Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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XV legislatura – Tornata del 9 febbraio 1884

581854
Di Rudinì 23 occorrenze
  • 1884
  • politica - sedute parlamentari del Regno d'Italia
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Poiché nessuno più di me desidera che questa questione abbia una sollecita discussione e un pronto svolgimento, io non ho nessuna difficoltà di arrendermi al desiderio espresso dall'onorevole nostro presidente. Però io ho fatto questa mia proposta (la quale può valere come una protesta) perchè, se non erro, riguardo al caso di una sola relazione per due progetti di legge distinti, a cui accenna il presidente, ci fu una speciale deliberazione della Camera: e non credo che gli Uffici avrebbero avuto questa facoltà di riunire in una sola Commissione e in una sola relazione due distinti disegni di legge anche che nella specie l'avrebbero fatto.

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Non vi è che l'onorevole Mazza, relatore della Commissione, il quale abbia chiesto di parlare.

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Io credo che di tutto ciò che possa avere l'ombra di reato, e che non sia stato commesso qua dentro il recinto dell'Aula, l'autorità giudiziaria, salvo di chiedere l'autorizzazione a procedere quando si tratta del mandato di comparizione o del rinvio al tribunale, abbia facoltà di fare le prime indagini senza speciale autorizzazione.

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Non vi è nella nostra legislazione qualche altra autorità la quale, in un caso simile a quello in esame, abbia essa sola esclusivamente il diritto, se lo crede, di invocare l'intervento del procuratore del Re?

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L'onorevole Billia oggi avendo pur consentito in ciò venne a dire, che il diritto del presidente si esercita unicamente nell'Aula parlamentare, e che laddove il regolamento all'articolo 96 parla di polizia della Camera abbia inteso di limitarla soltanto a quest'Aula.

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Vi domanda nientemeno che di essere dispensato dall'obbligo di fornire la sua domanda di quegli allegati necessarii, che richiede l'articolo 805, del Codice di procedura penale, vale a dire: che la sua domanda sia consentita prima ancora ch'egli abbia dimostrato che essa abbia un fondamento qualsiasi.

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Dunque io non posso minimamente consentire nelle vostre conclusioni, perchè ritengo fermamente che il presidente della Camera abbia tutelato, come era suo dovere, i diritti della Camera, e non meriti nessuna censura.

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La Commissione crede che il procuratore del Re abbia chiesto di proseguire le indagini nell'interno di Montecitorio. Ora, io invito ciascuno di voi a leggere le istanze del procuratore del Re per vedere se egli questo dimandi. Il procuratore del Re non aveva bisogno di venire a Montecitorio, perchè non aveva mestieri di assicurare qui nessuna traccia di reato. Quelli che egli poteva interrogare si trovavano fuori di Montecitorio, e nonostante che fossero rivestiti del mandato di deputati, pur nondimeno non erano esenti, come non lo è alcun altro cittadino, dal dovere di rispondere alla chiamata del giudice istruttore.

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Io non posso, non voglio, non debbo apprezzare se quella era la via più legittima con la quale la domanda dovesse inoltrarsi alla Camera; ma questo so, e questo affermo, che nei criteri dell'onorevole presidente Farini era il mezzo più efficace a tutelare le prerogative della Camera; e tutti noi sappiamo come l'onorevole Farini abbia costantemente difesi i diritti ed i privilegi della Camera, come egli abbia amato costantemente le nostre libertà, e come egli sia stato sempre fedele custode di quel tesoro che era affidato alla sua vigilanza.

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Io veggo in tutte queste cagioni una ragione potente perchè il presidente della Camera si astenesse dal denunziare l'atto; ma dall'essersi egli astenuto dal denunziarlo, io non ne posso trarre la illazione che ne ha tratto l'onorevole Vastarini-Cresi, cioè che abbia pronunziato un giudizio, che il suo giudizio sia definitivo, e che l'autorità giudiziaria non vi abbia più nulla a vedere.

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Signori, a me sembra indubitato che, se il presidente ha il diritto di denunziare questi atti, non ne abbia parimente il dovere. Non ne ha il dovere, perchè un'obbligazione così fatta non si presume, e dovrebbe essere formalmente registrata, perchè tal compito non si appartiene alla natura e air indole delle sue attribuzioni; perchè finalmente vi possono essere delle circostanze speciali le quali trattengano il presidente dal denunziare un atto quando anche lo riguardasse come reato.

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Da ciò che il presidente ha il diritto, ove lo creda opportuno, di denunziare quest'atto all'autorità giudiziaria, ne segue ch'egli ne abbia l'obbligo? E se non l'adempie, ne rimane perciò solo impedito qualunque atto dell'autorità giudiziaria?

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E se è così, o signori, se il presidente ha il diritto e non l'obbligo di fare questa denunzia, chi potrà dubitare dall'altra parte che l'autorità giudiziaria non abbia essa l'obbligo, l'obbligo il più assoluto, laddove creda che possa esservi un reato, di fare tutte le indagini e le inquisizioni necessarie? Badate, io non giudico, non entro nel merito, e ripeto che non sarei nè competente nè erudito abbastanza per farlo. Ma lascio questo giudizio all'autorità giudiziaria, e dico ch'essa ha obbligo di scrutare se concorrono in quel fatto gli estremi per dichiararlo reato, e perciò ha bisogno di fare quelle indagini prime, senza le quali ogni specie di giudizio sarebbe frustrato.

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Ma in verità a me pare che l'articolo 59 in questa questione non abbia nulla che fare. Il procuratore del Re non domanda alla Camera di essere sentito, egli si rivolge al presidente e gli domanda di essere autorizzato a far qui dentro le indagini necessarie al suo ufficio. E il presidente della Camera che fa?

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L'onorevole Minghetti sa quale stima e rispetto io abbia per lui; quindi nel rispondere alle sue brevi osservazioni dirette contro di me, io userò non solamente la calma consueta, ma mi varrò di termini che non possano che essere rispettosi.

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Duolmi però che egli che è così valente oratore, e che possiede una cultura così vasta, per confutare ciò che io ho eletto, abbia costituito un edificio sopra un fondamento assai poco solido. L'onorevole

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E io credo che l'onorevole presidente abbia bene tutelato l'interesse della Camera ricevendo la lettera trasmessa gli dal procuratore del Re, come credo che avesse il diritto di ricevere un documento trasmessogli da qualunque cittadino.

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Or bene, o signori, può darsi che il procuratore generale del Re non abbia adempiuto ad un suo debito, ed egli risponderà di questa infrazione ai regolamenti suoi al ministro guardasigilli; ma la questione non concerne per nulla la Camera, che è aperta a chiunque voglia ricorrere a lei per una ragione qualsiasi.

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E siccome io ritengo che bene abbia operato il presidente della Camera, così io ho proposto che la Camera faccia plauso a lui, e passi all'ordine del giorno.

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Ora, quando voi, o signori, votiate l'ordine del giorno dell'onorevole Vastarini-Cresi, arriverete a creare questa giurisprudenza, che il solo presidente potrà negare l'autorizzazione a procedere, e per conseguenza, fatta la supposizione che possa avvenire nella Camera un reato gravissimo, solamente perchè il presidente non abbia denunziato questo fatto, ne verrà che dovrà al fatto stesso essere applicata l'impunità.

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Intanto, e finchè non abbia udito altre dichiarazioni, mantengo la mia mozione.

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Se egli crede altrimenti, abbia la bontà d' indicarmi il modo.

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Ma crede davvero l'onorevole Di Sant'Onofrio che, prima e senza della sua interrogazione, il Governo non abbia avuto vigile sollecitudine degli interessi dei nostri connazionali?

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XV legislatura – Tornata del 8 aprile 1884

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Tajani, Biancheri 8 occorrenze
  • 1884
  • politica - sedute parlamentari del Regno d'Italia
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Attenderò che il ministro abbia ricevuto tutti gli schiarimenti chiesti, per isvolgere la mia interrogazione.

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Se l'onorevole deputato Papa vuol riservarsi di ritornare sull'argomento quando io abbia potuto ricevere piena notizia del fatto, io sarò ai suoi ordini nel giorno che egli vorrà.

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Comprendo che si potranno fare anche delle riserve su di questo; ma è innegabile che si è compiuto un atto solenne di riconoscimento di quella sovranità; Io non ne ho fatto appunto all'onorevole ministro degli esteri, perché in questo era concorde con quello che diceva l'onorevole mio amico Maurigi, cioè che innanzi a certi fatti compiuti, come già credo altra volta abbia dichiarato anche l'onorevole Crispi, non v'era di meglio che chiudere una questione, che era rimasta aperta. Ma risulta però che noi, in una questione come quella di Tunisi, nessun appoggio abbiamo ricevuto dai nostri alleati, dalle potenze centrali.

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La Camera ricorderà come altre volte io abbia intrattenuto quest'Assemblea intorno ad un argomento, che in alcuni momenti ha agitato assai il mondo artistico in Europa, l'argomento cioè dei dazi d'importazione sopra i marmi e sopra gli oggetti d'arte negli Stati Uniti di America. Io ebbi l'onore d'interrogare sopra quest'argomento l'onorevole ministro degli esteri Cairoli, e poi l'onorevole ministro attuale: ed ebbi la fortuna nell'una e nell'altra occasione di trovare consenzienti con me gli onorevoli ministri.

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Finalmente, sebbene l'onorevole Branca abbia avuto la cortesia di dire olio mi faceva la concessione di felicitarmi per le migliorate nostre condizioni anche colle potenze occidentali, però mi esortava a tutelare i nostri interessi nel Mediterraneo. A quest'ultimo suo eccitamento non posso rispondere che dichiarandomi perfettamente consenziente al suo ordine d'idee. Egli può essere sicuro, come il resto della Camera ed il paese, che noi, conscii dei nostri diritti e dei nostri interessi, non tralasceremo un sol giorno di esercitare una vigilanza assidua sopra tutto quello che può accadere in vicinanza della nostra casa, il che certamente, più di quanto avviene in lontane regioni, deve

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E giacchè ho facoltà di parlare, sebbene il signor ministro, certo por involontaria dimenticanza, perchè conosco troppo la sua squisita cortesia, non abbia dato a me risposta personale sulla questione relativa alle indennità per le vittime degli avvenimenti del 1882 in Egitto, io mi trovo costretto a dichiarargli che non mi potrò chiamare sodisfatto finchè liquidazione non voglia dire pagamento; e, pur confidando nella di lui opera, sempre illuminata ed energica, io gli rinnovo le più vive, e le più calde raccomandazioni in proposito.

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Io conosco le necessità del momento e mi sono limitato ad una discreta domanda e ad una viva preghiera all'onorevole ministro, e sono lieto e lo ringrazio che questa preghiera egli abbia esaudita in parte, cioè di ricavare da questa somma ben più dello 1000 lire, affatto insufficienti, di sussidio che l'onorevole ministro intendeva di assegnare alla Associazione, delle cui benemerenze ho detto breve parola. L'onorevole ministro mi ha dato affidamento che saranno 3000 lire, ed io, per ora, mi contento.

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Ho chiesto di parlare per domandare all'onorevole presidente del Consiglio, se, nella sua saviezza, abbia ricordato che il giorno 23 del corrente aprile quarantatrè deputati, per incarico della Camera, debbono recarsi a Biella per assistere al funerale del compianto Sella.

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XV legislatura – Tornata del 14 giugno 1884

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Zaccheroni 19 occorrenze
  • 1884
  • politica - sedute parlamentari del Regno d'Italia
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Viene quindi una proposta dell'onorevole Arnaboldi; ma credo che abbia dichiarato ieri di ritirarla.

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Io credo poi che quanto alla capacità di scegliere il maestro ne abbia più il comune che il Consiglio scolastico; e credo che ne abbia anche il diritto, porche è lui che paga. Una delle due: o il Consiglio provinciale scolastico nel comporre cotesta terna terrà conto delle osservazioni che farà il comune, e metterà nella terna quella persona che al comune, per circostanze speciali, può maggiormente convenire, e allora la terna fatta dal Consiglio provinciale scolastico non sarà che una formalità inutile e, per le ragioni che ho detto precedentemente, dannosa: oppure il Consiglio provinciale scolastico di coteste indicazioni date dal comune non terrà conto, e allora ci troveremo di fronte all'altra ipotesi che io faceva, cioè, di un maestro imposto al comune da un'autorità superiore, e che subirà tutte quelle condizioni che subisce uno che è imposto a dispetto di chi deve con lui avere giornalieri e continui contatti.

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Io non capisco nemmeno perchè la Commissione abbia tolto l'articolo 7 del disegno ministeriale, quand'anche si mantenesse l'articolo da lei proposto. Sarebbe inutile solo per quei comuni che non vogliono consentire ad aumentare di un decimo lo stipendio dei maestri; ma per gli altri potrebbe essere giovevole.

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Onorevole Cuccia, abbia la gentilezza di trasmettermi la sua proposta.

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Siccome gli stipendi che vengono corrisposti ai maestri elementari non permetterebbero un'istruzione buona, se non fossero sufficienti; così è mestieri che il Governo abbia tutto il diritto di dire ai municipi: «è necessario che voi diate ai maestri elementari uno stipendio discreto, affinchè essi siano in grado di prestare un'opera, che sia pari all'uffizio e produca il frutto desiderato.

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Rimesso poi che abbia il Consiglio superiore al municipio il nome e il grado dei capaci, il municipio ha tutti i dati per poter scegliere tra loro.

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negare che esso abbia talvolta a preferirsi ad altri che anche lo superino? E come negare a quel comune il benefizio che può da quella nomina ritrarre?

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Abbia la gentilezza di attenersi all'argomento.

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Ha egli considerato l'enorme violazione dei diritto comune, il quale stabilisce che chi ha gli oneri abbia anche i diritti corrspondenti?

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Il maestro che viene dalla scuola normale, ed ha il suo diploma magistrale, ha già compiuto gli studi occorrenti perchè abbia la capacità necessaria. E non so intendere come questa capacità, abbia bisogno di ulteriore costatazione. Se ciò fosse, qual valore avrebbe più il diploma magistrale? E perchè conservare allora tante scuole normali?

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Certamente credo anch'io che il sistema dei premii il quale completa quello delle penalità, sia utile per i comuni e per gli individui, perchè vi è anche una grande verità da affermarsi contro ad una accusa ingiusta, ed è che non e vero che il proletariato delle campagne abbia ripugnanza alla scuola; la scuola anzi ha grande attrattiva per esso, e lo provano quelle degli adulti così frequentate.

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Ma prima io devo una risposta all'onorevole Turbiglio, il quale chiedeva alla Commissione perchè mai abbia mutato di avviso su questo argomento, essendo diverso il concetto espresso nel disegno del relatore onorevole Coppino ed in quello del presente relatore. Ma, onorevole Turbiglio, ponga mente alla data della relazione presentata dall'onorevole Coppino; essa fu presentata il 26 giugno 1883, un anno addietro.

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Ora a me pare che la maggior parte bensì dei comuni italiani abbia questi requisiti, ma purtroppo vi sono, e non sono pochi, i comuni e comunelli, che non li hanno. Certamente, tutti converranno, che non puossi mettere a confronto il comune di Napoli, che ha mezzo milione di abitanti, o quelli di Roma, di Firenze, di Milano e di Torino con comunelli, che hanno 300, 200 e perfino 100 abitanti.

Pagina 8903

Egli ha affermato che ieri io abbia offeso i comuni. Credo che il mio giudizio non abbia offeso i comuni; e se alcune parole ho pronunziato, ho pronunziato quelle che appunto mi venivano in acconcio, e che avevo udito dalla bocca di coloro che la causa dei comuni difendevano. Imperocché la Camera certamente sa che noi non possiamo discorrere egualmente di tutti i nostri 8240 comuni; la Camera sente quanto sia la diversità di questi, sotto qualunque rispetto si riguardino. Ed a me piace di ricavare una testimonianza di questa diversità riconosciuta da noi, dalle parole dell'onorevole Finocchiaro; il quale, in questa causa, ha parlato molto difendendo la autonomia dei comuni, e si dolse che verso i medesimi la legge non determinasse le medesime norme. E l'onorevole Finocchiaro si augurò un giorno in cui si prenda la discussione sopra una distinzione che sia utile introdurre tra le varie qualità dei comuni. E combatteva la legge, perchè a lui sembrava che, per via indiretta, tra il primo e il secondo comma dell'articolo 3 si introducesse una legge speciale, ed una diversità, la quale soltanto da una legge generale largamente discussa, dovesse essere riconosciuta. Ed in vero, o signori, la ragione di questo articolo sta appunto nella considerazione dello stato diverso dei nostri comuni; il quale fa che la nostra istruzione non progredisca ugualmente, ne sia in misura eguale il frutto delle nostre scuole, e dell'opera dei maestri.

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Il maestro nominato dura in ufficio dieci anni; ma se si tratta della prima nomina, egli non acquista tale diritto se non quando abbia compiuto lodevolmente un quinquennio di prova.

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E questa, che il maestro di prima nomina è nominato per un quinquennio di prova, e quando abbia compiuta questa lodevolmente, viene confermato nell'ufficio suo per dieci anni. Domando: i dieci anni cominciano a decorrere dalla fine del quinquennio di prova, o dal principio del quinquennio stesso?

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La legge si riduce a questo, che il maestro nominato dal Comune dietro la lista proposta del Consiglio scolastico per un quinquennio di prova, resta di nuovo confermato per dieci anni e poi per quindici; ed il comune non è neanche libero aì secondo termine di mandar via un maestro, se non quando il maestro non abbia merito, o non sia più abile all'ufficio; altrimenti la conferma deve seguire per obbligo. Le disposizioni quindi di questa legge riescono ad un resultato opposto a quello a cui farebbero credere le parole che adoperate; il diritto di capitolazione, del quale parlano, lo distruggono.

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