Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

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Toniolo, Giuseppe 16 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
  • Economia
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Ma frattanto queste premesse intorno alle molteplici scienze e discipline morali civili, che precorsero e accompagnarono l'odierna economia etico-cristiana, attestano come questa nulla abbia di fittizio, ma piuttosto risponda alle esigenze del sapere e alle vocazioni dell'età presente.

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Nell'ordine politico, è evidente quanta parte abbia la ricchezza di una nazione sopra la sua indipendenza dall'estero, non solo per i mezzi di difesa contro le invasioni militari, ma ancora per rimuovere pretesti di straniero ingerimento o di pressione nell'amministrazione indigena, specialmente in tempi in cui la partecipazione al credito pubblico è universale. I creditori forestieri di uno Stato povero e finanziariamente disordinato possono, per mezzo dei rispettivi governi, rendere mancipia una nazione mediante una guerra di borsa contro il consolidato di essa, o mediante il rifiuto di sussidi peculiari in tempi di necessità, o mediante la pretesa di una sorveglianza interna. È questo il caso del Portogallo rispetto all'Inghilterra, dell'Egitto e della Porta rispetto a tutti gli Stati europei. Nella politica costituzionale interna, può affermarsi che in buona parte la ricchezza delle varie classi è condizione e misura della ispettiva partecipazione alla sovranità. Dove il ricco è uno solo in mezzo a un volgo di miserabili, come nei paesi orientali, grandeggia il dispotismo; dove unica ricchezza è il possesso fondiario prevale il feudalismo; lo svolgersi accanto ad esso della ricca borghesia genera la monarchia mista, ove sono rappresentati i due stati, della proprietà immobiliare e della mobiliare; il prorompere e fiorire dei nostri Comuni medioevali della democrazia mezzana (borghesia grassa) è il risultato del trionfo della ricchezza mobile che riesce ad elidere l'importanza della ricchezza immobiliare. Un regime di ordinata libertà, che a tutte le classi conceda equa parte nel pubblico governo, suppone una relativa diffusione di benessere economico; e così oggi l'allargamento progressivo del suffragio non apporta dappertutto lo spirito democratico nella pubblica cosa, se a quello non corrisponda una graduale elevazione dello stato materiale delle moltitudini, come realmente oggi accade nell'Inghilterra.

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Ed invero ciò che ha natura di cosa utile e materiale, ma non è esterno e limitato, potrà essere sussidio e condizione al proficuo esercizio dell'attività umana, ma non mai oggetto di essa, come un bene di cui si abbia la piena disposizione ossia la proprietà. Quale condizione indispensabile e sussidio prezioso è un buon clima per l'agricoltura, specialmente per certe colture! Ma quale produttore direbbe che il clima e i suoi elementi termici, idrometrici, anemometri ecc. sono ricchezza sua propria e la computerebbe nel bilancio del suo patrimonio?

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Se in un trattato generale trovasse posto la storia dottrinale di singole teorie (storia speciale), apparirebbe come il concetto del valore, delle sue distinzioni in valore d'usoe di scambio e delle rispettive leggi, abbia avuta una genesi remota, complessa, progressiva e insieme dibattuta, quale nessun'altra nozione economica. Ne scrissero come storia teoretica anche fra noi, Ricca-Salerno, Alessio, Conigliani, Loria, Valenti. Basti qui avvertire che del duplice aspetto caratteristico di tale concetto, che da Aristotele ai fisiocrati tutti intravvidero — i filosofi ed economisti, specialmente tedeschi, dal principio fino alla metà del secolo XIX, quali Hufeland, Lotze, Müller, e principalmente von Thünen ed Hermann, dettero nelle loro analisi importanza prevalente al valor d'uso. — Invece i fondatori della scuola classica A. Smith, Ricado, J. S. Mill, e quasi tutti gli economisti liberali inglesi e francesi si concentrarono nello svolgimento teoretico del valor di scambio. — Ma infine nella seconda metà del secolo stesso fino ad oggi, pur continuando la trattazione teoretica del valore di scambio, questa si trovò predominata da ricerche profonde sul valor d'uso, perfezionatici di quelle originarie, aiutate dai progressi della psicologia empirica intorno ai sentimenti utilitari ed allo svolgimento interiore dei bisogni, i quali spesso economisti matematici si applicarono a rappresentare quantitativamente e graficamente. Benemerita in proposito rimase la scuola anglo-austriaca — specialmente fra gli anglosassoni Jevons (dal 1862), Wicksteed, Hearn (australiano), A. Marshall, essi stessi preparati dai grandi matematici francesi Cournot e Walras; — e fra i tedeschi C. Menger (dal 1883), Wiesser, Sax, Böhm-Bawerk, Pierson (fiammingo); — riassunti in Italia da Graziani, proseguiti con originalità da Pantaloni, Pareto, ecc. Ciò non toglie che in un corso generale non debbasi tentare di ridurre la teorica a qualche maggiore semplicità (le sottigliezze ne formano il difetto), unità logica e certa proprietà scientifici di linguaggio.

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e la limitazione è accidentale sebbene integrante (vi hanno cose utilissime che non costano sacrifizi perché illimitate, p. e. l'aria respirabile), — così logicamente è prevalente la stima dell'appagamento (uso) rispetto a quella dello sforzo o sacrifizio per acquisirlo, — e non vi ha pertanto valore d'uso, se le soddisfazioni (utilità) non superino i sacrifizi (sforzi, dispendi, costi) per procurarsele, e quindi se non vi abbia un residuo in più di utilità netta;sicché un bene economico, che p. e. fornisse due di godimento, eliso da due di patimento, avrebbe valore zero;

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Si osservi che tal legge è universale:essa regge ogni sistema di fatti che abbia ragione e carattere di mezzo utile e limitato (in quantità), e così il mondo siderale come quello sociale, le forze meccaniche come le energie umane; per cui primamente Galileo la riscontrava e definiva nella astronomia, denominandola legge del minimo mezzo.

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Ove è equilibrio di sessi torna più facile che l'uomo abbia naturale preponderanza in ogni ramo di lavoro e che la donna, facendo quivi opera soltanto complementare, riservi la parte massima di sé nella gestione e uso finale della ricchezza, rassodando così i due fatti fondamentali dell'economia, produzione e consumo; mentre laddove, p. e. nelle Alpi italiane per l'emigrazione maschile o in Germania per lunghe tradizioni di vita belligera ed oggi per il militarismo sistematico, rimane disponibile maggior quantità di donne, queste trovansi aggravate da enormi fatiche materiali e più numerose in tutti gli impieghi economici. Anzi l'eccesso di donne che vieppiù addensa le fabbriche moderne è una debolezza per la economia sociale presente e insieme un'occasione di trascurando della gestione domestica popolare.

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In particolare ne risente la economia nazionale.Ogni mortalità eccezionale ne scuote le fondamenta, colpendo ad un tempo produttori e consumatori; ingenera squilibri fra popolazione attiva e passiva (che vive a carico d'altri); altera violentemente le relazioni precedenti fra le classi economiche. E così aumento subitaneo di salari e sollevazioni di ceti lavoratori; annullamento dei consueti profitti e incremento di immeritati guadagni di congiuntura; incentramento in pochi superstiti di patrimoni e insieme dispersione per i più di ricchezze; soprattutto aggravamento e propagazione di pauperismo, e talvolta rivoluzione sociale. Sono questi i fenomeni che accompagnarono quella stessa epidemia del secolo XIV, , che si ripetono durante il periodo della riforma luterana, in quelle immense distruzioni di popolo in Germania, dalla sollevazione dei contadini e degli anabattisti alla fine della guerra dei trenta anni; e nella Gran Bretagna dalle desolazione del suolo irlandese sotto il ferro di Cromwell sino alla fine della anarchia inglese; e in Francia nel periodo delle guerre civili e religiose fino ad Enrico IV. La forte quota di mortalità (chi può dubitarne?) è la grande nemica del progresso civile ed economico insieme,il quale non può svolgersi conregolarità continuata, che quando la mortalità rispetto alle nascite abbia assunto un procedimento progressivamente temperato, dando luogo ad una normale eccedenza di nascite sulle morti.

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Veggasi ora a quali conclusioni concrete ci abbia condotto tale criterio metodico, applicato alla economia sociale nelle sue attinenze colla enciclopedia del sapere, in specie colla dottrina dell'incivilimento.

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. — A prevenire tali errori, deviazioni, od equivoci, si prendano le mosse dal richiamare la nozione della natura e dei fini della scienza in genere, e quindi degli uffici dello studioso intorno ad essa: perocché è vano giudicare del mezzo se non si abbia idea sicura del fine cui deve servire.

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Forse che il Creatore non abbia deposto nell'uomo elementi e semi di accidentali varietà, che sotto date influenze vengono a svolgersi con fenomeni duraturi? Fra queste influenze contasi certamente il clima e il territorio.L'antropometria e l'etnografia statistica (Quetelet, Ratzel, Firks) misurano l'azione delle sedi montane o pianigiane sulla struttura corporea o delle zone climatiche sulle popolazioni odierne. Quali maggiori impressioni somatologiche non dovevano esercitare sopra la giovane umanità quelle stesse cause, avuto specialmente riguardo — ad una natura esteriore allora selvaggia ed oltrepotente (la terra coperta quasi del tutto da foreste, stagni e paludi sterminate, animali mastodontici), — ed alla incapacità umana di schermirsi, in quei primordi della civiltà, senza le cognizioni ed i mezzi dell'arte ancor bambina (indumenti, abitazioni), dagli influssi deleteri del clima? Sta bene che l'uomo in certe regioni assorgesse rapidamente (come avvertimmo) a miglioramenti tecnici, ma frattanto poteva rimanere insensibile sullo stato corporeo l'alloggio sulle palafitte lacustri o all'aperto, flagellato da soli tropicali e da piogge torrenziali? — Col progresso stesso si aggiunsero modificazioni morfologiche accidentali, acquisite con determinati esercizi fisici.Oggi riscontrasi tutte le professioni lasciare tracce o fisiologiche o morfologiche (malattie) sugli operai; quanto più gli esercizi o straordinariamente rudi o secolarmente uniformi di generazioni dedite alla caccia, alla pastorizia, alla pesca? E soprattutto quali differenze fisiche fra gli abiti corporei di popolazioni presto fattesi sedentarie in climi snervanti come i cinesi o quelle durate per millenni nella vita vagabonda e aggressiva, come le razze turaniche dell'altopiano di Gobi? E in tempi più avanzati sopravvengono le cause differenziali della agiatezza o della miseria,della morigeratezza o del mal costume,che oggi stesso lasciano impronte così varie e visibili fra ceti e popoli integri ovvero corrotti.

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La importanza di questa costituzione di organi etnici (comunque elementari) non può sfuggire; sarebbe lo stesso che asserire che la formazione di tre famiglie distinte (fra gli arii occidentali) latina, germanica, slava, non abbia avuto alcuna parte nella storia di Europa.

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Se lo Stato (come avvertimmo) rinviene il suo embrione nella grande famiglia patriarcale, esso prossimamente esce dalla società gentilizia (la gens,la «Sippe», il «clan»); ente intermedio, che per la derivazione da un ceppo comune ritrae del carattere privato, e per l'esercizio di funzioni che trascendono gli scopi familiari assume ancora una fisionomia pubblica; raffermando la propria esistenza autonoma (intorno ad una famiglia originaria) mercé l'insediamento in un punto del territorio, ciò che dà luogo alla prima agglomerazione locale, la comunità di villaggio (vicus)colle sue prime relazioni di vicinato; la quale comunità villereccia sembra universale presso ogni razza che abbia raggiunto una relativa stabilità, e certo è caratteristica delle stirpi arie, dall'India a tutta Europa (Summe Maine).

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Non vi ha odierno problema sociale, che la classe media nelle città non abbia affrontato con ardimento di mercanti, e sciolto sovente con civile sapienza. E alcuni Comuni come Genova, Firenze, Venezia, nel governo delle loro fattorie e colonie in tutta Europa, dal Baltico al Mediterraneo e ai paesi levantini, porsero i primi saggi felici non solo di una economia ma anche di una politica internazionale. Né mai le classi popolane anche lavoratrici rinvennero, come in quegli organismi cor porativi, tanta dignità e potenza economica, sociale e politica.

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Trattato di economia sociale: La produzione della ricchezza

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Toniolo, Giuseppe 7 occorrenze
  • 1909
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951
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E può ammettersi che dopo il diluvio e le grandi dispersioni dei popoli vi abbia avuto una decadenza agricola fra i popoli trasmigranti (specie a nord e ad occidente), sviluppandosi poi maggiormente la pastorizia, la caccia o la pesca, a seconda della qualità del territorio per cui trapassavano, in ispecie gli altipiani, le foreste, gli stagni o spiagge marine. È questa la risposta all'antica discussione che oggi gli studi sulle età primitive hanno posto in luce (vedi Roscher, Schmoller).

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Ma comprendendovi l'escavazione di tutte le terre argillose, coll'annessa industria dei laterizi, del caolino, della porcellana, delle sabbie vetrarie, si arguisce quale espansione abbia assunto questo ramo minerario nella storia, col moltiplicarsi e grandeggiare di città corpulente e sontuose fino ai nostri dì.

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Bensì tale svolgimento di una illuminata e sistematica politica fondiaria di Stato suppone che questo non si trovi supplito in tale funzione da altri enti, che sopperiscano da sé in qualche misura al bene generale, congiunto col suolo della patria; e che lo Stato abbia consapevolezza della sua missione in proposito e mezzi corrispondenti ad attuarla.

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Si comprende da ciò come la agglomerazione di molti lavoranti in un edificio solo sotto un'unica direzione accentrata (nel che sta il carattere essenziale della fabbrica e non già come spesso si afferma nelle macchine e nella grandezza) offrisse qualche esempio nell'antichità orientale fra i fenici (Bücher) o in Grecia e Roma nella produzione mista di lavoro libero e a schiavi (Lampertico); e più tardi in alcune imprese subordinate (membra) dell'industrie medioevali, p. e. nelle tintorie o gualchiere nell'arte della lana a Firenze (Doren), e come nella industria moderna essa abbia rinvenuto un proprio e particolare dominio. Quivi si insedia di preferenza e quasi inevitabilmente, laddove il prodotto esige o comporta — una elaborazione in masse ingenti uniformi per il consumo generale a buon mercato, tipo massimo le industrie tessili — o un complesso sistema tecnico-automatico intorno ad un motore unico localizzato, come p. e. nella costruzione di macchine — o processi rigorosi escogitati e diretti da specialisti, come nelle industrie chimiche — o pericolosi come per la polvere pirica, per la dinamite sotto le più rigide cautele — o sapientissimi come per gli stromenti scientifici («feine Mechanik») di gabinetto, di nautica, di astronomia, dietro la guida immediata di uomini dotti — o preziosissimi come il conio delle monete, la lavorazione di metalli nobili o di diamanti dietro la più severa vigilanza — e finalmente essa signoreggia nei rami di produzione per lor natura (e in parte per accidenti storici) soggetti a più profonde e rapide innovazioni tecnologiche e quindi a più frequenti e dispendiose trasformazioni, sotto la dittatura di uomini illuminati, intraprendenti e ricchi.

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Bensì — la proporzione quantitativa fra esse può variare (ciò che pur vedemmo) a seconda delle circostanze caratteristiche dei vari periodi storici, come nell'età media predominava il mestiere dell'artigiano ed oggi invece la fabbrica del capitalista; e di regola nel passaggio dall'uno all'altro momento, ogni innovazione o slancio della economia generale (tecnica e mercato) torna prima e massimamente ad incremento dei grandi industriali illuminati e ricchi, che que' progressi sanno prontamente appropriarsi, e a diminuzione dei minuti artigiani. Donde un intervallo di spostamento, di trasformazione e accomodamento al nuovo ambiente storico, in cui i piccoli si trovano sacrificati, finché la produzione abbia rinvenuto un altro equilibrio storico sopra una diversa proporzione fra piccole e grandi imprese, ciascuna nel proprio campo naturale, ove tutte continuano la propria esistenza. È la storia delle sofferenze delle piccole industrie esposta da Schmoller in Germania, da Reybaud in Francia.

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Ne giudichino con imparziale benevolenza i lettori specialmente competenti in questa parte della « Produzione », della ricchezza (cui seguirà tosto la «Circolazione») nella quale frattanto io spero che la esposizione delle cause e leggi corrispondenti abbia guadagnato di perspicuità, rigore ed ordine, che sono per lo più testimonianza di verità scientifica.

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Chi dubita che lo scambio a permuta o monetario o a credito, il sistema ferroviario e il commercio mondiale, le crisi, di banca e di borsa, non si ripercuotano profondamente sull'assetto e sulle vicende delle industrie, sulle varietà e continuità dei consumi, sui redditi di ogni classe, e che ai tempi moderni tutto ciò non abbia portato una rivoluzione in tutti i fenomeni economici preesistenti?

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Costituzione, finalità e funzionamento del Partito Popolare Italiano

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Sturzo, Luigi 2 occorrenze
  • 1919
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 74-87.
  • Economia
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A noi è agevole il compito di insistere con ogni mezzo; ed è stato bene che la prima affermazione del gruppo parlamentare del partito sia avvenuta proprio sulla rappresentanza proporzionale, e che il nostro amico onorevole Micheli, quale relatore, abbia dato il suo nome al progetto di legge che è davanti alla camera, come a segnare la nostra prima battaglia di partito, per il risanamento morale dei costumi politici e per l'inizio delle più vaste riforme istituzionali da noi invocate.

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E benché ciascuno abbia un modo di concepire il nostro partito e fra noi sia diversa la valutazione del nostro stesso programma, delle nostre energie, del nostro compito immediato e dei nostri metodi, pure la realtà sarà più forte di noi; e il nostro partito deve anch'esso subire la prova della realtà e della lotta, e se sapremo restare al nostro posto di combattimento, potremo dire ciascuno innanzi alla propria coscienza di avere assolto il nostro dovere di cittadini in un'ora che si presenta per la patria estremamente difficile; ma potremo insieme avere conquistata e coordinata quella intima energia che oggi è sparsa in mille nuclei polarizzati verso di noi, ma ancora a noi, al nostro pensiero sociale, alla nostra dinamica politica, se non estranei, diversi. L'avvento del nostro partito fu sognato molti anni addietro come una vera forza popolare di evoluzione e di conquista; oggi possiamo chiamarla una realtà vivente a cui è segnato un avvenire.

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