Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Marina ovvero il galateo della fanciulla

193904
Costantino Rodella 6 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
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Noi abbiam seguito Marina nelle principali vicende della vita, e sempre abbiam trovato la gentilezza del tratto non mai disgiunta dalla bontà del cuore; il che deve servir d'ammonimento a tutte le fanciulle di educare l'anima a virtù; perchè allora l'urbanità verrà da sè senza sforzo e senza affettazione, la quale indica sempre un desiderio di parere e non di essere, la parola non il cuore, la veste insomma non il corpo. Quella recitazione di complimenti vani, di lodi smaccate, che fan salir il rosso fin alla radice de'capelli, quel turibolo insomma dato lì sul muso, a cui non si sa come rispondere, sono affettazioni di urbanità. Nè si confonda l'urbanità coll'etichetta; parola e cosa a noi venutaci dalla puntigliosa pretensione spagnuola, e consiste nell'osservare le più minute e ridicole cerimonie; il che è fatto apposta per agghiacciare qualunque amichevole ritrovo. Perchè una quando vuol star sull'onorevole, e nel contegno par che dica; state in guardia, io son chi sono! e mette tanto di grugno se non vien salutata prima, se non se le dà il posto più cospicuo, o non se le parla con tutti i riguardi, addio allegrezza di compagnia, addio piacevole conversare, la festa si raffredda, ammutisce, degenera in isbadiglio. Quindi i malcontenti. Oh la brutta razza de' malcontenti! è un piagnisteo continuo lo star con loro. I tempi pèggiorano, le stagioni corrono a rovescio, i raccolti scarsi, tutto è miseria! Il fiore della speranza non può per nulla attecchire in questi cuori delle sette piaghe! Si è a mensa? Questo piatto è insipido, quella vivanda è stracotta e via su questo andare. Si fa una scampagnata? Dio, che scelta! La via è lunga, ripida, noiosa! — Come le garba, signorina, questo villaggio? —È un orrore, io non ci vorrei essere nè dipinta, nè scritta! E qui a trovar difetti senza punto darsi per intesa che si fa ingiuria e villania ai terrazzani a dir male del loro paese. In ciò fanno atto di squisita urbanità quelle che anzi s'ingegnano di scoprirne i pregi e lodarli bellamente, punto facendo caso, anzi velando il più possibile i difetti. — Come sta oggi, signora? — Ahimè, male, non ho dormito! — e giù contro il vento, il freddo, il caldo, il mal di nervi, l'insonnia, l'emicrania, e tutti i malanni. In guisa che con questa sorta di gente non si può far di meglio che recitare i sette salmi penitenziali. Si badi anche alle cose più leggiere; chè nelle inezie talora si rivela il carattere più che nelle gravi azioni. Quelle ragazze che muovendosi nelle camere piantano i piedi, come i coscritti negli esercizi militari, quelle, che invece di posare un oggetto sui mobili o consegnarlo in mano a qualcheduno, glielo lanciano di lontano; quelle che, camminando in luogo affollato, invece di ingegnarsi di scansar la gente, urtano qui, pestano là; quelle che ne' colloquii famigliari alzano la voce, come a predicare; hanno poco vantaggio dalle contadine allevate ne'campi. E poichè sono ad avvertirvi sugli atti sconvenienti, vi consiglierei per ultimo di guardarvi dalle pretensioni. Que' riguardi che si usano avere per galanteria, quando vengono pretesi come obbligo, allora par che cambino natura; anzi nasce la voglia di non più usarli, perchè non c'è cosa che più urti i nervi, che la pretesa. La Corriera deve partire, l'ora è sonata, il vetturino schiocca la frusta, tutti i viaggiatori son su, manca la signora B...., si guarda intorno, è là allo svolto della via ferma a ragionare con qualcheduno; dopo un buon pezzo si avvia lentamente viene alla vettura, è lì per salire, ma non rifinisce di salutare, di raccomandare. Sale, scomoda tutti: scusi, passi, scusi lei, anzi lei, finchè si caccia lunga e larga nel posto migliore: ohè, si è spenta la galanteria nel mondo? sono una signora infin dei conti! pare che dica nella sua aria di pretensione, nello stesso tempo che mette il paniere sulle gambe del vicino di fianco, lo scialle in grembo a quel che lo sta dirimpetto; avrà inoltre una ragazzetta con sè, misericordia, com'è malavezza! Non un momento tranquilla, si muove di qua, si torce di là, mette i piedi addosso ai vicini sciupandone gli abiti, tutto quel che vede lo vuole, e guai se non glie lo date, piange, strilla; a che viaggio d'inferno si condannano que' poveri viaggiatori! E qui fo punto per non aver l'aria di predicatore, augurando a tutte le madri figliuole simili a Marina, la quale per non lasciarla lì su due piedi dirò che diede la mano di sposa al dottor Enrico, quello stesso, i cui pregi narrai nel Galateo del fanciullo. Onde vi lascio immaginare qual coppia felice sia stata codesta, e se tutte le benedizioni del Cielo non vi piovvero sopra. FINE.

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Quella consuetudine, che abbiam detto della signora Bianca, di leggere e chiosare ogni dì qualche capo del galateo, aveva fatto l’abitudine in Marina non solo di comportarsi sempre urbanamente in ogni luogo e con ogni persona: ma ancora le aveva svolto nell’animo un certo buon gusto da giudicar rettamente degli atti altrui; e ogni dì nel suo giornale della vita, che per consiglio della madre aveva cominciato a scombiccherare dal primo momento che potè mettere in carta i suoi sentimenti, andava notando pensieri e fatterelli che ci possono dare una fisonomia assai bella d'una scuola femminile.

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Ma forse, perchè era tutta innamorata della matematica, insegnava troppo, non perdonandola nè anco alla geometria, la quale, a vero dire, non so fino a che punto torni di vantaggio alle giovinette, se non forse a darle quella stabilità e quella pazienza, che abbiam detto mancar loro nelle cose dell'intelletto. Sia come si sia, Marina vi trovò molta difficoltà; non è che stesse molto indietro dalle compagne; ma stentava a seguirle. Qui però è da avvertire la bella sua indole. In generale le ragazze se ne fanno un vanto, quando non riescono in qualche genere di studi, che sia più da uomo che da donna, come è della matematica, e quasi mettono in ridicolo chi vi inclina e fa profitto. Marina invece era dispiacente di ciò, e confessava come un difetto del suo ingegno il non poter avanzarsi nell'aritmetica come le altre; e quando ne parlava, poveretta, si vedeva che invidiava la fortuna delle compagne, che vi avevan più disposizione, e le pareva la sua un'istruzione incompleta! Pigliava però diletto delle altre scienze positive, come della fisica e della storia naturale. Un bravo e dotto medico s'era fatto un obbligo di spiegare alle alunne delle classi superiori que'tratti di scienza,che più hanno relazione colla pratica della vita, lasciando fuori la scienza pura e teorica, nè seguendo un ordine scientifico da trattato. Egli pigliava occasione dai casi dell'atmosfera, dai fatti, per così dire, quotidiani. Scoppiava un temporale? parlava del fulmine, delle nuvole, della grandine. Compariva una cometa, un'aurora boreale? Cercava di spiegarne la natura; analizzava l'aria, l'acqua, le sostanze alimentari, le vesti, l'architettura del corpo, l e norme più semplici d'igiene; e queste cose le esponeva buonamente, come un padre alla famigliuola congregata; ma quantunque sembrasse che volesse spogliare la scienza del suo grave paludamento, tuttavia teneva molto al rigore, e alla precisione scientifica; perchè diceva, nulla nuocere tanto alla chiarezza, quanto d'esporre la scienza solo per approssimazione, con improprietà di linguaggio, e con scambio di cause e di effetti. Aveva nel suo parlare tanta vita, tanta comunicativa, che infondeva, negli altri l'entusiasmo per i fatti della natura, che aveva egli nel cuore, e le allieve si formavano un chiaro concetto de' fenomeni naturali, e si avvezzavano ad esaminare e a scoprir le cause e le ragioni di quello che loro s'offriva allo sguardo, ed imparavano ad apprezzare anche le cose più piccole, perchè nel vasto sistema del mondo hanno pur esse il loro mandato da eseguire. Marina trovava così utili questi studi, e così opportuni non solo per conservare la salute, ma ancora nella pratica materiale e morale della vita, che avrebbe voluto, che in tutte le scuole vi pigliassero un posto conveniente. Essa v'imparò molte cose, che in un'occorrenza le potevan giovare di molto: per una scottatura, un taglio; certi cibi e certe bevande più confacenti in tali e tali stagioni e circostanze; tali specifici per lavare alcune stoffe, smacchiare un abito, conservarlo, e via su questo fare; e si spogliò di molti pregiudizi ed errori.

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Abbiam detto più su che quando la signora Bianca s'accorse del poco frutto che ritraeva la figliuola dalla musica, pesava già di volgersi ad altro; ora dobbiamo avvertire che in quel torno avvenne un gran cambiamento. Il maestro di Marina per certe sue faccende dovette lasciar Torino, e venne chiamato a sostituirlo il signor Eugenio, uomo intelligente ed ingegnoso, che sapeva tirar partito anche delle difficoltà che incontravano gli allievi, e perciò s'era fatto un bel nome nell'arte musicale. Vedete prodigio! come se una cappa di piombo si fosse levata di dosso alla fanciulla, in breve tempo si trovò così disposta alla musica che il pianoforte le riuscì poco men che un bisogno; sicchè essa stessa ne faceva le maraviglie. Ma la ragione è presto trovata. Il primo maestro, come la maggior parte di quei che insegnano, aveva ridotto l'arte della musica a un puro esercizio materiale, a mestiere, in cui l'anima non ci aveva nulla che fare; era una sorta di meccanismo per mettere in moto i martellini del pianoforte, un giuocatolo insomma per cui, tocca una leva, scatta un suono; quindi ogni suo studio era volto a dar agilità alla mano, spigliatezza alle dita per picchiare rapidamente sulla tastiera; una prestidigitazione e nulla più; nessuna ragione dell'arte, nessuna corrispondenza col cuore, nessun sentimento del bello, nessuna cognizione di quel che si fa. In questa guisa è impossibile che un'allieva riesca a conoscere che sia stile e giunga ad apprezzare gli autori e ad intendere la connessione delle idee musicali. Marina, che aveva ingegno riflessivo e che viveva coll'anima, mal s'adattava a quella sterilità di suoni che lasciavano il vuoto nel cuore; al pianoforte ci si annoiava e non sentiva propensione alcuna per quella sorta di musica. Ma appena ch'ebbe a fare col signor Eugenio, oh fu un altro par di maniche; questi era un vero maestro, che intendeva la musica nello spirito suo più elevato di creazione e di ispirazione di quanto v'ha di più profondo nel cuore e di più bello nella fantasia. E tosto nelle prime lezioni le fece conoscere la relazione del meccanismo coll'arte musicale, e senza stancarla a picchiar i tasti, le apprese a tutta prima a leggere la musica, pei a solfeggiarla, indi a renderla col suono del piano; e così via via la condusse alla vera scienza de' suoni. Marina con vivo trasporto di gioia entrava ne' gentili segreti dell'arte e vi rinveniva sempre una ricca fonte di delicate ispirazioni, che facevan paga la sua anima, avida delle cose belle. Nè si contentò del suono, ma in pari tempo volle anche esercitarsi nel canto. Aveva una voce soave e ben intonata, ma non molto piena però, fioca e deboluccia piuttosto; per il che la madre la secondò di buona voglia in questo desiderio; perchè oltre al divertimento pensava che le si sarebbe rafforzato di molto il petto e ingagliardite le corde vocali; giacchè sapeva che il canto è pur esso una buona ginnastica, e che giova agli organi della respirazione più che altri non creda. E infatti Marina in poco andare ne sperimentò i benefici effetti: voce più forte e più chiara, respiro più libero e meno affaticato, anche dopo un violento esercizio di membra. Alla musica prima aveva destinato un'ora del dì, poi due, e in quelle continuò sempre senz'alcuna interruzione. Si è per questa perseveranza che nel giro di non troppi anni pervenne, sia nel canto, sia nel suono, ad eseguire con somma maestria pezzi, che non sarebbero paruti facili anche a maestri tanto fatti; e, quel che è più, acquistò una giusta conocenza delle scuole e degli stili de' migliori compositori. Il che non è picciol pregio, da non doversi trascurare nell'educazione giovanile. Aveva anche sommo riguardo di non metter troppo a prova la pazienza del vicinato; onde le ore di musica eran quelle che meno potessero molestare le occupazioni de' casigliani; non erano nè troppo per tempo il mattino, nè troppo tardi la notte, per non rompere il sonno di chi ha a dormire. E quando sapeva qualcheduno malato gravemente lì presso, non faceva più una nota; era delicatissima in tutti i suoi sentimenti; onde i vicini la lodavano, e quando si veniva con lei su questo discorso, le dicevano: oh lei non fa come la tale e la tale, che strimpella sempre senza riguardo; venuta a casa dal teatro, anche dopo la mezzanotte, se le gira il capriccio si mette a stonare sul piano, che è una maledizione per chi deve stare vicino; e quando s'è malati, s'ha un bel pregare, ma nessuna carità! Vi sono alcune giovanette, che senza punto di orecchie han voce disgraziatissima, e tuttavia vogliono ad ogni modo cantare; se sono in coro stuonano orribilmente e guastano l'armonia degli altri, se da sole svisano tanto i motivi de'maestri, da lacerar le orecchie di ogni buon figlio d'Adamo, e producono un senso di male, specie in chi ne ricorda le vere ariette. Tali fanciulle, per l'ombra di Rossini, si turino la bocca, che guadagneranno molto più nell'amore e nella stima del genere umano!

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Onde prima dei quattordici non sappiam le cose, sappiam solo le parole; e invero se si è interrogati, si risponde colle parole sacramentali, che abbiam studiato macchinalmente nel libro, o che ci ha appreso il maestro; se si cambian le parole, si fa una confusione da non poterne più cavar costrutto. Quando invece la potenza riflessiva è messa in atto, quello che si ascolta si sottopone ad un esame intimo, all'approvazione del nostro giudizio, e la coscienza ci dice: è così; oppure: così non può stare. Ecco come l'appreso diventa scienza, e resta in noi come fatto nostro, nostra proprietà, e ne disponiamo come e quando ci viene il destro, senza essere legati alla nuda parola. Eppure la fanciulla cessa per appunto gli studi, quando essi si farebbero profittevoli e sicuri. Il che ci spiega come la donna in materia di studi sia piuttosto leggiera, superficiale ed anche pedante; e se sa le cose, non le conosce nella loro ampiezza, nelle loro relazioni e cause remote: ma ne ritiene solo quanto le è stato detto; perchè la sua scienza è tutta di memoria. Quante volte non ci accadde di vedere nelle famiglie la sorella fino ai dodici anni vincere il fratello negli studi, e passati alcuni anni trovarsi un cambiamento incredibile? la ragazza restare stazionaria, se non perde, e il fratello sviluppare un criterio, una logica, una bontà di giudizio che non sapete spiegare; se non riflettete che gli studi più forti egli li fa dai quattordici ai venti, ai ventiquattro, e la sorella li cessò ai quattordici, se non ai dodici. Ecco la ragione della grande differenza intellettuale ne' due sessi, differenza che dovrebbe essere minima o scomparire affatto, se gli studi meglio si organassero per le fanciulle. Esaminiamo un po' meglio per minuto quel che avviene nella vita educativa della giovanetta, e si riconoscerà che si cammina proprio a ritroso della natura. L'istruzione intellettuale le s'impartisce dai cinque ai dieci o dodici anni, quindi le si fa abbandonare la scuola e non se ne parla più, se non forse di qualche lezione per settimana di lingua francese. Tutta la sua vita viene quinc'innanzi divisa fra il pianoforte e que'lavori che si dicono femminili. Ora lasciatemi dimandare: quali occupazioni richiedono maggior forza intellettuale, gli studi o i lavori di mano? Ma questi lavori sono meccanici e la memoria e l'imitazione è tutto, e perciò si potevano tanto bene cominciare prima senza tanto detrimento. La signora Bianca, che poco si lasciava pigliar la mano dall'andazzo comune, diceva che per dare una buona istruzione alle giovani è necessario prolungare il tempo degli studi; e perchè l'una cosa non sia a disvantaggio dell'altra, approvava che contemporaneamente agli studi le si facessero apprendere i lavori femminili e le arti di ornamento. Fino ai diciott'anni non voleva che la ragazza facesse la signorina; lasciarle la testa ai grilli prima, è un metterla nei rischi del mondo, vana, senza studio e senza esperienza. Trovava che fino ai diciotto c'è abbastanza di tempo per istruirla in ogni ramo conveniente ai tempi progrediti, alla civiltà del secolo, e ritornava sempre alla sua idea, che dalla donna istruita infiniti beni ridondano alla società. E come pensava, praticò con Marina; il che spiega come questa abbia potuto erudirsi in tutte quelle materie che abbiam detto.

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