Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Fondamenti della meccanica atomica

444895
Enrico Persico 29 occorrenze
  • 1936
  • Nicola Zanichelli editore
  • Bologna
  • fisica
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Il problema delle autofunzioni, enunciato pel caso di due variabili, è il seguente: data una regione S del piano limitata da un contorno , determinare una u (x, y) che entro S soddisfi la (89) e che sul contorno si annulli, o abbia la derivata normale nulla.

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Riprendiamo perciò l'esempio di un «pacchetto di luce» S come quello considerato ai §§ 15 e 19: supposto che la sorgente abbia emesso un solo fotone, potremo dire con certezza che esso si trova nell'interno della regione S, costituente il pacchetto (determinabile con le leggi dell'ottica ondulatoria), cioè, pur non avendo senso parlare delle esatte coordinate del fotone, potremo assegnare a queste dei limiti tanto più ristretti quanto più piccolo è il pacchetto.

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Si abbia un gruppo d'onde luminose di lunghezza complessiva 2l, come quello rappresentato dalla fig. 19. In questo caso, la determinazione dell'impulso p si riduce alla misura del suo modulo cioè alla misura della lunghezza d'onda: pensiamo perciò di ricevere la luce su un reticolo. Questo permetterà di misurare con una approssimazione il cui ordine di grandezza è dato (come è noto dalla teoria del potere risolutivo dei reticoli) da:

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D'altra parte, non si può dire in quale istante dell'intervallo la particella abbia ricevuto l'impulso che ha mutato la in vx: perciò sulla x della particella resta, dopo la misura, una incertezza uguale a

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È evidente poi che rappresenta la probabilità che la particella abbia l'energia e l'impulso , e la probabilità dell'energia e dell'impulso .

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II della parte III, dalle condizioni iniziali, e in particolare dalle osservazioni a cui è stato inizialmente sottoposto il sistema. della particella in cui l'energia e l'impulso non sono determinati: la probabilità che l'energia abbia il valore E n e l'impulso sia quello corrispondente alle onde è, per quanto si è detto sopra, I .

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e cercheremo di determinare v in modo che l'equazione sia esattamente soddisfatta, e che inoltre la u si conservi finita anche all'infinito, per il che basta che la v non abbia ivi singolarità essenziali.

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Solo nel caso che l' energia sia prossima ad uno dei valori , che nel caso delle barriere infinitamente alte erano i soli valori permessi, avviene che l'ampiezza nella regione centrale sia molto maggiore che nelle regioni esterne, ossia che la particella abbia grande probabilità di esser trovata nella regione centrale. Si può dire quindi che in luogo della quantizzazione rigorosa si ha una quasi-quantizzazione, nel senso che i livelli discreti , non sono più rappresentati da rette orizzontali, ma da sottili bande sfumate, e non rappresentano più i soli valori di E permessi, ma bensì i valori di E che conferiscono alla particella una notevole probabilità di esser trovata all'interno della «valle» limitata dalle due barriere.

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Supporremo che l'energia potenziale U abbia un andamento del tipo della fig. 42 , cosicchè vi sia una sola regione AB (regione II da a )in cui p è reale, mentre nelle altre due regioni (I e III) è immaginaria a coefficiente positivo: classicamente, la particella eseguirebbe delle oscillazioni tra Ae B.

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La spiegazione più ovvia è che qualche parte dell'atomo abbia un momento meccanico ed uno magnetico di origine diversa da quella dei moti orbitali, e che il rapporto di questi momenti sia diverso da quello ora detto. E si è trovato che le difficoltà anzidette si appianano mirabilmente se si ammette che ciascun elettrone possieda un momento angolare intrinseco (spin) uguale a mezza unità quantistica, cioè a

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Ammetteremo che questo sistema, posto in un campo magnetico, si orienti in modo che la proiezione di j sulla direzione del campo abbia uno dei 2j +1 valori discreti compresi tra -j e +j (gli estremi inclusi) e spaziati di una unità, cioè:

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(1) Purchè, beninteso, siano tali che abbia senso l'applicazione dell'operatore ad esse. Questa condizione si sottintenderà sempre nel seguito.

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dove f, g sono due funzioni qualunque (1) Purchè, beninteso, siano tali che abbia senso l'applicazione dell'operatore ad esse. Questa condizione si sottintenderà sempre nel seguito. ;

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L'ipotesi che la luce abbia natura corpuscolare (che cioè sia composta di corpuscoli nel senso intuitivo della parola) mentre sembra quasi imposta dai fenomeni di cui abbiamo parlato nei §§ precedenti, incontra però gravissime difficoltà in un'altra non meno vasta categoria di fenomeni, e cioè in tutti quei fenomeni che hanno costituito, da HUYGHENS in

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Supponiamo che la misura di una osservabile A abbia dato un certo risultato A', e misuriamo, immediatamente dopo A, un'altra osservabile B ottenendo p. es. B': con ciò mettiamo il sistema in un nuovo stato in cui la B ha il valore definito B', ma la A, in generale, non avrà più un valore definito (cioè, se subito dopo B si tornasse ad osservare A, non si sarebbe più certi di trovare A'). Vi sono però certi casi in cui questo non si verifica, e cioè si può osservare B subito dopo A senza che A cessi di avere il valore risultato dalla misura precedente: si dice allora che, le due osservazioni sono compatibili. In tal caso, subito dopo che l'osservazione di A ha dato il risultato A' e quella di B il risultato B', il sistema si trova in uno stato tale, che tanto A quanto B hanno un valore definito, e cioè, rispettivamente, A' e B'.

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(1) "Distinte" vuol dire che supponiamo che ogni particella abbia una propria individualità, che cioè si possa distinguere dalle altre: se si trattasse di particelle identiche (p. es., elettroni) si dovrebbero fare altre considerazioni, che rimandiamo al cap. VI.

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La forma data nel § prec. al problema di Schrödinger per una sola particella suggerisce, per ovvia generalizzazione, il modo di trattare il problema più generale di quante si vogliano particelle distinte (1) "Distinte" vuol dire che supponiamo che ogni particella abbia una propria individualità, che cioè si possa distinguere dalle altre: se si trattasse di particelle identiche (p. es., elettroni) si dovrebbero fare altre considerazioni, che rimandiamo al cap. VI. .

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II) e quindi, per il principio di sovrapposizione, è la probabilità che la particella di dati y e z abbia una componente x dell' impulso compresa fra e : lasciando ora del tutto indeterminati y e z si ottiene evidentemente per la probabilità di una compresa tra e proprio il valore (102).

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Supponiamo che la misura di una osservabile G abbia fornito il risultato Gr: se indichiamo con il vettore di stato immediatamente prima della osservazione, è ovvio che, immediatamente dopo questa, lo stato del sistema sarà individuato da un vettore in generale diverso da , cioè, la perturbazione prodotta sul sistema dall'osservazione avrà prodotto un brusco cambiamento del vettore di stato. Si riconosce subito che deve giacere lungo un asse principale dell'operatore , asse corrispondente all'autovalore : difatti l'immediata ripetizione dell'osservazione G darebbe con certezza il risultato e quindi le proiezioni di e sugli assi principali di corrispondenti agli autovalori diversi da Gr devono essere nulle, ossia deve essere ortogonale a tutti questi altri assi. Ora, supponiamo dapprima che all'autovalore Gr corrisponda un solo asse (cioè che l'operatore sia completo e l'autovalore Gr semplice): allora resta individuato senz'altro il vettore (di cui basta conoscere la direzione, sapendosi già che è unitario), vale a dire, lo stato del sistema dopo l'osservazione è pienamente individuato dal risultato di questa, senza che occorra conoscere nulla circa lo stato anteriore all'osservazione (1) Si noti che, determinato il vettore nell'istante immediatamente successivo all'osservazione, l'ulteriore evoluzione di col tempo resta definita dall'equazione temporale di Schrödinger, fino a che non interviene una nuova osservazione a perturbare il sistema. . Osservazioni siffatte rinnovano completamente, per così dire, lo stato del sistema, e permettono di definirlo con un numero: esempio tipico, la misura dell'energia in un sistema non degenere, nel qual caso gli stati così individuati sono quelli che abbiamo chiamato «stati stazionari» (2) La ragione di questo nome si comprende ora immediatamente osservando che per uno di tali stati il vettore ha la forma , e quindi conserva direzione e modulo invariati nel tempo (benchè vari la sua «fase»). o «semplici» o «a energia definita»: possiamo ora caratterizzarli con la proprietà che il vettore di stato giace su uno degli assi principali dell'operatore hamiltoniano . Gli stati che invece abbiamo chiamato «a energia non definita» e che abbiamo caratterizzato al § 29, p. II prendendo per una combinazione lineare di autofunzioni , sono rappresentati da un vettore che non giace su nessuno degli assi principali di : e può esistere però (anzi ne esistono infiniti (1) Nel caso unidimensionale, p. es., posto (con e reali) si verifica subito che questa condizione è soddisfatta dall'operatore e che la corrisponde all'autovalore 0. Naturalmente anche qualunque funzione di questa G soddisfa la condizione voluta. (v. E: FERMI, N. Cim., VII, 10, p. 361, (1930). ) un altro operatore hermitiano completo , di cui uno degli assi principali coincida con la direzione di , ossia (ammesso che ad ogni operatore hermitiano corrisponda un'osservabile), esiste un'osservabile reale G (diversa dall'energia) tale che lo stato considerato (a energia non definita) si possa considerare uno stato «a G definita» e possa essere caratterizzato dal valore Gr di G.

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Questa è evidentemente periodica in a periodo : ma affinchè abbia un sol valore in ogni punto dello spazio, essa deve essere periodica in a periodo : quindi dovrà aversi con m intero, ossia

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. , che vi sia un solo valore con probabilità 1, e tutti gli altri abbiano probabilità 0; cioè che l'osservabile abbia al tempo un valore determinato: in tal caso evidentemente la meccanica quantistica permette di calcolare tale valore, partendo dai dati iniziali (risultati dell'osservazione massima), senza alcuna indeterminazione.

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Introdurremo perciò tre nuove osservabili , rappresentanti le proiezioni dello spin sui tre assi, misurate in unità e, per rispecchiare l'ipotesi di Uhlenbeck e Goudsmit, ammetteremo che ciascuna di esse abbia come soli autovalori ± 1. Le chiameremo senz'altro «componenti dello spin» (sottintendendo: in unità ) e, secondo l'uso, denoteremo con gli stessi simboli gli operatori che ad esse corrispondono. Inoltre, introdurremo le componenti del momento magnetico, come tre osservabili (o tre operatori) legate alle precedenti dalle formule:

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Come applicazione, supponiamo che un'osservazione dello spin rispetto a una certa direzione n, di coseni , abbia dato il risultato + 1, e supponiamo che subito dopo si esegua un'osservazione dello spin rispetto all'asse z: quale è la probabilità di trovare + 1 e quale è quella di trovare —l? Lo stato risultante dalla prima osservazione sarà definito da una tale che (v. § 22):

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Affinchè il secondo membro abbia effettivamente la forma di una divergenza, basta imporre alle matrici le condizioni

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Si abbia un sistema costituito di due particelle uguali (immerse in un campo assegnato) e indichiamo brevemente

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Accenneremo ora brevemente a una considerazione che, sebbene abbia valore puramente formale, spiega il nome di fenomeni di scambio o di risonanza, dato generalmente ai fenomeni caratteristici dei sistemi con particelle uguali (1) V. W. HEISENBERG, ZS. f. Phys., 3S, (1926) p. 411. . Supponiamo perciò che le due particelle in questione, pur essendo dinamicamente uguali, siano in qualche modo distinguibili tra loro, mediante un «segno che non ne alteri le proprietà meccaniche (supposizione evidentemente fittizia e priva di significato fisico). In questa ipotesi è possibile distinguere tra il caso in cui la particella l è nello stato e la 2 nello stato e quello in cui esse sono scambiate, cioè tra i due stati del sistema rappresentati, in approssimazione zero, da . Sarà allora ammissibile, oltre a e a , qualunque loro combinazione lineare

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Prendiamo uno dei piani reticolari che si possono tracciare entro il cristallo, formante p. es. un angolo φ con la superficie : è noto dalla teoria di Bragg che esso, e tutti i piani reticolari ad esso paralleli, si comportano come superficie parzialmente riflettenti, ma in genere le onde piane da essi riflesse interferiscono distruggendosi mutuamente, tranne il caso che la lunghezza d'onda λ' abbia un valore tale che sia verificata la relazione di Bragg

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Supposto ora che λ abbia uno di questi valori, per i quali avviene la riflessione, ricerchiamo la direzione in cui si propagheranno all'esterno del cristallo le onde riflesse. Uscendo, esse subiscono una rifrazione, e quindi il raggio emergente (normale alle onde emergenti) forma con la normale alla superficie un angolo θ dato da

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Perciò inviando i raggi normalmente al cristallo nel modo descritto, in generale non si avrà nessun fascio diffratto, tranne il caso che λ' abbia un valore tale che, moltiplicato per un intero n, dia un valore coincidente con la costante caratteristica di un piano reticolare realmente efficace. Perciò l'esperienza si dovrà condurre nel modo seguente: fissato un valore della tensione acceleratrice degli elettroni, e quindi della velocità di questi, e quindi di λ', si esplora, portando il collettore C in diverse posizioni, la distribuzione degli elettroni rinviati: generalmente si trova una distribuzione continua (fenomeno analogo a quello della diffusione ottica, che si sovrappone sempre a quello della diffrazione). Si varia poi la tensione, e quindi λ',

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Enciclopedia Italiana

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Enrico Fermi 6 occorrenze
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abbia lo stesso valore. E ciò significa che la grandezza precedente non dipende dalle particolarità speciali dei singoli sistemi, ma è funzione unicamente della temperatura T comune a tutti i sistemi in contatto. Possiamo dunque scrivere, per ogni sistema contenente un grande numero di molecole,

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Da quanto si è detto risulta infatti che ω (E) si piò ritenere proporzionale alla probabilità che il sistema abbia energia E. Integrando la (20), si ricava d'altra parte:

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a) Si abbia un numero molto grande N di sistemi quasi-ergodici, tutti identici e del tutto indipendenti uno dall'altro. Lo stato di ciascuno di questi sistemi sarà rappresentato da un punto dello spazio delle fasi. Al variare del tempo ogni punto rappresentativo si muove su una superficie di energia costante, descrivendola tutta densamente. Supponiamo ora che le energie degli N sistemi siano ripartite uniformemente in uno strettissimo intervallo di energia da E ad E + ΔE. Per conseguenza i punti rappresentativi saranno tutti contenuti nella intercapedine tra le due ipersuperficie

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Per mantenere il sistema alla temperatura T, possiamo pensare di porlo in contatto con un corpo assai più grande del sistema dato e che si trovi alla temperatura T; questo sistema funziona da "bagno di temperatura" e dovremo ammettere che esso abbia un numero grandissimo di gradi di libertà così che per esso valga la relazione (20). Chiamiamo w l'energia posseduta dal primo sistema quando il suo stato è rappresentato da un punto appartenente a dt. Se E è l'energia totale, l'energia del secondo sistema "bagno di temperatura" sarà E - w; per ipotesi w si piò considerare assai piccolo in confronto di E. La probabilità cercata è proporzionale al volume dello spazio delle fasi per il sistema totale (primo + secondo); e questo volume è a sua volta proporzionale a:

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b) Consideriamo un sistema costituito da due parti, tra le quali si eserciti una interazione debolissima; e supponiamo che ciascuno dei due sistemi parziali 1 e 2 abbia un grandissimo numero di gradi di libertà. (Si pensi, per fissare le idee, a due corpi, contenenti ciascuno miriadi di molecole, e posti in contatto l'uno con l'altro, in modo che possano avvenire scambî di calore). Siano x 1, x2,..., xN1, le coordinate e i momenti del primo sistema, e siano y1, y 2, ..., yN2 le coordinate e i momenti del secondo sistema parziale. Dovremo allora considerare tre diversi spazî delle fasi: quello del primo sistema parziale, avente coordinate x 1, x2, ..., xN1; quello del secondo sistema parziale con coordinate y1, y 2, ..., yN2; e infine quello del sistema complessivo, costituito dall'insieme dei due sistemi parziali, che ha come coordinate x1, x 2, ..., xN1, y1,y2, ..., yN2. Si noti che un elemento di volume dello spazio delle fasi complessivo si piò scrivere nella forma dx 1dx2 ... dxN1 dy 1 dy 2 ... dy N2 e cioè come prodotto di un elemento di volume del primo spazio delle fasi (e cioè dx 1 dx 2 ... dx N1) per un elemento di volume del secondo spazio delle fasi (e cioè dy 1 dy 2 ... dy N1).

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Possiamo chiarire la situazione con un esempio particolarmente semplice: si abbia un sistema contenente due particelle identiche, ciascuna suscettibile di occupare due stati quantici 1,2. Siano N 1 ed N 2 i numeri di occupazione dei due stati; essi potranno a priori avere i valori

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