiamo prescritto altra norma, tranne quella che consiste nel lasciare agire l’iposolfito per un tempo che l’esperienza ci fa ritenere come sufficiente. Ciò non pertanto si possono dare regole abbastanza approssimative per operare con successo in ogni circostanza, principalmente quando non si conosce la forza del bagno fissatore.

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Il modo di operare per ottenere questo scopo lo abbiamo descritto a pagina 264 trattando della chimica fotografica.

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Nel libro primo, in cui abbiamo, trattato dell’ottica applicata alla fotografia, abbiamo descritto le proprietà delle lenti che servono a produrre l’immagine nella camera oscura. Queste lenti il fotografo italiano è costretto comperarle all’estero, perchè i nostri costruttori di istrumenti ottici non si sono mai seriamente occupati intorno alla fabbricazione di buone lenti fotografiche.

Pagina 480

Abbiamo qui sopra dato una troppo breve descrizione della pila. Ma faremo osservare che si impara più facilmente a conoscere questo istrumento dal vederlo una volta a funzionare, che non da una minuta descrizione: Ein Mal sehen ist besser als sehn Mal lesen.

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