Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Contessa Lara (Evelina Cattermole)

220008
Storie d'amore e di dolore 4 occorrenze
  • 1893
  • Casa editrice Galli
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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— Molte donnicciuole con fagotti sotto il braccio, avvolti dentro un panno in cui dovrà esser segnato il numero corrispondente alla polizza, traversavan quei gruppi: facce gialle e ossute di femmine macilenti, logorate dalle privazioni e dal vizio; larghe facce chiazzate di rosso come un vecchio fazzoletto che il bucato abbia stinto a chiose, col naso violaceo per le frequenti libazioni, rotondo e lucido per il lieve gonfiore ch'esse producono. Questi visi gialli come malati per febbre palustre o lividi d'un color di feccia di vino, s'agitavan su certi corpi scheletriti, coperti a pena d'uno strato di pelle che ha perso ogni morbidezza, o posavano su masse di carne disfatta, cascante massime al petto e ai fianchi sotto i cenci delle sottane di cotone increspate e delle vite luride e scolorite. Le sensale, o non badavano affatto a quelle plebee, sapendo che le più volte, per risparmiar soldi, costoro non si valgono dei loro servizi, o le guardavan di sfuggita, interrogandole a fior di labbra; ma non appena spuntava oltre il cancello nello stanzone d'ingresso una figura un po' meno miserabile, ecco subito le profferte di far esse il pegno echeggiare in coro. La figura meno miserabile, uomo o donna che fosse, fermavasi allora con una di quelle megere, scambiando qualche parola quasi sempre sottovoce: e in fretta sparivan poi insieme per le scale. Passava ora un cameriere di buona famiglia dal caratteristico viso sbarbato, portando un lungo involto nelle mani, che si riconosceva a prima vista per un astuccio d'argenteria; forse depositato al Monte per sicurezza in caso di partenza del proprietario, forse per urgenza improvvisa di danaro a causa d'un banco di zecchinetto fatalmente avverso. Sgattaiolava fra questa gente qualche moglie d'impiegato, modesta nel vestituccio nero o bigio, con le spalle leggermente curve, chiuse nella mantellina per lo più d'una forma uscita di moda: certe spalle rivelanti le lunghe ore scorse su la macchina da cucire o su la tavola da stiro. La donna aveva in mano una scatoletta ovale di truciolo, rilasciatale altra volta dal Presto con l'oggetto d'oro ritirato: povero oggetto che ora tornava di nuovo in prigione. E passavan vecchi dal soprabito che non avea più colore, dal cappello con l'orlo lustro d'unto, girando gli occhi di sotto in su, in cerca di qualche custode da loro conosciuto che accettasse, quasi per carità, un ultimo paio di lenzuoli grossolani e lisi mezzo nascosti in un giornale; passavan operai con la giacca buttata a traverso su la camicia a quadrelli, un tempo turchiniccia; e giovani popolane sorridenti all'idea che gli orecchini di perle si mutassero in una «scampagnata» domenicale col «ragazzo.» A quando a quando, di rado, si vedeva una signora col viso coperto di una veletta di tulle, alla quale ella aveva fatta qualche piega sotto gli occhi e su la bocca, non si sa mai, perchè nessuno la ravvisasse in quel luogo; e camminava con andatura spedita, volgendo, però, il capo di qua e di là, come qualcuno a fatto nuovo del sito. Da una carrozzella, fermatasi di fronte al portone, scese, agile, una donna, con un'acconciatura estiva chiara, vistosa, con un cappello dalla tesa ampia, guarnito di una ghirlanda di fiori. A un suo cenno, una sensala le corse incontro e n'ebbe in consegna un grosso involto dal quale usciva fuori un lembo di sottana a falpalà di seta color di rosa, ornato con trine d'un bianco d'avorio così delicato da rivelarne subito il molto valore. La sensala trottò verso le scale; l'altra rimontò di slancio nella carrozzella dove si stese a mezzo, per attendere. E salvo poche eccezioni d'individui noti agli impiegati del Monte o tanto ben vestiti da raccomandarsi col proprio aspetto, quasi tutti coloro che s'ingolfavano dall'androne nella stanza d'ingresso e su per le scale, andavano a sedersi in fila su le lunghe panche di legno scuro destinate a chi aspetta il suo turno per accostarsi allo sportello donde scaturiscono i soldi presi a usura. Quasi in fondo a una di queste dure panche dalla spalliera diritta, stava una donna nè sudicia nè sciatta, ma vestita di cenci rattoppati di cotonetta nera a pallini bianchi: il lutto delle vedove povere. Mostrava più di trent'anni; ma considerando quanto invecchino la miseria e la fatica, si capiva ch'ella doveva averne ventiquattro o venticinque. Un bambinello gracile dalle labbra smorte e dai larghi occhi tondi e spauriti d'un celeste dei più pallidi, le piagnucolava in braccio, chetandosi ogni tanto per succhiarsi penosamente un ditino. La madre, lei, spaziava lo sguardo stanco per l'ampia camera, dove era un odor vago di panni muffiti e di polvere, ascoltando macchinalmente gridare dei nomi ignoti in mezzo a quella folla tumultuosa e umile. Non era bella, se bene non avesse difetti salienti nelle fattezze; ma davano alla sua figura una certa simpatica armonia quei profondi occhi d'un azzurro più cupo di quelli del bimbo e i folti capelli castagni, divisi su l'alto del capo e recati dietro le orecchie in due bande, con la classica semplicità delle Madonne. Quando il piccino, su'l punto di piangere, cominciava a stropicciarsi le palpebre inarcando la boccuccia biancastra, ella se lo cullava su le ginocchia, non ostante i tre anni di lui, come se avesse avuti a pena pochi mesi, e mettendo qualche sospiro represso, che usciva dalla metà in là come l'eco d'un singhiozzo, seguitava a stringere il bimbo al proprio seno, la cui curva nè pure appariva sotto le pieghe della cotonetta nera. Su 'l sedile, accosto a sè, teneva un fagottino che ogni poco tornava a palpare con le dita scarne, quasi avesse temuto che mentre ella badava al fanciullo qualcosa, di assai prezioso ne fosse sfuggito. — Se mi fate passar prima di voi, vi do da prender un caffè — le offrì una femmina spazientita dalla troppo lunga aspettativa, che girava e rigirava su 'l sedile la larga circonferenza della sua persona accanto al gruppo malinconico di quella madre col bambino. — È troppo tempo che questa creatura mi patisce — si contentò di rispondere la donna in lutto. E l'altra, seccata, riprincipiò a sbuffare. Qualche uomo, che passeggiava su e giù, con le mani nelle tasche o giunte dietro le reni, bestemmiava fra' denti la lentezza delle ore; sensale e femmine estranee andavano e venivano; da un'estremità all'altra, lungo le panche, correvan come fili elettrici domande e confidenze; il bambino si lamentava a intervalli, fioco. Quando venne il suo turno, la vedova si alzò di scatto, e afferrato l'involto fu a deporlo a un finestrino dove facevan ressa drappelli luridi e petulanti d'altre infelici. Col braccio che non sorreggeva il fanciullo la donna avanzò il piccolo fagotto, che l'impiegato, uno sbiadito giovanottello in berrettino, svolse con piglio d'indifferente superiorità. - Son due camiciucce.... — fece ella a mezza voce, quasi volendo scusar la pochezza del pegno — ma sono ancora buone....- - Buone a che? — chiese in tono fra rude e canzonatorio l'uomo; ed esaminava quei pochi cenci, enumerandone le magagne: - Qui c'è una rappezzatura; qua un'altra; qui consumatum est, e qui ride....» - Rise anche lui, da spiritoso, e acciancicando su 'l banco le povere camicie, le restituì alla donna. - Non può darmi nè anche qualcosetta? — domandò ella con un lieve tremor nella voce, sollevando su l'impiegato gli occhi turchini pieni di stupor doloroso. — Roba in codesto stato non ne prendiamo — sentenziò lui. Ella teneva su 'l braccio il pegno rifiutato fissandovi sopra lo sguardo, forse non persuasa ancora di dover perdere quell'ultima speranza di pane. Che doveva fare, che doveva fare, Dio mio? Per lei poco importava; quando è finita, è finita. Ma quella creatura innocente, digiuna dal giorno avanti!... Un pallore cinereo le si stese su 'l viso; sentì come se il terreno le traballasse sotto i piedi, poco mancò che il bambino non le cascasse di braccio.... Ma nell'atto che fece per serrarselo più forte al petto, gli occhi le si posarono sopra la propria mano che reggeva il figlio, e le rimasero due o tre secondi come affascinati dal cerchietto d'oro, la fede nunziale che le brillava all'anulare. L'impiegato ordinò: — Lasciate il posto agli altri! — e già stendeva la mano per prendere il pacco che un braccio di vecchia gli allungava, quando la vedova, rialzata la testa, con un gesto di improvvisa risoluzione, si levò l'anello, il quale stentava assai a uscire dal suo solco, e glielo porse dicendo: — Prenda questo! — L'uomo sparì, portandosi l'oggetto in una stanza interna. Il bambino, stanco di star chiuso in quell'afa puzzolente, si lagnava ormai senza tregua, appoggiata la testolina biondiccia su l'omero della madre: e tra quei piccoli singhiozzi gli tornava in bocca, interrotta dalle scosse del pettuccio convulso, l'orribile parola: Fame! fa-a-me! Finalmente, dopo qualche minuto, che alla poveretta parve un secolo, l'impiegato s'affacciò di nuovo al finestrino e le consegnò una polizza insieme a quattro lire.... — Fa-a-mee! — ripeteva la creatura. Ma già la madre correva giù per le scale col viso tutto sorridente rigato da due grosse lagrime. E per non pensare che aveva giurato al marito di portar seco sotterra anello benedetto senza mai esserselo sciolto, baciava e ribaciava la testolina languente del suo bimbo, susurrandogli con pazza allegria: — Ora mangi, bello di mamma, ora mangi! —

Il perito: Questo è il più bel piatto del genere ch'io abbia visto. Uno simile è nella collezione di quel Rothschild morto da poco. Che arcobaleno!... La tedesca (seccamente): Mille! Il banditore(con un crescendo): Mille lire! Mille lire! E si libera! Uno! due!... La signora romana: Milletrecento! Il banditore (rallentando): Milletrecento! Milletrecento... Il perito (rapidissimamente): Su, via, facciamo presto! Non si può star qui fino a mezzanotte! Ci sono molti altri lotti... tutti i quadri; e si fa sera!... Il banditore: Mille trecento! (accelerando) Milletrecento! E si delibera! La tedesca (decisa): Quattrocento! Il banditore: Mille... La romana (ridendo): Cinquecento! Il banditore (più forte che mai): Millecinquecento! Il perito (con un sorriso mondano rivolto alla bella bruna): La signora quando vuole... vuole! Il banditore: Millecinquecento! E si libera! La signora tedesca, rigida, indispettita, s'alza come una molla e se ne va. Il banditore batte i tre colpi: Uno! due! e tre! Intanto la vincitrice vagheggia con visibile soddisfazione i bagliori violacei del suo bel piatto moresco, e cinguetta vicino alla lunga barba bianchiccia di uno scultore celebre. Finalmente era venuto il turno dei dipinti. Andaron via subito parecchi paesaggi: gole alpestri, strade del Cairo, canali di Venezia e marine. Piacque un soggetto militare, La staffetta, per l'originalità dell'intonazione; una spera di sole rossastra sur un terreno bigio, paludoso, sparso di giunchi, dove un soldato galoppa a briglia sciolta, curvo su 'l collo dell'animale fremente. Da un bosco vicino devono partire de' colpi di fucile, perchè se ne scorge il fumo tra gli alberi. C'era una piccola tela di soggetto mitologico, Il matrimonio di Bacco: grasso e ridente, il lieto dio tien alta in mano una fiaccola accesa, mentre fauni, satiri e ninfe gli danzano intorno una ridda degna d'una illustrazione rabelaisiana. Se la prese scherzando e motteggiando, un pittore più assai rinomato per l'originalità del suo carattere che per quella del suo ingegno. Ed ecco, entro una cornice d'oro offuscato, un ritratto muliebre del cinquecento; mezza figura di grandezza naturale: un ritratto, che dopo aver fatto parte d'una galleria privata, cioè d'una schiera d'avi illustri appesi alle pareti di qualche nobile dimora, alla fine, nella suprema dispersione d'ogni reliquia famigliare, fu separato da' compagni ingialliti; e sbalzato poi dalla sala d' armi a una soffitta dove s'accatastano gli attrezzi e scorazzano i topi; e dalla soffitta a una vendita pubblica, va, muto spostato, a tarlarsi Dio sa mai dove. L'effigie, di poco valore come opera d'arte, rappresentava una giovane assai bella, forse una colta, ma capricciosa cortigiana; da che anche allora, anzi specialmente allora, l'abito non faceva il monaco. I biondi capelli, che dietro le pendevano sciolti, quali raggi aurei, lungo il collo, eran coperti su l'alto del capo da un velo verde leggiadramente ravvolto a mo' di diadema e tempestato di gemme. Il viso, minuto e d'un ovale perfetto, doveva aver perso alquanto del suo diafano color di rosa primitivo; ma la lieve tonalità dell'avorio dàtagli dal tempo, non gli toglieva affatto l'illusione della vita, spiccante soprattutto nella luce de' larghi occhi bruni e in un sorriso civettuolo e sdegnoso d'un fascino strano. Tutta l'acconciatura rivelava il gusto più fino. La gamurra a maniche aperte era di velluto rosso contrattagliato a fondo di broccato d'oro; e ne usciva fuor dello scollo il petto alto e colmo, scoperto a metà, provocante e superbo; un filo di perle e di smeraldi circondava la gola pura ed ignuda. Al sorriso di quella tela rispose, con inconsapevole simpatia, il sorriso di parecchi tra gli astanti. La figura, come figura, era adorabile; ma il dipinto non piacque. — Una dama del cinquecento! — prese a dire il perito. — Le tinte sono ben conservate. Non è d' autore illustre, capisco... ma c'è chi ne offre un centinaio di lire. Si comincerà, mettiamo, da... cinquanta. Facciamo presto, mi raccomando, signori. Il banditore: Cinquanta lire! Cinquanta lire! E si libera. Il perito: Si dice che questa dama fosse la duchessa di Gragnano. Per conto mio, non posso garantirlo... Ma il fatto sta che il costume è molto ricco. Un antiquario: Dàgliene sessanta! Il banditore: Sessanta lire! Sessanta.... Un pittore a un altro (sottovoce): A me fa comodo per il mio quadro della Cena dei Borgia... (forte) Settanta! Contessa Lara. 15 L'altro pittore (a mezza voce): Ma fammi il piacere! Non vale un soldo! Il banditore: Settanta lire! Un compare camorrista (osservando che i pittori contrastano): Ottanta! Il banditore: Ottanta lire!... Il perito (facendo lo spiritoso): La duchessa di Gragnano per ottanta lire! A' suoi tempi, credo ch'ella valesse un po' di più! Il banditore (continuando): Ottanta lire! (lentamente) E si libera! Uno!... (breve pausa). Il pittore (che pensa all'acconciatura di Lucrezia Borgia): Novanta! Il banditore (affrettando): Novanta lire! Novanta lire! E si libera! Uno! due!... Il ritratto, tenuto ritto dal perito, e presentato ora a destra, ora a sinistra , pareva volger lo sguardo per la sala.... — Cento - proferì una voce di fondo: una voce così commossa e malcerta che tutti quanti si voltarono a guardare. In quel frattempo il martello era caduto tre volte. La voce era d'un giovanetto su' diciotto anni, vestito modestamente d'una giacchetta color nocciòla scuro. La faccia lunga e scarna d' un pallor olivastro appariva quasi infantile all'ombra del cappello di feltro molle che gli si posava su' capelli neri e abbondanti. E poichè il perito sembrava cercarlo, allungando il collo, il giovane, impacciato sotto tanti sguardi, rasentò la parete, s'accostò al banco, e cavandosi di tasca un portafogli slabbrato, ne tirò fuori una carta rosea da cento franchi. Mentre la tendeva, le dita lunghe dalle nocche sporgenti gli tremavano. - Non importa che paghi adesso. Basta il suo nome. Le manderemo, se crede, il quadro a casa — disse il perito con cortesia, ma evidentemente seccato di questa interruzione. — No, no, ora, ora.... La porto io stesso - insistè l'acquirente, il cui nome ignoto fu prontamente allineato nel registro dallo scritturale. Il giovine, rosso fino alla punta de' capelli, preso con uno sguardo tra diffidente e incerto il ritratto muliebre per la cornice, se lo portò via con passo rapido e con addosso il fremito convulso d'uno che l'avesse rubato. Subito un altro lotto circolava....

- Di', di' pure, mio caro, foss'anche un segreto di Stato; pur che amore non ci abbia.... - In questo caso posso risparmiarti la noia — interruppe il conte un po' stizzito. L'avvocato che in tanto s'era messo a passeggiar su e giù per la sala, gingillandosi con la catenella dell'orologio, si fermò di botto davanti al suo compagno, e tra commosso e incredulo gli domandò lentamente: - Ma Tonino, che dici su 'l serio o mi canzoni? Innamorato? Innamorato, tu? Contessa Lara. 19 L'uomo da' sospiri sospirò di bel nuovo, rivolto ancora al cristallo confidente, su cui si ripreparava a tracciar l'iniziale misteriosa. - Oh, Bencini mio! — scoppiò finalmente a dire — se tu avessi un briciolo di cuore, me lo dimostreresti in quest'occasione! - Sì, carissimo, to lo dimostrerei se; Dio liberi, ti vedessi affogare, bruciare, restar sotto un tranvai, e che so io? Vale a dire se ti vedessi correre un pericolo vero e proprio, ma ti confesso sinceramente che non mi sento capace a stemperarmi in lacrime perchè un vecchio collezionista di flauti s'innamora alla fresca età di sessant'anni, e di più, per la prima volta in vita sua! Questa è carina da vero, e non me l'aspettavo. Ma sentiamo, dunque, il tuo romanzo, perchè capisco che tu spiri dalla voglia di raccontarmelo. Butta fuori! - E a chi dovrei parlarne se non a chi n'è la causa? — sospirò il conte. - Io ne sono la causa? Io? — gridava l'avvocato cascando dalle nuvole, preso, questa volta, da un impeto d'ilarità romorosa. - Sì, tu, tu solo — insistè il poveraccio — perchè se non eri tu, non avrei mai messo piede nè a Napoli, nè in questa fatale pensione! - Sì che è proprio una urì di questo paradiso che t'ha rubato il cuore, eh? — continuava, ridendo, l'amico. — E mi permetti di nominarla? Sampieri anch'egli sorrideva con una strana smorfia a fior di labbra, e consentendo col capo mostrava grande soddisfazione d'esser finalmente giunto a intrattenersi col compagno dell'oggetto de' suoi sospiri. — L'indovino subito. La bella è certo Miss Gingerly, quell' inglese sui cinquanta, lunga, magra, angolosa come un angiolo del Cimabue, con due riccioli che sembrano due trucioli calanti sopra gli orecchi; Miss Gingerly, inseparabile da tre cose: le scarpe di gomma elastica, l'ombrello da acqua e il velo verde pisello; Miss Gingerly, che c'empie le tasche di libriccini evangelici... e.... - Stupido! - l'interruppe il conte in tono di supremo disgusto. - Dunque, non è lei? E allora sarà la contessa Bobriskoff, quella russa divisa dal marito che pare una tavolozza ambulante, tanti sono i colori coi quali s'illude di appianarsi e rifarsi il viso; ti avrà preso al laccio con le sue trecce sciolte a uso bambina, e incantato con le romanze slave che la ci bela tutte le sere in un trillo continuato quanto stonato. È lei, eh? Sampieri scrollava la testa, negando. - Come? — ripigliava l'altro — e tu macchineresti di portar la discordia e il disonore in quella coppia di pacifici olandesi de' quali ora non ricordo più il nome — un nome in ick o in ock — che mangiano silenziosamente e formidabilmente accosto accosto come due colombi? Oh, uomo immorale! Ma che seduzioni hanno mai per te gli occhi tondi, chiari e a fior di testa della signora e il suo naso largo all'insù ampiamente sottolineato dalla bocca?... - Grullo, grullissimo! — opponeva l'amoroso con aria fatua. — Smetti, per carità! Quella non è roba alla quale io tiri. - In questo caso non si sbaglia: sfido io, non c'è ora altre donne nella casa! Tu vagheggi le cupolesche rotondità e la facciona di luna rossa della vedova Alford, la proprietaria della pensione; ma perdincibacco, perdi il tempo, sai, caro! oh, se lo perdi! perchè il posto è bell'e accaparrato dal capitano Borise, quel Lupo di mare napoletano, brav'uomo, sì, ma tagliato con l'accetta. Lui, nella grassa vedova ha subodorati parecchi soldi, e non se la lascia sfuggire. - Cretino! Vero cretino! — masticava, come bestemmiando, il buon Sampieri, questa volta in collera per da vero. — Non c'è altre donne nella casa? E Emma, Miss Alford? - Che? Tu pretenderesti — chiese l'avvocato — di far la corte a quella bambina? - No, caro; intendo semplicemente d'offrirle il titolo di contessa Sampieri. - A quella bimba? - Bimba! Bimba, poi, non tanto. A sentir te parrebbe che quella figliuola fosse ancora nelle fasce! Miss Emma ha diciassette anni. Io... io ne ho certo parecchi di più, ma ho anche in compenso un bravo milioncino e mezzo che mi ringiovanisce non poco. Che te ne pare, eh, de' miei progettini? L'amico si fece quasi serio. - Sampieri mio, sono i progetti d'un matto, null'altro; tanto più che ci deve esser di mezzo anche un amoretto, perchè parecchie volte ho intesa Miss Alford parlare con la madre di un certo Toto.... E lo nominava in un tono.... — Nominava me, povero angelo! — esclamò il conte tutto lieto. — Che forse io non mi chiamo Antonio... Tonino? Lo diceva in napoletano, ecco. Ora — seguitava ragionando - se pretendessi combinar le cose da un giorno all'altro, sarebbe troppo pretendere; nè io sono uso a schiccherar dichiarazioni a bruciapelo, come uno studentino senza cervello; ma a forza di manovre abili e coperte, che so io? d'attenzioni mute e delicate, come dice appunto Emma che le piacciono, a forza di piccole finezze, di galanterie, e sopra tutto lasciando tempo al tempo, finirò per impadronirmi di quel coricino; perchè le donne, vedi, vogliono esser vinte così. L'avvocato ascoltava guardandolo fisso; poi domandò: - E quando intendi di cominciar l'assedio... spirituale? Il conte volse gli occhi in torno per assicurarsi ch'erano proprio soli, poi confessò sottovoce, visibilmente contento di sè: - Il primo passo è fatto, e secondo me proprio da grande stratega. Senti: sai di quel romanzo di Paoli, uscito ora, che si titola Lei sola? A te Paoli non piace, capisco, perchè scrive in barbarico, ma non si tratta di ciò; l'autore è il preferito di Miss Alford, e il titolo del suo nuovo libro mi conviene perfettamente. Io dunque non a pena questo volume è uscito l'ho comprato; ho posto un nodo di nastro celeste tessuto d'oro fra le pagine, alla scena — un po' ardita, se vogliamo — in cui l'eroina si leva in presenza dell'amante, lì seduto su 'l tappeto, certe calzette a trafori... - stile moderno, ma che fa? — e l'ho mandato alla mia Emma. Non ti pare un pensiero delicato farle pervenire in questo modo quel romanzo che certo ella desiderava? Con quel titolo eloquente, per di più? Con quel nastro simbolico, sopra tutto? - Amico, le mie congratulazioni sincere; quest'idea è il più bel giorno della tua vita! – declamò con enfasi canzonatoria il Bencini. — Soltanto io direi.... La conversazione sarebbe durata dell'altro se il leggiadro lupus in fabula non avesse spalancata proprio in quel momento la porta del salone. Emma Alford era una figura tutta settentrionale, alta e sottile, con un visetto ovale dalla pelle diafana come una bimba. I suoi larghi occhi d'una tinta luminosa, tra l'azzurro cupo e il grigio, si velavan sotto le ciglia nere che ne raddolcivano l'espressione un po' birichina. Ma la maggior bellezza di Emma erano i capelli, rossicci, ondulati, e lucidi come finissima seta; li portava rialzati su la nuca da un pettine di tartaruga bionda, senz'alcun artifizio, ma in una foggia grecamente elegante, e dietro il collo gliene cadeva qualche ciocca giù per le spalle. La bocca era rosea, un po' larga, fatta per ridere e per cantare, guarnita di dentini bianchi e uniti; e Miss Alford passava, a Napoli, per una gran bella ragazza. La fanciulla salutò con disinvoltura i due ospiti della pensione materna; poi si diresse verso la tavola di mezzo dove posò un libro, subito riconosciuto dal donatore. Impacciato e tremante, questi dichiarò ch'e' stava su 'l punto d'uscire, e balbettando qualche scusa lanciò una grottesca occhiata di desiderio alla donna, un'occhiata supplichevole all'amico, come per raccomandarsi all'alleanza di lui, e sparve. - Quant'è curioso! — saltò su a dire Emma, non a pena il conte ebbe richiuso l'uscio, eseguendo l'ultimo inchino. - Ahi, si comincia male! — pensava l'avvocato, mentre la signorina continuava ridendo: - È tutto cambiato dai primi giorni che venne. Prima era espansivo, loquace; ora dice sì e no quattro parole.... Ma in vece dà certi sguardi paurosi! lersera mamma e il capitano risero Dio sa quanto di lui. Io presi le sue difese, perchè, poveretto, tutt'assieme non è poi un vecchio antipatico, soltanto... bisognerebbe consigliarlo a mettersi una parrucchina; con quella zucca pelata fa un certo senso — (qui ebbe un gesto di ribrezzo, passandosi rapidamente il fazzolettino su la bocca). - De malo in peius... — badava a pensare il Bencini; pure non volendo darsi subito per vinto, s'arrischiò a dire: - Cara signora Emma, lei è troppo severa. Il mio amico Sampieri non è un Adone, glielo concedo, ma non è nè pure vecchio... cioè non è tanto vecchio quanto lei si figura. È d'una delle piu antiche famiglie d'Italia, e poi... è tanto ricco! — concluse enfaticamente l'avvocato. Queste parole erano destinate a produrre un grande effetto: e lo produssero. - Ah, è molto ricco ? — chiese con vivo interessamento Miss Alford. — Peccato che non sia mio nonno! Dev'essere un gran brav'uomo co' nipoti. Allora l'amico, che in qualche modo voleva entrare in argomento, dichiarò alla signorina, che il conte Sampieri, essendo scapolo e perfettamente libero, non aveva figli e... per conseguenza nè pure nipoti; poi abbordò il soggetto del libro: - Vedo che lei legge il nuovo romanzo del Paoli. - Sissignore. S'è pubblicato proprio ora. - Lo so. Volevo leggerlo anch'io, ma va a ruba; è difficile averlo. Anzi, lei è stata fortunata.... - Che dice? Per conto mio temo che lo avrei desiderato un anno, se non fosse per... una persona anonima... che conosce bene i miei gusti, che indovina i miei pensieri.... L'avvocato la guardava e mormorò: - Ah, da vero?... - Si figuri, — riprese la fanciulla — ho trovato fra queste pagine perfino un nodo di nastro celeste — il mio colore — alla scena... a una scena che fa venire i brividi... Il visino roseo le si era fatto rosso come una fragola matura. Ella si vergognava non poco di quella confidenza d'amore, ma la faceva, non ostante, vinta dalla manìa che hanno quasi tutte le donne di raccontar le loro faccende intime. Il Bencini, stuzzicato da una certa curiosità, le si fece piu vicino: - E... mi dica, signora Emma, — domandò — lei dunque sa presso a poco chi le ha mandato questo romanzo? - Se lo so! È il più bel giovane del mondo, e pieno di delicatezza, di delicatezza muta.... Oh, se sapesse.... In quel punto il conte Sampieri rientrò nel salone, impaziente, agitato, nervoso, e di lì a pochi minuti una cameriera venne ad avvertire Emma che sua madre la chiamava. - E bene? — chiese il timido amatore, quando si ritrovò solo con l'amico. — T'ha ella parlato di me? - Me ne ha parlato. - Le ha fatto buon effetto l'invio anonimo del libro? - Ottimo. - T'ha detto qualcosa della scena della dichiarazione e del nodo celeste proprio in quel punto.... - Molte cose. - Dunque vedi, Bencini mio, che avevo ragione dicendoti che le donne vanno prese con garbo, vanno conquistate a furia di delicatezze? E il bravo conte fissava l'amico , piantato dinanzi a lui co' pollici infilati al panciotto sotto le ascelle, agitando su 'l petto le altre dita tese e dimenando il capo con piglio di profonda soddisfazione. - Mio povero Sampieri, che posso dirti per farti persuaso che... che quel nodo celeste è proprio un nodo gordiano.... Ma nè anche a farlo a posta, ecco che la campana annunziante il pranzo a tavola rotonda principiò il suo gaio squillo per l'appunto in quell'istante; e mentre il Bencini, determinato a salvar a ogni costo dal ridicolo il suo compagno, si preparava a combatterne la follia amorosa, magari ripetendogli parola per parola tutta la conversazione testè avuta con la ragazza, il conte, infatuato e felice, se lo prese a braccetto e se lo trascinò fuori della stanza senza nulla ascoltare.

Poi con una certa insistenza nella voce umile, soggiunse: - Lei, signora, vada, vada pure a letto, e non abbia alcuna pena: col malato ci sto io, ora. — Pronunziò quest'ultima frase scandendo leggermente ogni sillaba, come per significare: — egli ormai sotto la mia protezione, sotto la mia responsabilità; e fino a tanto che non guarisca... o non muoia, mi appartiene. — Dopo un'ultima scarica di frasi, d'occhiate, di gesti, la padrona di casa si ritirò finalmente. L' infermo, che in quel frattempo erasi assopito, tornò di nuovo a lamentarsi. Allora suor Istituta, guardato un oriolino la cui catena d'oro, larga e corta, serpeggiava su 'l cassettone, s'accostò alla lampada, preparò con la punta delle dita affusolate una presa d'antipirina dentro l'ostia nel cavo del cucchiaio, poi venne verso il capezzale, e passando il braccio sinistro sotto il primo cuscino del sofferente, sollevata che gli ebbe la testa senza scomporlo, gli fece trangugiare la medicina. L'ufficiale, aperte le palpebre, volse la pupilla vaga e dilatata su quella ignota figura di donna, così prona sopra di lui da sfiorargli quasi il viso col petto. Tutti e due si fissarono per un momento: lei vide ch'egli era giovane e bello: lui, forse, non capì nulla, e subito rinserrò gli occhi. Piano piano, suor Istituta aveva ritirato il braccio; acccomodò le coltri, le rincalzò ai lati; quindi parve dileguarsi tra l'ombre alte e nere che il lume proiettava dirimpetto. Cominciava la veglia. Seduta sur una poltroncina bassa, in disparte, d'onde alzavasi a quando a quando per apprestar qualche farmaco o dare un cucchiaio di brodo al paziente, quando ella tornava al suo posto, riprendeva il rosario, facendo scorrere senza rumore su la cima delle sue piccole dita, gli acini della corona di fruttiglia che le pendeva a fianco. Pregava per una pia abitudine, come chi ha sempre le stesse parole in bocca. Anche l'ordinanza, il cui profilo ampio e svelto si disegnava diritto poco discosto dal letticciuolo, se ne stava affatto immobile: tranne con la mano destra che agitava blandemente, in misura, una fogliona ovale di palmizio, a mo' di ventaglio, su 'l viso cocente del malato; e dalla finestra socchiusa s'udiva soltanto venire a tratti un lievissimo fruscío d'aria mossa o d'insetti tra le fronde inselvatichite del piccolo giardino; ma subito tornava a regnare più che mai grave il silenzio. — Il mare è d'argento! — balbettò l'infermo — Incantevole!... Un quarto simpatico. Letterina sua.... Manda.... odor di fiori — e gridò — Mi fa male.... male! Mi si spezza la testa.... Oh, felicità! Mia creatura! Amor mio! Qui, qui — e stendeva le braccia tremanti come a chiamar qualcuno su 'l suo petto. Suor Istituta rimase a mezzo d'un'avemaria, che quasi subito riprese a recitare. — Oh, guarda.... gli albatri.... su l'acqua.... Par che dormano.... E sospirò: — Dormire!... - quasi che l'idea del sonno gli apparisse come un bene supremo, forse l'unico rimedio per non più pensare, per non più patire. La suora seguitava a sgranar lento il rosario; Così per queste tre persone tanto diverse di paese, d'indole e di destino, riunite lì quasi al buio, nella medesima stanzuccia di dolore, passò molta parte della notte. il marinaro seguitava a sventolare: tutti e due dolcemente, tacitamente, errando chi sa dove col pensiero. Il malato a momenti s'assopiva, a momenti vaneggiava, ricordando con frasi incoerenti e tronche qualcuno de' paesi da lui visitati ne' lontani viaggi, e un suo amore, che, forse, più della febbre gli bruciava il cuore e le carni, fatto com'era di delicata tenerezza e di desiderii brutali: un vero amore da uomo di mare, dalla duplice natura piena di sogni fantastici propri del suo pellegrinaggio tra cielo e acqua, e di sensualità selvagge aguzzate dalle astinenze di bordo. A un tratto, l'infermo, allontanando con violenza le coltri di su 'l petto, prese a dire affannosamente: — Orribile!... orribile.... il riverbero su la sabbia!... Scotta gli occhi... il cervello, la gola! Ondeggia tutto.... Oh, un pozzo, Dio mio!... Una goccia sola... Brucio!.. L'acqua limpida... fresca... Oh, Dio!... La monaca introdusse fra le labbra aride del malato l'orlo d'un bicchiere colmo di limonata dove tintinnava un pezzetto di ghiaccio. Egli bevve avidamente, lungamente, tenendo fissa la pupilla sbarrata, piena di meraviglia, su la mano alabastrina e sottile che gli porgeva quel refrigerio; e quando ebbe finito di bere, alzò gli occhi su la donna. Di nuovo i loro sguardi s'incontrarono e rimasero immobili qualche momento. Albeggiava. Una luce d'un chiaro bigiognolo penetrava ormai nella camera, dove le ombre erano scomparse, e la lampada s'affievoliva, gettando a pena a canto a se un riflesso giallastro su le lame delle lance e delle zagaglie aggruppate nell'angolo. Suor Istituta appariva più bianca della sua cornetta; e nel volto emaciato spiccavan vie piu bruni i profondi cerchi delle occhiaie e la frangia delle lunghe ciglia color nocciòla. Un'ondata di sangue arrossò invece leggermente le guance color di cera del malato: il quale tornò anche questa volta a richiuder subito gli occhi, come sotto un'impressione di pena. Forse quella pietosa mano femminile gli aveva procurato un rapidissimo sogno: un sogno seguíto tosto da una disillusione. La febbre non cedeva: centigrado più, centigrado meno, era quasi sempre oltre i quaranta gradi, non ostante i rimedi del medico curante e d'altri dottori chiamati ogni giorno a consulto: così che le forze e la vitalità dell'infermo Contessa Lara. si consumavano, scemavano ogni ora, come divorate da un inesorabile fuoco interno. Durante lunghe prostrazioni, egli restava con mezzo aperte le palpebre violacee, dal cui spiraglio si vedeva l'occhio vitreo e torbo, con dischiuse le labbra gonfie e scure, dentro cui appariva tutta nera la sega dei denti: un sudor gommoso gli attaccava a ciocche compatte i capelli scomposti su la fronte e su le tempie; le braccia ingiallite ed inerti gli pendevan fuori del lenzuolo; e in quelle ore l'ordinanza, dopo averlo inutilmente chiamato pian piano, dopo avergli posata una sua mano callosa su 'l cuore, spinto da un subitaneo terrore, avvicinava la sua larga bocca fresca e rossa a quella povera bocca arsa di moribondo, per assicurarsi ch'ei respirava ancora... Con un muto segno di gioia, subito dopo, volgendosi verso la suora, accennava di sì; ed ella rispondeva a quel cenno con un pallido sorriso, come per dire: — Non morrà, non dubitare; lo salvo io.

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