Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La pittura moderna in Italia ed in Francia

252842
Villari, Pasquale 4 occorrenze
  • 1869
  • Stabilimento di Gius. Pellas
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Al vedere questa lunga sfilata di signore, coi loro abiti di seta, le trine di Brusselles, i cappellini di Parigi, non si capisce come, sempre con lo stesso soggetto e di cosi poca importanza, l’artista abbia potuto ottenere un cosi grande successo presso i veri conoscitori dell’arte. Ma egli ha notato che v’è una serie infinita di fugaci effetti, di fuggevoli impressioni, una varietà portentosa di caratteri e di passioni in coloro che sembrano fare la stessa vita, avere la medesima educazione e le medesime idee. Il medico, l’avvocato, la dama del salone sembrano, a prima vista, un tipo costante, uniforme e quasi astratto; ma dopo una più minuta psicologia, ognuno di essi rivela una varietà infinita, costituisce un piccolo mondo, ed in questo variare appunto acquista la realtà e la personalità propria, ed apre all’arte un campo di nuove indagini e nuove creazioni. Il modo con cui una signora vi riceve e vi discorre, in una o un’altra ora, in una o un’altra occasione, sotto l’uniformità del galateo sociale, produce in voi ben diversa impressione. Un gesto, un atto, dicono qualche volta più di un lungo discorso, e decidono molte cose. Uno sguardo incomincia una passione, e l’amante ritrova in tutto un linguaggio ed un significato nuovo. Lo Steevens ha dimostrato una grande originalità appunto in questo, che, restringendo eccessivamente il giro de’ suoi soggetti, anzi pigliando quasi un soggetto solo, ha saputo in esso trovare una varietà infinita, piegando la sua arte ad osservare e dir cose, che niuno credeva sapesse esprimere. È la stessa minuta psicologia che fanno il romanzo, il dramma, la storia moderna. L’arte s’è dovuta mettere nella medesima via, superando difficoltà infinite, per far dire al pennello, senza sforzo, senza esagerazione e senza artifizio d’allegorie, cose che solo la penna sembrava potesse dire. Così è che, dopo averlo bene studiato, si trova nello Steevens una varietà grandissima. Ma pure vien fatto di chiedere: è questa veramente l’arte? Deve essa fermarsi e contentarsi nel giro di questi incidenti della vita; non deve piuttosto cercare di rappresentar la vita stessa? Certo l’arte deve mirare a più alta metà; ma essa è oggi in una trasformazione, che l’obbliga a cercare nuove forze, ad esprimere idee che prima sembravano inesprimibili coi colori. Poi si slancerà a più ardito volo. Il giorno in cui la psicologia rappresentativa dello Steevens e del Meissonnier sarà portata nella pittura storica o anche nella pittura ideale, si comprenderà meglio la ragione e l’importanza degli sforzi presenti dai risultati che se ne otterranno. Il Napoleone I del Meissonnier già ne dà qualche indizio.

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Knauss è il solo pittore di genere che abbia avuta e meritata davvero la medaglia d’onore.

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Si può discutere intorno alla maggiore o minore eleganza e correzione della sua lingua; ma non si può negare che gli abbia visto la vera via, si sia messo in quella e sia stato, forse, il più grande restauratore della letteratura nazionale. Il suo esempio creò una scuola in Italia, massime a Milano, dove la sua azione fu grande sul pensiero lombardo, e se ne videro i segni anche nella pittura. Hayez ed Induno ne sono una prova.

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Noi siamo il solo paese civile in Europa, che non abbia ordinato su vasta scala le scuole di disegno elementare. È strano, dicevano i giurati stranieri a Parigi, che voi i quali siete coloro che hanno maggiore disposizione alle arti, siate pur quelli che meno sappiano cavarne profitto, per la ricchezza e la cultura e l’onore del vostro paese. — Per rimediare a tutto ciò, basterebbe trasformare le nostre molte Accademie di arti belle in scuole di disegno elementare ed industriale, lasciandone solamente qualcuna per dare ai pochi, nati davvero per essere artisti, la solida e severa cultura di cui hanno bisogno. In questo modo si porrebbe a profitto un danaro, che fra noi certo non abbonda; non si creerebbe un gran numero d’infelici, cui spesso si pone in mano un pennello che riesce inutile ad essi ed agli altri; si creerebbe al vero artista un pubblico più intelligente; si darebbe all’industria uno slancio, ed all’arte un modo di agire su di essa e sollevarla. È una riforma desiderata da quanti sono bravi artisti in Italia, imposta dall’esperienza e dall’esempio di tutte le nazioni, e che parve evidente sin dalla prima Esposizione Italiana del 1861.1

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