Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Ultime tendenze nell'arte d'oggi. Dall'informale al neo-oggettuale

267390
Dorfles, Gillo 9 occorrenze
  • 1999
  • Feltrinelli
  • Milano
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Questo spiega altresì come abbia potuto passare nelle diverse fasi del suo lavoro dalle passamanerie, dai lustrini, dalle medaglie dei suoi "Generali" e delle sue "Dame," all’utilizzazione di materie plastiche, di serigrafie o di strutture eseguite col meccano, senza mai tradire la sua più schietta identità creativa.

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Mentre a un genere di scultura che, nella sua apparente replica meticolosa del vero, assume spesso toni beffardi o addirittura surreali è improntata da parecchi anni l’opera di Alik Cavaliere, uno dei pochi artisti italiani che abbia saputo, molto prima dell’esplosione iperrealista e concettuale, amalgamare nei suoi lavori gli aspetti essenziali delle due tendenze.

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Dovevo accennare a questo fatto perché potrà spiegare come mai io abbia lasciato in disparte molti nomi di artisti tutt’altro che ignoti, ma che considero, o scarsamente autentici, o destinati, già sin d’ora, a un rapido declino. E questo spiega altresì come io abbia nominato o illustrato altri artisti, magari assai giovani e poco noti, ma che considero destinati a catalizzare nuove correnti verso percorsi sino ad oggi inesplorati. Naturalmente, essendomi prefisso di osservare e commentare solo l’arte degli ultimissimi tempi, non mi è stato possibile intraprendere nessuna rivalutazione, che in certi casi sarebbe indispensabile ma che è compito d’uno storico e non d’un critico militante. Eppure ne sarebbe valsa la pena: vi sono purtroppo nell’arte contemporanea diversi nomi importanti che sono rimasti nell’ombra e lo rimarranno forse per sempre (tipico il caso di quel tale M. K. Ciurlionis che ebbe a precedere in molte invenzioni il grande Kandinsky; o quello di Frederick Kiesler, l’architetto-scultore viennese-americano, noto piuttosto come agitatore di idee, come pioniere di un certo surrealismo, che come autentico scultore; e valga anche il caso di Osvaldo Licini, nato "troppo tardi" e divenuto perciò un semplice epigono anziché l’iniziatore autentico di una nuova corrente nazionale).

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Come il poeta che prima di tutto si libera del “saper-dire" e vuole che spariscano i sostegni e le fondamenta della realtà per riproporcela poi a modo suo impalpabile e come non ancora apparsa nel mondo, ma è molto importante per lui, cosi il pittore attuale nella sua agitazione interiore, prima distrugge (nessuna metamorfosi senza autofagia), cancella, massacra la natura e il modello della natura per seguire poi, sbarazzatosi delle costrizioni, una tempesta che non viene dal di fuori e di cui, senza fermarla, egli esprimerà l'agitazione e i segni, sperando che anche agli occhi degli altri tutto questo, che è passato attraverso un torrente cosi agitato, abbia vita anche se non ha apparentemente legami con "nulla” se non con il desiderio del “nulla,’’ del "pili nulla" e del suo fascino.

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In ogni caso continuo a lavorare, aggiungo e tolgo, cambio, correggo (bisogna notare che lavoro empiricamente, come un cieco, esperimentando ogni genere di mezzi) finché non intravedo nel dipinto una certa liberazione, e da quel momento mi sembra che abbia acquistato proprio quella "vita," voglio dire quella "realtà."

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Io credo che il sistema non abbia nessuno strumento adeguato di lotta contro il desiderio di libertà dell’uomo. Quando l’uomo decide di essere in condizione di autodeterminarsi, il capitalismo è finito. E io insegno appunto l’autodeterminazione. ["Corriere della Sera," 1° aprile 1973.]

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Mi sembra opportuno iniziare con Wols (pseudonimo di Wolfgang Schultze) la trattazione un po’ particolareggiata di alcune singole figure che campeggiano nel panorama dell’arte nuova, perché ritengo che l’artista tedesco abbia costituito in certo senso — nonostante i suoi difetti e le sue manchevolezze, nonostante la limitatezza numerica della sua opera, troppo presto stroncata da una morte precoce — un vero e proprio Wendepunkt nell’arte delI'Occidente. Erede, bensì, della grande tradizione di Klee e al tempo stesso saturo di impressioni e di umori parigini (e quindi abbastanza consanguineo di Bryen, Mathieu, Michaux che gli furono amici), Wols, tuttavia, ebbe il triste privilegio di raggiungere, solo negli ultimissimi anni della sua vita, quel successo che invece arrise precocemente a molti altri artisti della sua generazione; e questo fatto valse a conservare alla sua opera ultima — quella che qui c’interessa — la freschezza e l’autenticità dei capolavori genuini, non ancora sciupati dal favore dei mercanti e dei critici, non ancora divenuti ricetta facilmente vendibile e commerciabile.

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Benché l’interesse per la pop art abbia coperto in buona parte il periodo degli anni Sessanta, sarebbe un errore credere che essa abbia costituito l’unica corrente vitale di questo decennio. Occorre quindi fare un passo indietro, per prendere in considerazione tutto quell'importante indirizzo che, iniziatosi ben prima della pop, era destinato a sopravvivere alla moda per quest’ultima, e a prolungarsi fino agli ultimi anni del decennio successivo.

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In altre parole, si vorrebbe ammettere da parte di taluni che l’opera d’arte (e non solo quella visuale) sia soltanto in parte la definitiva creazione dell’artista, ed abbia invece bisogno d’essere “completata" e definita attraverso il processo fruitivo e ricreativo.

Pagina 86

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