Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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IX legislatura – Tornata dell’8 maggio 1866

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Mari 27 occorrenze
  • 1866
  • politica - sedute parlamentari del Regno d'Italia
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La Camera pare abbia ritenuta, in un altro caso identico, la validità dell'elezione, poichè ammise che gli impiegati si intendessero dimessi dall'impiego nell'atto della rinunzia. Infatti se così non fosse si ammetterebbe che un impiegato sarebbe sottoposto alla volontà o all'arbitrio del ministro, perchè se l'impiegato domanda la rinunzia anche tre o quattro giorni avanti quello dell'elezione, ed il ministro gliela niega, non per questo resta ineleggibile. La Camera ha risoluto che si dovesse ritenere eleggibile quando aveva in tempo domandato la sua rinunzia, cioè avanti il giorno dell'elezione; per questa ragione io credo che si debba convalidare l'elezione di questo collegio nella persona del professore Maiorana.

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Ho detto probabilmente, o signori, ma se sono vere le voci che corrono, vi ha certezza che non avrò maggiore confidenza nel nuovo Gabinetto, di quello che lo abbia nel presente. Ma, signori, quando è imminente la guerra, io non guardo chi stia su quei seggi, io guardo al di là del Po, io guardo al nemico che ingrossa, io guardo e tengo conto delle provocazioni, ed in allora io credo sia essenziale, indispensabile che le popolazioni conoscano i nostri sentimenti, io credo che sia indispensabile di seguire l'esempio che le popolazioni stesse ci danno. Signori, se si farà guerra, sarà lunga e grossa, non bisogna dissimularlo. Non si abbandona dallo straniero un baluardo costrutto con tanta spesa e da tanto tempo senza fare immensi sforzi per conservarlo. La potenza che ha l'Austria non bisogna disconoscerla per combatterla efficacemente. L'Austria è potere militare, ha esercito, bisogna pur dirlo, disciplinato ed agguerrito; dunque la guerra sarà lunga e seria, se vi sarà.

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Io ignoro se il Ministero abbia accettato il progetto della Commissione, non ho voluto domandarlo prima perchè sarei stato dolente quando avessi saputo che l'avesse accettato. La Commissione ha fatto un rapporto che, mi permetto di dirlo, contiene sicuramente un sottinteso. Dalla Commissione non si parla più di guerra, si parla dello stato di pace incerta; domando io se è possibile il supporre che gli onorevoli membri della Commissione abbiano potuto ritenere in questi momenti che si tratti di stato di pace incerta; è impossibile supporlo in quanto che gli ultimi atti del Governo indicano necessariamente una posizione molto diversa. Vi ha dunque un sottinteso; non è più, o signori, il tempo dei sottintesi, siamo in tempi tali in cui si deve parlar chiaro, e molto chiaro; le popolazioni hanno questo diritto, dal momento che si tiene aperta la Camera, dal momento che noi siamo qui dobbiamo dire le cose come sono.

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Io non so come l'onorevole Ara abbia supposto che ci siano dei sottintesi nella Commissione. Egli ricorderà che in una memorabile seduta, ad una interpellanza, fatta dal deputato Guerrazzi al capo dell'attuale Gabinetto, siasi risposto da costui che noi non siamo in guerra.

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Fino al 1860 guerre veramente italiane non ce ne sono state; abbiamo avuto delle potenti rivoluzioni, delle guerre civili; ma una guerra nella quale l'Italia, essa sola, siasi misurata collo straniero, ed abbia provato la sua potenza, cotesta guerra ancora non si è fatta. Ora è bene che ciò sia! L'Italia ha bisogno di un battesimo di sangue: lo deve a sè stessa, affinchè le grandi nazioni d'Europa sappiano che anch'essa è una grande nazione, e che è abbastanza forte per farsi rispettare nel mondo!

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Certo io non voglio supporre che l'onorevole deputato Ara abbia in mente che il Parlamento sia istituito per esercitare un diritto di veto o di assentimento su tutte le proposte che gli vengono dal potere esecutivo. Ove questo egli volesse, restringerebbe troppo l'autorità parlamentare e convertirebbe la Camera ed il Senato del regno in Assemblee che a un dipresso somiglierebbero a quelle dell'impero francese. Per me sta che, quando il Ministero, in nome del Re, ha presentata una legge, resta al Parlamento di esaminarla, di emendarla e di sostituirvene un'altra ove lo creda conveniente. Ciò posto, io non so come si possa proporre una questione pregiudiziale e chiedere che, invece di discutersi il disegno di legge della Commissione, si discuta quello del Ministero.

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Egli, il relatore della Commissione, quando scriveva le parole: «nelle condizioni d'incerta pace nelle quali si trova il paese,» credo abbia tenuto un linguaggio che allude ad un avvenire prossimo; ma noi qui non istiamo a fare diplomazia, noi facciamo delle leggi, conseguentemente l'onorevole Crispi mi concederà che l'articolo 3 comprende delle facoltà molto estese nelle presenti circostanze.

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Ora, o signori, io avrò forse preso un abbaglio nell'interpretare la legge che venne presentata dal Ministero, ma sono scusabile mentre ho letto, ho esaminato bene questa relazione, ho esaminato anche le circostanze attuali e non ho potuto persuadermi che il Ministero abbia presentata una legge così ristretta, così semplice di sicurezza pubblica come in questa seduta ebbe a dichiarare l'onorevole ministro dell'interno.

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Ebbene, signori, quando questo momento verrà, e non può esser lontano, bisogna che l'esercito non abbia dietro a sè che amici e che non sia obbligato a lasciare una parte dei suoi uomini là dove non vi dovrebbe essere che il conforto di quella tranquillità, di quell'amore, senza di cui non si vincono le guerre nazionali.»

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«II ministro dell'interno però potrà ordinare la sospensione a tempo delle pubblicazioni periodiche sino a che il tribunale abbia pronunciata la sua sentenza.

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Ma, se non m'inganno, mi pare che la maggioranza della Commissione sia venuta in una conclusione diversa, ed abbia ammesso che, per non suscitare polemiche in questi momenti eccezionali nei quali forse si poteva menomare la fede del paese nelle persone che dirigono le cose della guerra, siamo venuti nella determinazione di tenere il sistema più largo e di non ammettere la pubblicazione di notizie risguardanti movimenti militari se non quelle pubblicate dai giornali ufficiali e col mezzo del Governo.

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In vero, non so comprendere come il Ministero, che si serve di essi, abbia loro consentito di dare cotali notizie che erano per lo meno soverchie.

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L'aggiunta da me proposta all'articolo 2 comprende due parti: coll'una si darebbe facoltà al ministro dell'interno di ordinare la sospensione a tempo delle pubblicazioni periodiche sino a che il tribunale abbia pronunciata la sua sentenza; colla seconda si darebbe facoltà al ministro di vietare l'introduzione o lo smercio nello Stato dei giornali o altre pubblicazioni

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Il ministro dell'interno ha la facoltà di ordinare la sospensione a tempo sino a che il tribunale abbia pronunciata la sua sentenza.»

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Dunque, se, come tutti riconosciamo, vi è pericolo a pubblicare notizie relative alle operazioni e ai movimenti dell'esercito che non siano ufficialmente comunicate dal Governo, io dico che dobbiamo armare il potere, onde possa raggiungere lo scopo, a cui tutti miriamo con questa legge, dandogli facoltà di poter sospendere a tempo, e sino a che il tribunale abbia pronunziata la sua sentenza, il giornale che contravverrà alla legge. Questa è la prima parte della mia proposta.

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Egli vi propone di accordare al Governo un po' più di quello che vi domanda, cioè anche la facoltà di sospendere il giornale che abbia contravvenuto all'articolo primo. Ma quando la Camera consideri che con l'articolo proposto dalla Commissione d'accordo col Governo si esercita contemporaneamente l'azione, cioè si possono processare e mettere in prigione contemporaneamente il gerente, lo stampatore, l'autore dell'articolo, e il direttore del giornale io domando se la sospensione non diventi un puro lusso.

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La quale, del resto, è illusoria, poichè chiunque abbia preso parte al giornalismo (e credo che non se l'avranno a male i miei colleghi giornalisti se ora svelo questo segreto) sa che la sospensione di un giornale colla nostra legge non si protrae mai più di quarantott'ore, cioè mai più del tempo necessario per trovare un'altra testa di legno, un nuovo gerente che firmi mutato nomine, un nuovo foglio.

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Io non mi so rendere ragione, perchè essa abbia deliberatamente omesso d'inserire nel suo schema di legge la mia proposta. Signori, o vi è pericolo o non vi è nel pubblicare notizie relative ai movimenti ed alle operazioni dell'esercito italiano. Io riconosco che vi è pericolo gravissimo. Ebbene, chi vuole il fine deve volere i mezzi; io opino che la legge proposta dalla Commissione non raggiunga intieramente lo scopo, imperocchè il giudizio del reato, di cui all'articolo 1°, essendo devoluto ai tribunali correzionali, ne avverrà che l'autore dello scritto, il direttore od il gerente del giornale incriminato si presenteranno al tribunale e faranno valere tutte le eccezioni suggerite loro dalla difesa, appelleranno dalla sentenza del tribunale alla Corte, e da questa alla Cassazione, e così lo scopo della legge non sarà raggiunto. Signori, permettetemi che vi dia lettura della disposizione che trovasi nella legge sopra citata in fine dell'articolo 4. Ivi è detto:

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Anche pochi giorni or sono, voi lo ricorderete, o signori, si è ripetuto da vari banchi della Camera questa lagnanza che il Governo italiano abbia pur troppo dal 1860 in poi mostrato sempre una predilezione quasi inconcepibile per gli antichi partigiani dei Governi cessati.

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È inutile ch'io vi rammenti come la parola unità ci abbia tratti in molti equivoci; è inutile che vi dica ed è inutile che qui aggiunga come ci possa trascinare ad altri.

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IX legislatura – Tornata del 21 febbraio 1866

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Mari 12 occorrenze
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Quanto alla politica della pace armata, che così potrebbe chiamarsi quella tenuta da cinque anni in qua, io credo che anche questa politica oramai presso di noi abbia dovuto compiere il suo tempo. La politica di queste spese eccessive in armamenti, di spese superiori alla nostra potenza finanziaria ed economica ebbe per effetto di portarci, dirò così, vicini ad un abisso, ed è oramai mestieri di trovare rimedi pronti ed energici onde salvare l'Italia dal pericolo di una catastrofe finanziaria dalla quale è minacciata. Questa politica, o signori, credo che proseguirla non sia possibile. Il conte di San Martino nella passata Legislatura fu il primo che portò innanzi al Parlamento, che propose al Parlamento ed al Ministero la politica del raccoglimento. Nell'Aula dei deputati quella politica fu sotto un certo velo propugnata dall' onorevole ex-deputato Saracco, ora senatore del regno. In quei tempi la proposta San Martino e Saracco non trovò benigna accoglienza nè presso la Camera, nè, direi, presso il paese.

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Voi sapete che io fui uno dei più arrabbiati anticonvenzionisti, tuttochè non abbia in quell'occasione parlato, perchè fu sempre mio costume, conoscendo la mia pochezza, di giammai prendere la parola in discussioni solenni; e forse è questa la prima volta che io faccio un discorso in una solenne discussione: fu sempre mio costume di limitarmi agli emendamenti negli articoli di legge.

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Invece delle trattative discutiamo quelle leggi che possono considerarsi il disarmo della reazione clericale; procuriamo che quella formula «libera Chiesa in libero Stato» abbia la sua più filosofica e radicale significazione colla completa separazione della Chiesa dallo Stato. Col togliere l'ingombro dell'errore cieco e fanatico sui passi del progresso sociale, coi mezzi della civiltà, ci appressiamo intanto a Roma, che la diplomazia ci vieta.

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Io sono poi convinto che il generale La Marmora non accetterebbe mai trattative che sagrificassero anche un bricciolo dell'onore e dell'interesse italiano; ma non escludo il dubbio che egli le abbia fatte, o voglia farle, con speranza di successo. Il che per lo meno è un errore.

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Ma che il generale La Marmora abbia avuto questa fiducia lo provano quelle parole pronunciate da lui in una memorabile seduta della passata Legislatura; parole imprudenti per le conseguenze che ebbero fuori ed in paese.

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Or dunque s'incominci per inaugurare un indirizzo politico che abbia per base una maggiore considerazione di quei buoni elementi liberali, che tanto han contribuito a stabilire l'ordine attuale dello Stato.

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Riforme della legge di contabilità in modo che si abbia, come nelle amministrazioni regolate, un sistema tale che si possa tenere sott'occhio la posizione di tutti i rami d'amministrazione coi libri mastri a partita doppia, ove ciascun ramo avrebbe il suo conto corrente, da cui si possa vederne il movimento.

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Guai a noi se abbandonassimo la questione politica, prima che la nazione abbia compiuto la sua unità e la sua indipendenza! Per giungere al pareggio delle entrate colle spese noi dobbiamo domandare dei nuovi sacrifizi al popolo italiano. In nome di che possiamo noi domandarglieli, se non in nome di una grande idea, di quella idea per la quale il rinnovamento italiano fu iniziato e condotto tant'oltre? E che cosa ha fatto il Piemonte negli anni che corsero dal 1848 al 1859? Anche allora il Parlamento subalpino si trovò in difficilissime condizioni finanziarie, fu costretto studiare alacremente provvedimenti di nuove tasse, dovè imporre grandi sacrifizi al paese; ma questi sacrifizi furono chiesti e sopportati, perchè il Piemonte avea in cima de' suoi pensieri il nobile scopo della formazione d'Italia. Tutte le Assemblee le quali si riunirono dopo grandi rivolgimenti, trovaronsi di fronte a difficoltà finanziarie; e pur provvedendo a queste, non dimenticarono il concetto politico. Io non mi maraviglio dunque, nè mi lagno che la politica sia introdotta in questa quistione; e ad ogni modo oggimai

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Signori, questo fatto, a me sembra che abbia una grande importanza; poichè uno degli aspetti i più rilevanti della Convenzione è appunto questo, di essere stata conclusa fra l'Italia e la Francia all'infuori delle altre potenze cattoliche.

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La sostituzione della quotità al contingente non è altro che il compimento di una promessa già fatta, quando questa tassa fu decretata, e l'abolizione della quota minima vuol esser lodata, essendo questa una delle maggiori cause, se non è la maggiore, perchè quella tassa abbia trovato tanta difficoltà nella sua attuazione. Così mi par giusto che la tassa proporzionale sia imposta su tutta l'entrata senza detrarne le prime 250 lire, e le cautele recate nei modi di tassazione e di sindacato mi paiono semplificare i metodi rendendoli più efficaci.

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E mi affretto a dare questa spiegazione, acciocchè l'onorevole Cugia non creda che queste cose le abbia dette contro lui o contro quegli altri ministri che successero a lui.

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Or bene, nelle provincie l'organizzazione finanziaria deve essere in modo che abbia un capo e tutti i rami dell'amministrazione finanziaria debbono essere tante sezioni di questa officina centrale, e quindi per diffondersi in tutte le provincie mediante un sistema eguale.

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IX legislatura – Tornata del 18 dicembre 1866

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Avezzana 1 occorrenze
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Il relatore dell'ufficio II abbia la compiacenza di venire alla tribuna.

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