Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Come devo comportarmi?

172299
Anna Vertua Gentile 50 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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A un giovine, che abbia preso moglie, si chiede subito della suocera in tono fra il timore e la canzonatura; e spesso si compiange la sposa novella per la suocera che le è toccata. Chi sa quanti generi inriverenti ci sono stati e ci saranno!... Chi sa quante nuore presuntuose, permalose, leggiere ! «Ma, nei, generi e nelle nuore, si sono compatite e rispettate le eccezioni. Mentre invece, per uno dei soliti capricci di mamma giustizia, per le suocere, della eccezione si è fatta una regola; e chi dice suocera deve aggiungere tosto, come a scongiuro : - Dio liberi !» Quanta ingiustizia, quanta malignità, e, bisogna dirlo, quanta crudeltà nella convinzione, che basta essere suocere per essere donne insopportabili ed impossibili! Badate veh ! io non sono suocera e non parlo, come si direbbe, per spirito di parte. Sono però stata nuora, e per esperienza mia e di molte altre, ripeto e sostengo, che è ingiusto questo gridare la croce a dosso, a chi per ragioni di affetto e di parentela, sia pure indiretta, diventa una seconda madre. Il sentimento di gelosia accusato di egoismo e assurdità, che una povera donna sente, quasi sempre senza acredine, anzi congiunto con una gratitudine mesta, per la nuora e più ancora per il genero, è, secondo me spiegabilitàssimo. Conviene pensare, che la povera donna ha vissuto vent'anni o venticinque, o trenta con il figlio o la figliuola; che forse, fino allora, non ha avuto altri pensieri, altre cure che essi e per essi; altri desideri e speranze che la loro felicità. Ed ecco che un sentimento nuovo li stacca da lei per gettarli in braccio a un'altra persona, magari un'estranea. Quel nuovo sentimento potente, imperioso, forse illanguidirà nei cuori, da essa stessa formati, la sua immagine, il suo ricordo. I cari vincoli da lei medesima rafforzati con l'affetto e l'educazione, saranno per certo rallentati. Ella che ha sempre pregato e prega per la felicità dei figli, la vede e la comprende nel loro nuovo legame. Ma nello stesso tempo che benedice ai suoi voti compiuti, si turba, immelanconisce, e non sempre o almeno non subito, ha la forza di chinare il capo con rassegnata sommissione a ciò che ha desiderato tanto e che pure sembra al suo cuore di madre una ingiustizia del sentimento. E la gelosia del momento che sempre viene soffocata dalla generosità affettuosa. Si rassegna, si conforta e consola nella felicità dei figli. Che se sofistica su questa felicità e osserva e qualche volta si sente ferita nel suo amore di madre, c'è poi un gran male, una mostruosità?... E il genero e la nuora non potrebbero, o meglio non dovrebbero compatire a quella suscettività tanto naturale, e vedere nella timida intromissione, nella velata lagnanza, un desiderio di bene?

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Ma se i suoi tentativi, le sue mute profferte vengono respinte, o stia in guardia, o abbia il coraggio di salvare almeno le apparenze con la cortesia. Sarà una cortesia suggerita dalla ragione; la cortesia signorile che ha la sua derivazione da corte, non la schietta che viene da core. Ma sarà sempre benedetta come quella che difenderà la pace, della casa. Con questo io non intendo dire che tutte le cognate sieno temibili, nè che la parte brutta o cattiva tocchi sempre alla sorella del marito. Qualche volta, vittima del sentimento traviato, è anche la sorella stessa del marito e spesso l'una e l'altra insieme. Ho conosciuto delle cognate buone, ottime, angeliche anche; capaci di grandi sacrifici per l'amore del fratello, della sorella e della loro famiglia. Ma, pur troppo, ne ho conosciute anche di poco buone, o almeno poco generose. E per questo, raccomando alle spose ed anche alle sorelle dei mariti la massima cortesia verso le cognate. La cortesia, non solo impone sempre degli obblighi di ricambio; ma non di rado obbliga i cattivi sentimenti a nascondersi; la lingua, a moderarsi; gli atti a essere civili. E questo è già molto quando si tratta d'uno scambio di formalità. Non per nulla si dice, che la cortesia è conservatrice della pace. Essa esprime il sentimento d'affetto e di stima quando c'è; e quando non c'è, segue il divino dettato: « Non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi».

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La signorina imbronciata e triste, fa credere da sè, che abbia desideri cosi strani o smodati da non poter essere soddisfatti ; oppure che il piacere degli altri non trovi un'eco nell' anima sua; oppure che nasconda un'incresciosità o un rammarico o una passione; tutte cose che non le fanno onore. La giovinetta senza sorriso e senza gaiezza, è un fiore smorto e senza profumo; pallido e melanconico bucaneve che si piace della bianca, gelida solitudine. Fortunatamente la smania malata che avevano un tempo le giovani donne di parere delicate, sbiancate, con gli occhi pesti e l' aria impesierita e addolorata, ora è passata, messa al bando come stupidaggine; una pazzia. E se ci fosse ancora qualcuna che si atteggiasse a quella vecchia maniera, per certo non troverebbe nessuno che si interessasse del suo sentimentalismo sciocco. Ora, le persone serie e assennate, come pure i giovinotti, non vogliono certo nella fanciulla una creatura illanguidita, distrutta da aspirazioni inarrivabilità, da desideri impossibili; si piacciono di vederla sana, forte, sorridente, lieta e solidamente, positivamente educata.

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Con tante scuole, tanti studi e conferenze e libri fatti a posta per esse, c' è da essere sicuri, che almeno il buon senso abbia acquistato una certa finezza. E il buon senso è come il direttore di tutte le facoltà morali; le quali se si lasciano da esso guidare e dirigere, rigano diritto senza manco una piccola deviazione. Cosi questo bravo direttore, che ha, prima di tutto, imparato a regolare sè stesso, suggerisce alla signorina, il tempo opportuno e il modo conveniente di muoversi, di parlare, tacere, far mostra di non aver capito, capire a volo : di essere contegnosa con gli uni e abbandonarsi con altri a gentile confidenza. Le sussurra i suoi avvisi, i suoi consigli. Oh se le signorine ascoltassero sempre gli avvisi e i consigli del buon senso!... quante delusioni, quante amarezze e mortificazioni e rimproveri eviterebbero! Non vedrebbero nei complimenti diretti alla loro bellezza, al loro spirito, che una cortesia raffinata, quasi gentile menzogna; non crederebbero con cieca fidanza alla sincerità di certe occhiate, di certe strette di mano, di certe paroline armoniose come una musica soave; non intascherebbero come moneta sonante gli applausi fatti alla loro abilità come pianiste, mandoliniste, cantanti, declamatrici, ecc.; non commetterebbero certe mancanze, in urto con la civiltà pia elementare e qualche volta anche con il rispetto e la pietà.

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Che ella sappia come è costrutto il corpo umano, che conosca le influenze nocive ed i bisogni assolutamente necessari del corpo: che abbia un'idea di ciò che sia essere sani, rimanere tali, risanarsi dalle malattie. Conosca le benefiche influenze dell' aria libera, della Iuce, del moto, del mangiare moderato e sano, del vestire con semplicità salutare, della rigorosa pulizia, della tranquillità e serenità d'animo. Come l'uomo, la donna è soggetta a malattie, a disgrazie d'ogni maniera. O perchè dunque, invece di accarezzare la sua morbosa sensibilità, la signorina non cercherà di rafforzarsi, di agguerrirsi contro il male, contro le mille e mille miserie della vita?... Perchè la fanciulla dovrà crescere in un nido di morbidezze?... non vedersi intorno altro che fiori e sorrisi ?... credere ad un orizzonte costantemente sereno?... sognare la gioia come un diritto? A me pare, che la previdenza e la generosità, dovrebbero far si che alle giovinette il mondo apparisse qual'è, con il suo bene ed il suo male; con le sue allegrezze e le sue lacrime; i suoi giorni di pace e quelli di lotta. Non creda la fanciulla che le malattie e le miserie abbiano ad essere torture d' altri, da cui essa potrà stare sempre lontana come una privilegiata. La natura non ha privilegi per nessuno; ed è dalla natura, che in gran parte, ci piovono addosso i malanni. La fanciulla si agguerrisca guardando di fronte la verità delle cose, la possibilità della sventura. La sua nativa sensibilità venga in lei educata per il meglio suo e degli altri. Impari a soffrire e a veder soffrire. Impari ad affrontare la vista del dolore e di cercare di alleviarlo. La sua pietà istintiva, diventi pietà attiva. Le disgrazie sono sempre pronte, Perchè non si sarà sempre pronti contro di esse ?... Perchè non si sarà in grado di soccorrere con coraggio e con intelligenza ?... In molte disgrazie un pronto soccorso può salvare da mali gravi e magari dalla morte. Perchè la fanciulla non saprà come medicare un bambino pinzato da una vespa?... perchè non saprà prestare le prime cure ad una persona caduta in deliquio, a un poverino scottato o ferito, o vittima d'una imprudenza qualsiasi, intanto che si aspetta il medico ? La fanciulla impari a conservare sano e forte il proprio corpo, e nel corpo sano e forte educhi l' anima alla generosità, a tutte quelle virtù nobili, e vigorose, che fanno della donna il vero angelo della famiglia e della società. Ricordi che il coraggio è una condizione essenziale per la tranquillità e la felicità. Il coraggio, se una fanciulla non l'ha di natura, può arrivare a rafforzarlo nell' animo, con proponimenti fermamente presi e con l'esercizio. Ricordi poi che è codardia ripiegarsi su sè stessi, sbigottire e querelarsi, al primo accavallarsi di nuvole, ed anche solo al loro presentarsi su l'orizzonte. Fin che l'esito di una cosa pericolosa è ancora dubbio, finchè rimane la possibilità d'un risultato favorevole, la fanciulla impari a non disanimarsi, ma: piuttosto a resistere. Non si deve disperare del bel tempo fino a che resta ancora un lembo azzurro nel cielo.

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Badi che la cipria non abbia odore, e se ne serva unicamente per la così detta toeletta intima; non la metta sul volto; impallidisce, toglie la freschezza; e oggi quello che si vuole e piace, non è già il pallore sentimentale, ma il roseo della salute. Abbia grande cura dei capelli; non li martirizzi con ferri caldi, non li assoggetti ad acconciature non sempre igieniche; non ne alteri la naturale tinta con cipria o pomate. Usi la spazzola; lavi la testa con ricette di acque suggerite da persone esperte. Ricordi che la pulizia rigorosa, è salute, giovinezza, buon umore.

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E sopra tutto abbia il contegno modesto e dignitoso, di persona che vuol essere prima di tutto rispettata e non permette nessuna famigliarità, nessuna frase arrischiata o anche solo famigliare. In un ballo stanno male le signorine troppo sicure di sè, che parlano a dritto e a rovescio, girano per le sale a braccio de' giovinotti, e con essi vanno nelle sale dei rinfreschi e magari si mettono a sedere in disparte a conversare; e stanno pure male, le santarelline, che arrossiscono ad ogni parola che loro si rivolga, e rispondono per monosillabi, e tengono gli occhi chini, e stanno a braccio del ballerino con aria spaurita come se le minacciasse un pericolo. - « Mia figlia è un'angioletta che si trova spersa fuori delle pareti della casa; figurarsi poi ad un ballo!» - dicono certe mamme per scusare la goffaggine delle figliuole. Ho conosciuto delle signorine che ridevano allegramente ad ogni complimento loro lanciato dai giovinotti; e con quella giovialità, volevano dire che non credevano un'ette delle belle paroline che loro si scoccavano. Ne ho conosciute altre che alle frasi melate rispondevano con arguzia, criticando, rimbeccando pensieri e parole. E queste volevano far pompa dell'acutezza del loro spirito. Altre ancora, ascoltavano arrossendo, impacciate, imbarazzate. A mio avviso non facevano bene nè le prime, nè le, seconde, nè le ultime. La signorina deve sapere impedire la famigliarità, l'ardire e la melensaggine dei complimenti, con il modo corretto di comportarsi, con il tutto insieme che tiene a rispettosa distanza e merita lode e ammirazione sincera; lode e ammirazione che non isvaporano in parole, ma si manifestano nello sguardo e negli atti.

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Quando la madre abbia ragione di stimare la propria figliuola e questa, ormai nei vent'anni, abbia imparato a conoscere e schivare i cosi detti pericoli!... Non è forse meglio che una signorina esca sola piuttosto che accompagnata da una domestica, dalla cuoca, dalla cameriera persone queste non sempre conosciute come tipi di virtù, non sempre contegnose, di rado serie? Uscendo sola, la signorina, avrà il buon senso di vestire assai modestamente per non attirare gli sguardi. Camminerà lesta, diritta, senza mai rivoltarsi a guardare le persone passate, nè fissare quelle che le muovono incontro. Se incontra delle signore che conosce, le saluterà per la prima, cortesemente. A un uomo o a un giovinotto che le facessero di cappello, risponderà con riserbo, garbata. Se ci fosse qualcuno di così poco tatto da seguirla, ella faccia mostra di non avvedersene e con la serietà del contegno, mortifichi l'importuno o lo sfacciato. Nei negozi, non scambierà con i commessi che le parole necessarie, impedendo con il contegno, le famigliarità. Dalla sarta, dalla modista, userà parole e atti gentili, facendo, quando occorra, le proprie rimostranze con garbo, senza offenderle, nè disprezzare mai anche un lavoro non riuscito.

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Abbia dunque l'avvertenza di non trascurare nulla , per riuscire a conoscere la qualità della carne, dei pesci, ecc.; il loro prezzo, e la loro cucinatura. Sicuro; anche' di cucina dovrebbe sapere qualche cosa la signorina. Le figlie e le nipoti della Regina d'Inghilterra, non furono parecchie volte trovate con le maniche rimboccate intente a comporre i loro puddings!... La signorina per bene e seria, non sdegna di stare ai fornelli quando occorra, nè fa la schifiltosa quando la necessità le impone di badare alle casseruole. Tocca a la signorina a tenere in ordine la biancheria da tavola; a riempire le ampolle, le saliere, le zucche- riere; a misurare la quantità del caffè necessaria per il giorno, ad apprestare il thè. E lei che deve disporre con gusto, la frutta, i fiori, i dolci, i piattellini degli antipasti, delle salse. I gingilli, i mobilucci eleganti e preziosi, devono essere spolverati e spazzolati dalla signorina. Se ha dei fratelli grandi, tocca a lei ad aver cura del loro guardaroba. Lo tenga in ordine; abbia cura della biancheria; faccia trovare ogni tanto qualche fazzoletto con le cifre ricamate, qualche nonnulla che possa far piacere. Il fratello ne sarà riconoscente per certo, ed a sua volta cercherà di usare a lei qualche gentilezza. Se ha dei fratelli e delle sorelline piccoli, faccia in modo di proteggerli, sorvegliarli, educarli, se fosse il caso; alleviando la mamma d'una cura, confortandola d'un aiuto. In casa ci sono dei vecchi?... il nonno ?... la nonna?... Sia essa il loro sorriso e Dio la benedirà. Il babbo è un uomo politico, d'affari, uno scienziato?... Ella gli prepari in casa un nido di riposo, di soddisfazioni; un centro di affetti. Si renda cara, preziosa, indispensabile; faccia dire e meglio sentire di se, che è un angelo, un vero angelo del focolare domestico !

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Ella deve condursi in modo, che il marito per il primo, abbia da riguardare non solo come moglie affezionata e fedele, ma anche come compagna dal sentimento e dallo spirito retti, e nella rettitudine nobilmente indipendenti, In tal modo eviterà il pericolo di attirarsi inutili osservazioni, pungenti contraddizioni, critiche ironiche o acerbe, che sono la maniera quasi incosciente con la quale qualche marito, crede di raffermare la sua padronanza, la sua autorità. È dovere della moglie di rispettare e fare rispettare l'autorità del marito; ma è pure suo dovere, e non meno canto, quello di badare rigorosamente a ciò che il marito a sua volta rispetti e faccia rispettare la di lei propria autorità.

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Uno scapolo può invitare a pranzo una signora sola, quando abbia già invitato altre persone e specialmente qualche vecchia amica di casa; o pure quando abbia avuta l'avvertenza di estendere l'invito ad un parente o un amico comune. La può anche invitare in campagna senza comprometterla, quando vi riunisce altre persone e una signora d'età a cui sia affidato incarico delicato di tutelare, senza parere, il buon nome della invitata. Il giovinotto artista può invitare una signora sola, sia essa anche giovine, a visitare il suo studio, ad ammirare un'opera d'arte. Il gentiluomo è sempre puntuale. Egli sa che chi non è puntuale manca di rispetto verso i propri simili. Ora, quello che i nostri simili perdonano meno è di mancar loro di riguardo, di trascurarli. Nulla crea piu nemici dell'inesattezza; essa è una delle forme dell'inciviltà perche è una dimostrazione di noncuranza. Qualche volta un'ora di ritardo, danneggiò una vita intera. La puntualità è virtù regale, ebbe a dire un re.

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Il viaggiatore, che abbandona precariamente il suo posto nella carrozza, ha diritto di occuparlo di nuovo purchè vi abbia lasciato un oggetto qualunque. Le armi da fuoco non si possono introdurre nelle carrozze se prima non venga riconosciuto che siano scaricate. I cani piccoli si possono portare con se, col patto però che stiano sulle ginocchia del padrone e che i viaggiatori consentano.

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Si stende su un uscio aperto, un lenzuolo o una copertina bianca: al di qua dell'uscio sta, al buio, chi deve riconoscere nelle ombre la persona vera: di là sono gli altri; e passano uno ad uno, fra l'uscio e un lume acceso, di modo che la loro ombra viene proiettata di profilo su la tela, fino a che chi deve indovinare, abbia riconosciuto la persona, la quale allora prende il suo posto. Si intende che ciascuno si camuffa come può meglio, per non essere riconosciuto. Nel gioco della parola nascosta, il giovane educato, non scelga una parola troppo difficile o superiore a la coltura della società. Lo stesso riguardo abbia nel gioco degli omonimi, in quello degli enigmi, delle sciarade, dei rebus e monoverbi. Accompagnando la sera a casa le signore, il giovane a modo offre il braccio alla maggiore di età. Dopo una festa, il giovane ha l'obbligo di visitare la signora che lo ha invitato, prima che sieno passati otto giorni.

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Quando il gentiluomo in una festa sia stato presentato ed abbia ballato più volte con una signora, non già con una signorina, trova opportuno di andarle poi il suo biglietto di visita. E manda pure il biglietto di visita alla signora alla quale gli .amici l'abbiano presentato, nel palco a teatro. Del biglietto si serve per fare inviti o partecipazioni; per condoglianza, congratulazione: per accompagnare un regalo, che non porta in persona. Quando una signora, cui fosse stato presentato, avesse marito, il gentiluomo deve portare in porteneria o a l'abitazione, due carte da visita; non mai mandarle per la posta. È tollerato di poter mandare la carta piegata d'angolo, dal proprio domestico, quando vi e portiere alla casa. È però sempre meglio recarla in persona. È bene che la carta di visita porti indirizzo, per facilitare al marito della signora il ricambio della carta. Tale ricambio però non si deve mai interpretare come un invito a frequentare la casa. Per andare in una casa bisogna esservi apertamente invitati. Il gentiluomo non scrive mai cartoline ad una signora ne ad un superiore. Usa carta da lettera liscia senza monogrammi, senza corone quand'anche abbia dei titoli. La corona la può avere sul biglietto di visita nel quale deve essere il nome, il cognome, la professione con la precedenza del cav. o cay. uff. o comm. quando uno sia insignito di tali onorificenze. Ai professionisti è lecito aggiungere l'indirizzo in fondo al biglietto.

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Il gentiluomo che conosce gli usi del momento e li rispetta, potrà offrire una sigaretta a una signora che abbia visto altre volte fumare. Non la offrirà però mai a una signorina, che sarebbe un atto di libertà. Non fumerà in casa d'altri se non invitato a farlo; si leverà il sigaro di bocca prontamente, incontrando o rasentando una signora, un superiore, un vecchio. Insieme con il sigaro si porge il fiammifero spento quando si invita un amico a fumare. Offrendo una sigaretta ad una signora, si seguirà però la moda austriaca, che è quella di porgere anche il cerino acceso.

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Dunque si abbia ogni riguardo della salute; è raccomandazione non mai abbastanza ripetuta.

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E per questo gli afflitti, vale a dire i più, preferiscono ancora barbarie per barbarie, assurdità per assurdità, quelle del gesuitismo politico mascherato di cattolicismo, a tutti i panteismi, a tutti gli ateismi, a tutte le speculazioni e i sistemi di tanti, che se avessero un po' meno vanità e un po' più carità nel cuore, ci penserebbero due volte prima di togliere a quel loro popolo per il quale danno in tante tenerezze, il solo vero conforto che abbia: quello di credere le sue miserie presenti prezzo d'un'immensa felicità avvenire. Persino al povero selvaggio, che con un rito puerile crede procurarsi nella vita futura sorte migliore che non ebbe nella presente, io mi guarderei di cancellare dal cuore questa sua fede, se non fossi sicuro di potercene sostituire un'altra di conforto maggiore. Qual diritto ho io di rendere più miserabile che non volle farlo Iddio, uno spirito immortale?

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La Legge diceva: « il signore potrà costringere la vassalla ad accettare per marito l'uomo che egli le imporrà, quando ella abbia compiuti i dodici anni. » Ora la fidanzata firma ella medesima il suo contratto, e il matrimonio non è valido se ella, in Chiesa e al Municipio, non risponde alle domande del sacerdote e del sindaco con un Sì chiaro e spiccato.

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Nell'atto di svegliarlo, quando sia necessario, la madre o la nutrice abbia modi dolci, non bruschi e subitanei, evitando le improvvise e vive impressioni sugli organi dei sensi, della vista, dell'udito e del tatto, non gridando, non esponendo il piccolo essere a la vivida luce del sole o artificiale, non scuotendolo bruscamente. Il bimbo deve svegliarsi dolcemente, non di soprassalto, di maniera che straluna gli occhi spaventato e spesso strilla e si dibatte in uno stato convulsionario. Il cuscino della culla non deve essere troppo alto, perche in tal caso il cervello non viene ben nudrito e ne soffrono tutte le funzioni dell'organismo che vengono regolate indirettamente dal cervello mediante le diverse fibre nervose e ne soffre pure lo sviluppo della intelligenza, la quale è una funzione del cervello. Il bambino sia ben coperto ma non soffochi per l'ammasso di coperture; il freddo è mortale nemico del bambino, ma il sudore lo prostra e lo espone a raffreddori e peggio. Ricordi la giovine mamma che la prima educazione del bambino bisogna cominciarla subito, senza adagiarsi nell'imprevidente e pigro pensiero, che a quell' età l'uomo non capisce nulla e che si può pensare più tardi alle abitudini, all'educazione, ecc. No; a quell'eta l'uomo non capisce nulla intellettualmente; ma capisce fisicamente; e si ribella col pianto e con l'inquietudine quando lo si priva d'un piacere. Così è per lui un piacere il sentirsi portare a braccia. Provi la mamma a dargli l'abitudine di passeggiare reggendolo, durante la notte; se non continua a farlo a ogni leggiero gemito, il piccino strillerà contorcendosi come preso da malore.

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Una persona che abbia perduto un suo caro ha obbligo di rispetto verso il morto, e di riguardo verso l'opinione pubblica, di osservare rigorosamente le regole del lutto. Il vestito nero non aggiunge nulla al dolore della perdita sofferta: questo si sa. Ma rafferma il ricordo del povero morto e lo continua fra gli amici e i conoscenti; ma attira un sentimento di simpatia e di pietà che intenerisce e conforta chi soffre, e tributa un mesto pensiero alla tomba cara. I cosi detti spiriti forti, che per la maggiore sono più deboli degli altri, rifuggono per vanità o superbia dal seguire le regole generali adottate dalla società, chiamano sfoggio ridicolo e anche impostura, il lutto, che è dimostrazione di affetto e forma di dolore; e fieri della loro superiorità di sentimento e di idee, urtano l'opinione delle persone sensibili e delicate, per finezza d' animo incapaci di ribellarsi alle tradizioni e agli usi. Il lutto è in relazione diretta con il culto dei morti, che ora più che mai, è vivo e sentito. Basta visitare i cimiteri, dove i monumenti, le piante, i fiori, dicono il ricordo costante, la pietosa tenerezza, il dolore, che il tempo mitiga ma non soffoca mai. La civiltà nel suo vertiginoso progredire, affina il sentimento e non lo serra nelle strettoie dell'indifferenza come vorrebbero alcuni. E più il sentimento è raffinato e più sente il rispetto e il dovere, ed ha bisogno delle esterne dimostrazioni dell'uno e dell'altro. Mai come adesso ci fu profusione di corone mortuarie, di fiori in porcellana o di metallo o di conteria, di quadretti simbolici; vi sono perciò negozi a posta e ricchissimi. Mai come adesso si videro vere esposizioni di oggetti di lutto; dagli abiti fatti, ai cappellini, ai gioielli, ai ninnoli, alle sciarpe, ai guanti, perfino al porta fazzoletto ed alle minuscole pezzuole. Il lutto dura un anno per i genitori e due per il marito e la moglie. Alcuni portano il lutto stretto per i genitori soli sei mesi ; e sei mesi il mezzo lutto. Si porta il lutto per i nonni, per i fratelli, le sorelle, i cognati, gli zii e anche per i cugini quando sieno persone eminenti. La vedova porta il così detto lutto pesante; abito di lana o di crespo senza ornamenti di sorta; cappello col velo lungo, fitto, calato sul davanti; guanti e stivaletti opachi. Non riceve che amici intimi, non va a far visita in casa d'altri nel dì di ricevimento; conduce una vita ritirata e raccolta. Una donna che abbia amato suo marito, non si consola mai d'averlo perduto; anzi accarezza il suo dolore con un tributo di affetto, di stima, forse anche di riconoscenza; e con il lutto rigoroso dice a tutti che nel suo cuore è sempre vivo l'amore pel suo compagno, e che nessun altro sentimento lo potrebbe surrogare. E non è possibile che sia surrogate. Davvero, pienamente, con tutte le forze dell'anima, non si ama che una volta sola; e la donna che ebbe la fortuna di essere moglie dell'uomo amato, se ha lo schianto di perderlo, gli serba un affetto costante. Ma ci sono anche le donne che non hanno amato il marito con tutta la potenza del cuore; e queste spesso passano a seconde nozze. Queste donne non dovrebbero fare una soverchia pubblicità del loro lutto, il quale quando sia rigorosissimo e prolungato dice chiaramente i sentimenti della vedova. Usino il lutto doveroso, non il doloroso, se mi eè permesso di spiegarmi così; e non lo portino più di un anno che è il tempo prescritto in Italia. Sarebbe stridente e poco decoroso passare dal mesto nero, all'allegro sfoggiato vestire di chi aspira a seconde nozze. Dopo un anno di lutto pesante, la vedova può sostituire al crespo, la garza o la grenadine opaca senza guarnizione. Il velo può non essere lungo ed e concesso qualche ornamento in bianco, viola o grigio sul cappello. Può anche portare i brillanti; ma non le pietre colorate. L'uomo porta il lutto nel cappello, con una striscia più o meno alta di crespo nero. Non è necessario che l'uomo vesta rigorosamente il nero; ma è però bene che lo faccia, specie se porta il lutto di vedovo o di figlio. Ed in tal caso vestirà di panno nero opaco, con cravatta nera, guanti neri. Il mezzo lutto consente la cravatta bianca, il panciotto bianco e il mantello di colore con la fascia al braccio. Per un lutto di parenti, l'uomo usa generalmente il crespo al braccio; usanza che venne in vigore da noi per il lutto generale che seguì la morte del Gran Re d'Italia, il Re Galantuomo. Fra tutti i lutti, il più doloroso è certo quello dei genitori per i figli. Un padre, una madre, che hanno la somma sventura di perdere un figlio, seppelliscono il proprio cuore con esso. E il loro strazio è cosi violento, così compreso da tutti, che non vi ha lutto che lo possa dimostrare. In lutto stretto non si va a riunioni pubbliche; bisogna rinunciare a balli e teatri ed alle passeggiate molto frequentate. Chi all'estero rappresenta il proprio paese, un console o ambasciatore o ministro, deve portare e far portare a la famiglia il lutto dei propri sovrani. Il lutto per gli avi dura sei mesi; tre mesi per gli zii, quattro pei fratelli e sorelle; sei settimane pei cugini; tre mesi per il tutore e il padrino. Per i sovrani il lutto si porta tre settimane. I fanciulli prima di dodici anni non portano il lutto che per i genitori e i nonni. Una persona in lutto userà carta da lettere e biglietti di visita listati di nero. Quando si è in lutto non si assiste nè a matrimoni nè a funerali. I militari usano la fascia di crespo al braccio per lutti di famiglia, e un velo alla spada per lutti patrii. Le visite di condoglianza non si fanno nei giorni fissati per il ricevimento. La signora dopo la morte di uno dei suoi cari, riceve i visitatori nel suo salottino particolare; non già nei salotti soliti.

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Se è un uomo, basterà gli dica l'ora dei pasti e si guarderà bene dal chiedergli dove abbia passato le ore del giorno e della sera. Se l'uomo è persona eminente, darà in suo onore un pranzo di gala, una serata musicale o un ballo secondo i casi. Se l'ospite è una signorina, la tratterà come persona di casa; e se ella stessa ha delle figliole, l'abbandonerà, totalmente alle loro cure, persuasa che le fanciulle stanno bene fra di loro e quando sono gentilmente educate, se la intendono a meraviglia. Qualunque sia l'ospite, la signora provvederà a ciò, che durante la sua dimora in casa, tutto progredisca regolarmente e serenamente e non vi siano preoccupazioni per cambiamento di persone di servizio, per la condotta di figliuoli, per sopraccapi di qualunque altro genere. La signora a modo, starà attenta a ciò che i fanciulli di casa non rechino disturbo di sorta agli ospiti. Quindi nella sua cecità materna, non pretenderà che questi siano in continua ammirazione davanti a quelli. Con il contegno e il modo di parlare, mostrerà che è abitudine di famiglia di lasciare i fanciulli nel loro soave ambiente infantile; e oltre ai saluti rispettosi d'obbligo, da essi non si chiederà nulla. Nè saggi di lettura, nè recitazioni, nè suonatine sul pianoforte e tanto meno una mostra di balocchi e di libri illustrati, che sono un obbligo scortese di occupazione non sempre gradevole dopo il caffè. Per l'amore della felice digestione, si risparmi all'ospite, l'importuno, insulso complimento dei fanciulli che, dopo desinare, vanno uno ad uno a chiedere a ciascun convitato se abbia « pranzato bene! » È un complimento che si usava a' miei tempi; una tortura per i fanciulli, una seccatura per gli invitati. Lo credeva morto e sepolto nel vecchiume delle antiche usanze. L'ho visto tuttora in vigore presso alcune famiglie e me ne sono stupita sgradevolmente come d'una stonatura in piena orchestra del nostro progresso.

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E qui conviene che la signora abbia il tatto squisito di fare che il sacerdote e gli ospiti si trovino subito bene e d'accordo fra di loro. Starà attenta ai loro discorsi e, senza far mostra, cambierà tosto l'argomento ogni qual volta possa accennare a un disparere per intolleranza o intransigenza. Se il sacerdote porge la mano a la signora, ella deve far l'atto di baciarla; cosa che il sacerdote non permette quasi mai; ed allora la signora gli stringe la destra come a qualunque altro gentiluomo. Invitato a pranzo, un sacerdote deve occupare il posto d'onore. Farà dunque bene la signora, quando avesse invitato un alto personaggio a non invitare il sacerdote. Se invita un sacerdote nei dì della vigilia, badi di servirgli un desinare di magro. In villa spesso vengono a veglia dei proprietari campagnuoli; gente laboriosa, onestissima e per bene, che però non conosce per nulla il modo di stare nella così detta eletta società. E parlano a voce alta, e ridono forte ed hanno maniere e espressioni tutt'altro che scelte, pure essendo castigati e cortesi secondo il loro modo di vedere. Senza essere vestiti come vorrebbe l'ultima moda, senza avere la mani bianche e morbide con l'unghia del mignolo che finisce in cannuccia come una penna d'oca, senza conoscere manco per ombra le eleganti piccinerie delle persone raffinate, costoro sono gente stimabilissima. E la signora di casa, che non è immiserita da pregiudizi, sta all'erta, e impone con il suo modo di comportarsi, che il visitatore campagnuolo e alla buona sia trattato con i debiti riguardi, senza irrisione, senza canzonatura nè disdegno. Un'attenzione molto delicata verso l'ospite è per la signora quella di fare in modo che prima della partenza, egìi non abbia l'opportunità di dare mance alle persone di servizio. Ci sono ospiti generosi e anche orgogliosi, che regalano i domestici della casa dove hanno ospitato, in modo tale da mortificare la signora. Essa impedisca a loro il disturbo, a lei stessa la mortificazione: e perchè i domestici non abbiano avuto un aggravio di lavoro per nulla, li compensi essa stessa.

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La vera signora, abbia il coraggio di abolire il giorno fisso e sarà imitata da chi ha spirito. Ma cominci lei a dar esempio, senza timori. Una piccola rivoluzione; coraggio !... Una piccola innocua rivoluzione in onore del buon senso, dell'amicizia, della gaiezza, dell'intimità.

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Si abbia un generoso riguardo degli occhi altrui. Poveri occhi! in generale così stanchi, così sciupati in questa nostra generazione di gente, che, per la maggiore, cominciano a logorarli gingillando coi lavorucci dei giardini d'infanzia, e via via, per un lungo seguito di scuole e studi e letture, resi necessari anche durante la sera, fino a indebolirli e sciuparli prima ancora del mezzo cammino della vita. Su le buste, nelle quali la lettera deve essere ripiegata in due, per il traverso, conviene scrivere indirizzo chiaro e preciso, con il nome della via e il numero della casa. Meno epiteti si mettono su la busta, e meglio è. A chi non ha titoli si risparmino i: chiarissimi, colendissimi; superlativi, che se possono incensare qualche persona vana, urtano quasi sempre e spesso anche offendono, chi ha buon senso e dignità. L'indirizzo sia chiaro e preciso, e basta così. Per gli uguali e gli inferiori, si può usare questa maniera: Milano Via Olmetto, 4 Signora Olimpia Germani Trattandosi di persona alto locata, su la busta, che deve in questo caso essere larga, si scriverà l'indirizzo in alto e l'indirizzo del luogo in basso, a destra.

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Si direbbe che Dio gli abbia affidato una giovine anima perchè egli si migliori nell'affetto che inspira, migliorando lei stessa nell'affetto che la fa vivere in lui e di lui. Dice a proposito Ernest Legouvé: «C'est en s'épurant pour ainsi dire a la pureté de sa compagne qu'il doit la guider, l'élever, jusqu'à ce que, parvenue à l'age de la femme avec les vertues de la femme et devenue guide à son tour, elle reverse sur lui en salutaires infìuences, en conseils, en bonheur, tout ce qu'il a su lui conserver de qualités natives.»

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In tutte le corrispondenze poi, si badi che le lettere sieno affrancate a sufficienza, per non incorrere nel pericolo che chi le riceve abbia da pagare la tassa doppia.

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La signora farà un vero dono ai suoi figliuoli affidandoli a una bambinaia straniera, che oltre ai requisiti morali richiesti, abbia quello pure di parlare correttamente la propria lingua. Così senza avvedersene, e senza fatica di sorta, quasi meccanicamente, i piccini imparano la lingua propria dalla mamma e dal babbo e un'altra dalla bambinaia. La bambinaia dovrà essere vestita con semplicità e con pulizia rigorosa; dovrà dormire nella camera dei bambini, vestirli, lavarli, assisterli sempre ed in tutto. Mangerà con essi ad una tavola a parte e in una stanza, tenuta all'uopo; una specie di nursery all'inglese, stanza sfogata, alla luce ed all'aria nella buona stagione, ben riparata l'inverno. La signora non dovrebbe permettere che la bambinaia andasse in cucina e in guardaroba a dare una mano alle persone di servizio; dovrebbe invece esigere che si occupasse unicamente e solamente di quanto riguarda i bambini. E ciò anche per evitare dimestichezza fra lei e le persone di servizio; dimestichezza che la potrebbe distogliere dal suo ufficio, e quello che è peggio, le potrebbe scemare l'autorità e con l'autorità il rispetto dei piccini. La vera signora ha dei riguardi per la bambinaia ed ha una deferenza marcata e sentita per l'aia o istitutrice, che ammaestra e educa i suoi figliuoletti e specie le fanciulle già grandicelle.

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E siccome la dolcezza è una forza, ella può esercitare una benefica influenza di pace e di ragionevolezza su l'uomo, quando questi non abbia la debolezza di volor imporre e sottoporre con le bizzarrie d'un umore mutevole, o con il pregiudizio sciocco, che un poco di arrendevolezza possa scemare l'autorità. Il principio dell'autorità, ai giorni nostri, ha cambiato di carattere. Non lo si crede più, come una volta, un diritto primitivo, detto diritto divino, che aveva per unico oggetto, il vantaggio di chi lo possedeva. «Lo Stato sono io!» - diceva Luigi XIV. Ed era padrone perchè era re; come l'uomo era padrone quando era marito. Quasi che il diritto stesse nel titolo. Ora, la civiltà moderna, ha spogliato l'autorità della prepotenza per vestirla di equità. E l'ha stabilita, non già per il profitto di colui che l'esercita, ma piuttosto per colui che la subisce. Essa ha ragione di essere, non già per sè stessa, ma si bene, per i benefici che da essa derivano. L'autorità è quindi un dovere e un diritto. La donna ha bisogno di sentirsi guidata, protetta, confortata. Ma lo sposo che apertamente si atteggia a guida, a protettore, a confortatore, e assume la sua parte con certa burbanza presuntuosa, può star sicuro, di smussare fino dalla prima, le sue armi contro una dignità che si sente urtata, contro le ribellione di chi si rivolta all'idea dell'inferiorità... Il sentimento di protezione e il desiderio di guidare al bene, devono scaturire non già dalla vanità e dalla presunzione, ma dal cuore, per essere accetti all'amore; e correre su la via della cortesia per raggiungere lo scopo.

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Vada cauta nel disapprovare; non faccia osservazioni che potrebbero essere giudicate presuntuose; non critichi per non darsi l'aria di una che abbia la superbia di giudicare.

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Una donna, che abbia varcato la quarantina, se ha conservato la voce, può cantare da artista, in teatro ed anche in un concerto; ma ad una serata, no. Se è pianista farà invece bene ad accompagnare gli altri che cantassero. Se la signora è giovine e bellina, si guardi dalla smania di essere ammirata e di primeggiare. Smania che incoraggia sempre gli uomini e specialmente i giovinotti a corteggiare con tutte le arti, come i colombi quando fanno vezzi e pompa di se stessi, tubando sempre la stessa canzone alle loro alate femmine. È questa una smania che si paga cara!... Si paga di sentimento ferito, d'illusione, di rimproveri, gelosie e spesso peggio ancora. La signora non critica mai nessuno; e se intorno a sè, sente mormorare voci di biasimo, e di scherno, o di disapprovazione, fa le viste di non sentire, se può; se no, si mette coraggiosamente, naturalmente, senza pedanteria, dalla parte dei censurati e li difende. Si mostrerà offesa se le censure sono dirette ai padroni di casa. L'ospitalità è una cosa sacra per chi apre la propria casa e per chi vi entra. Se la conversazione languisse, e, per una cosa o per un'altra, il piacere minacciasse di mutarsi in noia, la signora per bene, farà del suo meglio per rianimare, per ridestare la nota allegra, ricorrendo ai mezzi che la sua, intelligenza e la sua pratica della società le possono fornire. Sarà questo un altro dovere da ospite. La signora sceglie sempre il momento opportuno per la partenza. Nè troppo presto nè troppo tardi. E ha la virtù di lasciarsi dietro il desiderio di se, della sua grazia, della sua cortesia, di quel tutto insieme che piace a tutti in generale e accarezza l'anima dei meno fortunati. In qualunque momento della vita di società, la vera signora, non desta mai sentimenti d'invidia, non sconvolge i cuori con il pensiero dell'ingiustizia, con l'insulto dei confronti. Ha qualche cosa nella voce, nello sguardo, nell'espressione, che pare voglia chiedere cornpatimento e perdono a chi le è inferiore per condizione e ricchezza. E in vederla la gente giusta e buona, pensa e dice: « Quella, è una donna giusta e buona !»

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Così la porcellana; non abbia incrinature, ne sia slabbrata e sgretolata. In mancanza di argenteria, ora vi sono dei metalli economici, che con qualche riguardo, serbano lo scintillio. La tavola sarà coperta d'un tappeto morbido, sopra il quale va distesa la tovaglia. A ciascun posto si metterà un solo piatto o tutt'al più due. A destra stanno il coltello e il cucchiaio, a sinistra la forchetta. Quando ci fosse il posa-posate, cucchiaio, forchetta e coltello si mettono uniti a destra. Sul piatto è il tovagliolo, semplicemente ripiegato o raccolto nel cerchietto per distinguere l'uno dall'altro, quando la famiglia è numerosa. Si evitino le piegature difficili e i cornetti ai tovaglioli dando l'aria di roba da trattoria. Sul tovagliolo si mette il pane; a destra del piatto il bicchiere o due bicchieri, per l'acqua e il vino. Quando fossero serviti vini di qualità varia, occorrono bicchieri speciali, la coppa per lo Champagne; il bicchiere verdeazzurro per i vini del Reno. Dà gaiezza e la tavola, la disposizione dei trionfi e delle coppe, artisticamente riempiti di frutta, dolci, fiori. Si avverta però che i fiori non siano mai troppo odorosi. Anche al pranzo giornaliero , in famiglia , conviene badare a non scostarsi mai dalle regole del galateo. Per sorbire il brodo o la minestra, non si caccia in bocca tutto il cucchiaio, ma solo la punta; e non si fa rumore. Non si deve mai inclinare il piatto per raccogliere le ultime goccie del brodo; il pane non lo si taglia ma si spezza. Le ova al guscio, una volta vuote, si rompono; il formaggio si taglia con il coltello e si porta a la bocca con la forchetta. Non si prenda l'abitudine di usare gli stecchini, che e tutt'altro che pulita ed elegante. Se la padrona di casa ha l'abitudine di scalcare essa medesima, lo faccia con arte, con garbo. A tavola una persona raffreddata non ci vada se non in grande intimità. Poi che a tavola non si dovrebbe sternutire ne soffiarsi il naso. Se però accadesse di doversi servire del fazzoletto, lo si porti al naso rapidamente, senza spiegarlo, senza voltarsi; e poi lo si intaschi subito. A proposito di fazzoletto, badi la signora che solo al mattino lo può usare colorato; per visita o per la sera deve essere di battista bianco. Servendosi, uno non dovrebbe parlare per non distrarsi e cagionare danni ai vicini con intinto o altro. È inutile raccomandare di non scegliere il boccone migliore, servendosi. Non occorre ringraziare la cameriera o il servitore ad ogni piatto che portano.

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Ho sempre serbato grato ricordo di quella festa, come di una delle più simpatiche a cui abbia assistito.

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Un libro compagno, ognuno che abbia un briciolo di criterio e di interesse legittimo per sè e generoso per gli altri, giunto che sia dei ricordi, se lo trova alla mano; e sfogliandolo, si ferma or qua ed ora là, a quei punti che rispondono al desiderio ed alla necessità del momento. lo, del mio libriccino, interrogo ora alcune pagine, che si riferiscono al matrimonio, anzi ai mariti; e trascrivo qui, a insegnamento tuo, ciò che mi va rispondendo. Sono cose meritevoli di qualche attenzione per la ragione che sono tolte dal vero e ripetute senza fronzoli. Sono verità che metto sotto i tuoi occhi, mio caro figlio. Mi guarderei bene di presumere, che altri giovani sposi o mariti, volessero interessarsi di quanto io vado dicendo. Figurarsi!... le idee di una donna!... sia pur essa madre, quasi nonna; abbia essa vissuto più di loro, studiato più di loro, e forse chi sa ?... capito meglio di parecchi fra di loro!...

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Se la signora viaggia sola, faccia il possibile di alloggiare in un albergo di cui abbia prima avute sicure informazioni. Se ha con sè dei bambini, non consenta che essi giuochino lungo i corridoi, nè facciano strepito in nessuna maniera. A tavola rotonda, la signora mostrerà tutta la finezza della sua educazione, col suo modo di comportarsi. Entrerà in sala senza cappello, indosserà un vestito serio e accurato, con pochi gioielli; non incoraggerà i vicini a trattarla con qualche domestichezza, e nel modo di mangiare non si scosterà mai dalle regole della più rigorosa civiltà.

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Questo, ognuno che abbia vissuto, lo sa. Ma il desiderio ed il potere di mitigare il rigore di questa legge, sono ugualmente nella natura. L'uomo non ha mai cessato di lottare per migliorare la propria condizione, per aumentare il suo benessere, diminuendo le sofferenze e moltiplicando i piaceri. È questo il suo diritto, il suo privilegio, è la conseguenza della sua libertà, il frutto della sua intelligenza; è uno dei principali attributi che lo distinguono dalla specie degli animali, che sono passivi ed impotenti a mutare il loro destino. Tutto nell'evoluzione dell'umanità, si concatena; e ciascuna cosa giunge a suo tempo. Era tempo che la scienza scoprisse i mezzi di diminuire ed anche di sopprimere il dolore fisico, perchè ormai noi più non sappiamo soffrire. Il progresso della civiltà rendendo la vita troppo facile, ha affinato la razza esaltando il sistema nervoso a scapito del resto; di modo che, per la maggiore, noi si è diventati esseri tutti sensazioni, che risentiamo all'eccesso il piacere come il dolore fisico e morale. Ma il dolore combattuto si indebolisce nella lotta, e la rassegnazione apporta con sè la ricompensa. E questo un linguaggio che oggi pochi vogliono capire. Preferiscono l'inutile, puerile ribellione; lo sfogo del bimbo che pesta il suolo su cui è caduto; le smanie irose e stolte di chi se la piglia col cielo e lo impreca perchè la terra è arsa dal sole o macera di pioggia.

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La donna nubile abbia o non abbia senso materno, cerchi di interessarsi dei bambini, di aiutare i piccoli derelitti, gli Innocenti infermi, i poverelli, gli abbandonati o trascurati. Si avvicini all'infanzia, entri nelle amicucce dei bimbi, impari a capirne i desideri e le aspirazioni, a comprenderne i piccoli dispiaceri, i crucci ed i dolori. La pietà, da prima imposta dal volere, finirà per recare il suo compenso; si sveglierà il sentimento di madre nel cuore fino allora chiuso all'interesse dell'infanzia, e basterà a riempire il vuoto di un'anima solitaria. Provvedere ai bisogni dei bambini poveri, assistere i piccoli malati, raccogliere e far raccogliere i miserelli abbandonati, non tutte lo possono fare. Ci vogliono mezzi, ci vuole una speciale condizione, qualche potere e molte conoscenze nella società. Ma tutte possono studiarsi di rendersi utili ai bambini con i primi insegnamenti morali, con l'imparare a conoscerli profondamente e con intelletto di amore. A voi sembra che il sereno dell'infanzia debba essere costantemente sgombro di nubi. Ma non è sempre cosi. I bambini, i quali si abbandonano intieramente al dolore come alla gioia, hanno qualche volta una pienezza d'affanno, di cui le persone adulte sono incapaci. Ci sono bambini che soffrono crudelmente senza che nessuno ne sappia indovinare la causa; senza manco, che nessuno se ne avveda. O se qualcuno avverte l'espressione malinconica di un visetto infantile, o l'aria di abbattimento della piccola persona, ne cerca tosto la causa nella salute; e crede di guarire con ferro e olio di merluzzo un male morale, che avrebbe bisogno di affetto, di carezze, di dolce persuasione. Ora, chi può usare di tali rimedi per ritornare la serenità sul volto dei bimbi, mi pare ne abbia da risentire una dolcezza infinita. E una tale dolcezza se la può procurare senza fatica, anzi ubbidendo spontaneamente al proprio cuore, la signora nubile, che può consacrarsi allo studio dell'infanzia senza le distrazioni e gli impegni di chi ha famiglia.

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In iscuola, la maestra abbia un contegno autorevole e dignitoso. Ricordi che ogni tratto di jattanza e di vanità agisce contro l'influenza che deve esercitare; e che con un contegno senza pretesa si può temperare l'autorità. Giova molto a la disciplina, quella tranquillità di maniere, che viene non da debolezza, ma dal sapersi contenere, dalla posatezza che sa toccare l'energia quando è necessario. La maestra di tatto, di cuore e di buon senso, cerca di destare fra gli scolari, l'emulazione senza invidia e senza gelosia, cerca di reprimere senza opprimere, di guidare al sapere ed al bene per una via gaia e fiorita. Gli scolari, che vanno a scuola con piacere e imparano con diletto, fanno testimonianza del maestro e della maestra.

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qui sta il difficile per una povera istitutrice che abbia per allieva una creatura che è un piccolo impasto di passioncelle, le quali si sbizzarriscono pazzamente senza il freno di un po' di forza di volontà. Cosa farò, istitutrice per far capire alla piccola allieva, che lasciarsi andare flosciamente in balìa del primo nemico che le si affaccia, è viltà? Tenterà di farle comprendere che le passioncelle dominanti sono per la sua educazione, per il suo bene, altrettanti nemici; che, fin che la volubilità, la collera, la prepotenza, la pigrizia, le staranno d'intorno e la piegheranno a loro voglia, da padroni, da tiranni, lei, che si crede libera di agire a suo talento, non è e non, sarà mai altro che una povera piccola schiava, obbligata a sacrificare sempre la parte migliore di sè stessa. In fatti, come potrebbe soddisfare al desiderio buono, di essere sommessa e obbediente, se la prepotenza la trascina a sè con il suo potere ?... Come potrà procurarsi il diletto sano e santo di un poco d'occupazione, se non sa affrontare la violenza della pigrizia ?... Come riuscirà, a non cambiare d'umore e di simpatia parecchie volte al giorno, a non dare il triste spettacolo delle sfuriate volgari e offensive, se non può resistere alla volubilità, alla collera ?... Mi pare che l'istitutrice dovrebbe tentare di far comprendere alla sua allieva queste verità; e di fargliele comprendere per mezzo di racconti, di favolette ed apologhi, che tutto è buono quando si tratta di raggiungere uno scopo giusto. E quando la piccina fosse persuasa dell'esistenza di nemici morali, che la danneggiano in ogni maniera, l'istitutrice cerchi di farle comprendere, come in sè stessa ella potrebbe trovare la forza magica capace di lottare e vincere i nemici per quanto potenti. Quella forza dell'anima, che guida e decide ogni azione; la volontà; una sovrana, che dal suo primo nascere conviene educare alla rettitudine, perchè possa reggere e governare con giustizia. L'istitutrice interessi la piccola allieva al suo stesso stato morale, facendole analizzare le cause che la spingono a mostrarsi irascibile, strana, e sopra tutto a sentirsi malcontenta. La abitui, accarezzando un poco il suo amor proprio, scuotendo il suo sentimento, a vincersi nei momenti difficili e cattivi; a fare che la riflessione la stacchi dagli scatti abituali e dia tempo alla sua volontà di vedere e frenare. E se la piccola allieva, potrà comprendere qualche lieve vittoria riportata su sè stessa, e gustarne il piacere, direi quasi un sentimento di orgoglio legittimo, l'istitutrice avrà la soddisfazione di trovarsi e sentirsi su la buona via. Ho voluto dare questo piccolo esempio di educazione morale, per far intendere a chi volesse o dovesse dedicarsi alla carriera dell'istitutrice, che è per essa obbligo santo e sacro, quello di studiare l'animo delle sue allieve, di scoprirne le passioni e di aiutarle e dominarle, a dirigerle al bene.

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Quando il marito abbia avuto campo di riconoscere nella moglie - una certa ragione pratica e d'uso giornaliero, che consiste nella disposizione ben intesa della vita ordinaria, di cui sono dipendenze necessarie lo spirito dell'ordine e l'arte di mettere d'accordo la rendita o il guadagno con la spesa domestica - deve avere il buon senso, la previdenza, ed anche la compiacenza di non immischiarsi dell'andamento della casa. L'uomo massaia, che per il gusto di mettere il naso da per tutto e di far sentire la sua autorità di padrone anche nelle piccole cose, tiene la moglie soggetta a continua, umiliante sorveglianza, interessandosi minuziosamente della spesa giornaliera, della cucina, perfino del guardaroba, del bucato e del vestire, riesce sempre, o quasi, a raggiungere lo scopo contrario a quello che si era prefisso. Voleva ottenere maggiore economia ?... E spende molto di più; per la ragione che la moglie infastidita da quella intromissione negli affari di sua spettanza, poco a poco si disamora della casa e diventa indifferente all'interesse domestico. Voleva sincerarsi del modo con cui la mesata stabilità veniva impiegata ?... Ed ecco la moglie, offesa nella sua rettitudine, ricorrere all'astuzia per evitare osservazioni ed anche non di rado, per disfogare il malcontento in piccole mute vendette. L'uomo assennato trova prudente e ottimo il partito di affidare le cure e le spese domestiche alla moglie, quando la stima coscienziosa e saggia. L'uomo accorto, sempre ammessa la stima sicura per la sua compagna, fa ancora più e meglio. L'informa minutamente del reddito di cui si può disporre per la casa; le fissa una mesata corrispondente, poi lascia fare a lei. Ed in tal modo egli si acquista la sicurezza e con essa la quiete per ciò che riguarda l'economia domestica. La moglie lusingata e riconoscente della fiducia del marito, sa prendere chiaramente le sue disposizioni, le sue misure; si sobbarca a piccoli sacrifici quando occorre; e nella casa regnano l'ordine, l'economia, il benessere.

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Se l'istitutrice si è guadagnata la stima e la fiducia dei parenti o del tutore della sua allieva, sì ch'ella abbia una certa libertà nell'educarla e istruirla, faccia che la fanciulla affidata alle sue cure, goda di uno dei principali vantaggi della istruzione privata. Il vantaggio, voglio dire, di non essere assoggettata a troppo intense fatiche intellettuali nell'età più laboriosa del fisico femminile; dai dodici ai diciasette anni; età in cui la fanciulla passa dall'infanzia all'adolescenza e da questa alla giovinezza; età in cui ha bisogno di forza, dalla quale in gran parte dipende la bellezza. Lo studio indefesso e grave, non le tolga il tempo della passeggiata, degli svaghi innocenti e igienici , delle corse all'aperto, in mezzo al verde, degli esercizi salutari, che aiutano il fisico nel suo lavorìo, nelle sue trasformazioni.

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Ma questo capitolo disprezzato dai sommi, ogni mamma, ogni donna che abbia buon senso e naturale accortezza educativa, se lo compone da sè e lo segue senza il visto dei filosofi. I bimbi sono personcine che vedono, sentono e capiscono più di quello che non si creda. I loro occhi ricevono l'impronta della forma degli oggetti anche quando a noi sembra che sieno incapaci di fissarsi su qualche cosa; le loro orecchie sono sensibili ai suoni prima ancora di riconoscere la voce materna; capiscono prima ancora che la parola esca cianciugliata dalla loro boccuccia rossa. Attenti dunque ai primi oggetti che possono incontrare i loro occhi, attenti ai primi suoni che possono colpire le loro orecchie. Di solito il primo balocco che si mette nelle mani del bimbo, è il bubbolino o dentaruolo, che rappresenta una specie di mostricciatolo adorno di sonaglini e finisce nel pestellino. Il bimbo esercita le sue facoltà attive agitando il bubbolino; ma questo è un esercizio a scapito delle facoltà contemplative. Quel mostricciatolo, dà all'occhio del piccino l'idea del brutto. O perchè abituare l'occhio del bimbo, che appare a pena alla vita, alla bruttezza? Si, si; anche Rousseau era d'avviso di mettere sotto gli occhi dei piccini delle laide figure; e ciò, diceva lui, per agguerrirli. Ma M.me Louise d'Alq, osserva a proposito: «Il n'est pas besoin de familiariser l'enfant avec un crapaud pour l'empêcher de trembler devant un ramoneur. » Ora, grazie a Dio, ai mostruosi bubbolini si vanno sostituendo dei dentaruoli di caoutchouc, in forma di pupazzetti o di animali graziosi; sono dentaruoli igienici e affatto innocui, che il bimbo può stringere fra le gengive e nelle manine senza il più piccolo pericolo di farsi del male. Al bubbolino succedono di solito i balocchi a sonagli; certe voci aspre, false, che urtano i timpani delle persone grandi di casa e per certo sono ben lontane dall'educare l'orecchio del bimbo all'armonia. Le prime impressioni del bainbino dovrebbero essere tutte buone, belle, gaie, sì che i sensi, detti da Mantegazza, finestre dell'intelligenza, portassero all'anima fino da allora, l'immagine del bello, l'armonia del suono giusto e dolce. I parenti dunque, gli amici di casa, i padrini e le madrine, quando vogliono fare dei doni ai bimbi, facciano una giudiziosa scelta di dentaruoli e balocchi. Con il crescere del bambino il campo dei doni si allarga, si fa ampio e offre svariati mezzi di educazione intellettuale e fisica. Quante piccole macchine che imitano le grandi e danno un'idea del progresso scientifico! Quanti mezzi di osservazione, di riflessione, di studio non offre il disfare, il rovinare, per fino il distruggere! Quanti balocchi fatti a posta per esercitare i muscoli, con una razionale ginnastica! La corda, il cerchio, i birilli, le bocce, la palla, il volante, il cricket, il lawn-tennis, sono tutti esercizi che mettono in moto il sistema muscolare, sviluppano il petto, danno ai movimenti energia, leggerezza, rapidità, sicurezza; danno all'occhio acutezza, eleganza al portamento, delicatezza al tatto, prontezza di determinazione al cervello.

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La donna perdona a uno scatto, compatisce a una parola, a un atto di violenza che abbia origine nel cuore; ma non soffre che uno alteri a di lei danno le impressioni o il giudizio altrui: non consente, e con piena ragione, che le si offuschi d'intorno la stima, sentimento istintivo in chi è nato per vivere in società. Figurarsi poi se quest'uno è suo marito! Ho visto invece altri mariti, in casa propria burberi, brontoloni, sgarbati e peggio, diventare in presenza di estranei, di punto in bianco, sereni, cortesi e gentili con la moglie. Ora, una povera moglie, che si vede trattata con sì marcata differenza davanti alla gente, non può a meno di sentirsi maggiormente gravare sul cuore, abituale umore atrabilitàare del marito; e lo accusa di falsità, di bassezza, sentimenti che per certo non contribuiscono ad accrescerle nell'anima ne affetto nè considerazione.

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L'amore fra te e la tua sposa sia un sentimento morale, che abbia per iscopo e per effetto di unire due anime fra di esse. Sia un sentimento di confidenza, di sicurezza, di gratitudine reciproca. Un amore come questo, non si spegne con la giovine età ; rimane trasformato, rafforzato in tenerezza. L'abitudine distrugge l'incanto e la poesia dei primi tempi; ma crea un legame più serio e più profondo, che la felicità insieme goduta e le lacrime insieme versate, aumentano ogni giorno più. Fra marito e moglie, all'amore giovanile succede l'amicizia salda e sincera; un'amicizia di tenerezza e di protezione nel marito; di devozione e sottomissione nella moglie. Amicizia disinteressata; l'unione intima e completa di due anime che confondono insieme ciascuna il proprio passato, il presente, l'avvenire; e riposano su i medesimi ricordi. Che tu possa dire un giorno con Lamartine: .... quand la mort viendra d'un autre amour suivie, Eteindre en souriant de notre double vie L'un et l'autre fìambeau, Qu'elle etende ma couche a côte de la tienne, Et que ta main fidèle embrasse encore la mienne Dans le lit du tombeau. Ou plutôt puissions nous passer sur cette terre Comme on voit en automne un couple solitaire De cygnes amoureaux Partir, en s'embrassans, du nid qui les rassemble, Et vers les doux climats qu'ils vont chercher ensemble S'envoler deux a deux!

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È sempre meglio insegnare a un fanciullo affatto ignorante, che non ad uno che abbia il cervello rimpinzato di cognizioni sbagliate e storte. E debito di patriotta quello di far onore alla propria lingua. E chi la strapazza la disonora.

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Temono che se il fanciullo è timido possa lasciarsi spaurire, sopraffare; se ha immaginazione viva abbia da lasciarsi trascinare a diventare spadaccino. Ma la timidezza è presto vinta nell'esercizio della scherma; ed è assai difficile che uno diventi spadaccino per la ragione che si sente abile nel maneggio delle armi. L'esperienza dimostra che non vi sono spadaccini fra i bravi tiratori. Solo il vigliacco può provocare una lotta pericolosa per l'avversario. Il giovine di cuore trova nella sua stessa forza, il dovere d'essere moderato, e siccome questa medesima forza consiglia agli altri la moderazione verso lui stesso, ne viene che l'abitudine della scherma è una ragione che trattiene dal battersi alla leggiera. La scherma poi insegna a conoscere gli uomini: poi che è provato, che con la spada in mano non vi può essere dissimulazione. Nel momento poi dell'esercizio della scherma, un giovine vive cosi pienamente!... Il sangue gli corre nelle vene, gli batte forte il cuore in petto, le arterie fremono, il petto si solleva, si aprono i pori della pelle; sente il piacere della destrezza e della forza. Lasciate i giovinetti esercitarsi nella scherma. La scherma è un giuoco, meno il vizio è più la salute.

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Che le sue occupazioni, i suoi esercizi, gli stessi suoi passatempi siano variati; ma che ella non ozieggi mai. « Medico - è Bouchardat che parla - io ho avuto troppo spesso l'occasione di constatare gli immensi benefici della vita laboriosa della donna ed i mali innumerevoli del suo ozio, per non insistere su i vantaggi d'un'educazione che abbia per base la continuità e la varietà del lavoro.»

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Se proprio la previdenza, e l'avvenire della fanciulla non lo richiedono, non la si mandi a scuola o si cessi di mandarla quando abbia raggiunto i quattordici anni. Sia istruita in casa nelle lettere, nelle scienze indispensabili, nelle lingue straniere, nella musica quando c'è disposizione, nel disegno, nei gentili e artistici lavori muliebri. Per certo con una simile istruzione, non imparerà quel poco di matematica, di geometria, di pedagogia, che è poca pochissima cosa, ma basta a stancare la mente femminile; ma imparerà a parlare con garbo il francese, l'inglese, il tedesco; imparerà, per mezzo di un corso di dilettevoli lezioni, a conoscere la storia dell'arte del nostro paese: imparerà a seguire con criterio e vantaggio le regole che l'igiene suggerisce alla donna come fanciulla, come madre e come massaia; imparerà, con vero piacere dell'animo, la storia; spazierà con libertà di scelta e di inclinazioni nel vasto campo letterario; gusterà ineffabile, misterioso linguaggio della musica, l'intimo gentilissimo diletto della pittura. Fortunata la fanciulla che può essere istruita in casa, sotto l'occhio vigile e amorevole del babbo e della mamma, i quali pure, comprendendone gli indiscutibili vantaggi, sanno, che nè la scienza nè l'arte, la debbono staccare, per cosi dire, dai doveri semplici e sublimi che l'aspettano, di sposa, di madre, di reggitrice della casa. La vostra figliuola abbia maestre e professori i ma gli educatori siate voi, i genitori; e specialmente la madre, che conosce l'anima ed i pensieri della sua creatura, grazie a quell'inesauribile fonte di affetto che Dio le pose nel cuore, e che nè ingegno, nè accortezza, nè studio potranno giammai supplire.

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I fanciulli dovrebbero, fino dai primi anni, ricevere l' impressione dell'amabilità ed a questa informarsi questo un dovere per i genitori, i quali sanno quanta influenza abbia nella vita la gentilezza del procedere. Ma per amore della santa semplicità, della naturalezza che è il fascino dell' infanzia, in omaggio dell'amabilità che è una virtu, non si cada nell'eccesso; non si facciano dei bambini e delle bambine, altrettanti piccoli affettati, delle scimmie, dei pappagalli. Non è solamente uno spettacolo buffo ma doloroso, quello di vedere dei piccini alti una spanna, salutare come fanno le persone grandi, darsi l'aria di omini e donnine, mettere il becco nei discorsi che non dovrebbero interessarli e che non dovrebbero capire, assistere alle conversazioni con curiosità malata e piacere pettegolo. È cosa che stringe il cuore vedere i fanciulli, nell'età del sentimento, della indifferenza e dell'uguaglianza, nell'età del candore e dell' ignoranza ingenua, che li dovrebbe rendere inaccessibili alla vanità ed alla superbia, pavoneggiarsi e fare gli altezzosi. I fanciulli non possono nè devono avere che una leggiadrìa; quella che nasce spontanea dalla innocenza. Conviene abituare i fanciulli a seguire quelle regole di civiltà che possono andare d'accordo con la loro età. Esigete che si tengano sempre puliti, tanto che la pulizia diventi per essi una necessità. Non piglino gusto a mettere le mani da per tutto; non tollerino d'avere la faccia e le mani imbrattate e il vestito e il grembiulino gualciti o macchiati. A tavola stiano tranquilli e non disgustino gli altri con lo sbrodolarsi e il pasticciare nel piatto; non secchino con le domande, col cercare una cosa o l'altra, col chiacchierare. Quando ci fossero invitati, i bambini al disotto dei cinque anni, non dovrebbero mangiare alla mensa comune. Sarebbe meglio per loro e per gli ospiti. Così pure, come ho già detto, nelle ore di ricevimento, le mamme non dovrebbero permettere ai fanciulli, alle fanciulline ed ai bimbi, di entrare in salotto e peggio poi di mettersi a sedere come persone grandi. Facendo delle visite poi, la signora non deve mai condur seco i fanciulli, a meno che non si tratti di case intime, nel qual caso basterà chiedere scusa della libertà che si è presa. La madre educhi la cortesia nel cuore dei suoi fanciulli; ma faccia in modo che la cortesia diventi per essi una necessità morale, non già un desiderio di apparire, una smania di Lodi e d'ammirazione. Alcuni credono, che le belle maniere sieno cose da donna. Gli uomini ne possono far senza; per essi, basta essere forti, onesti e buoni. Ora, le belle maniere non impediscono punto d'essere forti, onesti e buoni. Sono un'emanazione dell'amabilità dell'anima, una necessità delle persone educate: la espressione del rispetto dovuto agli altri. Il fanciullo e il giovinetto davvero intimamente amabili, che usano sempre belle maniere, riescono attraenti e simpatici; inspirano fiducia; sono benevisi, ricercati. Le buone maniere sono indispensabilità a creare intorno amicizie, ad allargare la cerchia delle conoscenze, indispensabilità per chi deve stare in società e farvisi la sua posizione. Tocca alla mamma, ogni volta che gliene si presenta ì'occasione, d'insegnare a suo figlio il modo corretto di comportarsi con le persone e specialmente con le signore. Ella deve fare in modo ch'egli si spogli della timidezza che è sempre goffa e qualche volta anche si traduce in affettata indifferenza o sfacciataggine; che si trovi a suo agio con tutti, che si innamori del gentile conversare, della buona e fine società. Fatto il gusto all'ambiente delicato, al parlare franco e gentile, il fanciullo e la fanciulla non potranno più adattarsi alla volgarità, si staccheranno da tutto ciò che è triviale e che pur troppo spesso mena a ruina. Per amor dei figli, e per il meglio suo e di loro, la mamma li abitui a trattare lei con tutti i riguardi, a parlarle con gentilezza, a risponderle con sommissione e garbo, a mostrare a tutti che non solo l'amano ma che anche la stimano e ne rispettano l'autorità. In istrada, il figlio o la figlia lascino sempre la destra alla mamma. Le aprino le porte, la lascino passare la prima, quando si entra in un negozio o in una casa; non consentano ch'ella porti degli involti o dei pacchetti, ma li portino loro; al caffè o al teatro, le poche volte che ci vanno, non siedano mai prima di lei. La confidenza è un dolce legame fra madre e figli; ma dev'essere nella madre una confidenza autorevole per quanto amorosa; nei figli una confidenza rispettosa e tenera.

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