Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbiam

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Il Plutarco femminile

217860
Pietro Fanfano 2 occorrenze
  • 1893
  • Paolo Carrara Editore
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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La signora Bettina, che l' altra volta vedemmo essere così peritosa di leggere in pubblico, aveva adesso vinta la sua peritanza e andò al suo luogo tutta lieta, incominciando così: "Fin qui abbiam veduto eroine filosofesse, letterate, pittrici, poetesse e artiste: oggi voglio raccontarvi dell' Anna Morandi, nata a Bologna su' primi anni del secolo passato, la quale insegnò anatomia nella Università di Bologna stessa. Aveva essa sposato Giovanni Manzolini, assai valente pittore, e valentissimo anatomico; e vedendo che il suo buon marito era perseguitato fieramente dagli invidiosi, e quasi trascurato nella formazione della famosa camera, o gabinetto anatomico, ch' egli stava preparando per quell' Istituto, l' affetto che essa gli portava la invogliò di ajutarlo in questa difficile arte: il perchè vinta non senza grande stento la ripugnanza e l' orrore a trattar cadaveri, si diede a studiare indefessamente, a far sezioni e preparazioni anatomiche, esperimenti ed osservazioni: talmente che col sussidio de' continui ammaestramenti dei suo Giovanni, e con lettura de' migliori trattaci, giunse alla piena cognizione della scienza, nella quale fece delle nuove ed eccellenti dimostrazioni: le quali cose ben presto la rendettero celebre per tutta Europa non solo; ma non ci fu Accademia scientifica che non la volesse per collega; non Università che non le offerisse una cattedra. Lo stesso imperatore Giuseppe II, passando per Bologna, andò a farle visita, e le disse parole amorevolissime e di grande encomio; la città di Milano le mand� un foglio in bianco, e ci scrivesse i patti ch' ella volesse, per andare a insegnar la scienza in quella scuola: la imperatrice delle Russie per due volte la invitò alla sua corte. Ma la valente donna a tutte queste magnifiche offerte preferì la quiete della vita privata, e solo nel 1758, avendo perduto il marito, accettò la cattedra di anatomia nella università di Bologna, senz' obbligo per altro di dar lezioni, perchè, vedova e tuttora avvenente, non voleva concorso di giovani appresso di sè. Dilettossi parimenti di far ritratti in cera, e ne fece de' somigliantissimi: visse onoratamente fino al 1774 lasciando di sì chiara fama, la quale non si spegnerà ne' secoli più lontani." Quando la signora Bettina raccontava come la Morandi trattasse cadaveri e facesse preparazioni anatomiche, chi avesse guardato in faccia tutte le ragazze avrebbe veduto fare a ciascuna atti di schifiltà e di ribrezzo; ed una di esse non potè tenersi che, finita la lettura, non dicesse: "Le donne guerriere, filosofesse, poetesse, artiste, letterate, eccetera, eccetera, le lodo e mi piacciono; ma, ecco, il vedere una donna maneggiare cadaveri e rinvoltarsi nel putridume, questo mi fa stomaco, nè io posso volerle bene, o averla in venerazione." "Sì interruppe la direttrice, la signorina ha ragione: sa troppo di strano che una donna si dia a trattar cadaveri, e faccia tutte le altre ripugnanti cose che dee fare chi professa l' anatomia. Ma, se si considera che la cagione che mosse a ciò la Morandi fu l'affetto al marito; e se parimente si considera quanto essa onorò la scienza e l' Italia, e giov� agli uomini, non ci può essere, io credo, nessuno, sia schifiltoso se sa, che non le dia alte lodi." "è vero, ma...." Il maestro ruppe qui la disputa, osservando piacevolmente, che circa all' aver la Morandi giovato agli uomini, non tutti lo crederanno, perchè, se è vero che gli studj di anatomia sono ajuto efficacissimo agli studj della medicina, è vero per altro, che io, e malti altri con me, hanno poca fiducia in essa medicina; e tra quelli che ce ne hanno meno sono parecchi medici. Mi ricordo di aver sentito raccontare che un tale, parlando col Catenacci, famoso professore di anatomia, gli dicesse: Ma voi, che siete tanto bravo anatomico, e conoscete così per l' appunto la struttura del corpo umano, vo' dovete saper guarire ogni malattia. A che il professore rispose: è vero, io so discretamente l' anatomia; ma disgraziatamente noi siamo come i facchini di Firenze, che sanno a menadito tutte le strade, ma poi non sanno quel che si fa per vivere". "Ho sentito nominare dal mio babbo, che studia sempre Dante, e si prova a farmelo studiare anche a me, disse la signora Zaira, gli ho sentito rammentare un professor Catellacci, che tradusse la Divina Commedia in versi latini. È forse codesto medesimo rammentato da lei, signor maestro?" "Sì, è il medesimo: non tradusse però tutta la Divina Commedia, ma il solo Inferno; e que' versi latini sono belli veramente; e circa alla intelligenza del Poema, si vede esser meravigliosamente vera, e dovere per conseguenza essere stato lo studio prediletto di quel valentuomo. Ma, ella, signora Zaìra, ha detto che il suo signor padre le fa studiar Dante. Mi faccia ora il favore di dirmi, se di quello studio ella se ne diletta: e se le riesca difficile la intelligenza della poesia dantesca. Ho fatto pensiero di cominciare a leggere in iscuola la Divina Commedia; e non ne sono ben risoluto, reputando che sia un po' troppo difficile per signorine. Ora, saputo coni' ella se ne diletta, e lo intende, piglier� partito o del sì o del no." "Io parrò forse presuntuosa; ma fuorchè quelle cose dell'allegoria, e quelle questioni scientifiche, e quei luoghi che vedo essere incerti ed oscuri per tutti, lo intendo assai chiaramente, e ne prendo meraviglioso diletto." Qui entrò a parlare la direttrice, dicendo che non dubitava punto che siccome dello studio di Dante se ne dilettava la signora Zaìra, così non se ne fossero per dilettare alcune altre delle signorine del suo Istituto; e confortò il maestro a seguire il suo buon proposito di leggerlo e farlo studiare a quelle che il desiderassero: e il maestro promise che nell' anno prossimo incomincierebbe sulla Divina Commedia un esercizio facile e piacevole quanto più potesse, del quale aveva già quasi disegnato l' ordine e il modo.

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Donne volgari e senza buona educazione, fanno come abbiam veduto fare alle donne di Messina, delle quali ci parlò la Nina; e come le donne francesi della Rivoluzione, delle quali ci parlò la signora direttrice: la nostra, con la prudenza, con l' autorità, e con ardite e gravi parole agli oppressori della libertà, liberò la sua patria." "La signora Rosina, disse qui la direttrice, almanacca sempre con la nobiltà, con la nascita illustre e con altre simili cose; ma chi le ha detto che il generoso atto di madonna Clarice procedesse solo da ciò? Basta, non rientriamo in questa materia della nobiltà; e facciamo piuttosto notare a queste signorine come la città di Firenze, e la fiorentina Repubblica, quello che acquistò per la prudenza e per l' animo virile di una donna, lo perdè ben presto per il poco senno de' Fiorentini, e per la sventura sua propria. I Medici furon cacciati, è vero; ma partirono col pensiero al ritorno; e tra perchè i Fiorentini si perdevano in vane dispute, e perchè non pensarono di proposito ad assicurare la fresca liber si trovaron poi addosso quella spietata guerra di papa Clemente VII, ajutato dall' imperatore Carlo V, per la quale Firenze fu assediata, la Repubblica uccisa e ricondotti i Medici, non più come cittadini ma come principi assoluti. E quel Filippo Strozzi, marito della Clarice, dopo aver barcamenato in mille maniere, si unì all' ultimo co' fuorusciti fiorentini, i quali tentarono, parecchi anni dopo, di liberar Firenze con l' ajuto di Francia; ma fu preso insieme con gli altri a Montemurlo, dopo aspra battaglia; e chiuso in una fortezza, vi finì miseramente la vita, chi dice ammazzatosi da sè, e chi fattovi ammazzare dal duca Cosimo de' Medici allora regnante." Veduto che la direttrice si taceva, la signora Alisa disse: "Questo ragionamento tutto storico mi fa venire in mente un pensiero: come mai, tra tante donne illustri da noi ricordate, nè meno una ce n' è che abbia scritto istorie? "A questa domanda, disse la direttrice, potrà forse più acconciamente di me rispondere il signor maestro." Ed il maestro: " Che io il sappia fare più acconciamente di lei, ne dubito forte; nondimeno, se a lei piace che la risposta si faccia da me, io la farò. Le ragioni perchè non ci sono storie gravi scritte da donne sono su per giù quelle medesime assegnate qui altra volta per rendere ragione della rarità delle donne scienziate, rispetto alle letterate o alle artiste. Lo scrivere istorie non è opera di semplice fantasia nè a ciò basta il solo pronto ingegno; ma ci vogliono molte qualità che una donna non può avere oltre a quella che ha raramente, di una mente disposta agli studj più gravi e speculativi: ci vuole, diceva, lunga pratica di negozi pubblici; lungo ed assiduo studio degli storici di ogni tempo e di ogni nazione; andare a passare il più del tempo per le biblioteche ed archivi, frugando, interpretando vecchi documenti, facendo spoglj sopra codici di materie diverse: ci vuole una lunga contuetudine del trattare materie politiche; conoscenza perfetta del diritto pubblico, delle leggi che governano la diplomazia, e sottili investigazioni di ogni maniera. Tutte cose aliene troppo dalle consuetudini di una donna, ed alcune anche non possibili alle donne. Ecco perchè non ci sono donne che abbiano composte istorie da potersi veramente dir tali il che per altro non significa che non ce ne possa essere nel tempo avvenire; e che una di queste non possa essere anche la signora Elisina, sol che voglia barattare le cure gentili e benigne proprie delle donne, con le gravissime e laboriosissime degli uomini, anzi lasciando quasi di esser donna e facendosi uomo." Qui le altre alunne fecero una bella risata; e la signora Elisina, ridendo insieme con esse, protestò di voler rimaner donna coni' era: e così di un piacevole ragionamento in un altro venne l' ora del doversi partire, e partirono.

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