Non si pretende dal giudice una qualsiasi motivazione sul fatto ma che egli abbia percorso l'itinerario della ragione scandito dalle regole logiche.
Nella sentenza annotata si affronta il tema delle spese processuali nella fase del giudizio d'impugnazione prendendo spunto da una declaratoria di condanna alle spese anche nel caso in cui la Corte di legittimità abbia ritenuto di dover ritenere parzialmente fondato uno dei motivi di ricorso. L'attento esame della giurisprudenza e delle norme coinvolte, rendono la nota dell'A. fonte di indicazioni concrete ma anche critiche al fine di aprire la strada a soluzioni alternative a quelli attualmente rinvenibili tra i principi di legittimità.
L'accordo transattivo intervenuto tra datore di lavoro e lavoratore, con il quale quest'ultimo rinunci a una parte dei compensi originariamente pretesi, è finalizzato unicamente a rimuovere il contenzioso insorto tra le parti, e non può determinare alcuna conseguenza nei confronti dell'ente previdenziale, il cui credito contributivo nei confronti del datore di lavoro sussiste indipendentemente dal fatto che il lavoratore abbia rinunciato, in tutto o in parte, ai suoi diritti.
Il commento analizza criticamente alcuni approdi ermeneutici raggiunti in tema di "stalking" dalla S.C. la quale, enfatizzando il connotato sociologico di "gendered crime" del delitto, giunge a ritenere integrato il delitto abituale - e, segnatamente, la reiterazione di condotte tipiche - anche qualora il reo abbia commesso più comportamenti molesti, ciascuno nei confronti di distinti soggetti passivi, considerati unitariamente in ragione dell'identico genere sessuale, della comune residenza all'interno del medesimo stabile e dal timore in essi ingenerato dalla condotta del molestatore.
Sennonché il Tribunale di Milano ha errato nell'interpretazione di tale precedente di legittimità da cui invece si ricava inequivocabilmente come l'attore, il quale si assuma danneggiato dalla condotta dello Stato che abbia omesso di attuare una direttiva nei tempi prescritti o l'abbia attuata non correttamente od in ritardo, possa scegliere a sua discrezione, in piena conformità con l'art. 25 c.p.c., tra due fori alternativi, il "forum delicti" ed il "forum destinatae solutionis", esattamente come risulta possibile in tutti gli altri casi in cui sia convenuta in giudizio un'amministrazione dello Stato.
E' quindi illustrato il percorso interpretativo seguito dalla S.C. per determinare modalità di applicazione ed estensione, ai prossimi congiunti, del massimale previsto secondo la formula "per persona che abbia subito lesioni personali".
La sentenza afferma che la banca che non abbia impedito a terzi di introdursi illecitamente nel conto corrente "online" di un cliente è responsabile, a titolo contrattuale, per aver cagionato un danno a quest'ultimo e, pertanto, va condannata al relativo risarcimento. Detta responsabilità viene ricondotta alla mancata predisposizione di adeguate misure di sicurezza, in linea con l'evoluzione tecnologica, che consentano al cliente un utilizzo ragionevolmente privo di rischi del servizio telematico. La decisione offre l'occasione per una ricognizione aggiornata sul tema della responsabilità della banca per la fornitura del sistema di "home banking" alla clientela.
L'A. sottolinea come la Corte europea abbia precisato che le dichiarazioni fuori del dibattimento rispetto alle quali l'imputato non abbia potuto esercitare il diritto al confronto non comportano automaticamente la loro inutilizzabilità ai fini dell'affermazione della colpevolezza, a condizione che le autorità dello Stato abbiano compiuto ogni diligenza al fine di rispettare il diritto al contraddittorio e che quelle dichiarazioni risultino confortate da altri elementi probatori.
Il presente lavoro intende sottolineare come invece l'ordinamento canadese abbia arricchito il bilanciamento tra la libertà di espressione e la repressione dei discorsi dell'odio di un elemento ulteriore rappresentato dal principio multiculturale, determinando così l'insorgere di una nuova tendenza regolatoria, capace di influenzare anche soluzioni giurisprudenziali adottate in altri ordinamenti.
Infine, il lavoro si concentra sulla responsabilità dell'operatore sanitario: contrattuale nell'ipotesi di scorretto ricorso alla contenzione (inadempimento della prestazione); aquiliana ex art. 2047 c.c. laddove a mancata applicazione di questa misura abbia consentito all'incapace di cagionare danni a terzi; di nuovo contrattuale qualora tale mancata applicazione abbia permesso all'infermo, invece, atti di autolesione.
L'articolo ha l'obiettivo di dimostrare che la determinazione dei coefficienti per calcolare il valore dell'usufrutto, finora effettuata dall'amministrazione finanziaria, non abbia tenuto conto dell'aspetto attuariale. Pertanto si contesta la correttezza e la coerenza dei coefficienti di calcolo del valore dell'usufrutto presenti nella tabella ministeriale rispetto a quelli che invece si ottengono seguendo una valutazione che sia non solo di carattere finanziario ma anche di natura attuariale.
L'A. tratta il tema della "concessione abusiva di credito" nella prospettiva della eventuale responsabilità della banca che abbia concesso credito ad un imprenditore che versi in una situazione di grave difficoltà o di insolvenza, tenendolo artificiosamente "in vita".
L'articolo affronta il problema della natura reale o consensuale del contratto di sottoscrizione di un aumento di capitale e, se si segue la teoria consensualistica, quali siano i rimedi a disposizione degli amministratori nell'ipotesi di sottoscrizione dell'aumento senza che il sottoscrittore abbia nemmeno effettuato i versamenti parziali.
Siffatto orientamento, fortemente criticato dalla dottrina perché contrastante con i principi della riforma penale tributaria, eviterebbe una situazione di irrilevanza penale nei confronti di chi abbia posto in essere comportamenti riconducibili alla previsione concorsuale in relazione all'emissione delle fatture e che non abbia, poi, utilizzato in dichiarazione tali documenti.
La sentenza in commento tratta di una vicenda complessa, ma nei suoi esiti chiara: la cessione della quota non consente di sfuggire alla responsabilità personale di chi abbia precedentemente assunto lo "status" di socio accomandatario. In questo modo si garantisce un'accresciuta tutela dei terzi che contraggono con la società e che fanno affidamento non solo sul patrimonio sociale, ma anche su quello dei suoi soci illimitatamente responsabili.
Questa azione, però, è limitata alle sole ipotesi di attività vincolata dell'Amministrazione ovvero qualora la stessa abbia esaurito la sua discrezionalità. È da escludere, però, che il giudice amministrativo debba, di fronte al cattivo esercizio del potere amministrativo discrezionale, limitarsi al solo annullamento potendo comunque dichiarare l'obbligo, gravante sull'Amministrazione, di dichiarare l'obbligo di prendere in considerazione la posizione del ricorrente e, conseguentemente, disporre l'adozione delle misure attuative della sentenza. Inoltre sulla base del principio della domanda, e purché abbia l'interesse ad agire, il ricorrente può sempre richiedere al giudice la declaratoria di illegittimità dell'atto qualora tale pronuncia sia idonea a tutelare adeguatamente l'interesse legittimo fatto valere in giudizio. Da questa azione tipica, prevista dall'art. 34, 3 comma, del Codice del processo amministrativo è possibile porre le basi per la costruzione di un'azione generale di mero accertamento nel processo amministrativo.
Sebbene la Corte costituzionale abbia già rigettato le questioni di legittimità costituzionale relativa alla disposizione che equipara i prelevamenti a ricavi o compensi (e manterrà probabilmente questa linea), la Commissione tributaria regionale di Roma compie un nuovo tentativo che sotto molti versi appare, purtroppo, fuori bersaglio perché non affronta specificamente il tema della irrazionalità della ricordata presunzione.
Lo scritto di propone di dimostrare che la svolta operata dalla sentenza, di far assurgere alla convivenza la funzione di elemento essenziale per il riconoscimento del danno da perdita parentale da uccisione "ex delicto" a congiunti che non si trovino nella sfera della famiglia nucleare, non abbia un adeguato sostegno tenuto conto della storia e dello sviluppo di questo nuovo danno ingiusto.
La Corte di cassazione affronta la problematica della partecipazione del difensore distrattario al giudizio di impugnazione che abbia ad oggetto anche la statuizione sulle spese di lite, tenendo conto dell'evoluzione nella giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione in materia.
Dopo la questione di costituzionalità sollevata dalla Cassazione sulla norma regolamentare che fonda l'autodichia del Senato, ci si chiede se e in che misura, soddisfatti i requisiti di terzietà e indipendenza, la giurisdizione domestica degli organi costituzionali abbia un futuro.
È auspicabile che con tale arresto la giurisprudenza abbia definitivamente chiarito i confini operativi dell'art. 322-ter c.p., ritenendolo applicabile alle sole persone fisiche.
L'A. sostiene che solo al giudice amministrativo spetti pronunciarsi sulla legittimità dell'affidamento e che la giurisdizione amministrativa sul contratto abbia come presupposto l'impugnazione dell'affidamento.
La Sentenza n. 9781/2012 della Corte di Cassazione qui commentata rivede il precedente orientamento espresso dalla decisione n. 4632/2009, escludendo l'illegittimità della segnalazione al pubblico Ministero da parte del Tribunale fallimentare della notitia decoctionis emersa nel corso di un procedimento ex art. 15 l. fall. definito per desistenza del creditore istante ed, in particolare, esclude che la sentenza dichiarativa di fallimento emessa all'esito del procedimento instaurato su ricorso di fallimento del pubblico ministero che abbia ricevuto la segnalazione medesima sia affetta da nullità.
., la necessità che la sollecitazione del potere di verifica della P.A, di cui all'art. 19, l. n. 241/1990, abbia dei requisiti minimi di serietà: forma scritta, indicazione sommaria dei profili di illegittimità dell'intervento, esplicita richiesta di esercizio del potere da parte della P.A.
Il Tribunale siciliano ha affermato l'inammissibilità della procedura di risarcimento diretto nell'ipotesi in cui il danneggiato abbia instaurato il giudizio di risarcimento danni lamentando danni superiori al limite previsto dall'art. 139 cod. ass. private.
''personale'' e delle prove necessarie a dimostrare che il supposto ''agente'' abbia effettivamente agito in nome e per conto della società estera in Italia. Sono molte le verifiche che vengono fatte in materia di stabile organizzazione e la decisione dei giudici di Como rappresenta la diretta testimonianza di come le contestazioni di taluni Uffici siano ancora basate su un ''modus operandi'' non affatto condivisibile.
Nonostante la dottrina sia piuttosto concorde nel ritenere che la vendita di eredità, nella sua configurazione codicistica, abbia una disciplina sproporzionata rispetto all'effettivo rilievo pratico, non mancano sul versante giurisprudenziale pronunzie, anche recenti, che lasciano intravedere la vitalità dell'istituto. Particolare interesse ed attualità rivestono la problematica inerente alla trasmissibilità del diritto di accrescimento del coerede all'acquirente ed il rapporto tra la vendita della quota ereditaria ed il diritto di prelazione.
.: l'ammissibilità dell'intervento volontario nel giudizio di separazione da parte del figlio della coppia separanda il quale, pur essendo maggiorenne, non sia economicamente indipendente e abbia il diritto a percepire l'assegno di mantenimento dal genitore non convivente. Il principio affermato potrà trovare applicazione anche nei giudizi di divorzio, nonché in quelli di revisione delle condizioni di divorzio o di separazione.
., a commento della pronuncia di cui in epigrafe, si sofferma sull'evoluzione dottrinale e giurisprudenziale relativamente al presupposto dell'intollerabilità della convivenza, con particolare riferimento all'ipotesi in cui uno dei coniugi abbia intrapreso una stabile convivenza ''more uxorio''' da cui sia nato anche un figlio e l'irrilevanza del fatto che l'altro coniuge sia comunque disposto a sopportare tale situazione.
Nello specifico, un focus particolare viene dato alle nuove norme che prevedono la possibilità che il debitore abbia la facoltà di scegliere se sciogliere (o sospendere) i contratti in corso di esecuzione alla data di presentazione del ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, oppure continuarne l'esecuzione, le quali di fatto potrebbero innovare la materia andando ad impattare sull'efficacia delle c.d. clausole di ''close-out netting''.
Nonostante la pronuncia abbia un'indubbia portata chiarificatrice, restano ancora aperte numerose questioni sull'interpretazione delle disposizioni di riferimento.
I presupposti per la negazione del diritto alla detrazione rispetto a operazioni IVA fraudolente e l'assetto degli oneri della prova continuano a essere fonte di incertezze, confusioni, accertamenti pretestuosi e contenzioso. La soluzione del problema si trova invece facilmente se si considera la giurisprudenza comunitaria. In base ad essa, la detrazione va disconosciuta quando il cessionario sapeva della frode o avrebbe dovuto saperne. Tale condizione sussiste quando egli non abbia fatto quanto era doveroso per verificare la correttezza delle operazioni a monte.
Non pare, tuttavia, che tale dubbio abbia fondamento, perché la spesa è considerata solo uno strumento per accertare un reddito prodotto e posseduto. Lo Statuto del contribuente può, invece, indurre a rimeditare la possibile efficacia retroattiva della disciplina in esame e delle norme procedimentali.
Ciò anche qualora il soggetto il quale abbia prodotto il reddito attraverso l'esercizio dell'attività economica non coincida con il soggetto il quale, disponendo della ricchezza occultata dall'imprenditore, abbia assunto la qualifica di consumatore o di investitore.
L'ordinanza in commento è uno dei pochi precedenti editi che si occupa di tutela dei creditori nel contesto della scissione, e segnatamente della possibilità che la scissione - unitamente ad altre condotte degli amministratori - abbia una finalità elusiva delle posizioni creditorie. La soluzione del Tribunale di Verona è di ritenere sussistente la responsabilità degli amministratori che hanno strutturato l'articolata operazione.
A tale soggetto sul piano della responsabilità penale potrà essere addebitato il delitto di falsità ideologica in atto pubblico solo qualora non abbia fedelmente riportato quanto a lui dichiarato dal presidente sulla convocazione e costituzione dell'assemblea, ovvero qualora abbia reale conoscenza di irregolarità, che si verifichino in sua presenza e rilevabili ''ictu oculi'', o della falsità delle attestazioni del presidente, avendo il dovere di rifiutare il suo ministero in caso di risultati palesemente contrari alla veridicità.
L'individuazione del trust quale soggetto passivo dell'ICI assume rilievo anche ai fini della spettanza dell'esenzione dall'imposta nel caso in cui abbia una funzione assistenziale, ma deve essere fornita la prova dell'utilizzo degli immobili per finalità sociali.
La dottrina di derivazione anglosassone dello ''sham'' permette alle corti di dichiarare un trust ''null and void'', a condizione che il disponente abbia trattenuto per sé il ''beneficial title'' sui beni con l'intenzione però di ingenerare presso i terzi l'impressione di un reale trasferimento. Con la sentenza n. 13276/2011, la Corte di Cassazione ha espressamente utilizzato il concetto di ''sham'', senza però arrivare a cogliere compiutamente gli aspetti essenziali dell'istituto.
La capacità processuale del fallito viene generalmente intesa in senso relativo e residuale, dal momento che essa può essere esercitata nella misura in cui il curatore non abbia posto in essere alcuna attività difensiva o l'abbia esercitata negligentemente. Restano però alcuni nodi irrisolti: quando può dirsi realizzata l'inerzia del curatore fallimentare e quale tipo di inerzia sia idonea a giustificare un'autonoma impugnativa da parte del contribuente fallito e, quindi, quali rimedi risultino in concreto esperibili in questo caso.
In caso di operazioni di fusione o scissione tra società che aderiscono al medesimo consolidato fiscale nazionale, laddove non si abbia interruzione dell'imposizione di gruppo, l'Agenzia delle entrate ha escluso l'applicabilità dei limiti per il riporto delle perdite fiscali. La disapplicazione delle norme limitative non avviene ''ope legis'', sotto forma di una causa di esclusione espressamente prevista, bensì in via meramente interpretativa secondo un criterio logico-sistematico. L'Agenzia nega, invece, la stessa linea interpretativa per i limiti previsti dal legislatore, per le analoghe operazioni straordinarie, con riferimento al riporto delle eccedenze di interessi passivi.
Nonostante i vincoli derivanti da impegni assunti in sede internazionale, nel nostro Paese la mediazione stenta a decollare nell'ambito della giustizia penale di cognizione, preoccupando le conseguenze, per la sorte dell'accertamento penale e della presunzione di innocenza dell'imputato, di un'eventuale esisto negativo del percorso mediativo, che abbia fatto registrare un'ammissione - piena o parziale - di colpevolezza da parte dell'imputato. L'obbligatorietà dell'azione penale, invece, non sembra costituire ostacolo alla sperimentazione di pratiche mediatorie che, innestandosi sul tronco dell'accertamento penale, e segnatamente, in fase di indagine, ne favoriscano uno sbocco"de-giurisdizionale". Perché la ''restorative justice'' abbia ''chance'' di sviluppo nell'ordinamento giuridico italiano, appare dunque indispensabile, de ''iure condendo'', assicurare la piena autonomia tra l'accertamento penale e l'attività mediativa: sia nel senso che il procedimento penale, nel tempo in cui si svolge l'iter mediativo, deve poter proseguire autonomamente, sia nel senso che un'eventuale esito negativo della mediazione non deve ipotecare le sorti processuali della vicenda penale da cui ha tratto origine.
Poi, quello della quantificazione, in sede giudiziaria, del compenso dell'amministratore che abbia prestato la propria attività in favore di più società appartenenti al medesimo gruppo. Infine, il tema della possibilità di ritenere il compenso tacitamente rinunziato da parte dell'amministratore quando questo ultimo abbia presentato in assemblea, per l'approvazione, un progetto di bilancio che non prevede una posta destinata a remunerare la sua attività. Nella nota si esaminano anche le due ulteriori statuizioni, seppure di natura meno controversa delle precedenti, relative all'applicabilità alla s.r.l. dell'art. 2389 c.c. ed ai criteri generali di determinazione giudiziaria del compenso.
., si indaga il significato delle nozioni di "caso fortuito" e "concorso di colpa" per comprendere il motivo per il quale la Corte Suprema abbia escluso, nel caso di specie, una qualche forma dì corresponsabilità dei genitori della danneggiata.
L'ordinanza che si commenta riconosce il potere, in capo al giudice istruttore, di ammonire d'ufficio la stessa parte che abbia proposto l'istanza ai sensi dell'art. 709 ter c.p.c., in un caso di rigetto in rito della medesima: un potere ufficioso che, secondo l'A., nella specie non sussiste per l'assorbente ragione della diversa qualificazione giuridica data dal giudicante a tale istanza.
La decisione resa, inoltre, ribadisce il principio della responsabilità del terzo che abbia concorso con il concorrente del danneggiato nell'illecito concorrenziale.
La parte adempiente di un contratto, che abbia ricevuto una caparra confirmatoria e si sia avvalsa della facoltà di provocare la risoluzione del contratto mediante diffida ad adempiere "ante causam", può poi agire in giudizio rinunciando all'effetto risolutivo ed esercitando il diritto di recesso, posto che il divieto di mutare la domanda di risoluzione in quella di recesso vale solo per le sole domande giurisdizionali già proposte.
"Himalaya", in base alla quale l'interessato al carico s'impegna a non presentare alcuna pretesa o reclamo contro le persone, diverse dal vettore, a cui il medesimo abbia affidato il trasporto o parte dello stesso.
Nonostante abbia meno di due anni di vita, la disciplina della "responsabilità solidale" sugli appalti, sotto l'aspetto fiscale, ha già subìto una serie di "interventi modificativi" (alcuni, peraltro, solo proposti, ma non approvati) ed è piuttosto "diffusa" la "richiesta" di una sua "abolizione". Appare opportuno fare il punto della materia, anche in vista delle "difficoltà" applicative che si presenteranno quando si passerà alla fase delle "verifiche sul campo".
Con la sentenza n. 4925/2012 il Consiglio di Stato ha affrontato il problema dei limiti al diritto di partecipazione, considerando superfluo l'apporto collaborativo del privato che abbia dimostrato, con la sua precedente condotta, di non poter incidere sul contenuto della decisione amministrativa.
Nel presente contributo si analizzano, alla luce delle previsioni di legge, della giurisprudenza costituzionale e di legittimità e delle disposizioni amministrative intervenute in materia, le problematiche inerenti l'iscrizione nelle liste di mobilità e l'eventuale diritto a percepire la corrispondente indennità dei lavoratori licenziati per riduzione di personale, nei casi in cui il datore di lavoro non abbia esperito, in tutto od in parte, le procedure di cui alla l. 23 luglio 1991, n. 223.