Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbi

Numero di risultati: 7 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Malia. Commedia in tre atti in prosa

242707
Luigi Capuana 1 occorrenze
  • 1891
  • Stabilimento tipografico di E. Sinimberghi
  • Roma
  • verismo
  • UNICT
  • ws
  • Scarica XML

Abbi prudenza, almeno per tua sorella!...

Pagina 31

Il ritorno del figlio. La bambina rubata.

245332
Grazia Deledda 1 occorrenze
  • 1919
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Pare abbi litigato con Dio tanto hai l'aria confusa. L'altro non aprì bocca: potevano fargli quel che volevano, quel giorno, tanto era contento, d'una gioia un po' dolorosa di innamorato che è pronto a sacrificare anche il suo amore, purchè l'oggetto amato sia felice. Davide s'avanzava guardando il suo orologio. - Lo sai, moglie mia, che ora è? Manca un minuto a mezzogiorno. E le tue padrone ancora non hanno preparato la tavola. Bona fu pronta ad alzarsi, sorreggendo il bambino. - Ah, ah, siamo già calzati! Bisogna camminare, dunque. E parlare anche. Il bambino diede un grido: - Tata! - Curioso, non sembra più lui. È come ringiovanito: adesso è un bambino. Cammina, su, giovinotto. Davide s'era piegato a stendere le braccia ad arco invitando il bambino a staccarsi da Bona. E Bona lasciò libero il bambino: no, del marito non poteva esser gelosa.... Eppure un'ombra le attraversò il cuore.... Sì, era ancora gelosa perchè era ancora viva. Ma il miracolo al quale assisteva le rischiarò di nuovo il cuore. Il bambino camminava. Andava dritto dritto rapido a Davide : inciampò, ma l'uomo fu pronto ad andargli incontro facendo: - ah, bravo! - e l'accolse fra le sue braccia. II bambino gli sorrise. Davide allora si volse a pochi passi dal muro e lasciò andare il bambino: e il bambino andò dritto dritto rapido dal cieco; gli afferrò una gamba per appoggiarsi e sollevando il viso sorrise anche a lui.

Pagina 60

L'indomani

246130
Neera 2 occorrenze
  • 1889
  • Libreria editrice Galli
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

. - Abbi pazienza mamma. Già non si parla di noi, è una supposizione, nevvero? Lasciami dire. Se, entrando nella vita, quella ragazza non trova le due aspirazioni riunite, se vede che l'amore non è sempre il premio e il compagno dell'onestà, che, legati insieme barbaramente come gemelli mostruosi, non sempre vanno d'accordo, non sempre si intendono e viene il momento in cui uno dei due... La signora Oldofredi scandagliò l'abisso e non la lasciò terminare; ma trascinata dall'impeto che Marta frenava invano, ella pure si sentì donna, ella pure colle guancie arrossate, l'occhio ardente, le labbra che tremavano urtandosi al placido sorriso abituale, ella pure illuminata da una arcana bellezza, esclamò: - L'amore è una illusione! Credi tu che vi sarebbe tanta attività nel mondo, che l'arte produrrebbe i suoi capolavori, che la pietà innalzerebbe i suoi monumenti, che il patriottismo darebbe i suoi eroi e la religione i suoi martiri, se l'amore come lo intendi tu esistesse? Perchè si coltivano tanti fiori nei vasi e si tengono dei canerini in gabbia, perchè si riempiono le case di ricami e di lavori all'uncinetto, perchè leggiamo i romanzi e i giornali di mode, perchè andiamo ai concerti, perchè vi è si gran numero di istituzioni filantropiche dove le donne sono patronesse, ispettrici, visitatrici, se l'amore fosse una realtà, se l'amore potesse bastare almeno alla vita di una donna? - Eppure - ripetè Marta scuotendo il capo - è l'amore che ispira l'arte, è l'amore che riscalda la carità... - Sono i disinganni dell'amore, è l'impotenza, l'assoluta impossibilità di estrinsecare nell'amore, nel solo amore, quella tendenza al sublime che c'è in noi. Oh! ma tutto il mondo perirebbe, non vi sarebbe più posto per nulla, per nulla capisci, se il lampo dell'amore potesse durare? Marta fu colpita, dalla luce straordinaria che brillava negli occhi di sua madre, rivelandole un fondo di ardore che ella non avrebbe mai sospettato; come l'eco di battaglie lontane, di lotte, di pianti, di morti, su cui era passata la grande, la benefica ala del tempo; e sentì di amarla doppiamente; si sentì sua eguale, sua compagna. Forse l'amore non è per tutti, forse è il più gran dolore della vita, forse non dura, forse è un miraggio; ma ella aveva visto, aveva visto!.. e cogli occhi gonfi di lagrime, mormorò, quasi parlando a se stessa: - Esiste. Nel silenzio raccolto dell'alcova quest'unica parola cadde con un mormorio solenne di responso. - Senti - disse la signora Oldofredi prendendole le mani e abbassando la voce in ragione inversa dall'emozione crescente - facciamo un'altra supposizione. Mettiamo una donna, una giovane donna libera di sè, e mettiamo pure che ella incontri sulla sua via l'amore. - Dunque c'è. - Ma Dio! - gemette la signora Oldofredi con tutta l'anima negli occhi - c'è il desiderio, il sogno, l'illusione! C'è l'istante del delirio, c'è la febbre che fa dimenticare tutto, lo spasimo per cui il piacere rasenta il freddo della morte; ma poichè tutto ciò passa, poichè non resta nulla dei più sinceri trasporti, poichè gli amanti finiscono col diventare stranieri l'uno all'altro e incontrarsi senza che più nulla trasalisca del loro cuore nè dei loro sensi, bisogna rinnegare l'amore, bisogna dire l'amore non esiste! Credi a me... credi, credi. Colle mani strette nelle mani si guardarono in fondo all'anima, misurando le loro disperazioni; la madre violentata per non poter dire di più, la figlia temendo di indovinare troppo. - Allora - fece Marta, tergendosi la fronte quasi un sudore improvviso l'avesse bagnata - non c'è nulla. In quel momento si arrestò ascoltando. La stessa sensazione che l'aveva fatta trasalire il giorno prima nella casuccia dei due contadini, si rinnovava. Sentiva le sue viscere commoversi sotto un impulso di persona viva, colla strana rivelazione di un altro essere in se stessa. Sembrava una piccola mano che battesse contro il suo seno, una piccola mano che voleva dire: Aprimi, io sono l'amore e la verità. - Gli uomini - continuò la signora Oldofredi, presa nella foga vertiginosa delle proprie' parole - conoscono presto l'amore, lo valutano per quello che è e passano oltre, attratti dalla ambizione, dagli affari, della vita pubblica. Ma anche noi non possiamo vivere nella continua illusione dell'amore; per questo abbiamo la religione e la maternità. E ancora l'amore, ma l'amore che si trasforma; l'ideale risale al cielo, mentre la parte materiale di noi si anima e vive della nostra stessa carne... Marta non udiva, delle parole di sua madre, che il bisbiglio. Colle mani raccolte sul grembo, le palpebre socchiuse, il corpo abbandonato nei guanciali, aveva l'apparenza della più gran calma, ma un brivido la scuoteva internamente, un brivido e una puntura. Vedeva ancora quell'amplesso, quel bacio... come dubitarne, se tutto il suo essere ne era stato scosso, se all'improvvisa rivelazione aveva compreso, lei già donna, il mistero della virginità, quel mistero che è il segreto di Dio e che l'amore solo comunica agli uomini? Lievi lagrime brucianti sfuggivano dalle sue palpebre. - Marta! Marta! - Chiamava la mamma, curva su di lei, divinatrice amorosa della lotta che si combatteva nel di lei cuore. Marta, senza parlare, ripeteva fra sè: Sarà il raggio che sfolgora e muore, sarà l'illusione che passa, sarà il sogno, il delirio di un istante; pure esiste. Raggio che non scalda tutti i cuori, sogno che non rallegra tutte le notti... Ma intanto la piccola mano ripeteva con insistenza: Apri, io sono l'amore e la verità. E Marta rivedeva, in una specie di visione magnetica, la bella campagna estiva, gli alberi frondosi ramificanti sopra lo sfondo azzurro e un meschino insetto che tendeva i suoi fili d'argento. Spezzato un filo gettava l'altro, e un altro ancora e ancora, sempre avanti, la tela prendeva proporzioni gigantesche, i fili abbracciavano tutto il creato, salivano ad altezze vertiginose, toccavano il cielo. Era la vasta tela della vita umana, il lavoro ogni giorno rinnovato di chi soffre e combatte; il lavoro temerario che poggia nel vuoto guardando arditamente la luce; lo sforzo immane di milioni di esseri, intelligenze torturate, cuori spasimanti, schiavi in pena, tutti sorgenti dalle loro catene, tutti lanciando il loro filo d'argento al misterioso Ignoto. E i fili si spezzano, e la tela si strappa e la felicità dondola sempre sospesa all'impalpabile bava di un aracnide. Che importa? Tutto muore, tutto nasce, tutto cambia, tutto si rinnova, le tombe scoperchiate servono di culla, i cuori insanguinati e piangenti danno nuovo sangue e nuove lagrime alla vita. Avanti, coraggio! FINE.

Pagina 185

. - Abbi pazienza - disse ancora, tornando all'attacco con una tenacità tranquilla, ma decisa - vi sono proprio alcune cose che io non arrivo a capire. Dimmi almeno questo. Quelle donne, le amavi? - Ma che! È un assurdo solamente il pensarlo. - E allora... Si fermò cercando la parola inutilmente e ripetè arrossendo: - Allora... come potevi? - Che diavolo! - esclamò Alberto gettando via il tovagliuolo. - Fa bisogno di amare per questo? Marta rimase impietrita, nè per quel giorno disse altro, ingolfandosi sempre più nelle sue astrazioni, concentrando tutta sè stessa verso quell'ignoto che sempre le sfuggiva, chiedendosi angosciosamente: Ma che cos'è dunque l'amore? Dopo suo marito e la signora Merelli, il dottorone era quegli che offriva maggior pascolo alla sua smania di sapere. Egli veniva quasi tutti i giorni a trovarla, ora montato sul trespolo della poesia, ora diguazzando nella prosa grossolana, ma originale sempre nelle sue opinioni; misto curioso del suo carattere che trovava un perfetto riscontro nella faccia dai lineamenti volgari, sensuali, tagliata a mezzo da un naso carnoso, sul quale gli occhiali avevano lasciato il solco, e illuminata in alto da una fronte larga, dove gli occhi brillavano con tutto il fuoco dell'intelligenza. - Per le donne oneste - egli aveva detto una volta, prendendo vivamente il braccio di Marta sotto il suo - l'amore non può essere che un dovere o, un peccato; un contratto stipulato, firmato, reso sacramento, reso dovere civile, eguagliato all'estrema unzione ed alla vendita di un podere; oppure uno strappo alle convenienze, alle leggi, alla religione, all'onore... Nel primo caso l'uomo furbo lo idealizza. Egli dice alle sue vittime: «Siete la gioia del focolare domestico, le depositarie del nome e dell'avvenire nostro, le regine della nostra casa; siete la pace, siete la sicurezza.» Potrebbe soggiungere: Siete il minor male che noi scegliamo dopo d'aver conosciuti tutti gli altri, siete la panacea delle nostre infermità, il letto di riposo dopo il letto di campo, la sinecura dei nostri vecchi giorni. Per cambio della vostra gioventù, del vostro candore, dell'ideale di tutta la vostra vita, noi che non abbiamo più nè giovinezza, nè candore, nè ideali, vi offriamo una cosa così comune, così facile, una cosa che trovereste sul canto d'ogni via, se noi non ce ne fossimo fatto un esclusivo monopolio, crescendola di valore col negarvene la libertà, sostituendo il decoro, il pudore, la virtù umana alle divine leggi della natura. E fin da bambine, all'età degli zuccherini, vi si fa balenare davanti agli occhi quest'altro zuccherino, ammonendovi «se ve lo meriterete con la docilità, la modestia, la pazienza, l'abnegazione...» Marta rideva, ma quando il dottore era partito meditava le di lui sfuriate filosofiche e una lieve tristezza, che non era ancora scetticismo, ma che già scalzava la fede, si deponeva nell'animo suo. Tutta sbigottita udiva una voce interna che diceva: Costui l'hai tu scelto in mezzo alla folla, od è piuttosto quello che ti presentarono, il solo che hanno potuto pigliare e che tu, perchè buona e docile, perchè aspettavi da tanto tempo, ti persuadi essere veracemente colui che deve formare la tua felicità? Si disperava allora, correndo inquieta per la casa, urtando sempre nella freddezza dolce di Alberto che non comprendeva nulla di queste agitazioni, che le compativa però, suscitando così mille rimorsi nella coscienza di Marta; per cui ella si gettava di nuovo fra le braccia di suo marito singhiozzando.

Pagina 49

Una peccatrice

249586
Giovanni Verga 3 occorrenze
  • 1866
  • Augusto Federico Negro
  • Torino
  • Verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

. - Credo che tu abbi ragione in quanto alla risposta; e che tu dica una bestialità, ciò che fai spessissimo, in quanto a quello che mi vai cantando di accalappiamenti e di poverette... - Pietro... - Lasciami tranquillo, ti dico!... Ci credi sul serio dunque che a quest'ora Maddalena, la piccina, come la chiami, pianga e si disperi perchè non le scrivo più, perchè la sera, onde aspettarla sotto il verone, non rischio più di farmi gettare delle immondezze sul capo da qualche serva maligna, che finga di non vedermi, e perchè non do più lo spettacolo ai vicini, che si mettono ad origliare dietro le imposte, di quelle freddure che si ricantano sempre sullo stesso tuono: buona sera; come stai? mi ami sempre? non quanto me... ecc. ecc. poichè le varianti sono pochissime!! ln fede mia che ne ho abbastanza di tali amori da quindici anni!!.. se mi avesse permesso di salire un momento sulle scale... pazienza!... - Sì, Pazienza per altri otto giorni! la sarebbe finita come tutte le altre... Eppure ti assicuro che se tu l'avessi veduta piangere come io l'ho veduta; se ella ti avesse abbracciato i ginocchi come li ha abbracciati a me, per indurti ad andarla a vedere, a scriverle almeno... se tu avessi udito le parole ch'ella mi diceva!... - Parola d'onore! - esclamò sghignazzando Pietro, - che tu ne sei innamorato cotto. Va, Raimondo, amico mio, tu farai il tuo cammino, coi tuoi ventidue anni, i tuoi capelli biondi, e il tuo volto fresco e roseo. Il biondo prese quegli scherzi come li prendeva sempre, dalla parte che lasciano ad un uomo di spirito, ch'è quella di riderne pel primo, e riprese: - Se così fosse, confessa che mi saresti molto obbligato di averti sbarazzato di una noia, senza i ritornelli soliti di traditore, Iddio è giusto, ecc. Pietro ne rise esso pure, e strinse con effusione la mano del suo amico. - Sentimi, caro Raimondo; - diss'egli alquanto gravemente; - io non son di quelli che dicono: fo così perchè così fanno gli altri. Mi sento troppo superiore a questi altri per seguirne l'esempio. A diciott'anni è permesso credere ancora all'amore, alla fedeltà, alla donna tipo, eroina, come impastocchiano gli sfaccendati nei romanzi... A ventiquattro (è desolante quello che dico, ma non è men vero) si è scettico come lo scetticismo, quando cento volte si sono ascoltate le più appassionate proteste, fatte colle lagrime agli occhi, dalla donna che ha in saccoccia la lettera del rivale. - É curiosa! - interruppe Raimondo. - Che cosa? - Come ti hanno guastato i romanzi di Sue; tu, accannito avversario dell'esagerazione della scuola francese, e che ora mi copii sì bravamente l'Uomo stufo a ventun'anni, lo Scipione del Martino il Trovatello... - Non copio io! - disse Pietro quasi con asprezza; - ti dico soltanto quello che penso. Ti dico anche che darei qualche cosa del mio avvenire per possedere ancora le illusioni sì care de' miei diciassette anni... Tu conosci la mia vita, Raimondo!... Ti ricordi di una giovanetta che amai alla follia... Che fece quella giovanetta per la quale avevo pianto... ne ho vergogna anche a pensarci... pianto dinanzi a te... come un fanciullo... come un vile?! ... Ella m'ingannò per un mercante; poi; poi per un nobile, per un uomo ammogliato... E questa donna, che avea dato appuntamento per la sera al suo amico, che ascoltava tremando le ore che segnava l'orologio del salotto, poichè temeva ch'io m'incontrassi con lui, abbracciava i miei ginocchi, come ieri Maddalena abbracciava i tuoi; mi supplicava colle lagrime più ardenti, colle carezze più tenere, cogli accenti più deliranti di non lasciarla sì tosto, di non lasciarla in collera, poichè s'era accorta ch'io avevo sospetto di quello che dovevo vedere mezz'ora più tardi... Dopo amai una maritata; credei che una signora che rischia di romperla colla società, e colla sua felicità istessa, dovesse molto sentire quest'affetto, al quale sacrifica il suo decoro, la pace domestica, e, presso di noi, fors'anche la vita... Quindici giorni dopo, a caso, in una festa da ballo, seppi, da uno di quegli amici che s'incontrano dappertutto, che da tre giorni egli era in relazione con quella signora... e le espressioni appassionate di lei, che egli mi citò, erano le stesse di quelle che aveva impiegato per farmi credere al suo amore... In seguito amai una fanciulla... pura siccome un angiolo: come direbbe il il signor Darmont nella Traviata; ella aveva tutto ciò che può far credere alla purità del cuore: distinzione d'educazione, coltura d'ingegno, bontà di sentimenti... Io l'amai come un pazzo, quella fanciulla dal viso pallido e dagli occhi cerulei... Scesi persino alle puerilità del collegiale... passare sotto i suoi veroni, seguitarla al passeggio e in chiesa... Quella giovanetta rispose finalmente alle mie lettere, mi promise amore e fedeltà, nell'istesso tenore, suppongo, in cui l'aveva promesso sei mesi prima ad un giovane che sposò alcune settimane appresso... E dopo questo, dopo innumerevoli esempi, che ogni giorno cadono sott'occhio, credi che si possa più averi fede nell'amore propriamente detto, in quest'amore chiesto o giurato spesso col rituale alla mano, senza passare almeno per uno scolare di primo anno? - Ti rispondo colle tue parole: Credo che abbi ragione almeno per metà; ma confessa che per l'altra tu esageri un pochino, lasciandoti trasportare, al solito, dalla tua immaginazione. - Può essere anche questo; - rispose sorridendo il giovane; - del resto colla Maddalena l'ho rotta tranquillamente o diplomaticamente, come vuoi meglio. Infine vuoi una parabola per convincerti? - Fuori la parabola! - Ecco! - e Pietro trasse dal suo portasigari, che avea trasformato anche in portafogli e portamonete, un bigliettino in carta profumata ed involto in una sopracoperta piccolissima color rosa; colla stessa flemma ne prese un sigaro ed un fiammifero. Acceso il foglietto, cominciò accenderne tranquillamente il sigaro. Raimondo ebbe il tempo di leggere le ultime frasi assai tenere del bigliettino, scritto con quel carattere minuto ed uguale che sembra particolare alle signorine distinte, firmato in basso colle sole iniziali. - Hai veduto? - gli domandò Pietro trionfante, buffandogli in faccia il fumo azzurrognolo del sigaro. - Ho guardato ma non ho visto, come il cieco della Bibbia. - È semplicissimo: vi è un detto celebre: Fumo di gloria non val fumo di pipa: ciò che in parentesi dimostrerebbe che le mie più belle produzioni-erba non valgono il fumo delizioso di questo regalia; io ne faccio un altro: Amor di donna, e d'uomo, se si vuole, non dura piú di cenere di carta, o biglietto amoroso... o sigaro regalia. Spero di farmi nome almeno coi proverbi... giacchè non l'ho potuto con opere di maggior lena... Ma guarda laggiù, imbecille!... - Che c'è? - Cospetto!... la signora che incontrammo l'altra volta alla Villa! - È vero. - Che donna... Perdio!... - Non è poi quella maraviglia che mi vai cantando... - Non ho parlato di maraviglie. Ti dico semplicemente che a Catania, e in tutta Sicilia anche, son poche le donne che sappiano recare così bene il suo pardessus reine-blanche, e che sappiano appoggiarsi con tanta grazia al braccio di quel briccone in guanti paglia e pince-nez che ha la fortuna di premere quel polsino contro le sue costole. Essi passarono quasi rasente a quella donna, che questa volta non li vide, o fece le viste di non vederli, e che sorrideva del suo riso incantevole al suo cavaliere, mentre gli parlava. - Hai udito che bella voce! - esclamò Pietro, premendo il braccio del suo compagno; - all'accento mi parve torinese... lo adoro tutto il Piemonte in questo momento... - Eppure veduta dappresso non è bella... - È adorabile, se non è bella! Essa non ha la bellezza regolare, compassata, che direi statuaria, e che non invidio ai modelli dei pittori; ma ha occhio che affascina, e sorriso che seduce carezzando, quando questo fascino ci può fare atterrire coi suoi brividi troppo potenti. Questa donna alta e sottile, di cui le forme voluttuosamente eleganti sembrano ondeggiare lente e indecise sotto la scelta toletta che le riproduce con tutta l'attrattiva vaporosa delle mezze tinte, ha tutte le perfezioni per poter coprire ed anche far ammirare come pregi altre imperfezioni; questa donna che ha bisogno di tutta la delicatezza e la bellezza di contorno del suo collo da inglese per non far troppo spiccare la piccolezza della sua testa da bambina; di tutta la flessibilità della sua vita per far dimenticare l'estrema sottigliezza del suo corpo; di tutta l'abbagliante bianchezza dei suoi denti per fare una bellezza della sua bocca alquanto grande, con cui ella sorride sì dolce cha sarebbe a desiderarsi di vederla sempre sorridere; che si serve di tutte le ombre, di tutti i riflessi più lucidi, più belli, più azzurrognoli dei suo magnifici capelli neri per nascondere che la sua fronte è alquanto larga ed alta del soverchio di tutta la limpidità dello sguardo dei suoi occhi, infine, per farne ammirare la pupilla di un riflesso molto chiaro; questa donna mi colpisce mille volte dippiù coll'effetto direi strano, sorprendente, poichè rubato a Dio, della sua beltà... Io non potrei giammai esprimerti l'effetto che mi fa questa bellezza, che non è tale che quasi per un miracolo, poichè non ha nulla per esserlo, ed in cui tutto sembra formare un assieme di grazia e di incanto; questa bellezza che ha bisogno di tutte le risorse della toletta, di tutte le seduzioni dei modi e dell'accento, di tutto l'incanto dello sguardo e del sorriso, per circondarsi di questo vapore trasparente... illusorio, lo confesso, che la fa bella però, che la fa adorabile, poichè sembra non farla vedere che in nube, attraverso l'incenso e l'orpello; questa bellezza che vuol essere tale a dispetto della natura che l'avea fatta comune; questa figura plastica che non ha di bello che gli elementi, direi, per divenir tale, e lo spirito creatore che fa nascere tutte le grazie di cui si circonda; che si mette allo specchio donna per sortirne silfide... maga... sirena... - To... to... to!... Pietro, amico mio, ne saresti innamorato?... - lo! - rispose il giovane scrollando le spalle, come cadendo dalla sua esaltazione, - sei pazzo! - Eppure tutti i pregi di costei non valgono un solo di Maddalena. Venti ancor più belle di lei non farebbero un angioletto così bello e perfetto qual è la piccina, come mi piace chiamarla; che pure hai abbandonato senza un pensiero. Pietro fissò uno sguardo sull'amico, poi un altro sulla signora ch'era già molto lontana, e rispose semplicemente, abbassando il capo: - Maddalena non sa neanche annodarsi il nastro del cappellino come colei. - È graziosa! - esclamò Raimondo. - Dunque ameresti dippiù una donna che avesse bisogno, per essere amata, d'impiegare prima due ore allo specchio? - Sì, lo confesso... Chiamala anche civetteria, o ciò che vuoi; nella donna che dovrei amare io vorrei tutte queste cure minute, tutte queste precauzioni delicate, tutte le perfezioni dello spirito e le squisitezze dell'educazione, tutti questi dettagli dell'assieme, insomma, che servirebbero a formarmi l'aureola della donna che dovrei avvicinare colla riverenza e il delirio dei sensi, che tal prestigio dovrebbe recarmi, poichè a riverenza del cuore io non l'ho più. Io amo nella donna i velluti, i veli, i diamanti, il profumo, la mezza luce, il lusso... tutto ciò che brilla ed affascina, tutto ciò che seduce e addormenta.. tutto ciò che può farmi credere, per mezzo dei sensi, che questo fiore delicato, del cui odore m'inebbrio, che mi trastullo fra le mani, non nasconde un verme; che quest'essere non è come il mio, debole e creta... E allora io l'amerei... un giorno, un'ora, ma l'amerei... Quanto alle altre donne, le amerò allorchè scoprirò un cuore nella donna. Pietro, dopo questa scappata, rimase muto alcuni altri secondi, aspirando voluttuosamente, colle narici dilatate, il fumo del sigaro, come se attraverso quella nube cenerognola volesse discernere le forme indecise del tipo che avea ornato di tale incanto nella sua imaginazione. Poscia, come arrossendo del suo trasporto, si mise a ridere fragorosamente, esclamando: - Che ne dici della mia tirata, Pilade? - Non è cosa nuova in te. Dimentichi troppo spesso che sei scritto sul ruolo degli studenti di terzo anno in legge, per trasportarti ai tempi in cui impiastricciavi carta. - Hai ragione; bisogna dimenticare quei tempi... - disse il giovane con una forzata allegria, che pure avea una leggiera tinta d'amarezza. - Destino! ecco la gran parola che gli uomini non sanno proferire più spesso, ma nella quale io son credente come un maomettano... Io, povero sciocco, che m'ero fitto in capo di salire le scale del Campidoglio, e raccogliervi una corona qualunque... eccomi destinato probabilmente a logorare quelle dei tribunali, e di corone non si parla più... fossero anche di cavoli. Se gli uomini sapessero far valere questa parola quanto essa lo merita, l'incolpabilità delle azioni umane rimarebbe sugli scritti dei penalisti: ecco che, almeno una volta, parlo da saggio... - Ed anche il merito delle azioni umane, in tal caso... E tu sei superstizioso in quest'idea? - Al fanatismo! - Ma se tu fossi destinato ad amare quella donna, che non hai veduto che due volte, in passando?... Pietro cominciò dallo scrollare le spalle, al solito; indi rimase alcuni minuti in silenzio, e disse tristamente, come se quell'idea gli facesse pena o paura: - Chi lo sa!?...

Pagina 13

Narcisa... lo non so quello che tu abbi stasera; ma se ciò può farti piacere quantunque io senta tutta l'inutilità di tale promessa... se ciò può servire a calmarti... ebbene!... io te la do. « - Oh! grazie, grazie! - esclamai baciandolo in fronte, con un doloroso trasporto; - grazie!... Io sarò più tranquilla!... potrò almeno godere senza sospetto questi giorni di felicità che puoi darmi... « - Narcisa!... per pietà!... « - Oh, no... Pietro! non vedi che son felice ora?!... «Egli rimase triste e pensieroso lungo tutta la strada. «Io provavo un inenarrabile godimento nell'appoggiarmi al suo braccio, nel sentire palpitare contro il mio polso quel cuore che ancora palpitava per me. Tre o quattro volte alzai gli occhi su quel volto maschio ed energico che adoravo, che divoravo dello sguardo, come se fossi avara del bene che possedevo ancora di saziarmene. « - Confessiamo: - disse Pietro nel salire le scale della casa ove andavamo, sorridendo ancora con una lieve tinta di mestizia, come per scacciare la penosa preoccupazione che ci aveva invaso ambedue; - confessiamo che siamo pure i gran fanciulli, e che i nostri discorsi sono stati ben singolari per due innamorati che vanno ad una festa da ballo. «Respirai più liberamente quando la carrozza ci trasportava rapidamente verso la nostra abitazione: mi parea d'essermi levato un gran peso dal cuore col togliermi quella maschera di convenienza che la società esige, e che, quella sera, in mezzo a quella splendida folla, mi era sembrata odiosa. «L'indomani Pietro si rimise a studiare di lena, come non l'avevo mai veduto lavorare. Io passavo i giorni nel suo gabinetto di studio, disegnando o sfogliando i fiori dei quali era sempre piena la giardiniera che contornava il suo tavolino e dei quali spargevo le foglie sulla carta in cui egli scriveva; o, quand'egli lo voleva, andavo al pianoforte e gli suonavo il pezzo che domandava. «Egli usciva sempre la sera per darsi un poco di distrazione, che le occupazioni assidue del giorno gli rendevano necessaria. Qualche volta l'accompagnavo. Una sera volli rimanere in casa per vedere ciò che avrebbe fatto: uscì solo. «Quattro mesi prima sarebbe stato più avaro del tempo che avrebbe potuto passarmi vicino. «Di tratto in tratto egli si mostrava preoccupato, quasi triste... sembrava staccarsi con isforzo alle sue penose meditazioni per prodigarmi ancora quelle sue ferventi carezze, che mi fanno obliare in un bacio tutti i terrori dell'avvenire. «Non potevo esser gelosa... Alla festa, ove l'accompagnai, avevo veduto le più eleganti e belle dame sorridergli con quella grazia che dà diritti a sperare, prodigargli le più obbliganti attenzioni, e l'avevo veduto rimaner freddo e cortese innanzi a quelle attrattive, cercando avidamente il mio sguardo e il mio sorriso. Egli è troppo generoso e nobile per potermi parlare come mi parla e guardarmi come egli lo fa se il rimorso di un altro affetto lo facesse arrossire. No! il mio Pietro è troppo elevato per scendere sino alla dissimulazione... egli avrebbe piuttosto la forza brutale di abbandonarmi. «Eppure questa certezza, che per molte sarebbe una consolazione, per me è il più crudele disinganno, perchè mi toglie persino la speranza dell'avvenire... Quello che scrivo mi scotta le mani, come mi brucia il cuore... Avrei sempre la speranza di riavere il cuore di Pietro che si allontanasse da me per un'altra donna, poichè egli dovrebbe, tosto o tardi, accorgersi che giammai, giammai donna potrà amarlo come lo amo io, giammai simile amore potrà suggerire alla donna tutti gli incanti più raffinati per fargli bella la vita, per fargli sentire tutte le infinite percezioni di questo amore colle pulsazioni violente delle sue arterie... ma Pietro stanco del mio affetto, di me... Pietro disilluso del prestigio che mi faceva bella ai suoi occhi... io non l'avrò più!... mai... mai più!!... «Dio! Dio mio!... la morte... piuttosto la morte!... «Alcune notti egli è rientrato assai tardi... Ho udito che raccomandava di non far rumore per non isvegliarmi... come se avessi potuto dormire, io!... mentre soffocavo i singhiozzi nascosta dietro la portiera dell'uscio. «Oh, egli ha potuto pensarlo ch'io dormissi... prima che egli fosse ritornato!... «È desolante, è spaventevole tutta questa insensibile gradazione che ogni giorno sempre più assopisce nel suo cuore tutte quelle sensazioni minime, delicate, squisite, che la passione suscita e sublima, e che muoiono con essa... «È dunque morto il suo cuore per me... Dio mio?!... «No! egli mi ha parlato ancora di quelle parole, tenendo la mia mano fra le sue, fissandomi sempre del suo sguardo, che avea tutta l'espressione d'allora... Ma ciò non è durato sempre!... sempre!... a dissetarmi di questo bisogno ardente che ne ho!... «Quand'io gli parlo della sua tristezza, della sua preoccupazione, della sua freddezza sin'anche, egli si mostra qualche volta come impaziente, e dissimula appena una lieve tinta del dispetto che prova di non saper meglio nascondere le sue impressioni. Io leggo chiaramente nel suo cuore: egli ha ancora la generosità d'imporsi per me un sentimento che non prova, di nascondermi quelle illusioni perdute che egli si rimprovera come una colpa sua, colpa che però non ha, di cui il pentimento gli dà la forza di stordirsi nelle mie carezze sino alla febbrile e quasi ebbra eccitazione che può scambiarsi coll'esaltazione della passione. «Un giorno era uscito prima ch'io fossi levata, e avea mandato a dirmi che, invitato da alcuni amici, avrebbe desinato fuori. La sera non era ancora venuto a vedermi; verso le 9 feci attaccare, impaziente d'attendere più oltre, e andai a cercarlo dove sapevo trovarsi ogni sera. «Feci fermare il legno dinanzi il Caffè di Sicilia e mandai il piccolo jokey a cercarlo; egli si alzò subito da un crocchio d'amici, fra i quali era seduto, e venne a mettersi in carrozza con me. « - Ti chiedo mille scuse, mia cara, della noiosa giornata che ti ho fatto passare; - mi diss'egli; però distinsi nel suo accento una sfumatura d'impazienza. Io gli strinsi la mano, poichè ero assai commossa, e non risposi. «La carrozza attraversò tutto il corso Vittorio Emanuele e prese la stada d'Ognina. Fuori l'abitato volli scendere e prendere il braccio di lui. Il calesse ci seguì ad una cinquantina di passi. «Entrambi sentivamo di avere un penoso discorso da intavolare, che non avevamo il coraggio di incominciare, e che perciò ci faceva rimanere in silenzio. «Provava il bisogno però di parlargli, di aprirgli il mio cuore; per averne la forza pensai alle sere istesse passate al fianco di lui... sere di cui le rimembranze erano ancora palpitanti di piacere, e a misura che il mio pensiero le vedeva più vive, che il mio cuore batteva più forte, che i miei occhi si velavano di lagrime, io mi stringevo al suo braccio come fuori di me, come se avessi voluto con quella stretta attaccarmi a quel passato che idolatravo; infine non potei più frenare i singhiozzi. «Pietro si fermò in mezzo alla strada, commosso profondamente, ma non sorpreso da quella scena che forse si aspettava. « - Che hai dunque Narcisa? - esclamò egli, prendendomi le mani. « - Oh, Pietro! - esclamai infine, - tu non sei lo stesso di prima! No! tu non mi ami come prima!... « - Narcisa, tu sei folle coi tuoi dubbi penosi... Se non ti amassi come prima, potrei fare la vita che faccio?... «Queste parole, che cercavano di esprimere un pensiero consolante, erano dure per me: esse parlavano di quella vita che avea fatto la nostra felicità come di un sagrifizio. « - È vero adunque, - proseguii, - questa vita ti è penosa?!... tu sei stanco di farla?!... « - Ascoltami, Narcisa! - interruppe egli, stringendomi le mani, quasi avesse voluto infondermi forza per ascoltare quello che avea a dirmi, e raddolcire quanto vi poteva essere di amaro; non si può sempre vivere di questa vita che noi abbiamo fatto, che è la mia più dolce memoria, senza avere delle ricchezze, che io non posseggo, e neanche tu, e le possedessi, io non potrei accettarle da te; bisogna che io mi faccia una posizione, che risponda alle aspettative che si son potute basare sul mio primo lavoro, che è bello del tuo riflesso soltanto. Per ciò fare bisogna piegarsi un poco a tutte quelle convenienze che la società esige rigorosamente. Io ho dimenticato tutto per te, sei intieri mesi: gli amici, il mio avvenire, gli impegni assunti; anche una madre che adoravo, la più buona, la più santa fra le madri, che aveva pur diritto all'amore del figlio suo, e che sei intieri mesi non ha avuto una parola da lui, non l'ha abbracciato una volta... Oh, credimi, Narcisa... è colla più viva commozione, colla più profonda riconoscenza anche, che io rammento questi sei mesi d'amore... Ma perchè quest'amore istesso duri con tutti i suoi incanti bisogna che esso sia assaporato lentamente: in fondo all'ebbrezza che stordisce si trova presto la disillusione che uccide l'amore... ed io voglio amarti sempre, mia Narcisa! «Soffocai i miei gemiti col fazzoletto, e rimasi muta, pietrificata dinanzi a lui che mi stringeva ancora le mani, e mi fissava quasi avesse voluto leggere nei miei occhi. «Dio mio! quello che soffersi in quel punto, credo che non potrò soffrirlo mai più... neanche al momento... «Quand'ebbi la forza di parlare gli dissi tristemente, divorando tutta l'estensione del mio dolore per nasconderglielo: « - Se mi amassi ancora, come dici, non avresti mai proferito ciò... « - Narcisa! - replicò egli, tradendo una viva impazienza, - non son uso a mentire... mi pare... « - Oh no! tu non mentisci... o piuttosto tu vuoi ingannare te stesso, perchè hai pietà di me... Grazie, Pietro! « - Io avrei dovuto parlarti da qualche tempo su questo proposito, - mi diss'egli; ho temuto sempre di farti dispiacere, ed ho indugiato. Tentai di lavorare per adempiere in parte agli obblighi impostimi, ma ti confesso che nulla mi è riuscito.... Mia madre mi ha scritto molte volte le più calde preghiere perchè io vada ad abbracciarla... «Egli aveva esitato a proferire l'ultima frase, e l'avea poscia pronunziata colla precipitazione di colui che prende una risoluzione decisiva. «Mi aggrappai al suo braccio, poichè sentivo le gambe piegarmisi sotto. « - È giusto, - mormorai quindi a metà soffocata: - tua madre ha ragione!... «Ebbi il coraggio supremo di non piangere. Egli rimase muto, facendo sforzi visibili per dominare la sua commozione. « - Mi accorderai almeno quindici giorni prima di partire? - gli diss'io, gettandogli le braccia al collo, piangendo in silenzio. « - Oh! amor mio! - esclamò Pietro quasi con le lagrime agli occhi: - non credevo di essermi meritate tali parole!... « - Ebbene!... fra quindici giorni tu partirai per vedere tua madre!... «Volle abbracciarmi, come per ringraziarmi del sacrifizio che gli facevo, ma mi allontanai di un passo, supplicandolo colle mani giunte di non farlo. «Temevo di perdere la forza della mia risoluzione in quell'abbraccio, al quale mi sentivo spinta violentemente da tutte le passioni, suscitate sino al parossismo, che tumultuavano in me. «Egli rimase colpito e sorpreso da quell'apparente freddezza, e m'accorsi ch'era anche indispettito. « - Grazie! - mi rispose freddamente. «E rimase muto... E non una parola di più... Come se avesse temuto ch'io mi pentissi di ciò che gli avevo accordato. «Ripresi il suo braccio per continuare a passeggiare, mentre non avevo la forza di strascinarmi. Lo guardavo: era freddo, pensieroso, quasi cupo. « - Oh,Pietro - gridai quindi singhiozzante, non sapendo più frenarmi, avvinchiandogli Ie braccia al collo; - mi ami?... mi ami come prima?!... Oh, Pietro!.... una volta mi promettesti, mi giurasti... che mi avresti confessato quando tu non mi avresti amato più... come prima... Pietro!... confessalo che non mi ami più!... « - Narcisa! te ne supplico... queste parole mi fanno male! - m'interruppe egli impallidendo. « - Oh, per pietà!... per pietà, Pietro! Me, l'hai promesso... me l'hai giurato!... Sii uomo!... dillo, dillo che non mi ami più! «Invece di volere questa conferma al mio doloroso sospetto, attendevo, con ansia smaniosa, una parola in contrario, che avesse potuto farmi gettare nella sue braccia, delirante di passione. Egli esitò... egli non l'ebbe;... e rimase muto, immobile... come combattuto da un'interna tempesta. « - Non ha dunque cuore quest'uomo! - gridai come una pazza, dopo avere invano atteso, in una terribile angoscia, col petto anelante, le mani giunte, le lagrime agli occhi, quella risposta. Non ha cuore per comprendere quello che si passa nel mio, per farmi felice anche con una menzogna! avevo detto in quelle parole. « Quelle parole però mi perdettero. « Pietro non capì il vero senso appassionato, addolorato, ansioso, che dava loro il mio cuore in quello stato, proferendole; egli capì soltanto tutte quello che vi è di duro, di sprezzante, d'insultante anche - sì, d'insultante - in queste parole prese alla lettera, che parevano dire: Siete un vile! mentre avevano detto: Non avete pietà di me? «Egli si levò pallido, coll'occhio, un momento innanzi umido di lagrime, asciutto e quasi fosco, coi lineamenti duri e severi; egli... quest'uomo! ebbe la forza di dirmi colla sua voce più calma ed incisiva: « - È meglio forse che ci separiamo, Narcisa. «Ebbi paura di lui. «Non potrei mai riprodurre tutto quello che vi era di lacerante in quelle fredde parole che soffocavano in lui il risentimento, che fa supporre pur sempre l'amore, per esprimere la calma ed inflessibile decisione della mente. «Mi sentivo morire, e caddi annichilata sul muricciolo accanto alla strada; Pietro mi diede il braccio, mi sollevò, e mi strascinò quasi sino alla carrozza. «Là, inginocchiata sul tappeto, col volto nascosto fra i cuscini, piansi lagrime ardenti, disperate. «Ora che ci penso a mente più serena, io non risento tutto il pentimento di quelle parole delle quali gli chiesi perdono a mani giunte, colle espressioni più umili, e che mi parvero aver deciso la mia condanna; se Pietro mi avesse amato ancora, egli non avrebbe dato la significazione letterale a quelle parole;... se il suo cuore non fosse stato morto per me, egli non avrebbe potuto prendere quella risoluzione. «Era finita dunque per me!... per sempre!... Ed io, folle!... folle!... gli chiedevo ancora quella franca confessione che mi avevo fatto promettere in un delirio d'amore, come se le parole avessero potuto illudermi, quando tutto parlava in lui chiaramente. «Passai una notte d'inferno, lacerando coi denti il merletto dei guanciali inzuppati di lagrime. «Quando il chiarore incerto che penetrava dalle tende del verone cominciò ad oscurare il globo d'alabastro della lampada da notte, mi alzai, ancora vestita degli abiti che indossavo la sera scorsa... Esitai un istante prima di tirare il cordone del campanello: volevo illudermi ancora su tutta l'estensione della mia sventura. « - È alzato il signore? - domandai alla cameriera che veniva a prendere i miei ordini. « - Anzi Giuseppe, il suo cameriere, crede che non sia nemmeno andato a letto; poichè l'ha udito passeggiare tutta la notte. «Fui commossa profondamente; dunque anch'egli aveva provato tutta la lotta di quella disperata passione! «Mi acconciai allo specchio, con triste civetteria; non volevo accrescere il suo dolore colle tracce del mio; volevo attaccarmi a lui con tutte le risorse di quell'eleganza che egli aveva tanto ammirato in me; e passai nelle sue stanze. «Lo trovai che scriveva, seduto al tavolino nella sua stanza da studio, con un lume ancora acceso dinanzi, sebbene morente. «Oh, signor Raimondo, mi perdoni questi dettagli, sui quali insisto con il doloroso piacere che si prova a ritornare sui particolari di dolci malinconiche rimembranze. «I fiori che ornavano ogni mattina la giardiniera, situata a semicerchio attorno al suo tavolino, quei fiori fra i quali egli s'immergeva, direi, quando si metteva a scrivere, e che avvolgevano i suoi sensi in un vapore di colori e di profumi, e suscitavano mille indefinite percezioni nella sua mente; quei fiori dei quali egli avea detto di aver bisogno come dell'aria per lavorare e per pensare a me, erano appassiti; le tende delle finestre chiuse, sicchè eravi quasi buio nella stanza; attraverso l'uscio aperto della sua camera da dormire vidi il letto scomposto, colle lenzuola lacerate e cadenti a terra, ed un cuscino sul tappeto accanto ad una poltrona rovesciata. «Pietro mi voltava le spalle, colla testa appoggiala fra le mani; aveva dinanzi un monte di quaderni e di fogli di carta, dei quali alcuni lacerati; sul foglio che gli stava sotto la mano era scritta l'intestazione di una lettera e tre o quattro versi cancellati. Egli non mi udì avvicinare, e si riscosse bruscamente quando mi vide vicino a lui. Poscia si alzò e venne a stringermi la mano, sorridendo tristamente. « - Volevo venire a farmi perdonare le mie cattiverie di ieri sera... però non potevo supporti alzata a quest'ora. « - Non ho dormito, Pietro... - gli risposi colle lagrime agli occhi. «Egli volse i suoi in giro per l'appartamento, quasi avesse voluto nascondermi il disordine; li abbassò, e rimase muto. «Non aveva voluto confessarmi che ancor esso avea sofferto: sentii stringermi il cuore dolorosamente. «Venni ad appoggiarmi alla sua spalla, come nei bei giorni in cui sentivo un brivido percorrerlo allo sfiorargli il volto coi miei capelli, e lo guardai in silenzio, spalancando gli occhi per dissimularne le lagrime. Vidi lo sforzo ch'egli faceva per contenersi, baciandomi sulle labbra; ma quel bacio commosso non aveva il febbrile trasporto di una volta, che gli avrebbe fatto stringere il mio corpo fra le sue braccia fino a soffocarmi... Fu solo.. quasi triste.. « - Tu scrivi? - gli diss'io con un coraggio di cui non mi sarei creduta mai capace. «Come colto in fallo egli abbassò gli occhi sulle carte che gli stavano ammonticchiate dinanzi alla rinfusa, e rispose con un cenno del capo, quasi avesse dubitato di avere la mia forza. « - Scrivi a tua madre, Pietro... Le hai detto che fra quindici giorni sarai da lei?... «Questa volta egli non rispose e si recò la mia mano alle labbra. «Mi portai l'altra al cuore, per comprimerne i battiti, dei quali il rumore mi spaventava. «Oh, signor Raimondo... un uomo di ferro avrebbe avuto pietà di quest'agonia straziante, che mi affascinava però colla forza stessa del dolore, che mi strascinava a misurare tutta l'estensione della mia disgrazia... Pietro!... egli!.. non ebbe pietà di quest'agonia, che pure avrebbe dovuto indovinare dalla calma disperata del mio accento, dal tremito convulso delle mie braccia, che si appoggiavano alla sua spalla, dalla terribile tensione del dolore che inaridiva le lagrime sulla mia orbita... Egli non ebbe una parola... una sola!... o piuttosto non ne ebbe la forza... Egli rimase colle labbra fredde e tremanti sulla mia mano, che recava quella percezione al cuore come una stilettata, cercandovi forse la forza di rispondermi. «Un impeto cieco, disperato mi spingeva. « - Son venuta a chiederti una grazia, Pietro, - gli dissi; - questi ultimi quindici giorni che hai avuto la bontà di concedermi... io... io vorrei passarli in Aci-Castello... su quella bella spiaggia che visitammo sì spesso nelle nostre passeggiate notturne... Siamo al 28 di Ottobre, il 13 di Novembre partirai. «Speravo ch'egli soffocandomi dei suoi baci, avesse annullata la sua risoluzione della sera... Non fu nulla di ciò... « - Oggi stesso manderò Giuseppe ad affittarvi un casino: - mi rispose stringendomi le mani e figgendomi gli occhi in volto come cercandovi la spiegazione di quel desiderio; - e domani partiremo. Vuoi che usciamo assieme oggi? «Quella domanda fu il mio colpo di grazia: quando egli mi amava come un pazzo mi avrebbe pregata di non uscire; in appresso non mi avrebbe fatto quella domanda poichè non si sarebbe potuto supporre che l'uno di noi potesse uscir solo... negli ultimi giorni mi amava ancora abbastanza per non propormi una passeggiata come un compenso, come per ringraziarmi del sacrifizio che gli facevo, ciò che equivaleva a dichiararmela una compiacenza, come avea fatto in quel momento. «Mi voltai a cogliere un fiore da un vaso di porcellana per recare il fazzoletto alla bocca... Mi sentivo soffocare... Ebbi appena la forza di mormorargli: « - No... no... grazie... Non uscirò tutta la giornata... «Io stessa non udii il suono di quelle parole... Forse neanche egli le avrà udite... Uscii barcollando, operando uno sforzo supremo per dominare il mio dolore immenso, aggrappandomi alle tende che incontravo per non cadere... Nel mio salotto caddi su di una duchesse, annichilata. «Pietro passò al mio fianco tutto il giorno. Mi faceva una pena orribile a vedere gli sforzi che faceva per contenere la sua commozione, per combattere la lotta che ferveva in lui, per mantenersi saldo nella risoluzione che parea essersi fissata, e che quei momenti avevano fatto ondeggiare in lui... Egli fu amoroso con me, come si può esserlo sino ai limiti della commozione, senza il trasporto però della passione, di quell'amore caldo, cieco, irresistibile, quale egli me l'avea fatto provare, quale ormai m'era necessario per vivere, quale avrebbemi fatto dimenticare, almeno, per un'ora, in un bacio, tutta l'estensione dell'immensa sventura che mi percuoteva. «Egli non ebbe una parola, non una sola parola che alludesse alla nostra separazione; ma neanche un'altra che la facesse mettere in dubbio. «Un momento mi parve cattivo e spietato quell'uomo che non mi amava più. «Poi gli baciai le mani, delirante, piangendo a calde lagrime; gli avvinchiai le braccia al collo e lo soffocai quasi fra le mie lagrime e i miei baci, come se avessi voluto farmi perdonare la triste impressione di quel momento. «Giammai! giammai io ho amato Pietro di quest'amore immenso, frenetico, divorante di cui l'ho amato in quel punto... «L'indomani partimmo per Aci-Castello. «No! se anche scrivessi questi versi col sangue che tale tortura ha stillato dal mio cuore, io non potrei arrivare a descrivere tutto lo strazio ineffabile di quest'agonia immensa che è durata 15 giorni; in cui ho dovuto divorare lo mie lagrime; soffocare gli urli disperati del mio cuore, perchè m'impedivano di vedere, di sentire come ogni ora di più il cuore di lui s'allontani dal mio; come quelle sensazioni impercettibili, che formavano l'amore sovrumano di cui quest'uomo mi adorava, vadano morendo in lui... lo non potrò esprimere quello che ho provato di orribile in tutta l'intensità del dolore, quando, con la terribile lucidità che mi dà la mia angoscia, ho letto chiaramente in quel cuore... troppo chiaramente, per mia sventura!... la sorpresa, la tristezza di lui, direi anche, il rimorso delle perdute illusioni del suo amore di un tempo che cerca invano... lo l'ho veduto quell'uomo, quel cuore, chiudere gli occhi, immergersi nel vortice delle più tempestose carezze, soffocarmi coi più febbrili trasporti... frenetico... furibondo quasi, cercando quelle illusioni che avea adorato in me... e nulla!!... nulla!!... e staccarsene pallido, annichilato... quasi piangendo come un fanciullo, guardandosi attorno come smemorato, come cercando ancora quelle sensazioni che non sa più trovare in me... e che io!!!... disgraziata!!... io non posso più dargli!!... «Oh, signore! nessuno!... no! nessuno potrà mai arrivare a comprendere la sublime agonia di quell'istante! «Dio!... Dio mio!... se impazzissi! «No! Dio non è giusto! No! Dio non ha pietà di questo dolore sovrumano! «Pietro è triste, malinconico ogni giorno di più, la pietà istessa che risento di me, di quest'amore di cui l'amo, ch'egli comprende, e del quale non può contraccambiarmi, malgrado tutti i suoi sforzi generosi, questa pietà lo distacca da me, lo fa fuggire, come se temesse di trovare un rimorso nei miei occhi, che, Dio sa con qual coraggio gli nascondono quello che si passa in me. Egli è sdegnato contro se stesso e dolente della simulazione che deve imporsi per compassione di me, delle menzogne che deve giurarmi col volto cosperso del rossore della vergogna. La notte lo sento passeggiare spesso sino all'alba, ora in cui parte per la caccia, e non ritorna che a sera, stanco, spossato, come se avesse voluto nella stanchezza dei sensi addormentare il rimorso del suo amore perduto, e trovarvi una pace che la tempesta delle sue passioni non gli accorda giammai. Eppure, dopo queste corse che hanno gonfiato i suoi piedi, che hanno logorato le suo forze sino alla prostrazione, egli non trova sonno nel letto... egli si stanca ancora a passeggiare per la sua camera... «Qualche volta ho trovato l'indomani il suo fazzoletto e i suoi guanciali umidi: al sapore acre ho conosciuto che erano lagrime... «Lui! questo carattere orgoglioso e forte, quest'uomo di ferro... ha pianto!... ha pianto di dolore, di rimorso, di rabbia, per quest'amore che gli sfugge, che vorrebbe imporsi. «No!.. tale martirio non può durare per entrambi... Io sarò forte!... sì, quest'amore istesso me ne darà la forza. «Morire, mio Dio! morire nelle sue braccia almeno... addormentata dalle sue carezze!... «Abbiamo passato 13 giorni su questa spiaggia che mi sembra deliziosa, malgrado le ore crudeli che vi ho provate. Si dice che il dolore rende fosche le tinte più brillanti del luogo ove si prova... Anch'io ho sentito ciò altravolta; ma quì, in questi ultimi giorni, questi luoghi io li ho amati nei loro minimi particolari; forse perchè mi è caro anche il dolore di quest'agonia che posso provare vicino a lui. «Nel momento in cui scrivo per parlare di lui, per illudermi con lui... sola, di notte, nella mia camera da letto... vedo, attraverso le tende della mia finestra aperta, sbattute dal vento tempestoso di questi ultimi giorni d'autunno che spoglia gli alberi delle foglie, la massa antica, imponente, severamente e grandemente poetica del vecchio e rovinoso castello che pende da una balza suI mare; coi suoi muri massicci e screpolati, sui quali stridono i gufi in mezzo alle ginestre che vi germogliano, che disegnano Ia loro massa bruna su questo cielo trasparente ove risplende la più bella luna del mondo; con questo mare immenso, lucido, che da questa lontananza sembra calmo e lievemente increspato e che muggisce colla sua voce potente fra i precipizii dell'abisso che circonda le fondamenta del castello. «L'altro giorno volli vedere questo castello a metà distrutto, su cui sembra talvolta vedere ancora passeggiare le scolte luccicanti di ferro fra i merli dei torrioni; che mi fa vivere in mezzo agli uomini di una volta che l'hanno abitato coi vivi ricordi che tramanda e che sembrano infondersi incancellabilmente alla sua vista. Pietro volle dissuadermene, dicendo che la strada per giungervi era molto pericolosa per una donna. « - Non sarai tu con me? - gli dissi, come se mi fosse stato impossibile un accidente vicino a lui, o come se quest'infortunio avessi dovuto amarlo, dividendolo con lui. «Egli... costui, cui l'amore avea dato squisite percezioni, cui avea fatto oprare un miracolo di genio e di sentimento nel suo dramma, capì appena tutto il senso di quelle parole. «Mi diede il braccio, come per nascondermi il suo imbarazzo, e mi accompagnò alla salita che precede l'ingresso della rocca. «I muri della torre principale che guardano il paesetto, sembrano di un'altezza smisurata, guardati dal basso, in quel punto, elevati come sono su di un immenso scoglio che dalla parte del mezzogiorno sospende le sue torri sul mare. Due tavoloni di querce sono gettati su di un arco in rovina per traversare l'abisso orribile che si stende al di sotto, in fondo al quale mormora il mare di un sordo rumore, e che fa venire le vertigini al solo guardarlo. «Pietro passò innanzi e mi porse la mano raccomandandomi di non guardare il precipizio per non avere la vertigine; all'incontro io provavo un'affascinante sensazione nel mirare quella gola oscura, a quasi duecento piedi sotto di noi, ove, fra le acute punte degli scogli, biancheggiava la spuma minuta delle onde rotte e imprigionate nella caverna, su cui l'assito che ci sosteneva si piegava sotto il peso dei nostri corpi scricchiolando. «Se cadessimo,qui, abbracciati! - esclamai io quasi involontariamente, stringendo la mano di Pietro che mi guidava. «Mi pareva più dolce quella morte; e preferibile alle torture che provavo, e che supponevo anche in lui. « - Quale pazzia! - mormorò egli stringendo il mio braccio, come per prevenire l'effetto di un capogiro, e accelerando il passo, che avea reso ardito e sicuro, quasi per garantire la mia vita ch'eragli sospesa. «Egli non ha detto: Che cara pazzia!... Ha detto semplicemente: Quale pazzia!... «Ho veduto dalla sommità di quelle torri questo mare azzurro che si confonde con il ceruleo dell'orizzonte, che si stende nella sua grande immobilità in lontananza e freme e spumeggia ai miei piedi; ho veduto quelle barche che sembravano giocatoli da quell'altezza, quel litorale sparso di ville e di paesetti, e Catania... Catania ove Pietro mi aveva tanto amato... «Vi fissai un lungo sguardo, non avvertendo le lagrime che bagnavano le mie guance. « - Che guardi? - mi domandò egli, come se mi avesse domandato: Perchè piangi? « - Catania! - risposi colla voce ancora tremante. «Egli sentì forse tutto quanto vi era di passione e di rimembranze in quella parola; e lo provò anch'egli fors'anche in quel momento, poichè soggiunse, come cedendo ad una generosa risoluzione: « - Vuoi che ritorniamo a Catania? «Non risposi e restai cogli occhi umidi e fissi sul golfo in fondo al quale biancheggiavano le cupole che indicavano la città, appoggiandomi al braccio di lui. Sentivo quanto vi era di nobile sacrifizio in quella proposta; ciò ch'escludeva l'amore, ch'era quello che mi bisognava. « - Dov'è Siracusa? - domandai poscia, come non accorgendomene, cedendo ad un intimo impulso. «Pietro mi additò un punto tra mezzogiorno e ponente, dietro il Capo Passaro che si vedeva distintamente, ove dovea essere il suo paese natale. « - Perchè non mi conduci a Siracusa piuttosto? - gli dissi gettandogli le braccia al collo, singhiozzando e fissando nei suoi i miei occhi brillanti di lagrime. Egli abbassò gli occhi, baciandomi le mani, e rispose, dopo avere esitato un istante: « - Se lo vuoi... « - No! Io non lo voglio... Ciò che io voglio è il tuo amore! il tuo amore sfrenato, ardente, quale lo sentivi per me, quale cerchi ancora come smanioso e non sai più trovare, quale io spero qualche volta illudendomi, e tento tutte le occasioni per travedere in te... e non m'accorgo, pazza, disgraziata ch'io sono, che tu non lo trovi... che tu hai la generosità, la nobiltà di fingerlo meco; ciò di cui senti rimorso;... e che tutto... tutto!... perfino le tue carezze, perfino i tuoi sacrifizii mi dimostrano che tu non senti più per me... « - Partiamo! - soggiunsi poco dopo strascinandolo pel braccio, soffocando l'emozione che sentivo prorompere nell'eccitazione della corsa, poichè mi sentivo morire. «L'ultimo raggio di sole rischiarava ancora i merli della più alta torre, e nell'abisso che dovevamo traversare era buio profondo; e gli echi ne erano mugghianti; e gli sprazzi di spuma biancheggiavano come giganteschi fantasmi. «Un momento mi sembrò che l'immenso fascino di quello spaventevole abisso attraesse l'abisso doloroso del mio cuore; che quei bianchi fantasmi mi stendessero le braccia come a prepararmi un letto eterno che dovesse accogliermi assieme all'uomo che adoravo tanto più freneticamente quanto più lo vedevo allontanarsi da me... Un momento il mio piede si stese sul precipizio e la mia mano strinse più forte la sua per allacciarlo in un modo che nulla sarebbe valso a rapirmelo mai più... « - No! no! gridò il mio cuore gemente: no!... ch'egli viva! ch'egli sia felice!... io non potrò mai essergli grata abbastanza dei giorni che mi ha dato, dei sacrifizi che ha avuto la bontà d'imporsi per me!... Ch'egli sia felice... anche con un'altra!... « Un'altra!... Ecco quell'idea terribile, sanguinosa, che mi ha attraversato il cuore come un ferro infuocato, e alla quale non avrei forse saputo resistere se ci avessi prima pensato... «Mi avvidi, quasi con gioia, come se fossi stata salvata da un immenso pericolo, che camminavamo sul selciato della strada. «Una o due volte, in quella notte agitata e febbrile passata al davanzale della mia finestra, ho avuto dei momenti di speranza, d'illusione, speranza tale che mi faceva mettere dei gridi di gioia, che mi faceva comprimere le tempia fra le mani, quasi le arterie che battevano di felicità, minacciassero di sconvolgermi la ragione... Egli mi avea proposto di accompagnarmi a Catania!... egli aveva avuto forse un istante d'amore per me!... dell'amore di una volta!... «Oh! Dio! Dio!... morire almeno in tal momento!... «Ieri volli uscire con lui; volli fare una passeggiata in barca. Egli prese i remi, ed entrambi, soli, ci cullammo nella piccola barchetta da pescatori su quelle onde azzurre come il cielo. «Quand'egli è solo, pensieroso, vicino a me... provo un momento di dubbio, d'incertezza... Mi pare di sperare, mi pare di averlo mio! tutto mio!... e che nulla abbia potenza di strapparlo all'amplesso frenetico delle mie braccia. «Appena fummo al largo egli lasciò i remi e venne a prendere la mia mano. «Lo guardai come non l'avevo mai guardato: sentivo che non potevo amarlo di più di quanto io l'amavo in quel momento; mi pareva impossibile ch'egli dovesse lasciarmi il dopodomani. «Egli baciava le mie mani, e sostava per guardarle in silenzio, come se avesse temuto di alzare gli occhi nei miei, e per tornare a baciarle... Le sentii umide delle sue lagrime. « - Pietro! - esclamai palpitante di una sublime emozione, mentre tutti i pori del mio cuore si dilatavano ad assorbire le inebbrianti emanazioni di una lusinghiera speranza; - ieri ti pregai di condurmi a Siracusa!... con te... «Egli non potè più frenare il pianto, e scosse la testa tristamente. « - Impossibile! - mormorò con un soffio appena intelligibile. « - Impossibile?... - ripetei radunando tutte le forze di cui mi sentivo capace; - e perchè, Pietro?!... « - Oh! grazia! grazia, Narcisa! - singhiozzò egli stringendomi fra le sue braccia, nascondendo la sua testa nel mio petto: - grazia!... io sono molto vile!!... «Era orribile a vedersi l'angoscia disperata di quel volto energico, l'annichilamento completo di quel carattere di bronzo. « - Sì, io son vile! io son colpevole! io sono infame!... - seguitò con voce delirante: - oh! grazia, Narcisa!... «L'amavo tanto che non sentii tutto lo spasimo sublime che quelle parole mi facevano provare: ebbi soltanto pietà di lui. «Lo abbracciai; piangendo anch'io; tremando convulsivamente del suo tremito; mischiando le mie labbra alle sue. « - Dillo! Pietro... dillo! - gridai con disperato sforzo di volontà, - tu non mi ami più!... tu non mi ami più come prima! «Egli rimase abbattuto, in silenzio, sulla panchetta della barca. «Quel silenzio durò cinque minuti. «Quando risollevò il volto fui atterrita dallo spaventevole pallore che copriva i suoi lineamenti solcati profondamente. « - Ascoltami, Narcisa! - cominciò egli con voce solenne, quasi calma: - io ho un sacro dovere di gratitudine verso di te... dovere che mi fanno care le reminiscenze che non potrò dimenticare giammai, e che formano ora il mio inferno... Eppure, te lo giurò sul mio onore, io non mi trovo colpevole... no!... che soltanto queste reminiscenze mi restino ora vicino a te... Tu hai il diritto di disporre di me, in tutto... Io sacrificherò al dovere quello che avrei sacrificato all'amore, e farò quanto è possibile all'uomo per renderti la tua felicità. Ho tanto provato di sì immenso nella voluttà del godimento, nel delirio dell'esser felice che forse all'uomo non è concesso di godere... e Dio mi punisce col soffiare su tutte quelle sensazioni che formavano il mio amore... che cerco invano da due mesi... e spegnerle per me. Nel tremito ardente dei tuoi labbri sul tiepore della tua pelle rosata, nelle nervose e convulse pressioni delle tue braccia, nel delirio fervente delle tue carezze; ho cercato invano un atomo, un atomo solo, di quello che provavo d'arcano, d'indefinibile, di più che terreno, quando, seduto sul lastrico della. strada, ti vedevo al verone, ciò che formava il delirio dei miei sogni; che nei primi trasporti del possederti, quando mi pareva di divenir folle per la felicità dell'amor tuo, io provai sino a quel parossismo del godimento che ci annienta, direi, nel godimento istesso, e che ci lascia sbalorditi della sua estensione. lo ho cercato invano questo profumo, questo vapore che ti circondava d'incenso come gli angeli, e in cui non osavo immergermi per timore di perdervi la ragione o di perdervi l'illusione... È duro, è crudele quello che dico... ma tu hai mente per apprezzarlo e cuore per perdonarmelo... come mi hai perdonato tutto quello che ti ho fatto soffrire da due mesi, che mi son rimproverato, e di cui il rimorso mi lacera... Quello che io piango, Narcisa, è l'amore che ho provato e che non posso più trovare... che cerco assetato per inebbriarmene, poichè la sete che ne ho è ardente, divoratrice, e che mi fugge sempre dinanzi come un fuoco fatuo... Io avrei paura, rimanendoti più a lungo vicino, che la stanchezza dell'animo non vincesse anche il desiderio ineffabile che ho di quest'amore... e che tutto questo tesoro di diletti che trovasi in te, di cui m'abbeverai forse sino all'ebbrietà, non vada perduto dell'intutto per me! Oh! io ho paura di ciò, Narcisa!... poichè la speranza di riamarti un giorno come ti ho amato, m'impedisce che mi bruci le cervella, non avendo più nulla a godere sulla terra. Bisogna che io mi allontani da te per qualche tempo, ch'io torni a dubitare della felicità che ho goduto... ch'io dubiti della speranza fin anche di questa felicità, per esser pazzo di te come ero quando passavo le notti innanzi la tua casa senza sperare un'occhiata da te... bisogna che io ti vegga ancora lontana da me, in mezzo allo pompe del tuo lusso, all'incanto delle tue seduzioni, per cercarti ansioso, cieco, folle, come allora; e stendere le braccia, delirante, invocando un altro sorso di questa coppa fatata... a cui fui tanto stolto da bere troppo... «Egli non potè più proseguire, soffocato dalla violenza della sua commozione; tenendosi il petto colle mani increspate da una violenta contrazione; inginocchiato ai miei piedi; coll'occhio luccicante di una fosca luce sul pallore quasi tetro del suo volto; coi capelli irti sulla fronte madida di freddo sudore. «Quest'addio che quel cuore mi dava era grande, era sublime, come l'amore di cui m'aveva amato. «Lo sollevai fra le mie braccia; lo baciai in fronte, sentendomi ancor io fredda di sudore ghiacciato, provando una forte risoluzione che quelle parole infondevanmi, la quale correva al cuore, quasi con gli smarrimenti di una vertigine, insieme al sangue che da tutte le vene vi affluiva. « - Addio dunque! - gli dissi con una calma nella voce della quale io stessa ero atterrita: - Addio, Pietro!... «Egli cercò i miei labbri coi suoi freddi, tremanti d'angoscia e di voluttà. « - Addio!... gli mormorarono ancora i miei labbri palpitanti nei suoi. - E svenni fra le sue braccia.

Pagina 170

. - Ti fo riflettere che non ho ancor fatto colazione; abbi dunque la bontà di concedermi dieci minuti. I due amici entrarono dai fratelli Guerrera. Mezz'ora dopo erano alla Villa. Faceva molto caldo. Il Laberinto era delizioso colle sue ombre profumate di fior d'arancio, I due sedettero all'ombra, e quasi contemporaneamente alzarono gli occhi sui veroni della casa, sebbene alquanto distante, che Raimondo avea indicato come l'abitazione della Piemontese. Le tende di giunco erano abbassate sulle ringhiere, quantunque il sole non vi giungesse ancora, forse per dare alquanto più d'ombra agli appartamenti; e dietro una di quelle si vdeva una figura di donna, vestita di bianco, quasi coricata su di una poltroncina con tutto il languente e voluttuoso abbandono di una sultana; a quella vista il cuore di Pietro battè forte, come la sera innanzi. - È dessa! - disse Raimondo - vedi che non t'ingannavo!... Pietro non rispose, tenendo sempre fissi gli occhi sul verone. Ella si toglieva soltanto a lunghi intervalli da quella positura per recarsi agli occhi un binocolo che teneva sui ginocchi e col quale guardava nella strada o verso la Villa; ed indi, come stanca di quello sforzo, lasciava ricadere mollemente la testa sulla spalliera, e sembrava assorbirsi in quell'inerzia contemplativa che gli orientali cercano nell'oppio. Un uomo, seduto accanto a lei su di una seggiola assai bassa, le leggeva qualche cosa di un giornale che teneva fra le mani, e che ella udiva sbadatamente; e si interrompeva di tratto in tratto per prendere una mano di lei, che gliela abbandonava con la stessa languida indifferenza, e che lo ringraziava col suo sorriso seduttore e col suo sguardo che faceva scorrere un'onda di voluttà in quell'uomo, quand'egli si recava alle labbra la sua mano: Allor solamente, la sua leggiadra testolina, coronata da quei ricci magnifici, si volgeva lentamente verso di lui. Qualche volta, con un movimento tutto infantile, quella manina bianca ed affilata si appoggiava alla ringhiera, e sopra vi si appoggiava la fronte; quasi quel bellissimo collo fosse troppo debole per sostenere quella piccola testa. - Con questa donna ci sarebbe da impazzire! - esclamò Pietro reprimendo un fremito, dopo averla divorata a lungo dello sguardo. - Credi che siano marito e moglie? - domandò l'altro. - È il mistero che questa donna sa rendere impenetrabile colle sue mille indefinibili gradazioni di fisonomia, d'espressione, di gesto, che fanno spesso dimenticare la sirena nella vergine, e viceversa. Se lo sono è da poco tempo: a meno che costei non senta ancor ella sì a lungo come deve far sentire a tutti quelli che l'avvicinano. Parecchie volte, forse a caso, l'occhialetto dell'incognita si rivolse verso il banco di pietra sul quale erano seduti i due amici. - Ti guarda! disse Raimondo sorridendo. O guarda i passeri che saltellano fra le frondi. Credi sul serio ch'io ne sia innamorato? - Ne parli tanto!... - Diffida sempre di quegli amori di cui ti si parla a lungo e sì leggermente: è segno certo che si vuol ridere alle tue spalle... Io l'amo come un bel personaggio da dramma o da romanzo, come un bel fiore... come una bella donna prima venuta insomma... che sa recare con grazia il velo sul cappellino e sollevare con disinvoltura lo strascico della veste... e nient'altro... In fede di che, se vuoi, andiamocene; sono le due meno dieci minuti, - aggiunse dopo aver consultato l'orologio. - Sì, è troppo tardi; siamo qui da più di due ore; - rispose il biondo alzandosi. Egli sorprese lo sguardo del suo amico che ancora restava fissato sul verone. - Vuoi venire, o no? - Un momento... restiamo altri dieci minuti e partiremo alle due precise... - Non amo gli inglesi colla loro metodicità regolata sul quadrante di un orologio... Hai detto d'andarcene... - Hai ragione; - rispose Brusio ridendo - partiamo. Due o tre volte, prima di uscire dal giardino, si volse a guardare il verone, sul quale non poteva più vedere che la tenda abbassata. - Bella donna! - ripeteva egli di tempo in tempo, con un entusiasmo che era troppo allegro per non essere affettato, e troppo affettato per non nascondere una preoccupazione: quanto io t'amo!

Pagina 33

Cerca

Modifica ricerca