Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La tecnica della pittura

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Previati, Gaetano 24 occorrenze
  • 1905
  • Fratelli Bocca
  • Torino
  • trattato di pittura
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I colori dell’acquerello preparati con gomma arabica, e un po’ di glicerina per ostare alla frattura vitrea della gomma arabica, nei casi ove occorra qualche ripetizione di colore, lasciano sempre sottile lo strato generale delle tinte che per la virtù appiccicante della gomma, aderiscono fortemente alla carta, senza che il pittore abbia a preoccuparsi in nessun modo dell’adesione per i suoi effetti in avvenire, contribuendo all’aderenza dei colori la colla delle carte stesse.

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Risulta chiaro da queste premesse che mantenendo immutata la luce sotto la quale si vede una sostanza colorante e pure immutate le condizioni molecolari per le quelli la stessa sostanza colorante si presenta con un determinato colore, questo colore resterà indefinitamente lo stesso come è pur chiaro che se, mantenuta la stessa luce d’osservazione, si verifica un cambiamento nel colore della sostanza in esame, il cambiamento si deve necessariamente attribuire ad un’alterazione sopravvenuta nello stato fisico o chimico della sostanza stessa« sia per cause dipendenti dalle qualità proprie della materia che per influenze esterne la cui entità — come quella della modificazione molecolare avvenuta -i— può sfuggire; ma il principio è troppo evidente per soffrire eccezione da tale riflesso, tanto più quando si abbia un’idea dei fenomeni luminosi e dei limiti nei quali possono compiersi.

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Il Libro dell'arte del Cennini è il solo che si abbia intorno alla manualità della pittura dopo il rinascimento delle arti, perchè gli scrittori che vennero dopo, salvo l’Armenini, che compendia abbastanza chiaramente le pratiche degli artefici del secolo XIV, sulle quali il Vasari nelproemio alle Vite, più che soffermarsi ebbe a sorvolare, intendessero alle speculazioni filosofiche anzichè ai provvedimenti più utili dell'esercizio dell’arte.

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Eastlake (1), con erudizione meravigliosa, abbia spremuto da una congerie di codici, documenti e tradizioni quanto poteva servire a dissipare il tormentoso dubbio che in qualche frase male tradotta, in qualche vocabolo frainteso, si celasse il perseguito segreto del primitivo processo di dipingere ad olio, e per lui, fossero tolte dall’obblìo molte utili pratiche, la condizione degli studi tecnici è sempre a tal punto da doversi ancora ricercare per quali norme si pervenga alla più lunga durata dei dipinti, e per quali proprietà delle materie coloranti possa mai sperare l’artista moderno di conquistare la oggettività luminosa che affìssa.

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Quando è fabbricato bene il giallolino di Napoli è compatto, molto coprente e dei più solidi che abbia la pittura. Si può adoperare ad olio, a tempera, ed a fresco, ma bisogna evitare di mescolarlo con spatole di ferro o di acciaio che lo rendono verdognolo.

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L'Olanda pare abbia il vanto di fabbricare un cinabro migliore degli altri. Tuttavia il più bello è quello proveniente dalla Cina.

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Delle qualità enunciate delle varie resine, che sino dall’origine della pittura ad olio, servirono cogli oli seccativi e gli oli essenziali a formare vernici, sia come aggiunta alle mestiche dei colori per aumentarne l’essiccabilità o come mezzo finale per ravvivare i colori e difenderli dall’azione dell’aria e dai facili attriti, si può rilevare che mancano i termini assoluti per respingere o dare una preferenza esclusiva all'una resina piuttosto che all’altra, e come la mastice si possa ritenere quella che accoglie in sè molti di quei requisiti che si dimandano ad una vernice, ed in effetto la mastice abbia sostituite tutte le altre resine nelle vernici pei dipinti.

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In generale non si deve riempire che a metà il matraccio o la bottiglia che si pone sul fuoco, affine di ovviare a che sollevandosi la materia in ebullizione abbia a traboccare.

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Quando si giudica il vetro abbastanza caldo che non abbia da spezzarsi, si appoggi con riguardo sulla parte più moderata, che non deve essere quasi più niente che cenere calda. Si lasci un momento allo stesso posto, poi si avanzi a poco a poco, per gradi, sul fuoco più vivo, ma senza alcuna parte che fiammeggi o guizzi; si rimuova spesso la bottiglia prendendola pel manico di carta; infine gradatamente si ponga sulla fiamma viva.

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Il mastice si scioglierà più lentamente che non col fuoco diretto, ma finirà per sciogliersi benissimo, purchè si abbia cura di mantenere l’acqua del bagnomaria in continuo bollore. Anzi la vernice verrà più pura e più bianca.

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Si abbia dunque sempre l’occhio attento perchè non se ne spanda una sol goccia, perchè la combustione sarebbe istantanea e funesta per chi sta presso l’apparecchio.

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Lo sviluppo del criterio tecnico ha per mira tale prontezza dello spirito, dalla quale dipende in gran parte la possibilità di godere delle proprietà specifiche delle sostanze coloranti e di tutti gli ingredienti sussidiari, che non si prestano per la massima resistenza contro gli effetti del tempo, se non in quanto si abbia riguardo alle proprietà stesse di cui sono forniti; e per avvantaggiare l’artista del risparmio delle sue migliori energie, delle quali altrimenti farebbe sicuro sperpero se la tensione intellettuale che seguita il rimediare pochi tocchi di pennello sbagliati dovesse ripetersi per tutta l’opera, tanto per raggiungere lo scopo artistico, che quello della solidità. Ed anzi mentre tutto ciò che riguarda la forma ed il colore può essere soggetto di perfezionamento successivo, pel nascondersi degli errori sotto nuove sovrapposizioni di colori, nulla o ben poco può rimediare l’artista a quelle dimenticanze riferibili alla durata della compagine materiale del dipinto, quanto più profonde sono nello strato dei colori le parti deficienti dei requisiti voluti per una salda aderenza ai colori contermini ed al rispettivo fondo.

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Qualunque sia il processo adottato per dipingere, esso non può presentare all’azione del tempo che questi due lati di offesa, giacchè sia impossibile concepire un sistema qualsivogliasi di pittura che non abbia per base delle sostanze coloranti da cui ricavare le gradazioni dei colori ed un veicolo di coesione perchè le sostanze coloranti si fissino più o meno saldamente alla superficie che si vuole dipingere.

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Questo perdurare del restauro pittorico, contro il quale sinora non valsero voti di congressi artistici, pareri di insigni scrittori d’arte, Decreti ministeriali, Commissioni di vigilanza governative e municipali, buone intenzioni di Direttori di Gallerie, zelo di Ispettori grandi e piccoli di Antichità e Belle Arti, si alimenta dell’indifferenza del gran pubblico per tutto quanto riguarda l'arte del dipingere, per ciò resosi incapace dì scorgere l’abisso che divide il lavoro originale dall’imitazione e incapace quindi di altro ragionamento fuori di quello che guastatosi comunque un dipinto non si abbia altro da fare che ritornarlo allo stato di prima; ma più contribuisce a mantenerlo là convinzione fra cultori dell’arte antica ed artisti che il cattivo esito di tanti restauri sia il prodotto diretto delle scarse nozioni attuali sulle tecniche dell’arte del passato, talchè per essi il problema anzichè sciogliersi coll’abbandono d’ogni tentativo di risarcimento si procrastina nella illusione che vi si possa riescire, senza accorgersi di ripetere in tal modo uno dei ragionamenti più capziosi dei restauratori di vecchia scuola, che del ristauro pittorico facevano una questione di attitudini personali e di cognizioni in materia.

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Tanto ripetersi di consimili abusi dei mezzi tecnici rivelati in tante guise e meno poi sfuggiti a chi ha famigliarità coi dipinti, o per semplice amore dell’arte o per incarico di custodia, si direbbe incredibile abbia potuto mantenere fede al restauro che intacca la superficie dei colori se il continuo pervenire a notizia del pubblico di danni arrecati ad opere insigni non dimostrasse le radici profonde di questa mala pratica deturpatrice del patrimonio pubblico e privato d’arte, antitesi di quella venerazione che le cose belle infondono alle intelligenze meno favorite dalla sorte e, pare, sconosciuta a chi pomposamente si professa cultore dell'arte e, doloroso a dirsi, agli artisti stessi, perchè non si può supporre che il restauratore vadi a togliere di mano i dipinti ai possessori e si arbitri sempre a fare e disfare a suo talento, nè è ammessibile che contro il concorde parere degli amatori d’arte e degli artisti perdurasse e si potesse compiere il ritocco del quadro antico.

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Ma comunque corresse la sorte pei dipinti nelle case, nei palazzi, nelle chiese, la luce delle finestre, temperata dalle cortine, o la semi-oscurità delle navate, delle absidi e delle cripte, che prestava opportuno nascondiglio alla vista dei ritocchi e dei nocivi pulimenti, ebbe il suo lato vantaggioso salvando più opere dal restauro pittorico, che non lo abbia potuto la buona volontà degli intendenti quando avvenne di poterle raccogliere in numero infinito nei musei e nelle gallerie, molte volte affidate a spadroneggianti fautori del restauro, cui la miglior luce per ammirarle non fu che incentivo ad infierire sui quadri coi ritocchi ed i pulimenti e dilagò, sino a mezzo secolo fa, sui dipinti privi del così detto tono dorato o tono di galleria, quella sventura di vernici gialle per le quali tante opere si risentono ancora, ed alcune corsero pericolo di essere perdute per sempre.

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Non è fuori di luogo notare qui come in tutti i manuali del restauro quando si tratta della tempera, del pastello o dell’acquerello, si abbia il buon senso di riconoscere d’un tratto la vanità o, più esplicitamente, la stolidezza di ricorrere a tutta la farragine di intrugli che sino a ieri si riversarono per ogni nonnulla sui dipinti ad olio, pure sapendosi quanto pericolo per l’opere portassero seco e quali ne fossero le conseguenze immancabili, non facendosi mai alcuna pulitura che non costringesse in qualche punto a dar mano alla tavolozza per velare o armonizzare di nuovo o meglio, al solito impiastricciare sempre il dipinto così detto pulito. Questa rassegnazione a tenersi certi generi di pitture come il caso volle ridurle, è giocoforza si estenda a tutti i dipinti qualunque sia il loro processo d’esecuzione, ogniqualvolta, esperiti senza risultato i mezzi inoffensivi pei colori, si debba mettere a rischio quello che già si possiede d’integro dell’opera d’arte.

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E tanto più l’azzardo è da riprovarsi quando il criterio tecnico avvalorato dall’esperienza, abbia dimostrato che l'azzardo, ossia l’esito causale favorevole, non può prevalere allorchè la regola conduce all’insuccesso, altrimenti sostituendosi un concetto empirico dove è necessario imperi sempre il criterio razionale, per cui si viene senz’altro a concludere che il rispetto al principio di conservazione che è rispetto all’integrità dell’opera d’arte, impone che non sia cambiata in giuoco la determinazione che può distruggere un’opera d’arte.

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Le traccie di cera rilevate su antiche pitture sono innumerevoli tanto da far ritenere, come osserva il Girard, che l’encausto abbia durato quanto il mondo antico e sopravissutogli anche, estendendosi dappertutto.

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Si è notato come nell’acqua a 15 gradi la solubilità della calce sia di a 54 gradi di ed a 100 di e la lunga immersione nell’acqua abbia appunto per scopo di rendere idrata ogni minima parte della calce, tanto per toglierle il potere caustico che decolora le tinte quanto per assicurare l’intonaco da quei parziali distacchi che le parti di calce rimaste prima insolute e poscia gonfiatesi per il lento assorbimento dell’umidità atmosferica verrebbero a causare con danno del dipinto.

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Ma tale riflesso pare non abbia in ogni epoca preoccupato troppo lo spirito dei committenti gli affreschi e degli artisti che vi affidarono l’opera loro, vedendosi dalle località prescelte per un gran numero di pitture di tale genere essersi seguito piuttosto il capriccio di avere dei dipinti a buon fresco che non pensato ai riguardi richiesti da così pericoloso piano d’appoggio dei colori.

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Ma nulla accenna che il grande storico dell'arte abbia sospettato il semenzaio di dispute chiuso in quella sua succinta descrizione della invenzione stessa, invero tratteggiata con tale ambiguità di senso da parere piuttosto una conferma del lecito dubbio che a lui pure mancassero quei termini per precisarla, che in certo modo scusano il pro ed il contro che se ne scrisse dopo.

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Nè più felicemente svolte, si può asserire, appaiono le ragioni per le quali le difficoltà del modo di dipingere a tempera superate con tanta maestrìa dai coetanei di VanEych, diventano causa diretta della ricerca di un nuovo metodo di pittura in quella conosciutissima parte della detta Vita di Antonello da Messina che tuttavia rimane come la pietra fondamentale della storia del processo di dipingere ad olio, sia perchè il Vasari fu il primo e più autorevole scrittore che ne abbia parlato, sia perchè gli attacchi molteplici che vi furono mossi non ne abbiano scossa la verità intrinseca.

Pagina 77

Dalla sommaria esposizione fatta delle vicende del processo di dipingere ad olio, risulta evidente come i pregi di durabilità che si possono accertare sui più antichi dipinti ad olio, corrispondano ad un’accuratezza di pratiche fondate sulla cognizione preventiva dei mezzi tecnici, e come prevalendo la trascuranza d’ogni tradizione pratica e la mancanza d’ogni lume direttivo sulle leggi naturali che governano le sostanze impiegate, la pittura abbia presentato quegli opposti caratteri di prematura rovina, rivelatori della sua difettosa costruzione materiale.

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Piccolo trattato di tecnica pittorica

261201
De Chirico, Giorgio 2 occorrenze
  • 1928
  • Fondazione Giorgio e Isa De Chirico
  • Milano
  • trattato di pittura
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Per esempio ammettiamo che si abbia a dipingere una figura nuda seduta sopra un panno azzurro e come sfondo due pareti di cui una è in luce e l’altra nell’ombra. Si comincerà coll’osservare bene il colore e il grado di tono che ha sul modello la parte più rischiarata; ammettiamo che sia la fronte o il ginocchio; si cerca di trovare sulla tavolozza una tinta eguale alla tinta di questa parte, e con tale tinta si campirà tutto il contorno del nudo, stando però attenti a lasciare sempre qualche leggero segno per definire i contorni interni delle braccia, del viso, del tronco, ecc.; l’impasto si farà come quello con cui si coprì la tela, cioè con trementina, papavero e Courtrai.

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So benissimo, come ogni uomo che non vive nelle nuvole, che si possono creare opere indimenticabili con mezzi scarsi quando si ha del genio o per lo meno dell’ingegno; ma quello che non è permesso è l’ignoranza, e, per quanto io sappia, non v’è pittore che si rispetti, antico o moderno, che abbia ignorato e che ignori la tecnica della pittura. Lo so che vi sono oggi persone, tra i detrattori della pittura moderna, le quali pensano che i pittori dell’arte nuova fanno quello che fanno perché nell’impossibilità di fare altrimenti. Peccato che in pittura non si possano organizzare delle gare come per la boxe; intanto a tali detrattori io rispondo che gli artisti moderni che oggi contano possono, in fatto di tecnica, condurre a scuola tutti i professori di accademia del mondo. Per conto mio non mi stancherò mai di cercare e di sperimentare nel vastissimo campo della tecnica pittorica. GIORGIO DE CHIRICO Parigi, febbraio-aprile 1928

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