Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La propaganda socialista

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

In un paese come il nostro, egli dice, ove la stragrande maggioranza senza distinzione di partito fu della guerra non propagatrice, ma vittima, in un paese, ove il popolo, sorpreso dagli avvenimenti, venne cacciato a colpi di baionetta nelle lande della Galizia, in un paese d’altro canto, il quale fornì agli apostoli della guerra in Italia uno dei loro propagandisti più tenaci nella persona del capo e del deputato del partito socialista trentino, è strano, è strabiliante, è fenomenale, che lo stesso partito socialista trentino abbia la spudoratezza di presentarsi al popolo in veste di verginella per dichiararsi completamente innocente del sangue sparso e in veste di terribile accusatore per bollare a fuoco preti e borghesi e chiedere la loro condanna perché questi e questi soli avrebbero voluta, propagandata, sostenuta la guerra. Eppure tutto ciò si fa nelle adunanze elettorali socialiste, speculando sulla corta memoria degli uditorii; si fa anche nella stampa socialista. L’on. Degasperi legge qui ad esempio alcuni brani d’un articolo di fondo dell’«Internazionale» di venerdì 19 settembre. L’articolista dopo aver descritto a foschi colori le conseguenze della guerra (10 milioni di morti, 24 milioni di mutilati) si domanda: Di chi la colpa? E risponde: «Dei socialisti? No. - No, perché questi fin dal giorno in cui Carlo Marx lanciò il grido: Proletari di tutti i paesi, unitevi! predicarono sempre la fratellanza di tutti i popoli, negarono sempre a tutti i governi i mezzi per far le guerre, lottarono contro il militarismo, contro tutti i partiti e governi che lo sostenevano e che aizzavano un popolo contro l’altro popolo, una razza contro l'altra razza. Di chi dunque la colpa? Dei governi? Sì. - Di quali? Di tutti. Perché tutti i governi erano capitalisti, nessuno socialista. Perché tutti i governi ed i loro parlamenti erano composti di grandi maggioranze clericali, nazionaliste, liberali, che sempre sostenevano il capitalismo del loro paese... I sacerdoti cattolici, protestanti, ortodossi? Sì, perché, furono i cattolici democristiani che in Austria, in Germania, in Inghilterra sostennero i governi militaristi. Erano loro che aizzavano in tutti i paesi d’ Europa le masse alla guerra; erano i loro preti che benedicevano le bandiere, che predicavano da tutti i pulpiti, sulle piazze, nelle caserme che la guerra bisognava farla per difendere la patria, l’imperatore, il re. Erano essi che predicavano l’odio contro gli altri popoli, che incoraggiavano i battaglioni di marcia, che predicavano la pazienza e la rassegnazione alle madri, alle spose, ai bimbi privati dei loro cari. E così facevano i pastori protestanti in Germania, i pope ortodossi in Russia, in Rumenia. I preti di tutti i paesi e di tutte le religioni furono sempre prima e durante la guerra coi loro governi capitalisti e militaristi, oggi sono ancora con i medesimi contro le repubbliche socialiste, le quali non vogliono che pace. I nazionalisti, liberali? Sì. - sì, perché questi sono per principio i sostenitori del militarismo, perché solo nella brutalità della guerra e delle armi riscontrano i mezzi per salvaguardare i propri interessi capitalistici. Furono questi che crearono e nutrirono l’odio contro tutte le razze, che fecero nascere l’irredentismo nei vari paesi e fomentarono le guerre. Eccovi, o lavoratori e contadini, i responsabili della guerra! Eccovi le canaglie che sotto il pretesto di difendere la religione e la patria, seppero condurvi in trincea per ammazzare o farsi ammazzare. Eccoveli i responsabili dei vostri morti, dei vostri invalidi, dei tubercolosi, dei rachitici. Eccoveli coloro che vi fecero piombare nella miseria e che vi fecero martiri e vittime di tutte le barbarie provate in questi cinque anni!» Nessuna menzogna, esclama l’oratore, più audace di questa. Dopo aver ammesso che il capitalismo imperialista fu senza dubbio una delle cause principali, l’oratore si domanda se i socialisti abbiano proprio diritto di proclamarsi completamente estranei alla guerra. Il manifesto di Marx è vecchio del ’48. Ma i suoi seguaci abbandonarono la sua strada. I suoi più fidi, i socialisti tedeschi nell’agosto del 1914, votarono al parlamento germanico le spese di guerra, tutti, compreso il Liebknecht. Solo più tardi la frazione degli indipendenti, nelle votazioni successive, si dichiarò contraria, ma la maggioranza, tra cui i capi autorevoli, rimasero fedeli alla causa della guerra, fino alla sconfitta. In Austria i socialisti si divisero, uno dei capi più ammirati, il Dasynsky, col suo gruppo votò non solo per le spese della guerra ancora nel giugno 1917, ma organizzò addirittura le legioni polacche contro la Russia mentre va rilevato che nessun deputato trentino votò mai in favore delle spese o dei prestiti di guerra. L’Arbeiterzeitung stessa, organo del partito internazionale austriaco di cui facevano parte anche i socialisti italiani soggetti all’Austria, scrisse in favore della guerra contro la Russia. Che dire poi dei socialisti sull’altra sponda? Proprio il capo del Bureau socialista internazionale il Vandervelde fu membro del gabinetto di guerra del suo paese e grande propugnatore della guerra a fondo; in Francia furono ministri durante la guerra i socialisti Guesde, Sembat e Thomas quest’ultimo addirittura delle munizioni: in Italia basti ricordare Bissolati, Canepa, Bonomi. Nella stessa Russia i capi socialisti Plechanow, Burzew e Kropotkin (proprio quello ch’è citato stabilmente nella testata dell’«Internazionale») furono ferventi sostenitori della guerra. È vero che tutti costoro partecipando alla guerra si giustificarono con ragioni riguardanti la difesa della loro patria o la civiltà, ma ciò vale anche per i cattolici. Se l’«Internazionale» accusa i cattolici, deve condannare anche i socialisti, se assolve questi, non può accusare i primi. I socialisti trentini non hanno diritto oggi di riesumare Carlo Marx, fondatore dell’Internazionale, per rifarsi una verginità innanzi alla guerra e di richiamarsi a quella internazionale che fece all’atto pratico completo fallimento. In quanto ai preti bisogna distinguere un atto di culto, qual’è quello della benedizione delle bandiere, dall’eccitamento all’odio e alla guerra. Chi ha scritto pagine più feroci contro il nemico di Hervé? E di contro a questi fatti quali atti di propaganda pacifista sanno i socialisti apporre che equivalgano agli appelli, alle proposte, alle iniziative del capo della Chiesa cattolica? E qui si potrebbero ricordare tutti gli atti pontifici in favore della pace. Già nel settembre 1914 Benedetto XV scriveva: «Bastino le rovine che già sono state prodotte, basti il sangue che è già stato sparso; si affrettino dunque ad accogliere nell’anima sentimenti di pace...». Tali appelli il papa ripeté al 1° novembre e nel Natale dei 1914 esclamava: «Deh cadano al suolo le armi fratricide, cadano alfine queste armi troppo macchiate di sangue: e le mani di coloro che hanno dovuto impugnarle tomino ai lavori dell’industria e del commercio, tornino alle opere della civiltà e della pace!». E qual grido fu più commovente, quale appello più forte di quello che il papa dirigeva ai potenti nel primo anniversario della guerra? Rievocate quelle parole che noi, profughi o combattenti per forza, per una causa straniera, leggemmo allora piangendo. «Nel nome Santo di Dio, nel nome del celeste nostro Padre e Signore, per il sangue benedetto di Gesù, prezzo dell’umano riscatto, scongiuriamo voi, che la Divina Provvidenza ha posto al governo delle nazioni belligeranti, a porre termine finalmente a questa orrenda carneficina che ormai da un anno disonora l’Europa... Voi portate innanzi a Dio ed innanzi agli uomini la tremenda responsabilità della pace e della guerra: ascoltate la nostra preghiera, la paterna voce del vicario dell’eterno e supremo giudice, al quale dovrete render conto…». Questo scongiuro fece tale impressione che l’Austria ne proibì la ristampa nel «Bollettino diocesano». I socialisti allora, dall’Avanti all’Arbeiter Zeitung, riproducevano il documento a caratteri di scatola. Ora vorrebbero che tutto ciò fosse dimenticato. Il mondo dovrebbe affidarsi per l’avvenire unicamente alla nuova internazionale che Lenin sta ricostruendo col ferro e col fuoco. Quale è il mezzo con cui essi vorrebbero distruggere il militarismo se non con un altro militarismo alla Trotzky o alla Bela Kun? La dittatura del proletariato, la guerra civile, la violenza insomma dovrà trionfare delle vecchie violenze? Non la lotta di classe, spinta fino alle sue ultime conseguenze, può bandire le guerre future, ma la riorganizzazione della società in base ad una rinnovata coscienza cristiana. La fratellanza di Cristo e solo questa ha la forza di attuare la prima. L’oratore termina applauditissimo ricordando la statua del Redentore che domina la scalea del palazzo della pace all’«Aia», posta come sulla soglia del nuovo mondo che deve venire.

L'assemblea costitutiva del Partito popolare

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

., il Governo abbia mancato di avvedutezza e di energia, l’assemblea domanda che venga subito istituita col concorso delle associazioni economiche della regione una commissione composta di fiduciari del paese che d’accordo coi rappresentanti delle altre terre redente provveda nell’esecuzione del trattato a salvaguardare i nostri interessi ed a prepararne una migliore difesa in occasione della stipulazione delle nuove convenzioni commerciali.

L’assemblea esprime la sua solidarietà coi pubblici funzionari redenti implicati in una duplice lotta per mantenere i propri diritti acquisiti e ovviare alle conseguenze dell’enorme rincaro; in modo particolare assicura il suo appoggio alla benemerita classe magistrale, dolente che lo spirito fazioso di pochi, assecondati da un’oligarchia resa solo possibile per l’assenza di legittimi e legali rappresentanti del paese, abbia portato la disunione là ove era doverosa una dignitosa solidarietà. Manda un plauso speciale ai coraggiosi maestri della Tommaseo, assicurandoli che il popolo sarà grato a coloro che in momenti difficili ne affermano i supremi interessi morali.

Una conferenza dell'on. Degasperi a Merano. Il contraddittorio coi socialisti

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Tornata la pace e la libertà dei commerci, ci sarà la possibilità di studiare serenamente che cosa abbia portato l’esperimento comunista in Russia. Se ci sarà vero progresso, chi potrà negarlo o impedire che si attui in altri paesi? Ma intanto quello che certamente non si può accettare è il sistema generale che si è voluto colà introdurre, cioè l’espropriazione violenta mediante la dittatura politica e militarista del governo dei soviet. Il sistema ha portato alla guerra civile. Abbiamo bisogno in Italia di una altra guerra, più sanguinosa e più crudele, perché fratricida? Ha bisogno il nostro paese semidevastato che l’Italia, a cui è appena congiunta, si lanci nel caos dell’esperimento comunista, mentre c’è tanta urgenza che si riprenda il lavoro, si riordinino le finanze, si aumenti la produzione, affinché noi stessi possiamo uscire dalla crisi in cui ci ha lasciato il conflitto mondiale?

Costituzione, finalità e funzionamento del Partito Popolare Italiano

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Sturzo, Luigi 2 occorrenze
  • 1919
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 74-87.
  • Economia
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A noi è agevole il compito di insistere con ogni mezzo; ed è stato bene che la prima affermazione del gruppo parlamentare del partito sia avvenuta proprio sulla rappresentanza proporzionale, e che il nostro amico onorevole Micheli, quale relatore, abbia dato il suo nome al progetto di legge che è davanti alla camera, come a segnare la nostra prima battaglia di partito, per il risanamento morale dei costumi politici e per l'inizio delle più vaste riforme istituzionali da noi invocate.

Pagina 84

E benché ciascuno abbia un modo di concepire il nostro partito e fra noi sia diversa la valutazione del nostro stesso programma, delle nostre energie, del nostro compito immediato e dei nostri metodi, pure la realtà sarà più forte di noi; e il nostro partito deve anch'esso subire la prova della realtà e della lotta, e se sapremo restare al nostro posto di combattimento, potremo dire ciascuno innanzi alla propria coscienza di avere assolto il nostro dovere di cittadini in un'ora che si presenta per la patria estremamente difficile; ma potremo insieme avere conquistata e coordinata quella intima energia che oggi è sparsa in mille nuclei polarizzati verso di noi, ma ancora a noi, al nostro pensiero sociale, alla nostra dinamica politica, se non estranei, diversi. L'avvento del nostro partito fu sognato molti anni addietro come una vera forza popolare di evoluzione e di conquista; oggi possiamo chiamarla una realtà vivente a cui è segnato un avvenire.

Pagina 87

La costituzione del partito (1. Appello al Paese, 2. Programma)

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1919
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 66-71.
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Perciò sosteniamo il programma politico, morale patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola augusta e oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e maturano le violente riscosse; perciò domandiamo che la società delle nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l'avvento del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali, la legislazione sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e dei mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffattrici dei forti.

Pagina 66

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