Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Sentenza n. 1988

334395
Cassazione penale, sezione I 4 occorrenze
  • 1998
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
  • diritto
  • UNIGE
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2. – Nell’esame del merito delle statuizioni contenute nella pronuncia impugnata assume priorità la verifica della fondatezza o meno delle censure rivolte contro il capo di sentenza concernente la responsabilità degli imputati per il delitto previsto dall’art.75 della l. 22.12.1975, n.685, dovendo, anzitutto, stabilirsi – in riferimento ai molteplici motivi di ricorso che investono tale accertamento – se, nell’affermare l’esistenza dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti contestata al capo A) della rubrica, la Coorte di rinvio abbia compiuto una corretta valutazione delle prove e abbia dato esatta applicazione alle norme che configurano la predetta fattispecie criminosa.

., formulando i seguenti motivi: a) violazione della legge processuale per aver il giudice di rinvio erroneamente ritenuto che la sentenza di annullamento, emessa dalla Corte di Cassazione, abbia avuto l’effetto di precludere la rilevazione delle nullità verificasi nei progressi gradi del giudizio; b) inosservanza di norme processuali (artt. 240, 357, 416, 499, 514 c.p.p.) per il fatto che il p.m. aveva depositato annotazioni del p.g. del tutto anonime. che errano state poi lette dai testi, senza che potesse stabilirsi se trattavasi di atti da loro redatti ovvero documentazione di attività da loro effettivamente compiute; c) mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta appartenenza del M. all’associazione e alla commissione dei reati fine con riferimento, in particolare, all’episodio di via Salis del 28.4.1989; d) mancanza e illogicità della motivazione sulla omessa applicazione delle attenuanti generiche.

Orbene, considerato che non è richiesto che il riscontro estrinseco abbia la consistenza di una prova autosufficiente di colpevolezza per la ragione che, se così fosse, basterebbe da sola a dimostrare la colpevolezza indipendentemente dalla chiamata, la giurisprudenza di legittimità ha anche sottolineato che i riscontri esterni consistono in elementi o dati probatori non predeterminati nella specie e nella qualità e non suscettibili di spiritistica tipizzazione, che ne delimiti il campo di applicazione (cfr. Cass., Sez. Un., 6 dicembre 1991, Scala ed altri; Cass., Sez. Un., 3 febbraio 1990, Belli): in tale prospettiva, si è ritenuto che i riscontri possano essere concretati non soltanto da elementi di prova rappresentativa ma anche di elementi di prova logica (Cass., Sez. Un., 21 aprile 1995, Costantino) e che essi possano essere costituiti anche da una o più chiamate, a condizione, in quest’ultimo caso, che le convergenti dichiarazioni accusatorie, reputate intrinsecamente attendibilità, siano realmente autonome, nel senso che l’una non abbia condizionato le altre (mutual corroboration o convergenza del molteplice: Cass., Sez. VI, 12 gennaio 1995, Grippi; Cass., Sez. VI, 18 febbraio 1994, Goddi ed altri).

Pertanto, nell’ipotesi di successivo ricorso per cassazione, il sindacato è inevitabilmente limitato alle questioni di rito attinenti alle attività processuali compiute nel giudizio di rinvio e le nullità, le inammissibilità e le inutilizzabilità antecedenti restano prive di rilievo, con la sola eccezione del caso in cui esse siano state rilevate con la sentenza di annullamento e il giudice di rinvio abbia eluso l’osservanza dei principi in base ai quali la Corte regolatrice le aveva dichiarate: in quest’ultima ipotesi, tuttavia, nel nuovo giudizio di legittimità le predette nullità e inammissibilità sono suscettibili di ulteriore esame soltanto nella prospettiva della eventuale disapplicazione del dictum inerente alla prima sentenza di annullamento e, quindi, nell’ambito particolare della disposizione ex art. 627, comma 3 c.p.p. che impone al giudice di uniformarsi a tale sentenza per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa.

Sentenza n. 13120

335090
Cassazione civile, sezione II 3 occorrenze
  • 1997
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
  • diritto
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.)”, segnatamente lamentando che la corte anzidetta abbia ritenuto di poter escludere l’operatività della surrichiamata norma dell’art. 1384 cod. civ. con riferimento, oltre che alla diminuzione delle pattuite penali, anche alla riduzione degli indennizzi dovuti per il titolo di cui all’art. 1381 cod. civ. (mancata prestazione dell’obbligazione o del fatto del terzo promessi).

A) – La corte distrettuale, sul rilievo che con la contestata clausola della vendita in controversia, le parti hanno subordinato l’insorgenza del diritto dell’alienante a conseguire la contesa porzione di prezzo allo ottenimento da parte della acquirente delle più sopra ricordate autorizzazioni da rilasciarsi da autorità amministrative, ha ricostruito l’intento negoziale sotteso alla pattuizione considerata ritenendo che con questa l’anzidetta alienante abbia promesso alla compratrice che le cennate pp. aa. avrebbero rilasciato le autorizzazioni in discorso, così assumendo un’obbligazione riconducibile nel paradigma della promessa del fatto del terzo prevista dall’artt. 1381 cod. civ., ed accettato di condizionare alla prestazione del fatto promesso l’insorgenza del suo diritto al qui rivendicato corrispettivo.

.)”, nella realtà, denunciando aver detta corte “errato nel ritenere che alla Cassa acquirente possa essere riconosciuto il diritto a trattenere l’importo indicato dall’art. 5 del contratto (L. 1.000.000.000), benché essa controparte non abbia dimostrato in alcun modo (nè chiesto di dimostrare) di aver sofferto un’effettiva diminuzione patrimoniale a causa del modestissimo ritardo verificatosi nel rilascio delle licenze di esercizio degli ascensori”.

Sentenza n. 19219

335293
Cassazione civile, sezione tributaria 1 occorrenze
  • 2017
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
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Col terzo motivo del ricorso si deduce violazione di legge, ed errata interpretazione del requisito dell’inerenza (di cui all’art. 109 TUIR), della spesa per il sito internet di cui è titolare la controllante RTL Hit Radio SRL, che detiene l’80% del capitale sociale della Open space SRL, in quanto deducibile perchè, anche se sostenuta a favore della controllante, sussiste una relazione positiva con l’attività e le finalità perseguite dalla società che l’ha sostenuta, ancorchè la stessa spesa abbia procurato benefici anche a favore di terzi.

Sentenza n. 7408

335468
Cassazione penale, sezione I 2 occorrenze
  • 1998
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
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È controversa invece la questione sul carattere abnorme o meno del provvedimento coi quale il tribunale, rilevata d’ufficio la nullità, abbia disposto la restituzione degli atti al g.i.p. per la rinnovazione della citazione, così realizzandosi un’ipotesi di regressione del procedimento.

.; la seconda, se rientri nel poteri del giudice del dibattimento, che abbia annullato il decreto di giudizio immediato per omessa notificazione dell’avviso d’udienza a uno dei due difensori dell’imputato, quello di restituire gli atti al g.i.p. perché provveda alla rinnovazione dell’atto nullo.

Sentenza n. 5188

335584
Cassazione penale, sezione VI 1 occorrenze
  • 1998
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
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Tale interpretazione si impone perché la norma abbia una possibilità concreta di applicazione, in quanto, in caso contrario, essa non troverebbe significativi spazi di operatività e finirebbe per non arrecare alcun giovamento alle indagini come, invece, si prefigge, giacché le operazioni di polizia giudiziaria che essa intende favorire, attraverso l’acquisizione di elementi di prova o l’individuazione o la cattura dei responsabili dei delitti di cui agli artt. 73 e 74 del d.p.r. sopra richiamato, sarebbero gravemente condizionate dalla imminenza della scadenza del breve termine per la convalida, dovendo, comunque, dette indagini esaurirsi nell’arco di ventiquattro ore.

Sentenza n. 37494

335661
Cassazione penale, sezione VI 1 occorrenze
  • 2017
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
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Nel caso di specie, peraltro, per stessa ammissione del ricorrente, al momento in cui fu celebrata la udienza, in atti c’erano il mandato di arresto europeo, in lingua ungherese, cioè nella stessa lingua del B. e gli altri documenti necessari per procedere, e non è affatto chiaro, al di là del richiamo formale ma non decisivo all’art. 6, comma 7, se e quale pregiudizio il B. abbia subito, non essendo stato contestato in concreto nulla ed avendo il giudice dato atto dei controlli procedimentali effettuati.

Sentenza n. 1

335916
Corte costituzionale 3 occorrenze
  • 1956
  • Corte costituzionale
  • Roma
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È evidentemente da escludere che con la enunciazione del diritto di libera manifestazione del pensiero la Costituzione abbia consentite attività le quali turbino la tranquillità pubblica, ovvero abbia sottratta alla polizia di sicurezza la funzione di prevenzione dei reati.

Poiché, come si è detto, unica è la questione di legittimità costituzionale che forma oggetto dei trenta giudizi proposti con altrettante ordinanze, la Corte ravvisa opportuno che la decisione nei giudizi riuniti abbia luogo con unica sentenza.

Il campo dell’abrogazione inoltre è più ristretto, in confronto di quello della illegittimità costituzionale, e i requisiti richiesti perché si abbia abrogazione per incompatibilità secondo i principi generali sono assai più limitati di quelli che possano consentire la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una legge.

Sentenza n. 1

336100
Corte costituzionale 2 occorrenze
  • 1966
  • Corte costituzionale
  • Roma
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7. – Nemmeno si può dire che la Corte abbia con la sua giurisprudenza risolto in termini la questione che ora le viene sottoposta. Tuttavia l’interpretazione che in vari casi essa ha dato del terzo e quarto comma dell’art. 81 è, come del resto è stato visto dalla dottrina, nel senso che il precetto costituzionale riguardi anche gli esercizi successivi a quello nel quale ha inizio una spesa che si protragga nel tempo (cfr. sentenze n. 66 del 16 dicembre 1959; n. 31 del 6 giugno 1961 e n. 36 del 20 giugno dello stesso anno). Anzi, in una sentenza del 30 aprile 1959, n. 30, pur toccando incidentalmente la questione, che non rientrava nell’ambito di quel giudizio, non nascose il suo pensiero favorevole all’interpretazione del precetto costituzionale nel senso sopraindicato.

Si sa che l’interpretazione di questa norma ha dato luogo a discussioni e contrasti che non si possono dire, non già conclusi, ma nemmeno sopiti: sostenendosi da molti con vigore che l’obbligo di indicare i mezzi per far fronte a nuove o maggiori spese riguardi esclusivamente le leggi che, promulgate dopo l’approvazione del bilancio preventivo, ne alterino l’equilibrio, e sostenendo altri che, viceversa, tale obbligo abbia riferimento e debba essere osservato nei confronti di qualsiasi altra legge che immuti in materia di spese non già di fronte alla legge di bilancio, o non soltanto di fronte a questa, ma di fronte alla legislazione preesistente. Nel primo caso si fa riferimento a un documento contabile quale è anche (seppure non soltanto), il bilancio annuale; nel secondo caso, viceversa, si tiene di vista l’insieme della vita finanziaria dello Stato, che, si sostiene, non può essere artificiosamente spezzata in termini annuali, ma va, viceversa, considerata nel suo insieme e nella sua continuità temporale, segnatamente in un tempo, come il presente, nel quale gli interventi statali sempre più penetranti nella vita economica e sociale del Paese, i traguardi che, attraverso la rappresentanza parlamentare, la comunità nazionale assegna a se stessa, impongono previsioni che vanno oltre il ristretto limite di un anno e rendono palese la necessità di coordinare i mezzi e le energie disponibili per un più equilibrato sviluppo settoriale e territoriale dell’intera collettività.

Sentenza n. 1

336367
Corte costituzionale 8 occorrenze
  • 2006
  • Corte costituzionale
  • Roma
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Il rimettente ricorda che la ripetibilità cessa là dove l’ente previdenziale abbia continuato il pagamento dell’integrazione al minimo pur avendo la disponibilità delle informazioni necessarie per l’accertamento del reddito del pensionato, o per la tempestiva presentazione della dichiarazione sostitutiva del certificato fiscale, o attraverso una comunicazione del datore di lavoro alle cui dipendenze il pensionato abbia trovato occupazione, oppure perché entrambe le pensioni sono pagate dallo stesso ente, che perciò può ben conoscere se e quando l’importo della prima sia aumentato oltre il limite di reddito ostativo dell’integrazione al minimo della seconda.

Pertanto non è contraria agli artt. 3 e 38 Cost. la scelta legislativa che imponga a chi – non versando in stato di bisogno – abbia percepito una somma indebita di restituirla, in quanto non necessaria a far fronte al soddisfacimento di bisogni primari.

Inoltre le citate norme del 2001 – nella parte indicata – apprestano un’ulteriore tutela a quei pensionati con bassi redditi cui l’INPS abbia chiesto la ripetizione di indebiti anteriori al 1996: essi invero, pur se tenuti alla (parziale) restituzione perché titolari nel 1995 di redditi imponibili ai fini dell’IRPEF superiori ai 16 milioni di lire, possono ancora fruire dell’irripetibilità se nel 2000 quei redditi siano stati pari o inferiori a € 8.263,31.

La seconda riguarda i commi 7 e 8 dell’art. 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), i quali prevedono che nei confronti di chi abbia percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o quote di prestazioni pensionistiche o trattamenti di famiglia, a carico dell’INPS, per il periodo anteriore al 1° gennaio 2001, non si fa luogo al recupero dell’indebito qualora il suo reddito personale imponibile ai fini dell’IRPEF per l’anno 2000 sia pari o inferiore a € 8.263,31 e che, in caso di reddito superiore, l’indebito è irripetibile nei limiti di un quarto dell’importo riscosso.

La prima riguarda i commi 260 e 261 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure per la razionalizzazione della finanza pubblica), i quali prevedono che nei confronti di chi abbia percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o quote di prestazioni pensionistiche o trattamenti di famiglia, nonché rendite, anche se liquidate in capitale, a carico degli enti pubblici di previdenza obbligatoria, per periodi anteriori al 1° gennaio 1996, non si fa luogo al recupero dell’indebito qualora il suo reddito personale imponibile ai fini dell’IRPEF per l’anno 1995 sia pari o inferiore a 16 milioni di lire e che, in caso di reddito superiore, l’indebito è irripetibile nei limiti di un quarto dell’importo riscosso.

Il contrasto è stato composto dalle Sezioni unite (sentenza n. 4809 del 2005), nel senso che ai fini della ripetibilità degli indebiti erogati prima del 1° gennaio 1996 rilevano entrambe le normative censurate: dapprima operano i commi 260 e 261 dell’art. 1 della legge n. 662 del 1996, onde l’indebito è definitivamente irripetibile se il percettore della prestazione pensionistica abbia fruito nel 1995 di un reddito imponibile ai fini dell’IRPEF inferiore o pari a 16 milioni di lire; se tale soglia è superata operano i commi 7 e 8 dell’art. 38 della legge n. 448 del 2001, per cui il recupero può ancora essere precluso se il reddito del 2000 sia stato inferiore o pari a € 8.263,31.

La questione, a loro avviso, non è manifestamente infondata, sotto il profilo di un’irrazionale e ingiustificabile disparità di trattamento (lesiva dell’art. 3 Cost.) tra i casi in cui, prima dell’entrata in vigore delle norme impugnate, l’ente previdenziale abbia agito per il recupero di indebiti anteriori al 1° gennaio 1996 e sia intervenuta una dichiarazione di non ripetibilità ai sensi della previgente disciplina, e i casi in cui – a parità di ogni altra circostanza, in particolare dell’epoca di erogazione dell’indebito, del godimento da parte del pensionato di un reddito superiore a 16 milioni di lire e dell’assenza di dolo – il recupero non sia stato ancora promosso al momento dell’entrata in vigore di tali norme, con la conseguente applicazione retroattiva di un regime di ripetibilità (sia pure limitata), con conseguente inadeguata tutela previdenziale dei percettori dell’indebito (lesiva dell’art. 38 Cost.).

Anche nel caso di specie – osserva il rimettente – v’è irrazionale e ingiustificabile disparità di trattamento (e quindi violazione dell’art. 3 Cost.) tra i pensionati nei confronti dei quali l’ente previdenziale abbia agito per il recupero dell’indebito prima dell’entrata in vigore della norma impugnata, con conseguente dichiarazione di non ripetibilità ai sensi della normativa previgente, e i pensionati nei confronti dei quali – a parità di ogni altra circostanza, ed in particolare dell’epoca di insorgenza dell’indebito, del reddito percepito superiore a 16 milioni di lire e dell’assenza di dolo – il recupero sia stato promosso dopo l’entrata in vigore della legge n. 662 del 1996, con la conseguente ripetibilità, sia pure limitata ai 3/4 dell’indebito.

Fedora

338528
Colautti, Arturo 1 occorrenze

Mefistofele

341908
Boito, Arrigo 1 occorrenze

Amico, prima che s’alzi il sipario ciarliamo un po’ di questo tuo Mefistofele; benché io non ne abbia ancora udito una nota, voglio dirti alcune mie opinioni in proposito.

Turandot

343291
1 occorrenze

Timur è riafferrato, ma prima che il Principe abbia tempo di muoversi per buttarsi avanti e difenderlo, Liù si avanza rapidamente verso Turandot e le grida: