Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

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Nel sogno

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Matilde Serao 1 occorrenze

Abbia o non abbia simboleggiato il sublime accecamento della donna innanzi all'oggetto amato, noi coi nostri occhi mortali vediamo in Titania il cuore umano, in Bottom la vita e nel magico filtro che tutto trasforma, il potere sconfinato dell' immaginazione. La vita è grossolana, è mediocre, è laida; ma basta che gli occhi di chi la guarda, sieno stati bagnati da quel misterioso elisire che è la fantasia, perchè la vita muti tutto il suo aspetto, perché essa possa parer diversa da quello che è, un'altra cosa, un'altra figura, un'altra immagine, qualche cosa che attrae, che conquide, che avvince. La vita è rude, è gretta, è crudele; ma se colui che la subisce, ha in sè il segreto filtro che Oberon distillò a Titania dormiente, tutto sarà singolarmente mutato in bene e Bottom, ancora una volta, farà delirare la creatura gentile. Questa possente forza di trasformazione agisce in noi così mirabilmente che, si può dire, la vita intorno sia quella che noi facciamo con la nostra fantasia e non già quella che è nella sua essenza così grama, così bassa. La fantasia, in noi, diventa un artista creatore, dotato d'un tal sublime potere di creare, che da un vile fango trae la statua, la persona, il monumento, la città, il mondo. Plasmatrice inarrivabile, la fantasia, in noi e fuor di noi, non muta solo il volto delle persone che amiamo, non cambia per noi solo l'aspetto esteriore degli uomini e delle cose, ma ne trasforma lo spirito e l'anima, ma trasforma il corso degli avvenimenti e vince il Destino! Quale uomo potrebbe continuare a vivere, se la sua immaginazione non rifacesse intorno a sè la vita? Quale donna consentirebbe a vivere, se la sua immaginazione non le nascondesse le laidezze ond'è cosparsa la esistenza e non le infondesse il coraggio di esistere? Sublime potere della fantasia! Per essa, il povero lavoratore che passerà i suoi anni fra la fatica e gli stenti, lasciando di travagliare solo per morire, si creerà del suo lavoro e delle sue privazioni un dovere colorito di tutte le lusinghe di un nobile sacrificio: per essa, il povero impiegato che trascina la sua vita fra aride e mal compensate umili funzioni, vedrà il suo lungo cammino trasformato dal sogno in pace famigliare, coi figli benedicenti alla bontà segreta e costante del padre: per essa, la povera donna malmaritata, sofferente sotto un giogo che la ragione le mostrerebbe assurdo, ma che la fantasia le trasforma in un poetico dovere di onestà e di fedeltà, potrà compiere il suo triste viaggio senza errare, col cuore solitario, ma racconsolato: per essa l'uomo che sentì mancare in sè e attorno a sè le forze e le occasioni che lo dovevano condurre a una meta agognata, sentirà meno velenose, meno pesanti le delusioni di chi sbagliò la sua strada: per essa la fanciulla che amò invano, che non fu mai amata, che vede tolta a sè la miglior parte della vita muliebre, cioè l'amore, cerca altri moti più altruistici e più caritatevoli, di espandere l'ardore non corrisposto del suo cuore: per essa, pel prodigioso potere della fantasia, tutte le esistenze misere, senza conforti materiali, senza conforti morali, - e sono innumerevoli, ahimè, queste esistenze, - sopportano quietamente la loro desolazione e quasi ne traggono origine di serenità e di felicita. Sui nostri chiusi occhi, nel sonno, Oberon gitta la sua arcana malia; e l'anima nostra, trasportata dall'azione bizzarra del filtro, non si cura della congerie di tristezze disseminate lungo il corso degli anni, e trova in sè la energia della lotta e della vittoria. Senza fantasia, chi potrebbe amare la vita dove è l' immondo contatto degli sciocchi e dei perversi, dove s'agitano le passioni più odiose e più nauseanti, dove la mancanza di fede, il tradimento, l'abbandono colpiscono le anime più degne, dove sono tutte le caducità e tutti gli errori? Chi, senza fantasia, potrebbe subire l'insulto dei potenti, l'indifferenza della folla, la ingratitudine degli amici? Chi, senza fantasia, potrebbe veder morire in sè ogni speranza e fuori di sè ogni desiderio? Chi, senza fantasia, potrebbe patire, sacrificarsi, vivere di abnegazione e di abnegazione morire?

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Una notte d'estate

249511
Anton Giulio Barrili 1 occorrenze
  • 1897
  • Enrico Voghera editore
  • Roma
  • Verismo
  • UNICT
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. - Mi rincresce, caro collega, che quell'imprudente di mio figlio vi abbia fatto stamane un discorso di cui potrete credervi offeso. - Offeso! Offeso! - ripetè Bendinello. - Questa è una delle vostre solite esagerazioni. - Solite! esagerazioni!... - Ma sì, oratorie. Non è il vostro costume? Si casca dal lato donde si pende; come le torri, come i campanili, che poi, se Dio vuole, non cascano affatto. Dite piuttosto che quel caro ragazzo mi ha tenuto un discorso che non toccava a lui di fare, non essendo egli il capo di casa. - Già! - disse Gian Luc a, colto alla sprovveduta da quella giratina del discorso di Bendinello. - Ed io, capo di casa... - Voi, caro collega, - ripigliò Bendinello, compiendogli a suo modo la frase, - aspetterete che sia finita la fabbrica di Carignano. - Gian Luca riconobbe il fatto suo, e si morse le labbra. - Ma sì... ma sì... - rispose allora, sforzandosi di apparire faceto. - E quando la finiranno, i vostri, quella fabbrica benedetta? - Caro, è finita: per chi chi ha occhi, gambe. e divozione, è finita da un pezzo. Per i buoni cristiani ci si dice messa ogni giorno festivo. E questo è l'essenziale, mi pare. - Il ghiaccio era rotto. Gian Luca non pensò neanche a replicargli che la famosa basilica, quantunque uffiziata, era ancora nuda di ornamenti, sprovvista d'organo, vuota di statue. - Allora, - diss'egli in quella vece, parlando lento, e guardando il collega nel bianco degli occhi, - sarebbe il caso che io, come capo di casa vi facessi una certa domanda, non è vero? Ma non c'e' anche da temere che voi vogliate piuttosto attaccare una pietra al collo della vostra figliuola, per affogarla nella Darsena? - La botta era resa, e il magnifico Bendinello ne fu colto in pieno. - Che discorsi son questi? - esclamò. - I discorsi che qualche volta si fanno; - soggiunse il magnifico Gian Luca. - E un po' leggermente, non vi pare? - Caro! se avete intenzione di offendermi col vostro «leggermente»... - Come voi, carissimo, come le mie «solite esagerazioni». - Oh giurabacco!

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