Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il partito polare e le elezioni comunali

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Nel giorno elettorale gli elettori, se vogliono che il loro voto abbia un valore effettivo, devono darlo ad una delle liste riconosciute. Chiuso l’atto elettorale, la commissione constata il numero dei votanti, divide questo numero per il numero dei consiglieri da eleggersi, il numero che risulta è il quoziente elettorale. Quante volte questo quoziente sta al numero di voti dati a ciascuna lista, altrettanti consiglieri spettano a tale lista. Si fa notare che per quoziente non si prende proprio il risultato netto della divisione suddetta, ma per evitare frazioni, il numero immediatamente superiore a tale risultato. Per esempio: sono da eleggersi 6 consiglieri. Il numero dei votanti è 216. 216: 6 + 1 = 30 e frazioni; il quoziente elettorale è quindi 3 — 1, e le liste vanno divise per tal numero. Il risultato ci dà il numero dei consiglieri che spettano a ciascuna lista. Un altro sistema è quello delle liste libere o di concorrenza, nel quale caso non occorre presentare previamente le liste dei candidati. Il relatore spiega anche questo sistema. Ma senza entrare in questioni di dettaglio, a cui provvederanno i legislatori, l’oratore ritiene che la proporzionale porti tali vantaggi per un’amministrazione controllata e sia così equa, che si raccomandi da sé. Si tratta di dare ad ogni partito quello che gli spetta. Non vuole entrare nella questione se si debba introdurre accanto alla proporzionale il suffragio uguale con un corpo elettorale solo. Tale postulato rinvierebbe la riforma alle calende greche. Nel Vorarlberg si è semplicemente introdotta la proporzionale in ogni corpo, lasciandoli tutti e quattro. Ritiene che anche il partito dominante non dovrebbe opporsi a tale riforma, poiché non si tratta di dare la scalata né di conquistare la maggioranza, e d’altro canto un deputato nazionale liberale l’anno scorso propugnava nell’Alto Adige la proporzionale. Egli si limita a presentare il seguente ordine del giorno: Gli elettori comunali di Trento, aderenti al partito popolare, constatando che né il regolamento elettorale cittadino attualmente in vigore, né la riforma sottoposta per l’approvazione alla Dieta provinciale corrispondono ai criteri di equità, imposti dai moderni bisogni; chiedono che accanto al massimo ampliamento possibile dell’elettorato comunale, si aggiunga l’introduzione della rappresentanza proporzionale di partiti. Tale conchiuso verrà presentato al podestà di Trento ed ai capi della deputazione dietale italiana. Il dr. Lanzerotti aderisce alla relazione del dr. Degasperi ed aggiunge agli argomenti già addotti, che non si potrà certo negare ai popolari la pratica amministrativa necessaria per i consiglieri comunali né ancora si potrà tacciarli di non aver riguardo ai sentimenti nazionali, quando si faccia un salutare confronto fra la Trento-Malè, il cui progetto era in mano della città di Trento, e la Dermulo-Mendola in mano di un nostro istituto. Il dr. Degasperi eccita i consenzienti a raccogliersi più di frequente ed a fare sentire la propria voce affinché non ci si tratti come cittadini di secondo grado, mentre si accumulano colpevoli transigenze verso il partito socialista, L’ordine del giorno venne accolto con prova e controprova ad unanimità. L’on. dr. Cappelletti crede di interpretare il pensiero dei propri colleghi dietali del Club popolare, affermando che si interesseranno della cosa nel senso voluto dall’ordine del giorno. Già nell’ultima sessione dietale l’on. Decarli fece delle riserve a proposito della riforma elettorale presentata alla Dieta per l’approvazione. I deputati non mancheranno di propugnare il principio equo della rappresentanza proporzionale. Con ciò dichiara chiusa la riuscita adunanza.

Trattato di economia sociale: La produzione della ricchezza

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Toniolo, Giuseppe 7 occorrenze
  • 1909
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951
  • Economia
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E può ammettersi che dopo il diluvio e le grandi dispersioni dei popoli vi abbia avuto una decadenza agricola fra i popoli trasmigranti (specie a nord e ad occidente), sviluppandosi poi maggiormente la pastorizia, la caccia o la pesca, a seconda della qualità del territorio per cui trapassavano, in ispecie gli altipiani, le foreste, gli stagni o spiagge marine. È questa la risposta all'antica discussione che oggi gli studi sulle età primitive hanno posto in luce (vedi Roscher, Schmoller).

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Ma comprendendovi l'escavazione di tutte le terre argillose, coll'annessa industria dei laterizi, del caolino, della porcellana, delle sabbie vetrarie, si arguisce quale espansione abbia assunto questo ramo minerario nella storia, col moltiplicarsi e grandeggiare di città corpulente e sontuose fino ai nostri dì.

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Bensì tale svolgimento di una illuminata e sistematica politica fondiaria di Stato suppone che questo non si trovi supplito in tale funzione da altri enti, che sopperiscano da sé in qualche misura al bene generale, congiunto col suolo della patria; e che lo Stato abbia consapevolezza della sua missione in proposito e mezzi corrispondenti ad attuarla.

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Si comprende da ciò come la agglomerazione di molti lavoranti in un edificio solo sotto un'unica direzione accentrata (nel che sta il carattere essenziale della fabbrica e non già come spesso si afferma nelle macchine e nella grandezza) offrisse qualche esempio nell'antichità orientale fra i fenici (Bücher) o in Grecia e Roma nella produzione mista di lavoro libero e a schiavi (Lampertico); e più tardi in alcune imprese subordinate (membra) dell'industrie medioevali, p. e. nelle tintorie o gualchiere nell'arte della lana a Firenze (Doren), e come nella industria moderna essa abbia rinvenuto un proprio e particolare dominio. Quivi si insedia di preferenza e quasi inevitabilmente, laddove il prodotto esige o comporta — una elaborazione in masse ingenti uniformi per il consumo generale a buon mercato, tipo massimo le industrie tessili — o un complesso sistema tecnico-automatico intorno ad un motore unico localizzato, come p. e. nella costruzione di macchine — o processi rigorosi escogitati e diretti da specialisti, come nelle industrie chimiche — o pericolosi come per la polvere pirica, per la dinamite sotto le più rigide cautele — o sapientissimi come per gli stromenti scientifici («feine Mechanik») di gabinetto, di nautica, di astronomia, dietro la guida immediata di uomini dotti — o preziosissimi come il conio delle monete, la lavorazione di metalli nobili o di diamanti dietro la più severa vigilanza — e finalmente essa signoreggia nei rami di produzione per lor natura (e in parte per accidenti storici) soggetti a più profonde e rapide innovazioni tecnologiche e quindi a più frequenti e dispendiose trasformazioni, sotto la dittatura di uomini illuminati, intraprendenti e ricchi.

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Donde un intervallo di spostamento, di trasformazione e accomodamento al nuovo ambiente storico, in cui i piccoli si trovano sacrificati, finché la produzione abbia rinvenuto un altro equilibrio storico sopra una diversa proporzione fra piccole e grandi imprese, ciascuna nel proprio campo naturale, ove tutte continuano la propria esistenza. È la storia delle sofferenze delle piccole industrie esposta da Schmoller in Germania, da Reybaud in Francia.

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Ne giudichino con imparziale benevolenza i lettori specialmente competenti in questa parte della « Produzione », della ricchezza (cui seguirà tosto la «Circolazione») nella quale frattanto io spero che la esposizione delle cause e leggi corrispondenti abbia guadagnato di perspicuità, rigore ed ordine, che sono per lo più testimonianza di verità scientifica.

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Chi dubita che lo scambio a permuta o monetario o a credito, il sistema ferroviario e il commercio mondiale, le crisi, di banca e di borsa, non si ripercuotano profondamente sull'assetto e sulle vicende delle industrie, sulle varietà e continuità dei consumi, sui redditi di ogni classe, e che ai tempi moderni tutto ciò non abbia portato una rivoluzione in tutti i fenomeni economici preesistenti?

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