Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbia

Numero di risultati: 23 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Galateo per tutte le occasioni

188089
Sabrina Carollo 6 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Chiunque abbia un minimo di contiguità con esseri inferiori al metro e mezzo sa quanto utopica sia tale affermazione. Dopo gli eccessivi rigori educativi a cui le generazioni pre-sessantotto sono state sottoposte, dopo la successiva reazione anarchica in cui l'educazione dei bambini sembrava una parolaccia, pare ragionevolmente avviata la fase di ricostituzione di alcune indicazioni da far seguire ai propri piccini, innanzitutto nel loro stesso interesse e rispetto. Se non è corretto che i bambini si adattino incondizionatamente al mondo dei grandi, è anche vero che crescere piccoli despoti ai cui capricci piegarsi senza scampo è intollerabile e sbagliato. Una mediazione tra le esigenze di tutti sembra essere il ragionevole obiettivo che si sono posti i genitori di ultima generazione, con tutte le difficoltà e i dubbi che tale scelta impone. Lungi da questo manuale l'intenzione di dire ai genitori come educare i propri figli, è comunque necessario sottolineare alcune indicazioni che attengono alla buona educazione dei genitori rispetto ai figli, soprattutto in presenza di terzi. A cui si aggiunge naturalmente un sincero in bocca al lupo e tutta la nostra personale solidarietà. ✓ I bambini hanno una mente pratica. Il vostro esempio, il vostro comportamento esemplare è il miglior metodo educativo. Se volete dei figli beneducati, siatelo voi per primi. ✓ Non gridate. I capricci di un bambino sono fastidiosi, di peggio ci sono solo gli strilli indisponenti delle mamme. ✓ Una buona mediazione tra le esigenze di tutti è rappresentata dal non mettere i bambini nella condizione di essere sgridati in continuazione. Dunque lasciare i bimbi a casa se l'impegno che si deve affrontare non è adatto alla loro età (cerimonie lunghe, ristorante particolare, cinema, case di altri). ✓ Non ammonite i figli degli altri. Se ci sono problemi, chiaritevi con i loro genitori, ma non permettetevi di sgridare direttamente i bambini. È un comportamento vile. ✓ Non vantatevi delle vostre creature. Prima di tutto per loro, perché rischiano di sentirsi parte dei vostri lussuosi acquisti anziché della vostra vita, e poi per chi vi ascolta. Ogni scarrafone dovrebbe essere bello a mamma sua, ma non necessariamente agli altri. Ciò che a noi giustamente appare prodigioso, con tutta probabilità viene fatto anche da tutti gli altri bambini. Questo nulla toglie alla meraviglia che si deve provare di fronte ai nostri piccini, solo non pretendete di condividerla con tutti. Corollario alla precedente: evitate di ingaggiare duelli all'ultimo successo con altre mamme. ✓ Rispettate i loro ritmi. Un bambino stanco, stravolto dai cambiamenti o privato del suo diritto al gioco è sicuramente un bambino molto meno disposto alla cortesia e alla buona educazione. ✓ Non criticate in loro presenza l'altro genitore o le maestro. Se pensate che ci siano problemi seri fate in modo di risolverli, altrimenti insegnate loro piuttosto a trovare il lato migliore, delle persone così come delle situazioni. È un buon allenamento anche per voi. ✓ Se siete fuori casa con un bimbo che ancora fa uso di pannolini, ricordate di portare con voi oltre al cambio anche un sacchetto per contenere eventuali bombe chimiche. ✓ Se i vostri figli vanno all'asilo, alla scuola materna o a quella elementare, avete a che fare con professionisti specializzati. Questo non mette automaticamente al riparo da incompetenze, inettitudine o inadeguatezze; per questo è utile conoscere gli insegnati in anticipo, presenziando alle riunioni di classe e ai colloqui personali. Non mettete però costantemente in discussione la qualità dell'insegnamento impartito ai vostri gioielli, cosa che accade specialmente se i risultati non sono quelli che speravate. Fate prima un esame di coscienza voi stessi, e poi decidete se davvero il problema sta nell'insegnante. In caso di questione seria provvedete seriamente, altrimenti parlatene direttamente con gli interessati (tutti) in modo da trovare insieme una soluzione. Non criticate mai di fonte ai vostri figli la maestra. Se però, come fortunatamente più spesso accade, siete soddisfatti del lavoro di chi guida i vostri pargoli, dimostratelo con ringraziamenti verbali e un bel dono collettivo dei genitori a fine anno. ✓ Infine una nota sull'abbigliamento. Ai bambini può capitare facilmente (è nel loro diritto di piccoli esploratori della vita di sporcarsi, strapparsi gli abiti in una caduta, arrampicarsi, fare capriole, correre, rovesciarsi il cibo addosso (almeno quelli più piccoli), avere molto caldo, impigliarsi nei rami o nei pertugi che il mondo mette loro a disposizione. Tutto questo con la stessa frequenza con cui un pasticcere usa il cioccolato. Dunque, forniteli di abiti che siano comodi e, se fate loro indossare capi confezionati con stoffe delicate e/o bianche, siate consapevoli dei rischi cui i medesimi sono esposti. Insomma, abbiate comprensione, non addobbateli quotidianamente come piccoli adulti graziosi. Possono essere in ordine anche senza apparire ciò che non sono: voi in miniatura.

Pagina 156

Stare con i bambini è un compito molto difficile, faticoso e delicato, come sa chiunque ne abbia qualcuno. I bambini, soprattutto quelli più piccoli, sono adorabili e piacevolissimi, ma richiedono anche un forte impegno. Interpretare i loro bisogni, inventare passatempi in grado di sollecitarli e divertirli - al cui scopo non sono assolutamente utili i costosissimi, meravigliosi e coloratissimi balocchi multifunzione e iperspecializzati, generalmente più graditi al babbo che al bimbo - assecondarli nelle loro esplorazioni individuando per tempo eventuali pericoli significa rivoluzionare i propri schemi mentali di adulti per qualcosa di completamente diverso. Le persone che decidono di accettare seriamente tale sfida meritano grande rispetto e un compenso adeguato. Sia che abbiate bisogno solo occasionalmente di una tata per i bambini, per esempio qualche sera al mese per concedervi un'uscita rilassante, sia che, in tempi di affollamento scolastico, decidiate di affidarvi quotidianamente a una persona per la cura del vostro tesoro mentre siete al lavoro, le regole sono le stesse. un cucchiaino con la scritta "Basta un poco di zucchero..." ✓ Massimo rispetto reciproco. ✓ Una volta indagato a fondo sulle referenze e le qualità della persona a cui lasciate il piccino, fiducia. ✓ Costanza. Non cambiate baby sitter di frequente, i bambini hanno bisogno di riferimenti fissi. ✓ Spiegazioni chiare su orari (la puntualità deve essere non solo sua nell'arrivare, ma anche vostra nel permetterle di andare via quando concordato), gestione degli spuntini (suoi e dei bambini), compiti (vanno anche accompagnati a nuoto-musica- judo-ceramica-festediamichetti- biblioteca?). ✓ Lasciate sempre più di un numero - se possibile, ovviamente - da chiamare in caso di necessità. ✓ Fate in modo di stabilire alcune ore di "inserimento", ovvero di conoscenza reciproca in cui siete in casa ma senza intervenire nel loro gioco (ore che vanno naturalmente pagate). Non tormentate la tata con telefonate continue per sapere ogni movimento del vostro bambino. ✓ Lasciate un po' di libertà sui metodi. Chiariti i principi fondamentali e i no assoluti nel momento in cui fate la vostra scelta, non pretendete poi che la baby sitter si comporti proprio come fareste voi. Ognuno ha il suo stile, ognuno le sue caratteristiche. Il bambino risulterà solo arricchito da tale diversità. ✓ Non siate gelose della tata, finireste per creare tensioni. Anche se passa più tempo di voi con il bambino, la mamma è insostituibile. Abbiate fiducia nella natura. ✓ Ovviamente anche in questo caso puntualità e precisione nei pagamenti e possibilmente un piccolo regalo o una ricompensa aggiuntiva a fine trattamento. ✓ Se la baby sitter rimane con voi a lungo, un regalo a Natale è doveroso. ✓ Naturalmente, da parte sua è necessaria una notevole discrezione nei vostri confronti; inoltre, niente estranei, nè telefonate a raffica. I badanti non sono tate. Sono persone chiamate a prendersi cura dei nostri cari infermi o troppo anziani per stare da soli. Un compito importante e ancor più faticoso del precedente, visto che gli anziani sono - non sempre ma spesso - più pesanti e dunque più impegnativi da accudire dei piccoli. Oltre a quanto detto in precedenza per le tate dei bimbi, va aggiunta particolare attenzione all'attrezzatura che può alleviare la vita dell'anziano e anche quella di chi lo soccorre: bastoni, carrozzine e "comode", strumenti infermieristici, letti e biancheria speciali in caso di infermi.

Pagina 168

Infine, è quasi indispensabile che ognuno abbia una sua stanza. La simpatica immagine che alcuni si dipingono della condivisione, con compagni di appartamento che accumulano piatti sporchi, cartoni di pizza e allevano funghi nel cesto della biancheria sporca, non corrisponde realmente ad alcuni tra i principali piaceri della vita, quando trasmigrano dai film al proprio quotidiano. Dunque, per evitare di far concludere amicizie peggio che i divorzi tra miliardari e belle donne: ✓ rispettare i patti e i turni di lavoro; ✓ rispettare gli orari di riposo degli altri; ✓ non invitare sempre tutti gli amici, e comunque informare sempre prima i vari compagni di appartamento; ✓ non invadere il territorio altrui; ✓ non approfittare mai delle scorte alimentari altrui; ✓ non approfittare della condivisione delle bollette per trascurare di spegnere le luci, stare ore al telefono, fare docce infinite; ✓ non disturbare gli altri con rumori eccessivi; ✓ non permettere ai propri animali domestici di lasciare la propria stanza (unica eccezione: i pesci. Nel senso - ovviamente - che un acquario può stare anche negli spazi comuni); ✓ non dimenticare in bagno oggetti o indumenti troppo personali.

Pagina 196

Nonostante la scienza abbia fatto passi da gigante nell'ultimo secolo, sebbene l'introduzione di terapie e medicine "non convenzionali" abbia allargato l'orizzonte delle soluzioni disponibili, trovare qualcuno che di lunedì mattina si senta in piena forma rimane più complicato che fare tredici al totocalcio. È una sorta di grande gioco di società: ciascuno elenca i propri guai, in una sfida all'ok corral su chi è più da compatire per il cattivo stato di salute. Forse per colpa di una fraintesa cultura kantiana, per cui ciò che costa maggiormente è più degno di plauso, facciamo in modo di mettere tutti a conoscenza del mal di testa feroce con cui ci trasciniamo al lavoro, pretendendo comprensione e conforto. In particolare esiste una nuova categoria di persone per cui il detto "finché c'è la salute c'è tutto" è quanto di più falso sulla terra. Non perché abbagliate da miti di felicità alternativi, ma perché se non avessero i loro malanni come quotidiani argomenti di conversazione si sentirebbero perdute. In realtà questa abitudine andrebbe abolita. Niente di più fastidioso che tollerare le lamentele altrui, tanto più che notoriamente i veri problemi fisici sono quelli che alla fine si tende a non menzionare mai. Retaggio di un passato pudore, secondo cui le malattie gravi non hanno un nome proprio ma sono tutte "lunghe e brutte" - e quali sarebbero le malattie belle, il morbillo e la rosolia? - i veri problemi di salute rimangono l'ultimo tabù. Eppure dovrebbe avvenire l'inverso. O meglio, bisognerebbe cercare di tenere fuori dalla conversazione leggera, da caffè tanto per intendersi, i propri menischi, tendini infiammati, scoliosi e gomiti da tennisti o lavandaie che siano, mentre ci si dovrebbe concedere una maggiore confidenza con le malattie più serie. Parlarne - con persone care, naturalmente - spesso aiuta ad affrontarle meglio. Di sicuro non sono nulla di cui vergognarsi o da tenere segreto. Ma come affrontare la malattia di una persona amata? Sicuramente con ottimismo e coraggio, in qualunque caso. Chi è malato ha bisogno di sentire affetto, fiducia e positività. Le lacrime di compassione sono oltreché inutili proprio ciò che induce i malati a tacere dei propri problemi. Offrire compagnia, cercare di fare cose insieme, condividere il proprio tempo è il regalo più bello. Disgustoso è poi chi strumentalizza i malati per sentirsi migliore o anche solo più fortunato. In occasione di una guarigione, poi, l'entusiasmo è doveroso, e comprensibile il desiderio che a volte prende chi è "sopravvissuto" di mostrare le proprie ferite di guerra. Ciononostante, cercate di capire chi avete di fronte: le persone facilmente impressionabili potrebbero turbarsi troppo di fronte ai vostri resoconti dettagliati o alla vista obbligata di cicatrici ancora fresche. In caso di lunga degenza in ospedale di un amico, cercate di trovare il tempo di andarlo a trovare. Stare stesi in un letto bianco, infastiditi nel fisico e turbati nelle proprie abitudini e comodità è davvero spiacevole. Un viso amico non farà che bene. Portare un dono è un gesto delizioso. Fiori rigorosamente inodori, libri o riviste, o comunque qualunque cosa utile per far passare più in fretta le monotone giornate ospedaliere saranno i benvenuti. Naturalmente che il buon senso vi guidi: niente cioccolatini al diabetico, né Cd della Traviata a malati ai polmoni. E non fidatevi del burbero che non vuole essere visto in situazione di debolezza: anzi, dimostrargli che lo si apprezza anche se è vulnerabile potrà aiutarlo ad affrontare meglio i suoi malanni.

Pagina 216

Pagina 249

Nonostante la new economy abbia imposto una certa informalità nei rapporti umani (o forse è la lunga ombra yankee che corre sul bit?), le e-mail rimangono principalmente uno strumento di lavoro - ormai per i contatti privati sono più frequentemente utilizzati i messaggi sui social network o gli instant message - e come tali richiedono un po' di buona educazione. Se proprio non si tratta di messaggi di risposta immediati, di poche parole, sarebbe bene cominciare sempre con un saluto seguito dal nome della persona a cui state scrivendo, così come non andrebbero mai dimenticati i saluti finali. Sia concesso l'uso delle sole iniziali per siglare un messaggio particolarmente veloce, ma solo in casi di prolungato scambio e inequivocabile identificazione. Inutile la data; anche se non vanno intestate in alto a destra come le normali epistole cartacee, le mail andrebbero comunque sempre accompagnate da una firma automatica (non più lunga di quattro righe, però) in cui sono segnati gli estremi telefonici per essere eventualmente raggiunti a voce in caso di necessità. Oltre alle modalità di scrittura, esiste un bon ton della spedizione che è ancora più importante: prima di inviare messaggi con allegati pesanti accertatevi della capacità di ricezione del sistema all'altro capo della banda. Non fate spamming e, soprattutto in caso di mail di lavoro, non mandate necessariamente tutto a tutti, ma selezionate con logica i destinatari. La rapidità e l'economicità del mezzo non giustificano un bombardamento di mail inutili.

Pagina 32

Saper vivere. Norme di buona creanza

193412
Matilde Serao 9 occorrenze
  • 2012
  • Mursis
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Chi voglia proprio offrire un dono a Sua Maestà, dono che abbia un valore intrinseco ed estrinseco, bisogna che prima ne domandi il permesso, altrimenti ognuno tenterebbe una via simile, per ottenere qualche cosa in ricambio: e ciò non avrebbe limiti. Chi voglia dedicare un libro, della musica, un'altra opera d'arte o del lavoro manuale, dedicare semplicemente, non altro, deve anche chiederne il permesso. Sua Maestà la Regina fa ringraziare sempre, per mezzo della dama incaricata, chi le invia libri e musica, in dono: a persone, che le hanno offerto qualche cosa, col suo permesso, manda un gioiello, con la cifra. Quando un maestro di musica, un concertista, è chiamato a Corte, per un concerto, riceve sempre un bellissimo gioiello, in compenso: anche quando un'attrice o un attore vi recita, un ricco ed elegante gioiello, è il suo compenso. Se la Regina interviene a una serata di onore di una grande attrice, di una grande cantante, le offre sempre un braccialetto o un anello. Costoro, naturalmente, oltre le lettere di ringraziamento che inviano, domandano una udienza, per i ringraziamenti personali.

Pagina 104

Lavori, per modo di dire, lettrici mie, giacché è impossibile che una villeggiante, abbia quindici anni o ne abbia settanta, lavori, sul serio, quando può chiacchierare con un'amica, fare la partita col cappellano, flirtare con un giovanotto: è impossibile che l'uncinetto, o l'ago di ricamo, o i ferri da far maglie, o la tappezzeria, possano troppo andar d'accordo con la conversazione, col giuoco, col flirt. Se voi siete sola, solissima in un villaggio, in un'isola abbandonata (e non si è mai assolutamente soli, anche in un deserto e anche in un'isola, esempio Robinson Crusoè), allora potrete anche fare una intera coltre al filet, potrete ricamare un intero mobile di un salotto, a punto antico, potrete, persino, fare degli arazzi di alto liccio; ma, se appena siete in tre, in quattro, in cinque, sarà una gran cosa, se metterete cinquanta punti nel vostro ricamo, se potrete fare due quadrettidi filet, se potrete dare una sola stella di colori argentei alla vostra bizzarra tappezzeria, che imita l'antico. Non lo sperate, i vostri lavori domestici ritorneranno in ottobre, quasi intatti, alla città. Eppure, dovete portarli con voi! Vi sono momenti, vi sono ore, in cui un lavoro fra le mani, sotto gli occhi, è di una necessità assoluta: esso è una scusa, un pretesto, un diversivo, un derivativo; esso è una salvezza, per esso gli occhi possono abbassarsi o alzarsi come vogliono, le mani sono occupate, la persona sembra scomparsa: esso calma i nervi, regola la voce, mette delle pause sapienti nella conversazione. Una donna che ricama, è venti volte più padrona di se stessa, accanto a un uomo, che una donna, la quale non fascia nulla: una donna, che fa l'uncinetto, è molto più la padrona di suo marito, che non una donna disoccupata... Io non approfondisco il soggetto, perché voi già lo avete tutto inteso, care lettrici: il lavoro è, dunque, un'arma di difesa e di offesa, in villeggiatura. E chi di voi vorrebbe andare alla guerra, senza corazza e senza spada?

Pagina 128

È naturale che un diplomatico, un uomo politico, un alto funzionario abbia sempre il dovere strettissimo di distribuirne una larga parte: e che molti privati, anche per il giro antico delle loro relazioni, non possano sfuggire a questa distribuzione automatica. Ma molti privati e, anche, nella piu elegante società, all'estero o in Italia, a poco a poco hanno smesso d'inviare o di deporre, queste carte da visita di Capo d'Anno: e se ne lasciano un centinaio, rigorosamente indispensabili, in cambio di mille, è tutto! Viceversa, piglia sempre più vigore la moda, ed è una moda leggiadra, poetica, adorabile, del Christmas card, dell'augurio, infine, sotto forma di un gentile cartoncino illustrato, sotto forma di un minuscolo calendario sotto varie forme in cui, anche, l'arte può portare il suo contribuito più fine. Giacché, oramai, il Christmas card, l'augurio, il calendario, la piccola incisione, si fanno nelle forme più delicate e la fantasia degli artisti, artefici, si sbizzarrisce in una varietà grande. La banale carta da visita sparisce, con le sue due banalissime iniziali p. a: per augurii: viceversa, l'augurio, come cartolina gentilmente illustrata, come calendarietto, si moltiplica, e i cartolai preferiscono vender queste cose qui, anzi che fare cento carte da visita, e ogni persona di animo affettuoso preferisce inviare l'augurio, il Christmas card, anzi che la carta da visita, e ognuno preferisce ricevere il calendarietto o la cartolina allegorica, invece della carta da visita. Ma non si può mandare a tutti un augurio in cartoncino, una cartolina illustrata, un calendario: è vero: ci vuol troppo tempo: e ci vuole anche una spesa maggiore: è vero! E non tutti gli amici e le amiche noi amiamo, in modo da volerci ricordare ad esse, così! Ebbene, un regime misto, allora, è consigliabile: cioè sbrigarsi di tutti gli estranei, e di tutti gli indifferenti, con le carte da visita, diminuendo, naturalmente, il numero di costoro allo stretto necessario: e coloro che amiamo, che ci vogliono bene, che ci sono lontani e per cui il nostro cuore, la nostra memoria, fremono di simpatia ininterrotta, mandate l'augurio illustrato, la cartolina artistica, l'artistico calendario. E ciò si può fare anche a Natale, come a Capo d'Anno: cominciando dal bel giorno in cui nacque il Divino Fanciullo e finendo nel nuovo anno!

Pagina 146

Fino ai tredici anni, si può portare la gonna che mostra il piede e anche il collo del piede: a quattordici anni non si vede più se non il piede: a quindici anni abbia un grande sviluppo la giovanetta o sia restata gracile, veste lunga. Fra i tredici e i quattordici anni, si può portare ancora la treccia lunga, sulle spalle, o i capelli increspati o legati con un nodo di nastro, alla coda: dopo i quattordici anni, i capelli si debbono rialzare sulla testa, pettinandoli semplicemente, con grazia giovanilmente, senza troppo seguire la moda. Fra i tredici e i quattordici anni la giovanetta può portare ancora i colori molto vivi, delle vesti azzurro cupo con giacche rosse, delle vesti beige con giacche bianche, degli abiti scozzesi, dei mantelli di panno con pellegrina e con grossi bottoni, qualche cosa di molto grazioso, bene tagliato, ma senza lasso; può portare dei grandi cappelli di feltro, con cocche di nastro, in inverno, o delle canottiere di castoro, dei grandi cappelli di velo e nastro, in estate, o canottiere di paglia: le piume, i fiori, sono esclusi. Qualche gioiellino gentile, ma senza gran valore: una catenella d'oro al collo, a cui è sospesa una crocetta: qualche filo d'oro, come braccialettino, a cui è sospesa una medaglia, un campanellino: due perline alle orecchie, o due diamantini. In casa, la giovanetta porta, sino a quindici anni, i grembiuli, molto carini, di seta, di surah, scozzesi o a disegno turco: dopo quindici anni, li smette. Nei giorni di ricevimento, ella non è sempre nel salone, ma vi apparisce e sparisce; serve il the, se non vi è una sorella grande; non fa conversazione, non si mescola ai gruppi, va via presto. A quell'età, la giovanetta va raramente a teatro, salvo a quello di musica; in qualche concerto; in nessun ballo ufficiale; in nessun ballo di cerimonia; non balla, se non quando si fanno quattro salti, in campagna. Tutto in lei deve essere semplice, gentile, grazioso, ma non lezioso, ma non civettuolo: se ha molta gaiezza, bene, ma deve moderarla: se ha dello spirito, la lasci maturare, è meglio, se ne servirà meglio più tardi. Infine, deve prepararsi a essere signorina, imparando a esser cortese, piacevole, giustamente colta, con qualche arte coltivata particolarmente, imparando ciò, ma non facendone sfoggio, se non più tardi, abbastanza più tardi.

Pagina 162

Ordinariamente, ogni invitato che va a nozze di una certa importanza, ha la sua carrozza, o se ne procura una: ma è sempre bene che la famiglia della sposa abbia quattro o cinque carrozze, a disposizione di coloro che non ne avessero, non più di quattro o cinque, massime se il matrimonio è in chiesa. Se il matrimonio è in chiesa, bisogna curare l'addobbo, con molte grandi piante, formandone dei boschetti, ai due lati dell'altare: ci vuole un tappetto nello spazio ove seggono gli invitati, e una striscia di tappeto, tra le due file di sedie che arrivi sino fuori la chiesa e si prolunghi sugli scalini. Nella strada, domandare qualche guardia di più per il servizio regolare delle carrozze: alla porta della chiesa, vi debbono essere almeno due introduttori, parenti o amici della famiglia, che accompagnino le signore e introducano i signori. Meglio scegliere due giovanotti disinvolti, fra i tanti: se sono due giovani belli ed eleganti, molto meglio. Per quanto più si può, puntualità nell'arrivo della sposa e della famiglia: far aspettare, espone a grandi critiche. La sposa entra in chiesa, al braccio di suo padre, o del parente maschio più prossimo o, in mancanza di tutti, del più vecchio amico di casa: la precedono gli introduttori, per farle fare strada. Spesso un paggetto, un nepotino, sostiene lo strascico della sposa: esso deve essere sempre vestito di bianco, di raso bianco. Dopo la sposa, viene sua madre o la sua più prossima parente, al braccio dello sposo; e così ogni coppia, secondo la gerarchia, unendo le due famiglie. I testimoni e il compare seguono le due prime coppie, immediatamente; prendono posto, coi parenti stretti, sull'altare. Il rito nuziale l'ho spiegato, parlando dei doveri del compare. Possibilmente, domandare a Monsignore, un sermone non troppo lungo. Un pò di buona musica, se è possibile, non guasta: ma non oltre i tre pezzi. La sposa, dopo la cerimonia, dopo aver baciato i suoi parenti e stretto la mano ai testimoni e al compare, prende il braccio dello sposo per uscire, e mentre è venuta in carrozza col padre, se ne ritorna in carrozza con lo sposo, a casa. È a casa che gli invitati, arrivati anch'essi, le presentano mano a mano, le loro felicitazioni. Ella deve avere smesso il velo bianco, ma conservato il vestito bianco, e i fiori d'arancio nei capelli.

Pagina 43

Or dunque, la giovane sposa, la signora matura, la vedova, la donna vecchia e persino la vecchia zitella che abbia casa sua e un'apparenza di agiatezza, debbono avere il loro giorno, per potersi creare, poi, nel resto del loro tempo, una vita come loro conviene. La scelta del giorno deve essere fatta con molta cura, con molta riflessione, con molta prudenza, con gli studii più profondi: non bisogna scegliere la domenica, perché è un giorno in cui si va a conferenze e a concerti, in cui i ragazzi escono dal collegio, in cui vi sono tanti altri doveri da compiere: non il venerdì, che è un cattivo giorno per ricevere, sebbene molti lo considerino come un giorno eccellente, per non muoversi di casa: non il giorno in cui riceve la propria madre, o la propria suocera o la nostra migliore amica, o una dama di grande condizione, presso cui si tiene ad andare. Scelto una volta, il giorno, dopo un lavoro mentale lunghissimo, bisogna tenerlo fisso, perché nulla è peggio che cambiare il giorno, e nulla è più disastroso che cambiarlo spesso. Si finisce per perdere, a poco a poco, ogni propria relazione; poiché le signore sono di labile memoria e dimenticano questo giorno, che cambia così spesso, poiché anche esse hanno il loro giro di visite, che non amano di vedere spostato: poiché il giorno di una signora elegante e intelligente, deve diventare una istituzione fissa e inamovibile, con una tradizione di spirito e di cortesia. Chi passa dal lunedì al venerdì, dal sabato al martedì, acquista la reputazione di una persona capricciosa e disordinata, che non tiene né al suo carattere, né al suo giorno, né alle persone che lo frequentano. Conosco grandi signore - per chiamarsi tale, non è necessario avere grande nome o grandi ricchezze - le quail, dal giorno che si sono maritate, venti o trenta, o quaranta anni fa, conservano sempre lo stesso giorno di ricevimento: ed è, questo, un altro atto squisito di amabilità verso amici ed amiche, è un atto di rispetto verso se stesso e verso la propria casa.

Pagina 54

Appena appena si abbia una posizione modesta, si può e si deve offrire qualche cosa alle amiche e agli amici, quando si ricevono le loro visite, nel giorno. Tre etti di cioccolattini; quattro etti di biscotti fini. Basta mettere questi dolci, i primi o i secondi, in un bel piatto del Giappone, in una bella coppa di cristallo, oggetti che sempre si possiedono e offrire questi cioccolattini, questi biscotti con buona grazia: e si ha subito l'aria ospitale. Chi può offrire dell'altro, tanto meglio! Viene in prima linea il the: si può offrire nel modo più semplice, cioè per mezzo del cameriere che, appena una signora è seduta, arriva con un vassoino dove sono una tazzina col the, la piccola lattiera e il recipientino con l'acqua calda, per allungare il the, se si vuole: immediatamente, si offrono dei biscotti inglesi, dei wafers delle pasterelle secche, insieme. Per far questo, basta un cameriere molto svelto; e non grandi arnesi, come tazze, cucchiaini, salviettine, ecc. Ma se si vuole offrire il the, prendendolo da un tavolino, in fondo al salotto, allora l'organizzazione deve essere larga e il lusso pretende mille elegantissime cose. La table à the, imbandita, q uando si riceve nelle ore pomeridiane, implica bellissimi servizi di tazze, di piccoli e grandi piatti, di coppe, di vassoietti: implica teiere e lattiere elegantissime: implica un corredo di dolci, di paste, di bonbons, di biscotti, completissimo: implica biancheria finissima, ricavata, con merletti antichi e moderni: implica argenteria di coltellini, di cucchiaini, squisita. Chi lo può fare, tanto meglio! Ora è in moda il servizio di the alla russa: cioè in bicchieri che hanno il piede di argento cesellato, intagliato, traforato: con argenteria dello stesso stile. Ma è un capriccio. Intorno alla table à the, vi è sempre un servitore: e qualche signorina di casa o un'amica offre le tazzine, le fette di baba, di gâteaux Margherita, i dolci. Qualche signora offre del cioccolatte, invece del the: tutto il servizio deve essere intonato come tazze, argenterie, biancheria, come dolci. Quando si va verso l'aprile, si offrono delle granite, dei parfaits di cioccolatte, di crema: si adoperano bicchieri di cristallo opaco, colorato, col manico: assai più elegante, il bicchiere con piede di argento. Sulla table à the vi sono sempre delle bottiglie di acqua ghiacciata, di limonata, di aranciata, per chi abbia sete: e bicchieri alti, senza piede, colorati, adattati a ciò. D'altronde il giorno è dedicato alle signore che non bevono liquori e neanche rosolii. La eleganza, la ricercatezza delle signore, nelle mille cose che rendono squisito ciò che offrono: dai cento oggetti di porcellana, di cristallo, di argento, alla qualità del the, del latte, alla finezza e alla varietà dei biscotti, delle paste, dei dolci. Per lo più, una signora ricercata, si occupa lei, personalmente, di questo servizio, ogni settimana.

Pagina 57

Nelle regioni settentrionali, e specialmente nei due grandi, civili, mondani centri di Torino e Milano, dove più si sente la influenza dei sontuosi costumi ospitali francesi, ogni specie di pranzo, da quello di alta etichetta a quello intimo, è assolutamente alla moda; chiunque abbia vissuto un poco o molto, a Torino, a Milano, sa bene con quanta larghezza nell'alta società, nella grande borghesia, si pratichi questa forma di convivenza sociale. Come si scende verso l'Italia centrale, e sovra tutto, come si giunge nella gran region meridionale, questo uso così bello e simpatico si viene dileguando, sparisce. Fra noi, a Napoli, non esiste, quasi. Un tempo, nella grande vita mondana napoletana, quando venti case aristocratiche ricevevano, allora, sì, vi era questo costume gentile: ma non oltrepassava i limiti della classe patrizia. Poi, a mano a mano, per tante ragioni, più o meno malinconiche, per morti, per partenze, per viaggi, queste case si sono chiuse e di famosi, nell'alta società, non restarono, per un certo tempo, se non i pranzi di un vero grande signore, che era il duca di Castronovo, pranzi perfetti per la lora sontuosità e la loro squisitezza: con la morte del duca, la tradizione finì. Qua e là, dove la dama padrona di casa conserva i leggiadri costumi della ospitalità francese, che imparò per la educazione, a Parigi, per la dimora colà, vi sono dei pranzi eleganti: ma fuori quella stretta cerchia, niente! Gente che ha una bella casa, molti denari, buona servitù, argenterie, porcellane, cristallerie, non pensa mai ad invitare un amico, un'amica a pranzo: - gente, che non ha nulla da fare, che si annoia, che cerca compagnia, non pensa a questa forma così attraente di riunione: niente! Da che dipende? Dalla pigrizia delle signore? Dalla organizzazione, un po' difficile, di quanto ci vuole, per dare un buon pranzo? Da uno spirito di grettezza? Da quell'inclinazione che hanno molti ricchi, fra noi, a concentrare tutto il loro lusso solo nei cavalli, gli uomini, solo nelle toilettes, le signore? Chi lo sa! Negli ultimi tempi, qualche passo è stato dato, anche nei paesi meridionali: negli ultimi tempi qualche pranzo è stato dato, si dà, in qualche grande albergo, per non avere fastidi in casa. Speriamo bene!

Pagina 65

Ordinariamente, nel giorno di cresima, il cresimando o la cresimanda sono invitati a pranzo in casa del padrino o della madrina di cresima, salvo che il padrino sia scapolo o la madrina non abbia casa organizzata a ciò: questo invito è facoltativo. E così, la domenica seguente, la famiglia del cresimando o della cresimanda, invita a pranzo la madrina o il padrino: anche ciò è facoltativo. Ora è invalso l'uso che, oltre la madrina e padrino, facciano dei doni al cresimando o alla cresimanda, anche i parenti: abitudine di lusso e di vanità, che guasta il cuore dei giovinetti e delle giovinette. Basta, semplicemente, un piccolo ricordo pio dei genitori: e non già dei fili di perle o delle scrivanie intagliate, come ho letto, in un giornale francese!

Pagina 96

Marina ovvero il galateo della fanciulla

193645
Costantino Rodella 8 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Già nel piacevole conversare si va con somma leggerezza, ed in cose sacre è facile cader nell'irriverenza; tanto più che vi è sempre chi per ispirito di novità o di facezia si prova di metter lo scherno o il ridicolo su qualche punto; la donna, che stima la religione una seconda vita, non può a meno di dolersi e sentirsi lesa; d'altra parte entrar in disputa, per difendere la sua fede, è difficile che abbia tanti argomenti così chiari, così profondi da sciogliere lì su due piedi i cavilli de' sofisti. Quindi acqua in bocca, e scartava gli argomenti sacri. Per dirigere le conversazioni bisognava lasciar stare la signora Bianca, pareva fosse nata per ciò. Ognuno in casa di lei si trovava a suo posto ed aveva la sua parte, un'armonia fra tutti, come fossero d'una stessa famiglia; gli argomenti non mancavan mai al discorso, e i discorsi nascevan, come a dire, da sè; il brio, la facezia onesta, i sali delicati, i motti arguti, ma innocenti, non si facevano desiderare. Già essa nutrita di buone e fortificanti letture, aggraziata da un'educazione squisitissima e continuamente coltivata, era padrona della società; le menti di tutti pareva che le avesse foggiate essa stessa, e le alzava, come a dire, a sè; senz'aria di voler imporre e far spicco, colla sua naturale bonarietà sembrava che in tutto si piegasse a' voleri altrui, che non facesse che secondare la corrente, mentre in fatto era dessa che dava l'intonazione. Il maldicente, lo sboccato, lì era ritenuto e modesto. Pur troppo che la maldicenza pare che avvivi il discorso scorso ed esilari la brigata; gli altarini scoperti, i difetti segreti del prossimo svelati, pare che abbiano dell'attrazione; ma si badi che se volentieri si porge orecchio a' difetti, non così volentieri si accetta la compagnia del maldicente, e punto si ha stima del cattivo parlatore, giacchè mentre si ride de' vizi svelati, ciascuno però in cuor suo ripete: che lingua di fuoco! Alla larga da compagni siffatti! Inoltre con tal gente c'è questo da temere; che se oggi con te sparla di altri, domani puoi esser certo che altrove sparlerà di te. E intanto quante disunioni, quante famiglie avvelenate nelle gioie più intime, negli affetti più cari per una parola imprudente, per una ciarla leggiera, per un pettegolume femminile! Dovrebbero le ragazze meditar ben bene su ciò, e custodire scrupolosamente la lingua, e guardarsi a tutto potere di non spargere il benchè minimo sospetto sopra l'onore di nessuno, e specie poi di giovinetta! I ritrovi presso la signora Bianca anche per ciò tornavano graditi; perchè non si sentiva mai dir male di nessuno; quando cadeva il discorso su qualche persona lontana, non c'era punto pericolo che fossero i difetti che fornissero le spese del conversare, era sempre la parte bella che si metteva in rilievo. Fa così bel sentire a parlar bene degli assenti, pare atto così liberale enumerare le virtù di chi non sente! Onde ogni persona ben nata, piuttosto che lambiccarsi il cervello per scoprir i vizii altrui, dovrebbe porre ogni cura per rilevarne i pregi; perchè non è a dire come acquisti grazia nel cuor di tutti, e come sia desiderata la compagnia di chi cerca sempre di mettere in stima il prossimo. Tale era il cómpito della signora Bianca, che si mostrava sempre incredula, quando alcunchè di men bene veniva attribuito a qualche conoscente, e tosto s'ingegnava di metter sulla controbilancia le buone azioni di lui; il che faceva sempre bella impressione su tutti. Ma oltre alla materia dei discorsi, s'ha da por mente anco alla forma, al linguaggio, alle parole. Il cardinale Pallavicino distingue tre schiere di vocaboli, signorili, mezzani e plebei; io ve n'aggiungerei una quarta de' femminili; perchè in effetto vi sono espressioni, e motti, che, se si tollerano agevolmente in bocca d'un uomo, farebbero un brutto sentire, pronunciati da una donna, peggio da una ragazza. I proverbi, e detti proverbiali, i tratti di spirito, i gerghi furbeschi, le esclamazioni, non tutte stan bene sul labbro femminile, e in ciò richiedesi molto tatto, e gusto fine; quindi è bene che le fanciulle si mettano ben in guardia, e stiano sul riserbo. E come nell'uomo il metallo della voce è più gagliardo, e più colorato, nella donna invece più sottile e più soavemente armonico, così pure la parola deve essere più delicata, più gentile, più decorosa in questa, che in quello. Ad ogni modo la giovinetta debbe sempre sfuggire da quelle parolaccie plebee e di piazza; si ricordi che essa deve aggraziar tutto, tutto innalzare, e non mai insozzarsi nel braco, dove grufolano e s'avvoltolano i ciacchi. Dio scampi la fanciulla dalla scurrilità e dai motti maliziosi; che un brutto andazzo fa tollerare, se non loda, anche ne' civili conversari. Quel gergo enigmatico, quel convenzionalismo di detti a doppio senso, che la moda insulsa dice arguti, in cui l'immoralità cerca di velarsi con apparenza onesta, non trovavan luogo ne' convegni della signora Bianca; e la giovinetta, che stimi il suo onore, si guardi bene dal pigliarvi parte, dall'incoraggiarli coll'occhiata d'intelligenza, col sorriso furbesco, o col ribattere con simili detti. Marina cresceva così bene alla scuola della madre, che era da ammirarsi il tatto e la grazia che aveva nel conversare; attenta, senza distrarsi colla paroletta all'orecchio dell'amica quando parlavano gli altri; breve e vivace nelle sue risposte, che cadevano sempre a tuono. Quando il parlare toccava a lei, non usciva fuori con voce fievole e bassa da potersi a mala pena intendere, come neppure l'alzava di troppo a intronare le orecchie, che è impulito e sconveniente; perchè, lasciando stare il resto, la voce sforzata perde di armonia e di soavità, e vien fuori stridula e rotta; inoltre dovendosi perciò spalancare la bocca, le labbra si contorcono da perdere quella grazia, a cui deve sempre badare la fanciulla. S'ingegnava anche di finir presto, per mettere altre a discorrere; perchè non c'è cosa che più urti i nervi, che il sentir sempre uno a sdottorare, impedendo che altri pure dica la sua. La madre le ripeteva sempre che le ragazze meno parlano, e più savie son tenute. Nè se qualcun altro parlava o raccontava qualche fatterello ella metteva in celia o la parola, o l'improbabilità dell'aggiunto, nè, se il narratore era timido e poco destro, lo derideva occhieggiandosi colle amiche; nè avviava altri discorsi interrompendo il racconto, che nulla v'è di più inurbano; nè entrava in mezzo ad ora ad ora: non è così, ma così e così. Nè punto le dava il capriccio di discorrere de' suoi talenti, delle sue virtù, del suo sapere, che anzi rifuggiva piuttosto dal parlar di sè, della sua casa; in generale la ragazza che ha sempre l'io da metter in mezzo è riputata vana e superba; come pure non era vaga di far sonare in tutti i discorsi i suoi sedici o diciott'anni; anzi le facevan pena quelle fanciulle che di sotto in su piantano il discorso sugli anni, e questa n'ha diciotto, e quella là n'ha venti, e tu quanti n'hai? e chi sa quanti n'abbia la tale? In modo che bisogna sempre aver le fedi di battesimo in tasca; e questo malvezzo tanto più è da riprendersi, quando v'ha gente non più giovane, perchè è un far invidiare la nostra gioventù a chi è sul passo, e far loro increscere di sentirsi vecchi. Chè se dà noia chi ha sempre la lingua in moto, riesce pure uggioso chi non parla mai. Que' pezzi di marmo, chè stan lì, perchè v'è posto, che con una faccia di gesso, con un muso scipito, non ridono mai, non ammirano, non prendono parte nessuna alla conversazione, e non fan che scaldar la seggiola, sono di peso alla società, e agghiacciano il calore di un festevole convegno. Poco dissimili sono quelle che non fan che guardare, e sempre con una faccia trasecolata, mostrano con un riso stupido a fior di labbro, che nulla sanno, e nulla intendono; e se sono interrogate non rispondono che goffamente con una musata, con un crollo di capo, o con un no o un sì sibillato alla meglio co' denti stretti. È un dolore aver donne siffatte lì vicino; non sai mai se la tua compagnia piaccia o dispiaccia; la galanteria vuole che loro volgiate il discorso, e vi ingegniate di metterle in parole, di interpretare i loro gusti, di trovare, come si dice, la corda sensibile, ma nulla trovate che le scuota; onde ogni discorso cade lì in sul nascere. Persone tali non debbono venire nelle riunioni civili; perchè chi v'interviene, deve ingegnarsi di prender parte alla conversazione, coll'ascoltare chi parla, col rispondere convenientemente, entrar in discorso, quando ne viene il destro; non lasciar che altri s'affatichi per tener vivo il conversare da solo, ma aiutarlo, approvare il detto, confortarlo di qualche nuova ragione, e talora con un discreto contraddire mostrare la libera nostra opinione. Per riuscire a ciò ci vuole uso del mondo. La signora Bianca diceva: avete un bel fare imbeccherare le vostre, figliuole, darle precetti, farle leggere libri; ma se non le lasciate dibattersi in mezzo alle compagne, se non le svincolate nelle sale di compagnia, rimangono sempre interdette, esitanti, impacciate; non san presentarsi, ai complimenti recitano la lezione, se si insiste un po', o vien mutata la forma di uso, rimangono in asso col rossore sulla faccia, o rispondono: dove vai? - porto pesci. - Insomma non sanno nè stare, nè correre, sono a disagio dappertutto. Ed è per questo che la signora Bianca s'ingegnava di introdurre a poco a poco la figlia nella società; perché si facesse agli usi civili quasi senza avvedersene. E per verità Marina aveva acquistato la più bella disinvoltura del mondo, non mai perplessa, o intricata, non mai colta all'improvviso, agile nel presentarsi, cauta nell'entrar ne' discorsi, nel saper recar in mezzo l'aneddoto, la facezia, nell'adattar la burla, quel buon gusto, quell'eleganza di modi, quel far signorile senza ostentazione, e senza paura; che non si può ottenere senza una gran pratica della società, che è la scienza della vita.

Pagina 118

Basta che vi siano tre o quattro ragazze in una camera a giuocare; perché non si possa più reggere nelle stanze vicine; perché s’abbia sempre ad avere il sangue gelato addosso, per gli strilli subiti ed improvvisi che tratto tratto s’alzano da questa e quella, come se un’acuta lama di coltello le abbia passata la vita; e non sarà che la vista d’una bambola, una semplice burletta o uno scherzo qualunque che l'una avrà fatto all'altra.

Pagina 25

Questo dispregio delle scuole superiori contro le inferiori si estende anche contro le maestre; vale a dire un'allieva, come da una classe passa ad un'altra, crede d'aver acquistato più scienza di quel che possegga la maestra della classe inferiore, e quindi si tiene dappiù, ne parla come di persona di poca levatura; cosicchè quelle che sono nell' ultima si rigonfiano di tanta superbia, di tanta albagia, che guai a quella maestra delle altre classi, che si periti a dare loro avvertimenti; quasi che la maestra non sappia più là della scuola in cui insegna; e che per ottener la patente d' insegnante non abbia dovuto studiare molto di più di quel che si insegni in tutte le classi elementari! Nè soltanto se lo credono di saper di più, e se lo tengono celato nell' animo le allieve; ma ve n'ha di quelle tanto audaci ed impertinenti da chiarirlo apertamente con atti di non curanza, o anche con parole sciocche: — Che vuoi tu che sappia la tua maestra? Dille che non esca dall'abbicì... — Ma che? noi facciam quarta e ne sappiam più della tua maestra, che insegna solo terza... e via su questo andare. Il che richiama alla memoria quella cantante, che, avvisata dal suggeritore, perchè storpiava i versi e i nomi, rispose stizzita: — O che, io sono cantante in primo, e ho il diritto di dire come mi pare e piace!

Pagina 27

. — Non son mica io, risponderà, che abbia fatto il chiasso, se è tutta la scuola! — Sei un' insolente, le replicherà la maestra. — Insolente io? no; dirò così qualche parola per ridere, ma insolente no,davvero.... Un giorno un' allieva aveva piantato sotto il banco due pennini d'acciaio, sopra i quali aveva ben teso un fil di seta; quindi pizzicando il filo ne veniva fuori un suono lontano, indistinto; e tutto questo di soppiatto in modo che si sentiva il rumore, ma non si poteva precisare nè dove, nè da chi fosse fatto. La maestra, che non poteva più ottenere attenzione, avvertì le allieve che se non si faceva cessare questo suono ella avrebbe punita tutta la scuola. Ma non c'era verso; come si metteva per spiegare, giù un pizzico, e fuori un suono, la scuola a ridere, e la maestra arrovellarsi e sgridare; e questo brutto giuoco durò del bello. Finalmente la maestra venne a scoprire la colpevole, la sgridò severamente, la minacciò, le notò zero di condotta e le diede non so quale castigo. Giunta a casa la ragazza, la madre volle sapere la ragione dello zero e del castigo. — È la maestra che non mi può vedere; io sono stata buona, e solo per due pennini piantati nel banco mi castigò così! La madre convenne tosto che per due pennini conficcati nel banco non si meritava tale castigo, e andò a lagnarsene colla direttrice. Però si deve dire che quando venne a conoscere tutte le circostanze del fatto, da buona madre rincarì la dose della punizione. Ma quante sono le madri che procedono in questa guisa? Se prima di dar retta alle parole de' figli i genitori andassero a sincerarsi dai maestri, sì che le cose si vedrebbero sotto una luce diversa e i ragazzi non prenderebbero tanta baldanza! Padri e madri, prima di giudicare andate sempre e sempre ad appurar le cose alla scuola; voi non sapete le furberie de' vostri figliuoli. Se fan bene, se ottengono qualche premio, oh! sentiteli, è tutto merito loro, il maestro non c'entra per nulla; anzi, a detta loro, il maestro avrebbe fatto ogni potere per strapparglielo. Sinceratevi, e troverete che l'indulgenza c'entra per metà. Se non ottengono premio, se hanno qualche punizione, se non sono promossi agli esami, sentiteli, è tutto colpa del maestro, non insegna bene, non fa il suo dovere, è ingiusto, è parziale. Sinceratevi, dico, e troverete che se il maestro non avesse avuto tanta pazienza,vostro figlio sarebbe stato cacciato di scuola fin dal primo mese. Eppure, dei genitori nove su dieci dànno ragione ai loro figliuoli; quindi non lamentatevi se essi vengono su petulanti, indisciplinati, non sottomessi a nessuna autorità, sprezzanti di tutto.

Pagina 29

Alle lodi poco si resiste; la vanità s’abbarbica di leggieri anco agli uomini tanto fatti, pensiamo se non abbia presa in una ragazzina tant’alta, che pur ora mette il piede sul sentiero della vita! Aveva un bel essere di natura semplice e schietta, d’indole buona e senza pretensioni; ma affascinata del continuo da tante carezze, da tante lodi, da tante adulazioni, non poteva a lungo durare, senza niente niente risentirsi, senza impennarsi e inorgoglire di sé. E così avvenne di fatti; chè, invanita della sua beltà, fiera del suo impero sul padre e su tutti, dava in furie se tosto non fosse stata ubbidita ne’ suoi capricci; altezzosa guardava d' alto in basso le compagne, i servi li comandava a bacchetta; altro non sognava che vestiti nuovi, che nastri, che gingilli, che mode; questa veste non le andava, quella frangia non era abbastanza ricca, faceva disperare la sarta, la crestaia e tutti quelli che avevano da provvederla di alcun che. Fortuna che quell' onda di. bizzarria fu di breve durata. La signora Bianca, donna tutto cuore, modesta e gentile con tutti, educata in guisa al bene, che tutta la sua vita era un'aspirazione alla virtù, uno slancio alle cose superiori, che danno pascolo allo spirito, non tardò ad avvedersi di queste arie mal sane di Marina. Conobbe che il maggior nemico delle giovinette è la bellezza, e che le lodi prodigate dalla gente sono come lenti veleni, che ammorbano le più pure sorgenti della virtù. Essa si diede tosto a combattere i vizi incipienti con un sistema di calma non mai alterata e di fermezza risoluta, onde ai comandi oppose dinieghi, ai capricci rifiuti, agli atti di sdegno una tranquillità imperturbabile, contro cui veniva a spegnersi la foga della bambina. Quando poi la figliuola tutta lieta si tratteneva colla madre, in quelle ore di intime confidenze e di calda effusione di cuore, la signora Bianca coglieva il destro di farle conoscere che la beltà non è una virtù, che i distintivi delle creature umane sono le qualità del cuore e della mente; e che una giovane ad essere bella o brutta non ci ha merito di sorta. Anzi un bel corpo senza belle doti di animo riesce ridicolo ed argomento di riso nel conversare degli uomini. Tirava poi in mezzo alcune sentenze della sapienza popolare, come: beltà e follia spesso in compagnia; oppure:beltà senza virtù, è un fiore senza odore; e filava sempre la medesima conclusione: chi ha il dono della bellezza del corpo, deve avvalorarlo con ottime qualità di animo, se non vuol essere il zimbello degli altri. E le correvano facilmente al labbro di molti esempi per mettere in evidenza che la bellezza è cosa passeggiera, è un tesoro che si consuma cogli anni e che fa iattura nella più leggera burrasca; una malattia, un malestro qualunque. A tutta prima Marina ascoltava, sì; ma quasi fossero cose estranee, che per nulla la toccassero, non vi dava retta. Tuttavia la madre aveva quell' argomentare opportuno, insinuante, che richiama alla riflessione. Non si metteva mai in tuono di predica, nè riusciva noiosa e stucchevole con un moraleggiare pedante e continuo; aspettava sempre l'opportunità, in guisa che l’osservazione nasceva, come a dire, da sé; e neppure allora tirava in lungo: due parole, una sentenza, un esempio, e via; il che faceva come un colpo di dardo, che lascia la traccia, senza restar nella ferita. Per il che Marina a poco a poco veniva tratta a riflettere sopra le sue azioni, e così alla cheta, non più sotto l'impressione della passione, che gliele faceva compiere, si riconosceva veramente in colpa. Ma venne a mettere il colmo al suo ravvedimento la disgrazia d'una sua cugina, Ester, giovinetta da dipingere, corpo d' un taglio elegantissimo, viso gentile e fine, capelli biondi, occhi turchini,brillanti; spigliata e sciolta; nel suo quindicesimo anno, per una risipola nella faccia, le si strabuzzarono gli occhi, si storse la bocca per forma, che quella faccia di Venere si mutò in una Megera. Povera Ester, che fiera pur del suo bel viso, ad altro non aveva mai ubbidito che all'ambizione ed alla vanità dell'abbigliatoio, ora si consuma in lacrime di disperazione nella solitudine della sua casa, vergognando di mostrarsi in pubblico! Marina, cui Ester serviva già di ideale, ne fu spaventata: allora sì che prese sul serio i consigli della madre, e si convinse quanto poca cosa siano le grazie del volto scompagnate dalle virtù dell'anima! Fu allora che conobbe, che ciò che si deve desiderare è la beltà del cuore, la sommissione al volere de'genitori, la compassione degl'infelici. Sono i tesori della mente che non soffrono avaria, e innalzando l'animo alla luce del vero e del buono, ricreano lo spirito de' beni eterni. La madre ne era lietissima, e ringraziava Dio di così felice e rapido ravvedimento; ne gioiva il padre, e tutti l’ammirarono. La signora Bianca, come donna in tutte parti compiuta, dava anche molto pregio alla gentilezza e alla urbanità degli atti esteriori; perché da questi si riconosce la coltura dello spirito e la bontà del cuore; o come ella soleva dire: sono manifestazioni di un animo buono, educato a virtù. La rozzezza del tratto indica rozzezza d’animo, superbia e povertà d’ingegno; uno, quanto più è grande, tanto più si mostra con modi cortesi e piacevoli. Per il che non cessava di richiamare l’attenzione di Marina sopra gli atti di garbatezza e di civiltà, che per una fanciulla valgono quanto una ricca dote, se non più. E per riuscire meglio, aveva pigliato l’abitudine di leggere ogni giorno dopo il pranzo un breve capo del Galateo; e quindi lì per lì tanto essa quanto il padre ed anche la figliuola facevano le loro osservazioni, adattando gli avvertimenti e le censure del libro ai casi pratici della società; rincalzandoli con esempi della giornata di atti praticati da conoscenti; il che veniva a ribadire nell’anima della figliuola quella scienza civile e pratica che si traduce in moti composti e gentili, in tratto urbano e cortese, quale è la scienza della vita. Onde chi si mettesse con un esame diligente a ritrarre il tenor di vita di Marina, e le cure della signora Bianca per educarla, non farebbe egli opera profittevole a tutte quelle giovinette, che, meglio che alla vanità e all’appariscenza, mirano alla saviezza ed alla virtù?

Pagina 7

Avrà fatto miracoli per la sua fresca memoria, ma che abbia digerito bene le cose insegnate, non a me si darà ad intendere. L'età del raziocinio e della riflessione incomincia a quattordici anni, o lì presso; ebbene in quell'età la ragazza ha già smesso di studiare. Infatti quand'è che la giovanetta comincia a far sue le idee altrui, se ne rende ragione, ne acquista la convinzione e, vorrei dire, la coscienza? Dopo i quattordici anni. Prima è memoria, si sa soltanto quel ci hanno appreso, si crede e si giudica come ci han detto; non perchè ne conosciam la ragione, non perchè un intimo ragionamento ce ne convinca. Onde prima dei quattordici non sappiam le cose, sappiam solo le parole; e invero se si è interrogati, si risponde colle parole sacramentali, che abbiam studiato macchinalmente nel libro, o che ci ha appreso il maestro; se si cambian le parole, si fa una confusione da non poterne più cavar costrutto. Quando invece la potenza riflessiva è messa in atto, quello che si ascolta si sottopone ad un esame intimo, all'approvazione del nostro giudizio, e la coscienza ci dice: è così; oppure: così non può stare. Ecco come l'appreso diventa scienza, e resta in noi come fatto nostro, nostra proprietà, e ne disponiamo come e quando ci viene il destro, senza essere legati alla nuda parola. Eppure la fanciulla cessa per appunto gli studi, quando essi si farebbero profittevoli e sicuri. Il che ci spiega come la donna in materia di studi sia piuttosto leggiera, superficiale ed anche pedante; e se sa le cose, non le conosce nella loro ampiezza, nelle loro relazioni e cause remote: ma ne ritiene solo quanto le è stato detto; perchè la sua scienza è tutta di memoria. Quante volte non ci accadde di vedere nelle famiglie la sorella fino ai dodici anni vincere il fratello negli studi, e passati alcuni anni trovarsi un cambiamento incredibile? la ragazza restare stazionaria, se non perde, e il fratello sviluppare un criterio, una logica, una bontà di giudizio che non sapete spiegare; se non riflettete che gli studi più forti egli li fa dai quattordici ai venti, ai ventiquattro, e la sorella li cessò ai quattordici, se non ai dodici. Ecco la ragione della grande differenza intellettuale ne' due sessi, differenza che dovrebbe essere minima o scomparire affatto, se gli studi meglio si organassero per le fanciulle. Esaminiamo un po' meglio per minuto quel che avviene nella vita educativa della giovanetta, e si riconoscerà che si cammina proprio a ritroso della natura. L'istruzione intellettuale le s'impartisce dai cinque ai dieci o dodici anni, quindi le si fa abbandonare la scuola e non se ne parla più, se non forse di qualche lezione per settimana di lingua francese. Tutta la sua vita viene quinc'innanzi divisa fra il pianoforte e que'lavori che si dicono femminili. Ora lasciatemi dimandare: quali occupazioni richiedono maggior forza intellettuale, gli studi o i lavori di mano? Ma questi lavori sono meccanici e la memoria e l'imitazione è tutto, e perciò si potevano tanto bene cominciare prima senza tanto detrimento. La signora Bianca, che poco si lasciava pigliar la mano dall'andazzo comune, diceva che per dare una buona istruzione alle giovani è necessario prolungare il tempo degli studi; e perchè l'una cosa non sia a disvantaggio dell'altra, approvava che contemporaneamente agli studi le si facessero apprendere i lavori femminili e le arti di ornamento. Fino ai diciott'anni non voleva che la ragazza facesse la signorina; lasciarle la testa ai grilli prima, è un metterla nei rischi del mondo, vana, senza studio e senza esperienza. Trovava che fino ai diciotto c'è abbastanza di tempo per istruirla in ogni ramo conveniente ai tempi progrediti, alla civiltà del secolo, e ritornava sempre alla sua idea, che dalla donna istruita infiniti beni ridondano alla società. E come pensava, praticò con Marina; il che spiega come questa abbia potuto erudirsi in tutte quelle materie che abbiam detto.

Pagina 79

Pagina 83

Già non v'ha che lei, che abbia di queste eleganze. Araminta. Staniamo ella è tutta bontà e bellezza; quest' abbigliamento le sta a maraviglia... Vengo ora da Arzinoe..., com'era mal messa... Cidalisa. Che vuol ella che stia bene a quella faccia? ... Oh che grazioso mantelletto! Chi gliel'ha fatto? Araminta. Madama...... E Filli... come la tratta? Cidalisa. E che se ne può fare? Non ha due idee in testa... e poi... ella ne sa la vita...! Araminta. Sì.... Cidalisa. Ho dovuto chiuderle la porta... Ma che? Ella parte già?... Araminta. Ho qualche commissione da sbrigare. Cidalisa. Non stia più tanto tempo senza venire, e non abbia tanta fretta. Un po' dopo la partenza di Araminta, che va a raccontare in un altro salotto, che Cidalisa è gialla come una mela cotogna, e che tiene in casa una te- letta che fa schifo, giungono Arzinoe e Filli. Cidalisa. Che bontà venirmi a vedere!...È un secolo che non m'hanno procurato un tanto favore!... Che bella veletta ha, Arzinoe.. E lei Filli, non ho mai veduto persona così ben calzata come lei; ma già non fa specie, con un piedino come il suo... Filli. Sì, parli di piedi lei, che ha piedini da ragazza! Arzinoe. Io non conosceva cotesto braccialetto, Cidalisa, è magnifico! Cidalisa. Araminta è uscita or ora di qui. Arzinoe. Che? Se m'aveva detto che non la voleva più visitare... Cidalisa. Proprio! Ebbene questo le potrà ben accadere una volta o l'altra... Se essa crede che il mondo chiuda gli occhi sopra certe passeggiate... s'inganna a partito! Filli. È un orrore! Cidalisa. Aveva il cappello più stravagante che si possa immaginare..... un mantelletto, così ridicolo! Era da far paura..... E poi non sa mai andarsene, credeva che volesse dormir qui... Ma che, esse partono già? Almen almeno non stiano più così lungo tempo senza venirmi a vedere, e non vengano con tanta fretta. Arzinoe e Filli vanno a raccontare altrove la pretesa e severità di Cidalisa, che non pertanto, ecc. Cidalisa aspetta un'altra visita per metter in canzone l'abbigliamento ridicolo di Arzinoe, e l'affettata modestia di Filli„ (1). Ma è bene notare, che tal fatta di conversare non può cadere, che in persone leggere, digiune d'istruzione; perchè il vuoto della mente e del cuore, fa sì che si avviino discorsi senza costrutto, e pettegolezzi indegni di gente costumata e civile. Non v'era pericolo che così intervenisse presso la signora Bianca; chè anzi passava per la casa dove il discorso fosse più ameno e corretto. Il suo contegno, l'altezza della mente ne imponevano, e se qualche imprudente si provava alla maldicenza, tosto dal freddo riserbo della padrona, e dalle subite difese che eran prese della calunniata, s'avvedeva d'aver messo il piede in fallo, e il discorso moriva lì. ALPHONSE kar, Les femmes. Insomma, la signora Bianca, nel contatto della società, mostrava tutte quelle virtù, che la religione radica ne' cuori ben fatti: l'umiltà che s'abbassa per alzare gli altri; la carità che dimentica i torti e vela i difetti, per vederne solo i pregi; il sentimento vivo dell'uguaglianza evangelica, che negli uomini non vede che fratelli, che membri d'una sola famiglia. A tale scuola cresceva Marina(1).

Pagina 93

Cerca

Modifica ricerca