Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Carlo Darwin

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Michele Lessona 21 occorrenze

Non può essere stato neppure un mutamento di temperatura quello che abbia nello stesso tempo distrutti gli abitanti delle latitudini tropicali temperate ed artiche nelle due parti del globo. Sappiamo positivamente dal signor Lyell che nel nord America i grossi quadrupedi vivevano dopo quel periodo in cui i massi erratici erano portati in latitudini ove oggi non giungono mai i ghiacci; da varie cagioni indirette ma concludenti possiamo esser certi che nell’emisfero meridionale anche la macrauchenia viveva molto dopo il periodo in cui i ghiacci trasportavano i massi erratici. Potrebbe l'uomo, dopo la sua prima invasione nell’America del sud, aver distrutto, come è stato supposto, i pesanti megaterii e gli altri sdentati? Dobbiamo almeno cercare qualche altra causa per la distruzione del piccolo tucutuco a Bahia Bianca, e di molti topi fossili ed altri piccoli quadrupedi del Brasile. Nessuno supporrà, che una siccità, anche più terribile di quelle che sono causa di tante perdite nelle provincie del Piata, avrebbe potuto distruggere ogni individuo ed ogni specie dalla Patagonia meridionale allo stretto di Behring. Che cosa diremo dell’estinzione del cavallo? Queste pianure, che sono state poi percorse da migliaia e centinaia di migliaia di discendenti della razza introdotta dagli spagnuoli, hanno forse mancato di pascoli? Le specie introdotte dopo hanno esse consumatoli cibo delle razze antecedenti? Possiamo noi credere che il capibara abbia preso il cibo del toxodon, il guanaco quello della macrauchenia, i piccoli sdentati viventi quello dei numerosi loro giganteschi prototipi? Certo, nessun fatto nella lunga storia del mondo è tanto notevole quanto le vaste e ripetute distruzioni dei suoi abitanti. "Nondimeno, se noi consideriamo questo argomento da un altro punto di vista, ci sembrerà meno incerto. Noi non teniamo presente alla mente la profonda ignoranza in cui siamo delle condizioni di vita di ogni animale, né ci ricordiamo sempre che un qualche ostacolo impedisce costantemente il troppo rapido accrescimento di ogni essere organizzato lasciato allo stato di natura. In media la provvista del cibo rimane costante; tuttavia la tendenza di ogni animale a crescere colla propagazione è geometrica; ed i suoi effetti sorprendenti non sono stati in nessun luogo più meravigliosamente dimostrati, come nel caso degli animali europei che si sono rinselvatichiti in America durante gli ultimi secoli. Ogni animale allo stato di natura si riproduce regolarmente; tuttavia, in una specie da lungo tempo stabilita ogni grande accrescimento di numero è evidentemente impossibile e deve essere arrestato in qualche modo. Tuttavia raramente possiamo dire con certezza, di una data specie, a qual periodo di vita a qual periodo dell’ anno segua questo ostacolo, se solo abbia luogo a lunghi intervalli, o anche quale sia la vera natura di questo ostacolo. Da ciò probabilmente segue che proviamo pochissima sorpresa, vedendo due specie, strettamente affini nei costumi, essere una rara e l’altra abbondante nello stesso distretto, ovvero anche, che una si trovi numerosa in un distretto, ed un'altra, che compie lo stesso ufficio nell’economia della natura, abbondi in una regione vicina che differisce pochissimo nelle sue condizioni. Se ci viene domandato come questo segua, si risponde immediatamente che deriva da qualche lieve differenza 104 nel clima, nel cibo, o nel numero dei nemici; tuttavia quanto raramente, se pur mai, possiamo segnare la causa precisa e il modo di azione dell'ostacolo! Perciò siamo indotti a concludere, che certe cause, quasi sempre al tutto inapprezzabili da noi, determinano se una data specie sarà in numero abbondante o scarsa.

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Considerando i costumi al tutto sotterranei del tucutuco, la cecità, sebbene tanto comune, non può essere un male molto serio; tuttavia appare strano che un animale qualunque abbia un organo il quale tanto sovente corre rischio di venire ammalato. Lamarck sarebbe stato contentissimo di questo fatto, se lo avesse conosciuto, quando meditava (probabilmente con maggior verità di quello che non fosse solito) sulla cecità gradatamente acquistata dello spalace, rosicante che vive sotterra, e del proteo anguino, rettile che vive entro buie caverne piene d'acqua; entrambi questi animali hanno l'occhio in uno stato quasi rudimentale, e coperto da una membrana tendinosa e dalla pelle. Nella talpa comune l'occhio è sommamente piccolo, ma perfetto, sebbene molti anatomici non siano ben certi che abbia relazione col vero nervo ottico; la sua vista deve essere certo imperfetta, sebbene probabilmente sia utile all'animale quando esce dalla sua tana. Nel tucutuco, che io\ non credo venga mai alla superficie del suolo, rocchio è piuttosto più grande, ma spesso diviene cieco ed inutile, sebbene ciò non rechi, a quanto pare, grande disturbo all'animale; senza dubbio Lamarck avrebbe detto che il tucutuco sta ora operando il suo passaggio allo stato dello spalace e del proteo anguino."

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"Ogni ricerca che abbia per oggetto l'influenza del complesso della natura sul mondo vivente deve prendere le mosse da questo dato fondamentale, che tutte le forme viventi sono dei prodotti fisici, che appaiono ancora nella nostra epoca, e che vi sono state delle modificazioni soltanto nel grado, nella direzione delle influenze."

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Possiamo supporre che dapprima la talpa avesse una minor sproporzione fra le parti anteriori e le posteriori, e che a poco a poco, inseguendo i vermi e gli insetti e le larve, e scavando per inseguirli il terreno, abbia, per via di un continuo esercizio e per via di una continua trasmissione ereditaria, acquistato l’attuale suo poderoso sviluppo delle parti davanti, e con esso abbia a poco a poco progredito nel suo menar quella vita sotterranea in cui la vediamo oggi. Ma questo suo venire a poco

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È cosa che desta la più grande meraviglia questa, che l'opera del Lamarck sia passata allora inosservata; non solo non abbia avuto lodi, ma nemmeno biasimi; sia stata lasciata in disparte e non degnata nemmeno di una discussione.

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Pochi sanno oggi e sapranno in avvenire chi fosse e che cosa facesse Anassimandro, tutti sanno e sapranno finché durerà l'uomo nell’ incivilimento chi sia Carlo Darwin e che cosa abbia fatto.

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È una delle più belle cose che io mi abbia letto nella mia vita; son trenta pagine, trenta perle in un filo d'oro.

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Si è cercato spesso di palliare la schiavitù comparando lo stato degli schiavi con quello dei nostri più poveri contadini; se la miseria dei nostri poveri non fosse cagionata dalle leggi della natura, ma dalle nostre istituzioni, il nostro peccato sarebbe grande; ma non vedo come questo abbia rapporto colla schiavitù; sarebbe come se per difendere l’uso delle tanaglie per stritolare le dita in un paese, si dicesse che in un altro gli uomini vanno soggetti a qualche terribile malattia. Coloro che considerano con tanta benevolenza il padrone, e con tanta freddezza lo schiavo, non si sono mai messi nei panni di quest'ultimo — quale desolato avvenire, senza neppure la speranza di un mutamento ! Immaginatevi la probabilità, che sempre vi sta sul capo, di vedere vostra moglie e i vostri bambini — che anche allo schiavo la natura dà il diritto di chiamare suoi propri — strappati dal vostro petto e venduti come animali al primo offerente ! E questi fatti sono compiuti e sostenuti da uomini che professano di amare il loro prossimo come loro stessi, che credono in Dio, e dicono pregando che la Sua volontà sia fatta su questa terra ! Fa bollire il sangue, tremare il cuore, il pensiero che noi inglesi ed i nostri discendenti americani, col loro vantato grido di libertà, abbiano compiuto e compiano ancora simili delitti; ma è una consolazione pensare, che noi almeno abbiamo fatto un sagrifizio maggiore, non mai fatto da nessuna altra nazione, per espiare il nostro delitto."

Pagina 20

La coscienza umana ricevette una delle più forti scosse che mai abbia subito. Ma la dimostrazione del movimento della terra intorno al sole non è che un fatto, un fatto d’ immensa importanza sì, nient’altro però che un fatto nudo e isolato. Sicuro, tanto bastava a distruggere la superba superstizione dell'uomo che lo faceva credersi possessore del centro dell'universo, ma la storia insegna che spesso una superstizione va vinta da un'altra; e dove erano gli elementi per inalzare sulle rovine del vecchio un nuovo mondo? Copernico era un titano che buttò giù il cielo e la terra, ma non era lo spirito generatore da crearne dei nuovi.

Pagina 213

Chi abbia veduto un selvaggio nella sua terra nativa non sentirà molta vergogna, se sarà obbligato a riconoscere che il sangue di qualche creatura più umile gli scorre nelle vene. In quanto a me vorrei tanto essere disceso da quella eroica scimmiotta che affrontò il suo terribile nemico per salvare la vita al suo custode, o da quel vecchio babbuino, il quale, sceso dal monte, strappò trionfante il suo giovane compagno da una folla attonita di cani; quanto da un selvaggio che si compiace nel torturare i suoi nemici, offre sacrifizi di sangue, pratica l'infanticidio senza rimorso, tratta le sue mogli come schiave, non conosce che cosa sia la decenza, ed è invaso da grossolane superstizioni. "L'uomo va scusato di sentire un certo orgoglio per essersi elevato, sebbene non per propria spinta, all’apice della scala organica; ed il fatto di essere in tal modo salito, invece di esservi stato collocato in origine, può dargli speranza per un destino ancora più elevato in un lontano avvenire. Ma non si tratta qui né di speranze, né di timori, ma solo del vero, fin dove la nostra ragione ci permette di scoprirlo. Ho fatto del mio meglio per addurre prove; e dobbiamo riconoscere, per quanto mi sembra, che l'uomo con tutte le sue nobili prerogative, colla simpatia che sente per gli esseri più degradati, colla benevolenza che estende non solo agli altri uomini, ma anche verso la più umile delle creature viventi, col suo intelletto quasi divino che ha penetrato nei movimenti e nella costituzione del sistema solare, con tutte queste alte forze, l'uomo conserva ancora nella sua corporale impalcatura lo stampo indelebile della sua bassa origine."

Pagina 226

In tutto ciò l'autore dimostra come l'eredità abbia una amplissima parte; per la qual cosa il libro si chiude colle seguenti parole, che dimostrano il legame suo colla quistione principale che tenne la mente dell'autore per tutta quanta la vita:

Pagina 232

"Noi abbiamo veduto che lo studio della teoria dell’espressione, conferma fino a un certo punto l'idea, che l’uomo abbia avuto la sua origine da una bassa forma animale, e appoggia l'opinione della specifica o subspecifica identità, delle diverse razze umane; ma, a mio giudizio, ciò abbisogna appena di una tale conferma. Noi abbiamo anche visto che l'espressione in sé o il linguaggio del sentimento, come fu anche talvolta denominata, è certamente importante per il benessere dell'umanità. L'imparar a conoscere, per quanto è possibile, la fonte e l'origine delle diverse espressioni, che ad ogni momento ci è dato osservare sulla faccia degli uomini (per non parlare affatto degli animali domestici), dovrebbe avere un grande interesse per noi. Per questi motivi noi possiamo conchiudere che la filosofia del nostro soggetto è degna di tutta l’attenzione che le fu già concessa da parecchi distinti osservatori e che essa merita uno studio sempre maggiore da parte di tutti i distinti fisiologi."

Pagina 233

Il prete inglese mette un po’ d'acqua nel suo vino, ma, dovunque sia nato e in qualsiasi tempo abbia vissuto, il prete prima d'ogni altra cosa è stato ed è prete.

Pagina 273

Penoso pensiero questo, come una piccola schiera di uomini si sia sempre staccata dalla grande maggioranza dei proprii simili e abbia preso a vivere alle spese di questi sfruttandone la debolezza, le paure, i vizii, le viltà, promovendo la discordia, l'odio, la strage, lo sterminio, il delitto.

Pagina 273

Che un prete dell’ortodossissima chiesa anglicana abbia potuto dire alla sua comunanza, la domenica dopo la morte di Darwin, queste parole; "Fra i più grandi interpreti della parola di Dio, il Darwin deve sempre avere un alto e onorevole seggio," questa è una testimonianza preziosa che non dimenticheremo, perché prova essere la civiltà moderna non solo la più potente ma ancora la più tollerante. Onore al secolo nostro, onore al secolo di Darwin !" Dunque rallegriamoci!

Pagina 273

Presentano un singolarissimo aspetto anche all’occhio di chi non abbia l'abito di osservare e discernere le varie foggio e la varia natura dei rilievi della superficie terrestre; sono di origine vulcanica e si contano un duemila crateri che in periodi remotissimi della vita del nostro globo sono stati in eruzione. Strane piante vestono quelle isole che nelle parti più elevate hanno una vegetazione abbastanza rigogliosa, e le popolano i più strani animali. L'uomo non vi pose mai ferma dimora. Vi approdarono di tratto in tratto filibustieri e balenieri, vi si allogarono un due o trecento banditi della repubblica dell'Equatore.

Pagina 61

Bisogna sperare dall’avvenire la messe per quanto lontana possa essere, quando un po' di frutto abbia maturato, qualche bene si sia compiuto.

Pagina 69

Siccome la forza delle impressioni dipende generalmente da idee preconcette, posso aggiungere che le mie erano prese dalle brillanti descrizioni di Humboldt nella Personal Narrative, che supera qualunque altra cosa che io abbia letto. Tuttavia, con queste altissime idee, il sentimento da me provato non ebbe neppure una tinta di disinganno quando sbarcai per la prima e per l'ultima volta al Brasile.

Pagina 73

Si dice che il topo comune della Norvegia, nel breve spazio di due anni, abbia distrutto in questa parte settentrionale dell’isola le specie della Nuova Zelanda. In molti luoghi notai parecchie sorta di piante, le quali, come i topi, fui obbligato di riconoscere per compatriote. Una specie di porro aveva invaso interi distretti, e si mostrava molto incomodo, ma era stato importato come un regalo da una nave francese.

Pagina 90

In appoggio a questa opinione osservai un fatto, che mi sembra curiosissimo ed istruttivo, perché dimostra come ogni carattere, anche in qualche grado indipendente della struttura, abbia una tendenza a variare lentamente. L'estremità della coda di questo serpente termina in una punta che si allarga lievissimamente, e mentre l'animale striscia, ne fa vibrare costantemente l'ultimo pezzo; e questa parte urtando l'erba ed i ramoscelli secchi produce un rumore gorgogliante, che si può distintamente udire alla distanza di circa due metri. Appena l'animale veniva irritato o sorpreso, scuoteva la coda, e le sue vibrazioni erano rapidissime. Anzi, finché il corpo conservava la sua irritabilità, era evidente una tendenza a questo movimento consueto della coda.

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Si crede generalmente che questa razza abbia avuto origine fra gli Indiani al sud del Piata, e che presso di essi fosse comunissima. Anche oggi, quelli allevati nelle Provincie presso il Piata svelano la loro origine meno incivilita, essendo più fieri del bestiame comune, ed abbandonando la femmina il suo primo piccolo, quando è visitata o disturbata troppo sovente. E un fatto singolare che una struttura quasi simile alla anormale come quella della razza niata, caratterizza, secondo quello che mi ha riferito il dottor Falconer, quel grosso ruminante estinto dell'India che si chiama il Sivatherium. La razza è purissima, ed un toro ed una vacca niata producono invariabilmente vitelli niata. Un toro niata con una vacca comune, o l’incrociamento opposto, producono prole munita di caratteri intermedii, ma quelli della razza niata sono spiccati: secondo il signor Muniz, vi sono prove evidenti, contrarie alla credenza comune degli agricoltori in casi analoghi, che la vacca niata, quando è incrociata con un toro comune, trasmette le sue particolarità più fortemente che non il toro niata quando viene incrociato con una vacca comune. Quando l'erba è abbastanza alta, il bestiame niata mangia colla lingua e col palato come le bovine comuni; ma durante le grandi siccità, quando muoiono tanti animali, quelli della razza niata soffrono maggiormente, e sarebbero distrutti se non fossero accuditi; perché il bestiame comune, come i cavalli, può mantenersi in vita, brucano colle labbra sui rami degli alberi e nei canneti; i niata non possono far questo tanto bene perché le loro labbra non si congiungono, e quindi si è osservato che muoiono prima del bestiame comune. Questo fatto mi ha colpito come una buona prova della difficoltà che abbiamo a giudicare, dai costumi ordinarli della vita, in quali circostanze, che si presentano solo a lunghi intervalli, si possa determinare lo scarseggiare o lo estinguersi di una specie."

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