Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbi

Numero di risultati: 37 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Come devo comportarmi?

171848
Anna Vertua Gentile 2 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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È un dovere, per la moglie, quello di parlare sempre urbanamente con il marito, non dimenticando mai le amabili formalità del scusa ti prego abbi la compiacenza, grazie, che cambiano il comando in preghiera e compensano con l'espressione della gratitudine. Ma, per amor di Dio, non si ecceda; non si cada nelle sdolcinature, che urtano, come offese alla dignità. Chi mai non proverebbe disgusto a sentirsi dire :Angelo mio Cuore mioTesoro Benedetto Amore bello!» Non è un frasario che stizzisce e fa stomaco?

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Abbi fiducia in te stesso; accetta il posto che ti diedero la divina provvidenza, la società de' tuoi contemporanei, il concorso degli avvenimenti. Gli uomini saggi hanno sempre fatto cosi. Fa il tuo dovere di marito e di padre, sempre. Lagnarsi d'aver compiuto il proprio dovere è supporre che fosse stato meglio trascurarlo o tradirlo. Non indebolire la tua energia con vane aspirazioni, con snervanti illusioni. Ricorda, che la gioia sta solo in ciò che si sente; e gli uomini inuggiti dal piacere, non sentono più; la sazietà toglie all'anima l'appetito. La facolta della gioia è concessa solo a chi gioisce di rado. Come l'oro in Australia, la gioia si trova sparsa senza regola nè legge; qualche volta in fine polvere; di rado in grandi masse. Ricorda, che al di sopra della bontà, della prudenza, della moderazione, dello stesso amore, vi ha l'idea suprema, che sola può far fronte al dolore e alle disgrazie. Avrai bisogno di virtù per gli altri; per te stesso hai bisogno del sentimento religioso. Il malcontento, incresciosità, il fastidio, sono una mancanza di fiducia in sè stessi, sono malattie della volontà. Dice Emerson: «La sola cosa seria e potente in natura è la volontà. La società è servile perchè manca di volontà.» Dice un pensatore moderno: «Senza la fede in noi stessi, nelle promesse della scienza e della patria, nei sorrisi dell'arte, nella lotta contro il dolore e le sciagure umane, si cade nell' inerzia contemplativa, nella ripugnanza a la fatica, al pensiero; nella rassegnazione passiva e convinta a la violenza o al dominio altrui. «Le anime libere che sanno fissare il vero, non si logorano, non si sfibrano nel fervore della battaglia di ogni giorno, in questo eterno dramma dell'esistenza; non depongono tristamente le armi, nè si ritirano smarrite e ferite per sempre.»

Pagina 53

Le belle maniere

180183
Francesca Fiorentina 2 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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Abbi confidenza in lei, perchè tu sei ancora inesperta, avvicínati a lei con fiducia, áprile il tuo cuore, perch'ella possa leggervi fino in fondo, esprimile i buoni pensieri, chiedile, nel dubbio, un consiglio, nella tristezza - se tuo malgrado t'assale - un conforto. Certe persone, a volte, ci sembrano tanto lontane da noi, appunto perchè non tentiamo d'avvicinarle. Quante educande hanno la biasimevole abitudine di fare a tutti - magari alle domestiche dell'Istituto - le proprie confidenze, eccetto che a'superiori! Questa diffidenza indispone l'animo anche della persona più bene intenzionata. Ma se è bene lasciare aperto il nostro cuore a chi, amandoci, ha il diritto di giudicarci, non è prudente dare in pasto il nostro intimo alla malsana curiosità de'più, che non hanno affetto nè discernimento per un retto criterio. Solo i tuoi superiori possono giudicarti, ma tu sii degna di loro. Se nutrirai affetto per loro, ti verrà spontaneo il rispetto. Tuttavia ricórdati d'alcuni ammonimenti semplici, ma necessari per dimostrare l'uno e l'altro di questi sentimenti.

Pagina 206

Ebbene, allora abbi il coraggio di confessare che hai fatto la beneficenza al tuo io, attirando sulla tua persona qualche sguardo benevolo, qualche lusinghiera approvazione; o ammetti con me che fa vera beneficenza chi sa nascondere le proprie azioni, i propri trionfi sotto un velo d'umiltà e di grazia modesta, chi dimentica completamente se stesso per gli altri, chi fa come il grano, il quale muore nel solco per far germogliare la spiga fecondatrice. Non ti lasciar tentare così presto dalla smania della popolarità, che offusca ogni più mite sentimento, soffoca ogni stimolo di pietà, sconvolge perfino la retta visione de'più semplici doveri. Questa della beneficenza malintesa è uno de' mezzi con cui più facilmente le giovinette si fanno avanti e ottengono il loro scopo di mettersi in vista. Anche tu hai mirato a questa piccola gloria fugace, a questo misero interesse personale e per essi hai dimenticato l'affetto de'tuoi genitori, a cui hai imposto de'sacrifizi, l'amicizia della tua Silvia, che ti sei lasciata indietro senza neppure metterla a parte delle tue intenzioni; ti sei permessa una sfilza di piccoli scatti nervosi, di sgarbi, di disubbidienze, d'inesattezze nel compimento d'altri doverucci; e tutto ciò hai mascherato sotto la falsa apparenza di bene. Ricórdati che"il bene non fa rumore e il rumore non fa bene"; che per far vera carità bisogna dar qualcosa di noi insieme col denaro, che il benefizio sincero è quello che s'appaga di se stesso e non cerca altro esteriore compenso, e neppure esige riconoscenza. La carità, quando è residuo di feste, giunge al povero già sfiaccata, dissanguata, e non dà calore nè gioia: per essere efficace, bisogna che zampilli viva dal cuore che la fa al cuore che la riceve. Bisogna anche, e sopratutto, che non sia somministrata alla cieca, con l'ignoranza assoluta delle necessità altrui, alle quali dev'essere adeguato il soccorso. E' sciocchezza il credere di far vera carità dando un soldo al primo che ci tende la mano. Sappiamo se ne ha veramente bisogno? Senza contare che spesso chi dà quel s oldo vuol liberarsi dal tedio e dall'aspetto della miseria, o vuol farsi vedere. Purtroppo c'è qualche mendicante il quale trova più comodo accattare che lavorare:fargli l'elemosina sarebbe favorire il vizio. Occorre visitare le abitazioni di quelli che si beneficano, accostare la miseria per soccorrerla, imitare Gesù che, per rendere la vista ai ciechi, li avvicinava e poneva loro sopra le mani. E quel che vuoi dare, Clara, da'in fretta; non indugiare, non tentennare, non mostrare scontento, non rinfacciare, non accennare a ricambio:da', insomma, con slancio e con allegrezza. Ma tienti a mente che la carità non si fa soltanto di pane. Giorno per giorno, ora per ora puoi compiere atti di beneficenza semplici e pur tanto efficaci! Una buona parola detta, una cattiva trattenuta, un'antipatia vinta, una piccola vanità soffocata, un'affettuosa accondiscendenza che ti costi un tantino, uno sforzo per star ferma quando proprio tutti i muscoli sobbalzano:ecco il vero bene che puoi fare, senza ostentazione, senza secondi fini. Non cercar tanto lontano, però, non perder tempo nell'aspettare un'occasione d'esser utile, che non si presenta perchè troppo rara; non ti protendere verso la miseria ignota, quando puoi chinarti verso quella conosciuta e vicina; non sentir pietà soltanto del complesso de' "poveri", se ti mostri scontrosa e indifferente con quelli di cui conosci i bisogni; non correre da un estraneo malato, se poi ti rifiuti d'aiutare la domestica sofferente; non visitare l'ospedale soltanto per una frivola curiosità, ma per impulso del cuore che ti detta una parola di conforto per una povera madre condannata alla morte, ti trattiene presso un bimbo che ha il piccolo corpo ingessato, ti dà forza per assistere all'agonia d'una giovinetta a cui mancano le cure materne. Per tendere la mano non hai bisogno d'allungar troppo il braccio. Sii buona soprattutto, veramente buona di quella bontà che avvicina a Dio, perchè è imitazione di Lui che si manifestò agli uomini per mezzo del Cristo:allora la tua bontà sarà una corona ininterrotta di piccole, utili, schiette beneficenze, liete anche nel sacrifizio; sarà, occorrendo, l'immolazione di tutto il tuo essere per il prossimo, meritevole e immeritevole. Non è un ideale divino?

Pagina 226

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180547
Barbara Ronchi della Rocca 1 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Chi non fuma, fa benissimo a porre dei limiti («Abbi pazienza, non mi va che fumi in camera da letto»), ma si astenga dal fare prediche salutiste. Anche in caso di altri «vizi», l'ospitalità è sacra solo fino a un certo punto, quindi possiamo benissimo dire: «Per favore, non portare questa roba a casa mia, non mi va». Se si tratta di persone civili, rinunceranno. Se non lo sono, meglio che se ne vadano: noi non ci offenderemo!

Pagina 124

Il tesoro

181960
Vanna Piccini 1 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
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E tu, uomo, abbi pei difetti di tua moglie un po' d'indulgenza, e amala tanto. Ti sarà così meno difficile sopportare quei difetti, e chi sa, forse finirai per non soffrirne più. Più sarai indulgente e disposto alle concessioni verso tua moglie, in tutto ciò che non cede realmente la dignità dell'uno o dell'altro, più le sacrificherai un po' delle tue abitudini occupandoti di lei, accettando le sue predilezioni, e più acquisterai influenza nell'animo di lei. Ella sarà meglio disposta a darti retta in qualche circostanza più grave, se dovrà convenire che non sei nè prepotente nè contraddicente per carattere nelle piccole cose. La compiacenza giornaliera si può considerare come una moneta spicciola, in cambio della quale possiamo talvolta pretendere una grossa moneta d'oro.

Pagina 616

L'angelo in famiglia

182902
Albini Crosta Maddalena 12 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
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Pagina 172

Io suppongo tu abbi la matrigna, e questa ami più i suoi figli di te. Questa la è cosa naturalissima, ma non lo nego, assai dolorosa. Forse a te tocca vederti sempre posposta; forse a te tocca sentire la distanza che passa tra quelli che hanno la loro mamma e te che non l'hai in certo modo che a prestito; ma, sta sicura, questo disordine tu non lo potrai sicuramente togliere o diminuire coll'essere o col mostrarti sospettosa; ma solo coll'essere e col mostrarti affettuosa, pia, sottomessa, tu potrai in certo modo farlo scomparire. Quanto ti dico, l'ho visto avverarsi più volte, poichè la virtù ha una potenza che investe, trasforma, migliora tutto quanto le si avvicina. Una signora che io conosceva da una decina d'anni, ed ammiravo come ottima madre di famiglia, ammalò un tempo di un morbo sì fiero e sì ostinato, da lasciar temere per un intero anno, o della sua vita o della sua intelligenza. Le figliuole, giovanette in allora, si stemperavano non solo in pianti, ma più ancora in fatiche per circondare la povera inferma delle cure più difficili, assidue ed amorose. Non si faceva da tutti che lodare l'eroismo di quelle due creature, le quali dimenticavano perfino i bisogni personali per accudire alla malata, la quale destava in esse tale una pietà ed un interesse che non potevano a meno di comunicarsi a chi le sentiva parlare con tanto affetto. Finalmente la signora guarì con grande consolazione del marito e di tutti i figli; non andò molto essa si sobbarcò a sacrificj anche pecuniarj per collocare convenientemente le fanciulle, le quali si ebbero davvero la benedizione di Dio; e fu, credo, nell'occasione delle loro nozze ch'io seppi che quelle erano le figliastre virtuose di una virtuosissima matrigna! Da quella volta, dico il vero, cominciò a dileguarsi in me un antico pregiudizio che mi faceva considerare una vera calamità lo stato di una figlia cui un'estranea tenta riempire il vuoto lasciato da colei che le fu tolta da morte, e un nuovo orizzonte si aprì a me dinanzi. Sì, quando la matrigna è buona, e le figliastre si sforzano pure di esserlo, tutto corre come Dio vuole, desidera, comanda, e il benessere e il buon accordo regna nella famiglia: ma, dico io, come deve fare una povera donna se le tocca per figliastra una fanciulla che la spia quasi continuamente, solo bramosa di coglierla in fallo; che eccessivamente avara e guardinga delle proprie carezze le prodiga solo ed a fatica quei riguardi ai quali è strettamente tenuta, non un punto più in là? Se la figliastra si regola in questo modo, non basterà che la matrigna si sacrifichi per essa; non gioverà che si espanda in dimostrazioni d'affetto; la sua condotta sarà accusata di doppiezza e di esagerazione, e mai e poi mai si otterrà quella fusione degli animi che sola giova, che sola medica le piaghe del cuore. Tu devi riguardare nella moglie di tuo padre, non la madre che hai perduto, chè od usurperesti ad essa l'affetto tuo, e questo deve durare eternamente, o saresti tentata 25 di continuo a fare dei confronti che nuocerebbero alla morta ed alla viva, e non gioverebbero sicuramente neppure a te, perchè i confronti sono sempre odiosi. Tu devi pensare: mia madre è morta; e questo pensiero ti deve infondere un vivo desiderio di onorarne la memoria col mostrarti degna di lei, con quella che ha preso il suo posto vicino al padre tuo: ne ha forse colpa costei se tu sei rimasta orfana? Essa anzi ha il merito di non avere sdegnato prenderti per figlia, mentre il dì delle sue nozze pronta e volonterosa assumeva degli obblighi gravissimi con te. Se tu penserai sempre che la matrigna non è colei che ti ha tolto la madre; ma colei che ha tentato di rimpiazzarla, tu la guarderai di buon occhio, tu sarai pronta a renderle servigio, tu ricorrerai ad essa nei tuoi bisogni, tu prenderai parte a quanto la riguarda; ed essa, non tarderà molto, prenderà parte alle cose tue, ti sentirà volentieri favellare anche della tua mamma, e piangerà con te di quanto t'intenerisce, perchè vedrà che ti fidi di lei, che non sei invida nè gelosa, che in essa cerchi ed accetti un'amica che ti vuole, ti può sollevare... Fa come dico io, e ti accorgerai presto che ad onta di quel velo di mestizia che la perdita della madre tua ti ha lasciato in triste e pur caro retaggio, la tua vita correrà serena, le gioje domestiche non ti resteranno più ignote, ed anzichè sfogare il tuo cuore in dolorosi lamenti, ringrazierai il Signore d'averti dato una seconda madre, una sorella, un'amica verace. Non ti sia grave rivolgerti ad essa per consiglio, ed accettare quelli che ti dà spontaneamente; non giudicare temerariamente le sue intenzioni; ma vedile con occhio semplice, prendi le sue azioni come sono, senza cercarci sotto un secondo fine; porta ad essa quella venerazione, quell'obbedienza e quell'ajuto che, se è un dovere più rigoroso verso i genitori, è però un dovere generale che tutti comprende i parenti ed i superiori, e più specialmente coloro che del padre e della madre tengono le veci. Se la tua matrigna, per tua sventura, è donna malvagia, ed oppone alla tua virtù, alla tua annegazione la durezza ed il capriccio, non ti resta che perseverare nel bene, piegare la fronte e ricevere la tua croce in espiazione delle tue colpe. Il Signore non si lascia mai vincere in cortesia, dice un antico proverbio ma vero, ed il Signore premierà la continuità del tuo sacrificio con taluno di quei premj ch'Egli solo sa concedere e che noi neppure abbiamo l'ardimento d'immaginare. La tua matrigna od il patrigno ti sono causa di dolore e di pena? Leva i tuoi occhi al cielo quando la notte ha calato sulla terra le sue ombre, quando la luna e quei mille mondi, che si dicono stelle, brillano nel firmamento, quando tutto tace e niun rumore profano disturba la quiete che ti circonda; ma solo il gorgoglìo del ruscello che frettoloso segue sua via, e i rami mossi da una leggiera brezza primaverile scuotono dolcemente il tuo orecchio ed il tuo cuore... In allora pensa che tutte quelle bellezze che sì ti rapiscono sono appena un sogno, un'ombra, una larva di quelle bellezze che ora allietano la vista del perduto genitore, e lo fanno beato: in allora pensa che se il tuo sagrificio è grande, immensa ne sarà la mercede, poichè un giorno a quella parola vieni, benedetta, quelle bellezze si mostreranno ai tuo occhio; quelle bellezze t'inonderanno, t'investiranno, ed appagata nell'intelligenza, nel corpo e nel cuore, stringendoti al seno le persone colle quali sei legata da vincoli di sangue e di tenerezza, intonerai con esse quel cantico che le schiere celesti ripeteranno, e che sarà ripercosso nelle vôlte beate di quel beato soggiorno. In quel gaudio ineffabile, immenso, eterno, benedirai le tue croci, i tuoi dolori che ti hanno ajutata e in certo modo obbligati a conseguirlo... Animo adunque, mia cara, supera le ripugnanze della natura, la rustichezza forse natìa del tuo carattere, se vuoi raggiungere la quiete sulla terra, la gloria in cielo; e, non temere, i tuoi sforzi saranno sicuramente coronati!

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Da ciò vedi quanto importi tu abbi del tuo vestire non già una ricercatezza eccessiva, il che dinoterebbe una certa leggerezza e vanità; ma una cura giusta e conveniente, che sia indizio veritiero della tua sodezza e della rettitudine del tuo criterio. Lo so bene, oggidì, fosse più che in altri tempi, non è osservata, ma trascurata la differenza di condizione, e bene spesso la dama è uguagliata o superata nel vestire dalla mercantessa e dall'operaja. Ciò si capisce presto. Una volta le stoffe di seta costavano molto più di adesso, perchè i mezzi di trasporto erano più difficili, e le manifatture non erano vantaggiate di tante macchine; oltre a ciò ora più che negli anni trascorsi si vuole dissimulare, cancellare, quando non si può togliere affatto, ogni distanza, e la crestaja o venditrice di fiori, vende a prezzo molto elevato la sua merce, per riuscire a vestirsi essa pure di velluto e circondarsi i polsi con monili all'ultima moda. Ma io non l'approvo per nulla questo sistema, perchè mi pare brutto, cattivo, perchè dinota in coloro che l'adottano un imperdonabile desiderio di parere ciò che non sono; ed io, la voglia d'ingannare e la dabbenaggine d'ingannarsi, le abborro cordialmente. Io adunque come condizione prima ed indeclinabile ti pongo quella di vestire come porta il tuo stato sociale e finanziario, e piuttosto meno che più, perchè gli alberi più utili ed i frutti più gentili il Signore li ha coperti d'una buccia piuttosto grossolana od aspra, il che però è ben lungi dal voler dire brutta o sgualcita; ti do in secondo luogo questo consiglio per non esporti al rischio di dover poi riformare il tuo metodo di vita. Chi pone ogni sua cura nell'abbellire l'esterno, segno è che trascura l'interno; dunque, attenta bene, figliuola, se non vuoi pregiudicarti, ed essere e parere frivola e dappoco. Non dico già che tu debba foggiare i tuoi abiti all'antica, e comparire nel mondo col costume di alcuni o di molti anni addietro; questo anderà bene per chi vuol togliersi o separarsi dalla società, non per te che sei chiamata a farne parte non solo, ma a brillare nel suo seno come angelo benefico e fior gentile, colla luce smagliante del bene e della virtù. Io desidero che tu non serva la moda, ma ti serva di essa in modo conforme alla modestia, al buon gusto e ad una certa tal quale eleganza che accresce grazia ad una giovane persona la quale non deve avere movenza nè parola che non sia amabile e graziosa. Alcune damigelle, pur essendo fuori di collegio, continuano in certo modo a portarne l'uniforme, poichè la madre assennata e giudiziosa prescrive appuntino l'abbigliamento, l'acconciatura e tutto che le riguarda, e le libera così dalla responsabilità della scelta. Però, tardi o tosto, viene anche per codeste un momento in cui è accordata una certa libertà, se non assoluta, almeno relativa, di scegliere i colori, la forma dei loro abiti, della loro acconciatura, e dei loro cappellini. Ripeto che io punto punto consiglio, e neppure approvo che tu porti l'abito attillato quando si usa ampio, nè ampio quando si usa attillato; questo dimostrerebbe stravaganza e quasi un dispregio delle usanze comuni, che noi dobbiamo sempre rispettare anche quando non le possiamo imitare. Però quelle povere signore e signorine schiave umilissime della moda, che si fanno un dovere di seguirla in tutte le sue fasi e negli interminabili suoi mutamenti, mi fanno davvero compassione, non tanto pel disguido inevitabile che porta alle loro finanze, spesso sbilanciate, una spesa che in tal modo diviene eccessiva; ma più ancora perchè ciò indica in esse una mutabilità ed una leggerezza che non sono la miglior raccomandazione della loro persona e del loro carattere. Oh! qui, anche qui, prendi se ti vien fatto, prendi la via di mezzo; essa è la più onesta, la più sicura, e la più apprezzabile. Io credo, voglio credere, che tu, figliuola modello, signorina pia e gentile, userai anche riguardo al tuo vestire moderazione e criterio; pure conoscendo ed indovinando nella tua natura buona, anzi ottima, taluna di quelle bizzarríe che non sono generate da spirito leggiero, ma soltanto ne danno l'apparenza, vorrei togliere anche questa da te; e se tu mi secondi, riuscirò sicuramente nel mio proposito, e tu apparirai qual devi essere e qual sei. Dalla buccia si conosce la pianta; e dal vestire s'indovina il fondo dell'individuo. 32 Fra le foggie in uso scegli la più semplice, il che vuol dire la più simpatica ed elegante; correggi ove sia d'uopo quelle che, ponendo in soverchia evidenza le forme, sono più incomode e sconvenienti. A questo proposito mi è caro ricordarti un episodio della vita di Maria Cristina regina di Napoli. Una sua dama si trovava a corte ad una festa, con un abito soverchiamente scollato; la regina allora facendosele incontro amorevolmente le disse: quanto siete bella! indi traendo di tasca la propria pezzuola gliel'accomodò al collo dicendo:così però siete molto più bella! Vi hanno delle feste e delle riunioni in cui non si può comparire senza denudarsi il collo e le braccia, dice la sarta e ripetono gli eleganti di professione; ma io so e conosco molte dame e damigelle le quali si affrancano da questa servitù, e sono tutt'altro che ridicole, anzi figurano e brillano bellissime fra le belle, perchè loro sovrastanno e le superano colla loro modestia. Tra i colori scegli i meno appariscenti, e cáricati di meno fronzoli che puoi: certe donne appajono con abiti così coloriti e caricati, da farle somigliare a quei cavalli che trascinano alla fiera le carrozzelle dei ciarlatani; pieni di nastri e fettucce e campanelli, messi apposta per attirare l'occhio della gente, e per avvisare che il ciarlatano è arrivato. Molte giovanette hanno lo stolto costume di stringere soverchiamente il busto, e mentre si rovinano la complessione, poichè mali di petto, difficoltà di digestione, e perfino l'etisia, sono bene spesso il risultato di questo riprovevole sistema, appariscono poi con una vita così sottile e mingherlina da parere piuttosto fantasmi che persone. L'eleganza, l'eleganza vera non istà in questo, nel coprirsi di stoffe straordinariamente costose, nel comparire sempre all'ultimissimo figurino, nel camminare in punta di piedi, tenendo il busto esageratamente stretto e attillato, portando avanti goffamente il petto e indietro i gomiti quasi fossero slogati, o lasciandolo languidamente cadere in uno studiato abbandono: questa anzichè eleganza è chiamata ed è infatti caricatura, e dà l'idea di persona orgogliosa e vana e anche peggio. L'eleganza consiste soprattutto in una certa disinvoltura del portamento, ritto e dignitoso, che non presenta la durezza di un tronco di quercia, nè la flessibilità di un salice piangente o di un tubo di gomma; quanto al vestire è veramente elegante quanto è più semplice, pulito, sodo, e, benche conforme all'usanza che dice vestire a mo' d'altrui, porta l'impronta della signora che lo indossa, e dimostra il suo criterio in averlo saputo adattare alla propria figura. Non ti pajono molto ridicole certe donne o fanciulle grasse grasse, le quali non finiscono mai d'ingrossarsi con falde e guernizioni, e cert'altre magre magre, stecchite, che non se ne mettono affatto? Sta bene ad una alta quello che non istà bene ad una bassa; sta bene ad una bionda quello che non istà bene ad una bruna, e così quasi all'infinito. L'eleganza, lo dico ancora, è semplice, soda, e soprattutto e il ritratto della pulitezza e della compostezza. Oh! la pulitezza è indispensabile, indispensabilissima, e se ci fosse una parola più forte per dimostrarti quanto sia assoluta la necessità che essa sia sempre in te, intorno a te, nella tua persona, nelle tue vesti, io non la risparmierei. Bene spesso una giovinetta anche civile e di buona famiglia può essere vestita, specialmente per casa, con un abitino alquanto sbiadito e raccomodato, e sarà indizio che non è vana, ma seria ed economa; ma non le è possibile aversi l'appellativo di damigella o fanciulla gentile, se un'assoluta nettezza non figura in tutta la sua persona, quasi a rappresentarne la nettezza interiore. La buccia indica la sostanza che racchiude, lo abbiamo detto più volte, e cerchiamo di rammentarlo sempre. Se accidentalmente ti si macchia o strappa l'abito, ripara subito il danno, e riparalo tu stessa, poichè, credilo non c'è niente di disonorevole in quest'operazione; anzi a qualunque condizione tu appartenga, tu sei obbligata a saperlo fare, sotto pena di mancare al dover tuo. San Francesco di Sales allorchè trovavasi missionario nello Sciablese, benchè uscito da alta famiglia e di ricco stato, non aveva seco che un vecchio servo, ed essendo stato sorpreso una volta nell'atto ch'egli stesso si raccomodava la veste, alla domanda fattagli se egli, nobile e prete, non si vergognava di occuparsi in simile lavoro, rispose sorridendo:E perchè dovrò io vergognarmi di riparare il danno che io non mi sono vergognato di commettere? Tanto più questo si attaglia a me ed a te che siamo donne, ed a quelle cotali che si piccano di tutto lasciar fare alla cameriera od alla lavorante. La cameriera e la lavorante poi dal canto loro non si fanno scrupolo di burlarsi della damina che non sa o non vuol far nulla da sè, e la stimano press'a poco come una di quelle figure esposte nelle vetrine dei mercanti, che pajono donne, ma non sono che manichini. Infatti com'esse si fanno vestire, spogliare; com'esse si ponno dir donne! Se per caso sopravviene qualcheduno mentre ti trovi coll'abito macchiato o strappato, fa le tue scuse, e si capirà esser quello un disordine accidentale. D'ordinario sia povera o ricca la damigella, nobile o no, io vorrei che cambiasse la veste quando torna in casa, poichè essa deve il più possibilmente averne una fresca e pulita quando esce, ed anche perchè deve abituarsi all'ordine ed all'economia. È ricca, molto ricca? Tanto meglio; le sue economie saranno rilevanti, e lasceranno maggior margine per le limosine ai poveri, e dei poveri ve ne sono tanti, tanti, che non è d'uopo andar molto lontano per trovarne. Se poi ella stessa ha finanze limitate, l'economia le sarà anche più strettamente e direttamente necessaria, e mancando ad essa, mancherà ad un rigoroso e preciso obbligo. So bene che in certe circostanze è conveniente vestirsi con un certo lusso, per non mancare di rispetto all'adunanza, e non apparire eccentriche e stravaganti. Ma sempre e poi sempre bisogna aver di mira di non portarsi fuori del proprio stato; ma di tenersi anzi un gradino più in giù, e di preferire la semplicità a tutti i vantaggi che si ponno avere senza di questa. L'acconciatura del capo fa parte essa pure dell'abbigliamento, e come questo deve avere una certa conformità alla moda, senza però toccarne gli eccessi e senza variarla con troppa frequenza, il che dinota leggerezza e piccolezza di mente; infatti chi pensa a qualche cosa di serio, ha altro in testa che di mutarne l'acconciatura ad ogni volger di luna! Anche qui torno a quel simpatico ritornello: semplicità, semplicità, e se tu lo prenderai come regolatore invariabile del tuo modo di vestire, sfuggirai quelle mode che caricano la testa di un ammasso di roba, il che ha fatto dire ad un tale, di cui ora non ricordo il nome: dentro la testa è rimasto nulla nulla, poichè tutto le hanno messo di sopra. Io non sono qui per segnarti il figurino, sibbene per dirizzare lo spirito tuo, ed ajutarlo a vigilare, affinchè il tuo esterno sia specchio del tuo interno, ordinato, semplice, pulito e sincero. E qui, prima di finire, bisognerebbe che ti toccassi della sincerità indispensabile al tuo vestiario ed alla tua acconciatura. Ma per non intrattenerti ora di troppo, te ne parlerò domani, molto più che la materia essendo importante, desidero che tu mi ascolti riposata.

Pagina 492

Ma è tempo perduto il mio a ragionarti della brutta figura che è la bugìa, mentre tu come me cordialmente l'abborri; ma siccome nel mondo tutto si sostiene con essa, incominciando da quelli che ti promettono la felicità per mezzo della colpa, fino a coloro che con un libro apparentemente morale tentano rovinarti nella mente e nel cuore, sento il dovere di prevenirti, affinchè attratta dal mal esempio non abbi tu pure un giorno a seguirne la scuola. Oh! la sincerità, quanto è bella, attraente la sincerità! Benchè sfornita di ogni vantaggio materiale, io la preferisco a tutti i vantaggi materiali aggruppati intorno alla bugìa! Tu vai in campagna. Da una parte vi ha un superbo castello, dall'altra una povera capanna: in quello molta gente raunata sbuffa e strepita in fare preparativi per un pranzo diplomatico, dove con squisite vivande gireranno i più lusinghieri parlari, i quali lasceranno, come hanno trovato, affatto affatto estraneo il cuore; in quella la moglie del fattore apparecchia un povero desco che guernisce di una ciotola di latte, di un pezzo di cacio, mentre il marito posto il ginocchio sulla predella del camino volta col matterello la polenta, operazione ch'egli riserba a sè soltanto nei giorni solenni: poi la donna corre sulla porta di casa, ti chiama ad alta voce, e non dicendoti neppur una di quelle parole che esprimono la gioja del riceverti presso di sè, te la mostra nel suo sorriso, nel suo sguardo e perfino nel suo imbarazzo. E perchè preferisci la capanna al castello, il desco povero al sontuoso pranzo, i poveri contadini ai ricchi cavalieri? Oh! bella! perchè in quelli vi è la sincerità; in questi, soltanto l'apparenza, e l'apparenza quando è fallace, ti è antipatica, odiosa... Per carità, non rifinisco di raccomandartelo, abbi tolleranza cogli altri, ma non ne avere un briciolo solo per te, poichè non andrebbe molto te n'avresti a pentire; e dall'aver tradito la verità in cosa di poco momento, passeresti poi a violarla in cosa di maggior rilievo. Ma io voleva finire il mio discorso di jeri sulla tua acconciatura, e non avevo in mente che di parlarti della sincerità che deve presiedere in essa; invece, il piacere di occuparmi del tuo bene mi ha strappato le parole dalla bocca, anzi dal cuore, e ho detto più di quanto volevo, o a dir meglio più di quanto credevo. La sincerità è sorella gemella della semplicità, sua indivisibile compagna, e molte volte l'una è così compenetrata coll'altra che riesce malagevole distinguerle, ed impossibile separarle. Il Signore ci ha messe al mondo, belle o brutte, grasse o magre, grandi o piccole, come gli è piaciuto, e com' era meglio per noi, ed è stoltezza pretendere di mutare l'opera sua, o comecchessia alterarla. È quindi stoltezza valersi di rigonfiamenti, di colori, di mezzi che bene spesso nulla giovano al nostro esteriore e danneggiano il nostro interno, e diretti ad ingannare gli altri, ingannano poi noi medesime. Quanto all'arte di dipingersi la pelle, ricordo quella stupenda apostrofe che ai suoi tempi lanciava S. Girolamo contro quelle dame che si colorivano il volto: Come mai, diceva egli, riconoscerà Iddio quella figura che gli apparisce sì diversa da quella ch'egli ha creato, e sulla quale non saprebbe scorrere una lagrima di pentimento senza segnare un solo nella vernice che la ricopre? Oh! sia semplice e sincero il tuo vestire, il tuo acconciarti; preferisci a tutti i cosmetici acqua pura e fresca; in essa è una virtù potente a conservare alla pelle la sua freschezza, e se il non giovarti di quelli ti priva dei vantaggi che essi promettono (e mantengono raramente) l'apparire schiettamente quella che sei te ne darà dei molto maggiori. Vi hanno talora dei matrimonj combinati e conclusi soprattutto da un certo fanatismo pei vantaggi esteriori, per l'esteriore bellezza: queste damine, viste davvicino, appariscono differenti da quello che apparivano in distanza, non diversamente della roba messa in mostra nelle vetrine; bella da lungi, scadente osservata dappresso. Menomata la causa del fanatismo, ne sono menomati gli effetti; l'età si avanza, e gli anni si portano via quel resto di bellezza che era rimasta; il marito ritorna tardi alle mura domestiche; in esse non più la serenità e la pace, ma regna la discordia se non svelata, però coperta e bugiarda essa pure come le apparenze fatali di quella fatale bellezza! Oh! figliuola cara, la sincerità dell'anima tua si riveli al di fuori, trapeli nella tua condotta, nei tuoi atti, nel tuo vestire, ed ognuno, esaminando la buccia che circonda la tua gentile persona, ne intuisca la interiore virtù, che appunto per non mentire, ti studierai di perfezionare sempre maggiormente, per renderla più assoluta e più vera. Adornati pure, ove lo richiegga il caso; ma fra gli ornamenti scegli i più semplici, e quindi i più gentili. Fra le tue trecce e sul tuo servo, in un dì di comparsa, spiccherà assai meglio un fiore come lo ha dato natura, di un giojello od un fino e ricercato lavoro; e una mussolina fresca porrà meglio in risalto i tuoi verd'anni di una stoffa di gran pregio. Se t'imbianchi il viso, non si vedrà quando t'arrossi, ed una damigella che non arrossisce perde ogni suo prestigio: e se tingi le gote, il tuo non sarà creduto rossore, ma... carmino: In non so quale raccolta di freddure, ho trovato le due che ti riferisco: queste ti convinceranno se non altro che anche il mondo, per così dire, mondano, non approva i mezzi ch'egli stesso suggerisce ed adopera, e questo fia suggel ch'ogni uomo sganni. Una signora con tanta cipria sul viso da parere una braciola infarinata, si scontrò con un suo conoscente, il quale, simulando un torso agitato, le chiese:Signora, andate a farvi friggere? - Un'altra volta in una società alcuni bontemponi si proposero di fare uno scherzo, ed all'uopo invitarono gli amici colle loro signore e colle loro figlie ad un'accademia dove si sarebbero dati alcuni esperimenti fisici. Alla fine della serata uscendo dalla sala piuttosto scura dell'accademia, si dovevano attraversare parecchie altre sale ben illuminate. Molte dame e damigelle furono viste in allora col viso rigato e chiazzato di violaceo, e i bontemponi ne risero sguajatamente per non so quanto tempo. Oh! nè tu, nè io, lo spero, vorremo esporci al rischio 33 che i preparati chimici decompongano la tinta artificiale della nostra pelle; ma sicure e contente seguiremo il numero di coloro che col viso pallido o colorito, bianco o bruno, come gliel'aveva dato natura, uscirono da quel luogo come vi erano entrate. E poi, dimmi, che valore ha la bellezza, che una malattia, che gli anni bastano a deturpare od a rapire? Sentiamo la risposta non da un prete, non da un moralista, ma dallo stesso Gian Giacomo Rousseau. Un suo amico venne a lui un giorno e gli partecipò le sue imminenti nozze con una bellissima giovane, ed il filosofo ginevrino colla penna che teneva nelle mani, quasi giocando segnò uno zero; indi chiese se la fanciulla avesse ingegno, ed avuta la risposta affermativa, giù un altro zero; e così di seguito dello spirito, del brio, della ricchezza e di tutti gli altri doni esteriori. Finalmente gli chiese se la giovane era buona e virtuosa; e lo sposo avendo detto di sì, egli mise un'unità avanti a tutti quegli zeri, dicendo all'amico che tutte quelle stupende qualità non erano che un ammasso di zeri, i quali prendevano valore unicamente dalla virtù interiore e dalla bontà del cuore. Credilo pure, figliuola, per quanto i libertini ed i miscredenti mettano in canzone la virtù e coloro che la praticano, dentro di sè però la lodano, l'apprezzano, e sono anzi i priori a condannare quei pregi che non hanno radice nell'anima, in quell'anima ch'essi si sforzano di negare, di avvilire, di contaminare. Abbi pure una cura conveniente della tua persona, ma non eccessiva, e soprattutto subordinata a quella che tu devi al tuo spirito intelligente, immortale, capace di buone azioni e nato alla virtù. Non ferir mai mai il pudore, quel fiore delicato che si appanna ed appassisce al più leggiero soffio meno puro; la cara modestia è la veste più splendida, l'ornamento più brillante di cui ti puoi circondare, e non esigere mai dai tuoi di casa un vestiario che ne sbilanci l'ordine o l'economia. Contentati di quello che ti vien dato; tutt'al più esterna con riserva e con sommessione il tuo desiderio, acconciandoti di buon grado a ricevere una negativa, quando non fosse conforme alle condizioni di famiglia od al pensiero della mamma la quale ne sa più di te. Se duri fatica ad accomodarti a quello, pensa ai poveretti che non hanno da coprirsi, e troverai molto di superfluo anche in quello che possiedi, e non vorrai di più.

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Sì, te lo raccomando ancora: abbi a cuore l'economia domestica, un'economia che più specialmente si riversi sulla tua persona, un'economia che non ti serri la mano al soccorso, ma ti presti anzi i mezzi per correre in ajuto dei bisognosi; un'economia che ti faccia amica e cara al Signore; a quel Signore che vestendo una carne come la nostra ha voluto cibarsi di povero pane, vestire povere vesti. Quand'io, aprendo il Vangelo, leggo il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci, un senso d'indefinibile tenerezza m'inonda il cuore, e mi torna alla mente questa riflessione, che non posso a meno di comunicarti. Non poteva il Salvatore operando il miracolo offrire alle turbe cibi più squisiti e prelibati di quanto nol fossero pane e pesci? Non poteva almeno dare a quel pane ed a quei pesci un sapore nuovo, differente, superiore ad ogni altro sapore? Il Vangelo non dice affatto parola di ciò; resta adunque sottinteso che nostro Signore moltiplicò i pani ed i pesci nella stessa qualità dei pochi pani e dei pochi pesci che gli Apostoli tenevano in serbo; siccome ogni cosa fatta da Dio è feconda di utili ammaestramenti, così questa pure è utilissima, insegnandoci che allorchè ci limitiamo a desiderare ed a chiedere il necessario, Iddio è pronto a fare anche dei miracoli per soddisfarci. Non cercare adunque, o amica tenerissima, che il necessario; fa di contentarti di poco, di restringere quanto più puoi i tuoi bisogni, e sarai più facilmente esaudita, ed il Signore vedendoti staccata dai beni della terra, non sarà indotto a privartene; ma ajuterà anzi l'opera saggia e prudente di un'economia guidata dall'amore della giustizia e dai dettami della carità, col benedirti non solo nell' anima, ma altresì nel corpo e negli averi! Oh! ti benedica, ti benedica Iddio!

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Lo so, lo so che è bello e lusinghiero, ed appunto per questo mi fa paura e desidero porti sull' avviso, affinchè tu non abbi a lasciarti illudere, allucinare dal suo ingannevole bagliore. Alcune fanciulle di famiglia civile, ma privata e modesta, vanno fantasticando viaggi, pompe principesche, cocchi e donzelli, e pescano e trovano una tal quale possibilità di potere un dì esse pure posseder tutto questo; nè ciò basta; esse si figurano il come, il dove, il quando, faranno la loro grande comparsa; studiano i modi, le parole, i complimenti che dovranno usare coi loro soggetti. Che avviene? Il sogno è sempre sogno, quindi un fantasima che corre dentro il cervello colle forme più strane e stravaganti, lasciando però che il corpo percorra in tutta la sua realtà il campo della famiglia, della vita domestica e sociale. Pensa tu l'accozzaglia che faranno tra di loro la testa che si crede regina, e il corpo che si trova suddito; pensa tu cosa di bene possa venir fuori da questo credere una cosa e trovarne un'altra. La poveretta che sogna e fantastica si trova sempre al disotto d'ogni sua aspirazione, e per quanti sieno gli agi che la circondano, i baci, le carezze de' suoi cari, gli sforzi loro per vederla felice, ella è sempre mesta, cogitabonda, spira da tutto il suo individuo una cert'aria di abbandono e di degnazione, il suo riso è mesto e forzato, il suo sguardo languido con caricatura, e lunghi sospiri escono dal suo petto. Io credo che con questi simulacri di giovinette un solo rimedio sia eccellente ed efficace; sai tu quale? Un bel frustino che suoni nell'aria e ne batta vigorosamente le spalle. Ti parrà forse triviale ed antiquato il mio rimedio, e forse discorde dal mio sistema di medicina per le malattie giovanili; ma che vuoi? in questo caso non mi pare ce ne sia un altro capace a surrogarlo, e finchè tu non me lo additi, io insisto per questo. La mamma difficilmente si decide ad adoperare il frustino, ed allora il Signore, colle anime che vuol salvare dalla mattía dell'immaginazione, pensa Lui a mandare i gastighi o le sventure, affinchè dal campo aereo la fanciulla cada naturalmente in quello della realtà, non altrimenti della sonnambula che nella veglia si ricrede di quanto ha detto o fatto durante il sonnambulismo. Le giovinette non si contentano di crearsi nell'ardente fantasia cocchi, castelli e paggi; ma si creano altresì cavalieri; cavalieri che diventano erranti, che si perdono nell'ombra dell'avvenire, perchè corpo non hanno; che sono un'illusione, perchè in essi non v'ha nulla di reale; che sono un inganno, un doloroso inganno a chi in essi si pasce. Non mi regge l'animo di condannarla; ma mi fa un'immensa compassione quella sconsigliata, la quale si strugge in vani desiderj, in stolte immaginazioni, e di ogni giovane che le faccia di cappello, o la saluti con garbo, o le dica una parola graziosa, si fabbrica tosto colla fantasia uno sposo. Dal primo castello in aria altri ne sorgono e crescono a vista d'occhio, e già le pare di ricevere il dono della promessa, d'indossare la veste nuziale, di stringere in dito l'anello; di ricevere i doni, le poesie, gli evviva, di regnare sola nella propria casa, di fare ogni cosa a sua voglia, di vestire a suo capriccio i figliuoletti, e cento altre corbellerie che non hanno maggior corpo, nè meritano maggior importanza delle bolle di sapone, o delle parole di una ciarliera. Oh! tu, non t'abbassi cotanto, da credere non capace la tua condizione a fornirti pensieri e soddisfazioni sufficienti per cercarli nei sogni dell'immaginazione! Nel contentarsi di quanto si ha, io trovo la vera grandezza d'animo e la sodezza dei principj; orbene, questi sono il verdetto di condanna dei visionarj. Vedere uno sposo in ogni uomo azzimato, o ricco, o giovane, o procace? È troppo serio il pensiero di un collocamento per idearlo od accarezzarlo così all'impazzata senza probabilità veruna. Ho sempre visto che coloro i quali hanno vagheggiato lungamente un matrimonio sotto speciali auspicj, hanno fatto come coloro che allungata la mano ad un frutto lontano od immaginario, allorchè hanno creduto di afferrarlo, non vi hanno trovato che un pugno di mosche... Oh! i sognatori sono come i re di scena; re per un momento e sudditi par tutta la vita. Oh! il frustino, il frustino, quanto bene farebbe! Tu desideri, è vero, un onesto e vantaggioso collocamento, mia cara figliuola? E perchè a questa mia interrogazione ti salgono le fiamme al viso e chini il capo in atto di vergogna? Non c'è ombra di male in codesto, purchè il tuo desiderio sia regolato dal criterio e specialmente dalla virtù, ed anzichè rivolto a cercare nell'aria quello che non si trova che nella terra, o dirò meglio nel cielo, in un dolce abbandono tu lo cerchi a chi solo te lo può dare e conservare. Sì, quel che tu cerchi è nel cielo, perchè tu cerchi uno sposo col quale dividere le gioje, le pene e le fatiche dell'esistenza, ed un simile sposo deve avere il suo cuore nel cielo, sì nel cielo, dove si trova anche il tuo... La religione, la virtù non ti proibiscono un regolato desiderio di formarti tu pure uno stato, una famiglia, ed anzi t'insinuano, ti consigliano ad appoggiarlo colla preghiera. Una vecchia signora, che ora non è più, allorchè con inarrivabile soddisfazione mi raccontava come i cinquant' anni trascorsi insieme al suo consorte, erano stati cinquant'anni di pace e di affetto sempre crescente, mi andava ripetendo con viva compiacenza che il suo sposo lo aveva ricevuto da Dio, il quale aveva largamente esaudita la preghiera quotidiana ch'essa gli aveva indirizzata dai suoi quattordici ai ventiquattr' anni:Signore, se volete darmi uno sposo, datemelo, ma buono, proprio buono, poi tre Avemmaria alla cara Madonna. Le figlie nate da sì bene auspicato connubio provano una volta di più che da pianta sana escono frutti sani, e sono tuttora la benedizione delle famiglie dove sono entrate, e che hanno la fortuna di possederle. Per carità, guardati dal sognare, se non vuoi da un sogno fallace e lusinghiero essere balzata ad una triste realtà. Poi se anche tu raggiungessi ciò che hai ideato, non saresti ancora felice, perchè continueresti a vagare colla fantasia, a fare castelli in aria, ed il tuo stato ti sarebbe penoso. Una signorina, mia conoscente, sognava uno sposo nobile, ricco, amante; trovò infatti uno sposo nobile, ricco, amante, ed ognuno le invidiava la grande ventura, tanto più che un caro angioletto era venuto a rallegrare la sua casa. Senonchè ben lungi dall'essere felice quella casa invidiata, la giovane dama continuava i suoi sogni ed aveva finito col persuadersi come aveva fantasticato, che essa, benchè nata in condizione molto inferiore, meritava non solo quella fortuna, ma ben maggiori riguardi. Il marito allora incominciò a farle sentire il peso che andava unito al titolo che le aveva comunicato, a farle sentire la propria superiorità; e siccome essa si ribellava, egli la fece accorta, benchè troppo tardi, che i suoi sogni l'avevano ingannata, acerbamente ingannata, facendole credere che la gioja conjugale consistesse nell'opulenza, nel lusso, nel grado elevato, e non piuttosto nella parità di principj, di convinzioni, di bisogni, di condizione. Non andò molto ed essa, povera illusa, delusa troppo tardi, e quando era forza subirsi il triste effetto di un fatto compiuto, non ebbe forza di sostenerlo; tornò nella modesta e povera sua casa, rinunciando a tutto e non solo alle agiatezze, ai cocchi, alle gale; ma altresì al proprio bambino che le veniva negato, per trascinare una vita nascosta sì, ma senza umiliazioni. Poveretta! Per vivere è obbligata a lavorare, insegnare la musica... Poveretta! Se tu non sognavi cotanto, avresti ugualmente afferrata la fortuna di uno splendido connubio; ma vi avresti recato l'umiltà, la tolleranza, un criterio giusto, una virtù abbondante, e queste doti t'avrebbero salvata dal nuafragio, e ti avrebbero non solo reso sopportabile, ma leggiero e soave il giogo conjugale. O fanciulla, se Iddio te lo vuol dare uno sposo, e se tu lo cerchi a Lui con dolce insistenza e collo spirito retto e pio della mia povera vecchia amica, Egli te lo darà tale che ti sia di premio, non di gastigo; e se porrai freno alla tua fantasia la quale tenta di traviarti, avrai virtù bastevole a godere il bene che Iddio ti dà, a cementarlo, ad aumentarlo, a comunicarlo a chi ti circonda, a farti pregustare nella vita del tempo quella gioja, quella pace che raggiungeranno poi la massima loro perfezione in quell'avvenire che solo è certo, e nel quale soltanto possiamo figgere desioso e consolato lo sguardo, sicuri di non andare ingannati, poichè in esso risiede il suo regno eterno, beato, ed immutabile l'increata sapienza e l'increata bontà. Non sognare, non sognare: se sogni, pensa al frustino!

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Stabilito il principio che tu devi obbedire i tuoi, seguendoli in mezzo alla società quando essi vi ti conducono, resta a vedere come tu abbi ivi a regolarti, ed è appena necessario notare che mai e poi mai ti è lecito recarti, specialmente ad una festa, senza tua madre od una maggiore sorella maritata; senza insomma una dama di una certa età, poichè il padre od i fratelli non bastano a formare quella siepe di cui è necessario circondare una giovane esistenza. Secondo il tuo stato, la tua età e le tue finanze, ti è lecito un abbigliamento non solo decente, ma discretamente elegante, ed in relazione con quello delle tue coetanee, contenta di stare un gradino sotto per non essere e parere vana ed orgogliosa; ma sotto verun pretesto non ti è lecito mai tradire le leggi della modestia e del pudore, poichè non solo verresti posta in canzone e disistimata dalla stessa gioventù mascolina cui credevi di piacere: ma ben più tradiresti le leggi della tua religione, della virtù; diventeresti forse oggetto di scandalo, e ti caricheresti il cuore di un rimorso. Nè la modestia deve figurar solo nelle tue vestimenta; ma altresì nel tuo contegno timido e riguardoso, nei tuoi tratti, nelle tue parole; e se qualche impudente, uomo o donna non monta, se qualche impudente tocca qualche discorso o fa qualche gesto che leda menomamente il tuo delicato e cristiano sentire, salta a piè pari l'argomento, parla di altro, o con altri; che se l'impudente non desiste dal suo insidioso procedere, e tu non hai il coraggio d'imporgli silenzio nel timore non ne nasca uno scandalo od una pubblicità, levati di botto, corri in cerca della mamma o del babbo, o recati in un altro crocchio, in un'altra sala; credilo, non te ne mancheranno i pretesti, se con pia industria cercherai in tuo soccorso. Non differente dev' essere il tuo procedere coi detrattori, con quelli cioè che mormorano del prossimo, o lo calunniano, o ne giudicano temerariamente; tu, come angelo della famiglia e della società, devi essere la difesa dei deboli e degli assenti, te l'ho già detto nella Prima Parte di questo mio lavoro; ma se condizioni di luogo, di tempo, o di età non te ne danno il diritto, ritirati, e mostra chiaramente che vuoi serbarti innocente da tale lordura. Con coloro i quali ti adulano o t'incensano, tu ben sai come devi regolarti; ora, io credo, ci resta a ragionare soltanto delle chiacchiere vuote ed inutili che ti si faranno d'attorno, e delle quali tu non devi entrar complice, per non diventare chiacchierina ed essere e parere frivola e cinguettiera. Qui ho un consiglio di peso, d'oro massiccio anzi, un consiglio indispensabile a darti, ed 43 è questo; di volgere sempre a serio i discorsi leggieri soliti a tenersi tra fanciulle, rispondendo in fretta, e vorrei dira di fuga, a quelle prolusioni nojosissime che esse hanno l'abitudine di sfoggiare sulla moda, sull' incostanza o sulla durezza della stagione, o peggio ancora sui difetti altrui. Se tu saprai cavar profitto dello spirito che il Signore ti ha donato, ne avrai sempre abbastanza per piegare il discorso dalle schiocche mode ai costumi ed alle usanze dei diversi popoli; dai difetti altrui, ai meriti che sono da essi adombrati o velati; dall'incostanza o durezza della stagione alla compassione che ti fanno i poveri sprovvisti di tutto, ed alla necessità di porger loro ajuto e soccorso colla mano e col cuore. Se tu farai in questo modo, benchè abbigliata un grado meno delle altre, benchè acconciata senza civetteria, benchè timida e forse pure di minor spirito e coltura delle tue compagne, ne diventerai non l'idolo (ciò è illusorio) ma il modello e l'anima; e su te ridonderà gran parte del bene che sarà fatto dietro il tuo esempio, e largo premio n'avrai dal Signore. Nelle adunanze sono compresi i balli, i teatri, i pranzi, le comparse, e se il Signore m'inspirerà quello che sarà pel tuo bene, ti dirò qualche cosa partitamente anche su di essi. Ma, tel ripeto, nè mi stancherò dal ripetertelo; se ti è dato vivere modestamente e lontana da questi ritrovi, oh! fuggili senza indugio, e senza dolore, nè ti lasciar tentare mai da un desiderio insano, da un insano timore, poichè la quiete di una vita intima non turbata da rumori profani, siine certa, procura gioje incomparabilmente maggiori a quei piaceri convulsi, febbrili, che ti potrebbero venire dalle riunioni mondane, dove il pudore, la carità, e sovrattutto l'umiltà, sono esposti ai maggiori pericoli. Se a te è lasciata la scelta fra i due sentieri, quello della casa e quello della società, non ti appigliare a questo ma a quello, te lo ripeto, te lo ripeterò senza posa; non già coll'intendimento di rendere monotona o grave la tua esistenza, ma per rendere il suo corso limpido, dolce e specchiato come l'onda del ruscello che, scesa da eccelsa montagna, scorre gorgogliando placidamente, e lambendo i fiori che costeggiano la riva verdeggiante, fino al flume, per gettarsi con esso nel mare, senza aver punto toccato la città: nella città avrebbe potuto conservare la sua purezza e la sua pace? Questo o quello, tu mi domandi di nuovo? Ama la ritiratezza, la casa; come il ruscello guardati dal mescolare le tue acque con quelle degl'immondi pantani, affinchè dopo un viaggio che ti auguro lunghissimo, tu le possa confondere con quelle del fiume reale, per gettarsi con esse nel mare... La morte sarà per te in allora una rapida e fortunata corrente che ti unirà alla sorgente d'ogni bene; sì, ti unirà a Dio, poichè per una lunga e faticosa carriera l'onda del tuo ruscello avrà saputo serbarsi incontaminata, pura, e sulle sue sponde non avrà fiorito il vizio, ma l'amor santo di Dio e del prossimo suo. Ama la ritiratezza, la casa, la preghiera, e ti sarà facile e spontanea la virtù, anche a costo dei più lunghi e penosi sacrificj.

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Abbi caro in generale di conservare tutto quanto ha di tradizionale e di antico nella tua famiglia, e più specialmente ciò che tende a conservare in essa una certa maestà e semplicità di costumi, cui va unita l'unione dei diversi membri. Molti si sobbarcano a gravi sacrificj ed a faticosi viaggi, per riunirsi il Natale e la Pasqua coi parenti lontani, e qual compenso ne avrebbero essi se invece di trovare oggi come vent'anni fa ammannite le identiche vivande, coll'identica di sposizione, trovassero invece un desinare alla moda, con adornamenti nuovi, con un impianto molto differente? Quel pranzo per me è quasi un ritratto di famiglia che amo conservato tal quale, non abbellito o adorno con fronzoli o con frange. Ho insistito molto sul bisogno della semplicità, della sobrietà e della misura, e più ancora sulla bellezza della conservazione dei tradizionali costumi nei pranzi di famiglia, perchè essi sono l'espressione e quasi lo specchio del principio che li muove, l'amor vicendevole. Fra l'agape fraterna ed il greco simposio non c'è che un passo facile a valicare e pericoloso, il quale dalla purissima e santa gioja del trovarsi tutti riuniti i membri di una famiglia intorno al desco paterno, fa passare alla prosastica e bassa gioja (se pure è gioia) di gustare cibi prelibati, di empirsi il corpo, di inebriarsi la testa; e l'idea principale, l'idea madre va perduta insieme alla semplicità, all'affetto... Vedo che dovrò ancora intrattenermi teco in proposito, affinchè non s'infiltri in te pure lo spirito di tutto materializzare, di tutto ridurre alla macchina, al numero, al piacere. La materia c'è, lo sappiamo tutti: la materia costituisce il nostro stesso essere, od almeno la sua parte inferiore, il corpo; la la materia ci circonda, ci nutre, ci minaccia; ma che la materia prenda il posto dello spirito, od a lui si pareggi, la è questa una cosa che nessun'anima ben nata può tollerare; ora tu sta ben all'erta, veglia attenta, affinchè non s'introduca dentro di te, intorno a te, neppur uno di quei principj che la potrebbero generare... La materia è serva e lo spirito è padrone, Iddio ha posto la distanza tra servo e padrone, noi la dobbiamo mantenere, ed a questo riguardo incomparabilmente più che in qualunque altro. Colui che mi presta il suo servigio è un uomo della mia stessa natura il quale a sua volta può diventar mio padrone; ma la materia è di natura più bassa ed infinitamente inferiore alla mia, alla tua anima, creata ad immagine e somiglianza di Dio! Tieni serva la materia, padrone sempre sempre lo spirito.

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L'abito non fa il monaco è vero, ma pur troppo dall'abito si conosce il monaco: abbi dunque cura grandissima affinchè dal tuo modo di vestire, di camminare, di posare, come dalla buccia di una pianta, si rilevi giustamente l'interna modestia, la serietà, la virtù vera; e, senza tradire la sincerità, vale a dire senza ammantarti delle penne del pavone, ed ostentare pregi non tuoi, conserva nella tua persona un'assoluta pulitezza ed una graziosa semplice eleganza. Se t'abituerai a vestire con modestia, e sempre un grado meno di quanto permette il tuo stato, dato che la ruota girasse, e girando ti facesse decadere di fortuna, sapresti adattarti e rassegnarti alla fatica, al lavoro, alla privazione. Guarda a quale estremo ha ridotto lo spreco di molte famiglie già ricchissime, anzi di una ricchezza principesca! Pensa al povero duca di Lusignano morto or son pochi anni nello spedale maggiore di Milano, e non ti riuscirà penoso mantenere in te e intorno a te una prudente economia, la quale perchè appunto saggia e prudente ti salverà dall'avarizia, e ti renderà larga la mano alla beneficenza, assicurandoti che la carità non impoverisce mai. La bellezza non è altro se non un fiore che passa rapidamente; per conservarne la fragranza havvi solo la virtù e la modestia... La deficienza e la mancanza assoluta della bellezza costituisce una spina crudele per molte anime; ma tu se le conosci, consolale: di' loro che un Dio in cielo le riguarda; di' loro che Gesù nostro pure divenne deforme sotto il vituperio fattone dagli uomini; di' loro che il loro corpo come il suo diverrà risplendente e luminoso... Per coloro che tuttora zitelle si trovano sul meriggio della vita, o l'hanno varcato, una parola d'incoraggiamento e di conforto, specialmente se hanno sacrificato la propria vocazione per l'utile altrui; se spostate ed ormai vecchie non hanno un nido e sono ritenute quasi un ingombro nella famiglia da esse allevata: quell'Iddio che conta i capelli del nostro capo conterà le loro lacrime, e preparerà loro un premio eterno. Se mai un giorno pel tuo stesso bene, permettesse il Signore che tu diventassi poveretta, credilo, il lavoro destinato a procacciarti il pane, e l'essere ed il parere poveretta non ti torrà dall'essere insieme signora, se nobile e generoso conserverai il sentire, e non ti lascerai dominare dall'invidia o da altri abbominevoli vizj. Nella vita balenano i lampi, scrosciano i tuoni, e tu li devi attendere imperturbata nella tua, supplicando il Signore di tener sospesa la grandine; chè se la grandine cade ed imperversa, e tutto rovina, non vi ha ancora altri che Dio il quale ti possa salvare e liberare dai suoi tremendi flagelli. L'arco baleno si distende luminoso nel tuo orizzonte, le onde si acquietano, viene la bonaccia e l'anima accidiosa, come il marinaio, si bea di una vita senza contrasti, senza fatiche e quindi senza meriti? Il marinaio s'accorge che nella bonaccia perirà miseramente: l'anima invece si giace inerte, nè cerca, nè accetta un Vapore che la salvi da morte sicura: essa l'avrebbe una forza motrice, la carità; questa posta in azione la torrebbe dal letargo in cui l'egoismo l'ha posta... Amatevi, amatevi l'un l'altro, ripeteva continuamente l'Apostolo diletto. Sì, amiamoci, poniamo in azione la carità, e diventeremo santamente industriose a beneficare i nostri fratelli e noi con essi, poichè la beneficenza giova non tanto a chi la riceve, quanto e assai più a chi la fa. L'immaginazione giovanile è un narcotico dell'anima, che facendola sognare continuamente, la sfibra, la sposta e le fa attribuire a sè medesima i pregi datile in certo modo a prestito da Dio. Dunque non sognare, nè accettare le adulazioni che ti vengono prodigate, poichè devi sempre ricordare che l'incenso, ossia l'adorazione, è riservato a Dio solo. Se ti è data la scelta fra una vita ritirata ed una vita brillante, rinuncia a questa, attienti a quella e ti toglierai all'orgasmo indivisibile delle veglie danzanti, delle conversazioni, dei teatri e fino dei banchetti, i quali anzichè agape o mensa fraterna con a capo Dio, sono simposj profani con a capo gl'idoli. Ricordati il detto del nostro Parini, quando seduto nell' aula municipale vedendo fugata l'immagine del Crocifisso, si levò in piedi dicendo: Dove non puó stare il cittadino Cristo, non puó stare neanche il cittadino Parini; ed uscì. Mangia di ciò che ti viene posto davanti come dice il Vangelo, che vorrà dire mangia di quanto ti vien offerto lecitamente, di ciò che ti offre la famiglia, quando non siano cibi vietati, e per ubbidire all'uomo tu non debba disobbedire a Dio nella sua Chiesa. Il Confessore potrà giudicare se tu sii dispensata, ove tu ne abbisogni; ma di tua testa, o pel comando di superiori civili, non puoi esserne prosciolta. Supera la gran tentazione degli spettacoli cospiratori contro la modestia e l'onestà, ed ai divertimenti ed agli spassi preferisci un po' d' aria pura o lo svago utile che viene dai viaggi o dallo studio di essi. Ama e tieni care le domestiche pareti nelle quali la sincerità, l'affetto, la pietà, ti daranno quelle gioie intime che sono altrove un enimma. La sanità del corpo è un gran dono; ma quella dell'anima è un dono infinitamente maggiore, e questo pensiero come balsamo cada ad allenire i dolori delle tue infermità, le quali ti parranno leggiere e dolci se saprai prenderle dalle mani stesse di Dio. Non ho temuto di farti le intime mie confidente, di palesarti le pene, le trepidanze ed i desiderj del mio cuore, e segnando a dito le pratiche, le preghiere fatte senza spirito, senz'anima, non ho temuto paragonarle ai fiori artificiali i quali pajono e non sono. Se tu hai bisogno d'espansione, come lo zampillo di chiara fontana, riversa le tue acque sulle zolle fiorite che la circondano, voglio dire sui cari parenti, sulle persone intime e di antica e provata probità, nè, rimproverata, rispondi con mal garbo, nè voler esser tu mai l'ultima a parlare. Gli è d'uopo estinguere in noi la soverchia suscettibilità, fonte perenne della maggior parte dei guai, e farci piccini riconoscendo la nostra miseria, affinchè essendo gli ultimi in questo mondo possiamo diventare i primi nell'altro, secondo la cara promessa del nostro divin Salvatore. La perdita dei Beni, della sanità, della riputazione, ci colpisce amaramente, la nostra mente si smarrisce, il cuor nostro cade quasi spezzato e dilaniato aspramente?... Oh! Cuore adorabile del nostro Gesù, dateci Voi grazia di pronunciare fiat, ad imitazione vostra, quel fiat che ci faccia accettare le croci, ce ne renda dolce, leggiero, soavissimo il peso! Che se l'animo mio sdegnoso in attesa di grandi occasioni per mostrare e per esercitare il bene, disprezzasse quelle virtù minute che si presentano ogni giorno, ogni ora, anzi ogni istante, fatemi capire la mia somma stoltezza, fatemi capire che in tal modo io perdo meriti immensi! E tu, mia dolce amica, non ti lasciar sfuggir mai la benchè minima occasione di porre una nuova gemma nella splendente corona che ti s'apparecchia nel cielo, moderando il tuo carattere, sacrificando le tue inclinazioni, sopportando senza lagnartene una mancanza di riguardo, uno sgarbo, un disappunto. Quando poi le lacrime ti cadono amare dal ciglio e l'angoscia ti opprime, cerca nell'esercizio della cristiana carità la tua gioja, la tua pace, il tuo conforto, e dagli occhi tuoi sgorgheranno abbondanti le lacrime di consolazione. Oh! prova e vedrai, come alleviando i mali e le miserie altrui saranno addolcite le tue miserie, i tuoi mali! Prova e vedrai quanta virtù e quanta letizia è nel sacrificio e nell'eroismo di dimenticar sè per gli altri!

Pagina 850

Il Sabato è specialmente dedicato alla cara Mamma nostra, e tu non lo lasciar passar mai senza fare qualche sacrificio per amor suo; mortifica le passioni, i sensi, ed abbi cura di privarti di qualche cosa, di fare qualche limosina per la Madonna. Quasi tutte le divote di Maria si astengono in giorno di Sabato dal mangiar frutta, visitano il suo altare, e le accendono un lumicino. Queste sono belle e care divozioni che piaciono assai alla Vergine Santa, e tu non le devi punto lasciare; ma ricordati che esse ti obbligano meno delle virtù positive, vale a dire della lotta contro il proprio carattere, della tolleranza dell'altrui, della vittoria contro le tentazioni che ci sono suscitate fuori e dentro di noi. Quelle divozioni ti sieno care ed abituali, e ti servano come di scala a queste, che è quanto dire alla perfetta osservanza della legge di Dio e della sua depositaria, la Santa Madre Chiesa. Fra il giorno il Madonna, ajutatemi! ti richiami con frequenza al dovere, alla pietà, al sacrificio, e quando l'occhio tuo si abbuja, il Madonna, ajutatemi lo rassereni, e ti faccia, non parere, ma essere veramente angelo nella tua casa, in tutti i tuoi rapporti morali e materiali, religiosi e civili. Nell'orazione della mattina e della sera, nella meditazione, nell'accostarti ai Santi Sacramenti, nelle dubbiezze, nelle gioje, nei dolori, nella stanchezza opprimente del corpo, e più assai in quella dell' anima, ricorri alla Madre del buon consiglio, alla Madre consolatrice degli afflitti, alla Vergine purissima, ed il suo nome sarà balsamo benefico a tutte le tue piaghe, indirizzo infallibile a' tuoi passi, gioja suprema nell'anima tua. Un mese dell' anno, il più bello, tu già lo dedichi a Lei, ascoltando devote prediche, leggendo devote preghiere, praticando ogni giorno una virtù, e facendo per amor suo una mortificazione; oh! conserva questa santa consuetudine, comunicala agli altri; ma non un momento solo ti sfugga di mente che gli è il cuore ch'Essa vuole; ch'Essa vuole una pietà vera, soda, capace a riversarsi sugli altri, giovevole non a te soltanto, ma a quanti hanno teco qualche rapporto di parentela, d'amicizia, di sudditanza o di gratitudine. Ti sia cara l'immagine della Madre del Cielo, tienila sempre con te, vicina a te, davanti a te, e non solo accanto al tuo letto, ma presso al tuo tavolino da lavoro o da studio, essa brilli come faro luminoso ad indicarti la via da percorrere. Dove c'è Maria, c'è Gesù. Per noi cristiani, Maria è la più grande di tutte le creature, appunto perchè Madre dell'Umanato divin Verbo; a chi ti accusasse di superstizione, rispondi che tu non presti la tua venerazione al simulacro, bensì a Colei che esso rappresenta, ed a far capire viemmeglio questa verità ripeti un fatto narratomi dal Missionario del nostro prezioso motto: Madonna, ajutatemi! Nella casa di Nazaret in Milano, or son pochi anni, una fanciulletta toscana, e credo lucchese, di soli due lustri, si trovava in fil di vita, e trasportata da uno slancio di amore, chiedeva a viva voce il suo caro Gesù: le vien presentato il Crocifisso, ed essa, baciandolo, e dolcemente respingendolo poi, ancor più forte esclama: Io voglio il Cristo vivo, lo voglio vivo, e sì dicendo volava al Cielo ad abbracciar vivo quello che era il suo ultimo e supremo sospiro. Nelle preghiere d'ogni giorno devi innestare fedelmente il Rosario, che quasi rosajo perennemente fiorito profumerà le tue azioni tutte, se in recitarlo mediterai o almeno terrai dinanzi alla mente i Misteri santissimi, i principali di nostra Santa religione. Sii santamente divota dei Cuori di Gesù e di Maria, poni il tuo nome sotto la valevole e potente loro protezione; con Maria pensa a riparare il Cuore del nostro Redentore, delle offese che riceve di continuo nel Santissimo Sacramento; fatti collaboratrice dell' opera santa della riparazione, e cerca di guadagnare non solo colle preghiere, ma altresì colle opere molte anime a Dio. E... prima di chiudere questo libro, nel quale ho lavorato con tanta trepidanza e con tanto amore, lascia ch'io ti rivolga una preghiera ed insieme una promessa; lascia che col cuore sulle labbra io imprima un caldissimo bacio sulle tue labbra verginali, t'incoraggi a proseguire santamente la tua carriera, se già sei buona; ti ecciti a far ritorno a Dio, se sei fuorviata, assicurandoti che le lacrime dell'innocenza e quelle della penitenza si fondono insieme nel Cuore SS. di Gesù. Ora, eccomi a farti una calda preghiera. Se tu hai ricavato alcun frutto dalle parole che Iddio m'ha suggerito pel tuo bene, leva a Lui un pensiero, un sospiro per me; supplicalo affinchè segnando altrui la via che a Dio conduce, non la smarrisca miseramente,... ed io ti prometto che delle mie preghiere e delle poche mie opere buone terrò sempre a parte le mie care lettrici, benchè non le conosca, non le veda, non possa sperare di vederle mai più! Oh! no, sarebbe troppo penoso questo pensiero! io lo respingo, non lo voglio un momento solo albergar nella mia mente e nel mio cuore; no, io voglio conoscerti, abbracciarti teneramente un giorno... Cara Madre Maria, Voi che mi amate con un amore tenerissimo, e ch'io amo e voglio amare con tutte le potenze del mio cuore fino all'ultimo respiro, per riamarvi con maggior ardore lassù nel Cielo, fate, deh! fate, io Ve ne prego, che nessuna di quelle damigelle cui è passato per mano questo povero libro, vada perduta, e che nella celeste Sionne io pure salga ad incontrarle. Oh! cara Madre, se Voi col vostro divin Figlio mi chiudete anche presto e subito gli occhi, alla vostra chiamata sono pronta, io vengo; sì allorchè mi volete io vengo. Ma prima per pietà, benedite il Sommo Pontefice; benedite il pio e santo Prelato che m'ha suggerito questo lavoro, il Direttore della mia coscienza che mi ha accompagnato in esso, il Censore ecclesiastico, e tutte quelle esimie persone che mi hanno detto coraggio, e tutte quell'anime buone che mi hanno ripetuto coraggio. Mia cara Madre, benedite, Ve ne prego, colei che mi è madre quaggiù, colei che mi ha insegnato ad amarvi; benedite e date l'eterno riposo al mio caro genitore, che sulla terra ha dedicato il suo cuore e la sua penna a beneficare la società; guardate con uno sguardo di protezione il mio dilettissimo consorte, il fratello, le sorelle, i parenti tutti; e la benedizione vostra ricada copiosa sui miei amici, sulle figlie della carità, su tutte le case religiose, sui missionarj, su quelli che credono, su quelli che non credono e su tutto il genere umano! Cara Madonna, ajutatemi ad allargar tanto le braccia da stringere in un solo affettuosissimo amplesso tutti quanti gli uomini, e se questa mia mano dovesse scrivere un dì la benchè minima parola contraria alla religione mia santissima, ed al culto ed all'obbedienza ch'io debbo alla Santa Chiesa ed all'infallibile suo Capo, lasciate, sì lasciate che questa mano isterilisca, inaridisca... Santa Maddalena, il cui nome io porto indegnamente, e pur m'è tanto caro, Voi che udiste dalle labbra del Salvatore quelle stupende parole: T'è molto perdonato perchè hai molto amato, comunicatemi il vostro amore, il vostro spirito di penitenza, e fatemi diventar santa sulle vostre orme. Angelo mio Custode, Angell santi del Cielo, pregate il vostro e mio Gesù, la Santa sua Madre, ed intercedete il possente ajuto del Patrono della Chiesa, il glorioso San Giuseppe, affinchè a me, alla mia famiglia, ed alle care damigelle che hanno piamente ascoltato i miei consigli, siano aperte le porte della celeste Gerusalemme, ed a me ed a esse sia detto dal gloriosissimo nostro Redentore: Venite, benedette dal Padre mio, prendete possesso del regno, preparato a voi fin dalla fondazione del mondo.

Pagina 879

Clero, sia fra il popolo, i quali letta la tua opera stimarono che tu abbi perfettamente soddisfatto al proposito e di larghe lodi accumularono il tuo libro. Per la qual cosa, sebbene le gravissime e molteplici nostre cure non ci abbiano permesso finora di scorrere il libro da te offertoci, tuttavia questa comune sentenza di personaggi prudenti e probi non può a meno di conciliarti anche le nostre lodi, anzi di suscitare il desiderio che ti adoperi di restituire a chi te lo ha donato, il talento a te concesso per l'utilità del prossimo, accresciuto ancora con più fecondo frutto di scritti non dissimili, e ti guadagnerai così per sempre una più splendida corona di gloria. Implorando intanto larghissimo frutto spirituale a questo tuo lavoro, come auspice di esso e qual pegno della Nostra paterna benevolenza con tutto l'affetto, o Filia Diletta in Cristo, ti impartiamo l'Apostolica Benedizione. Dato in Roma presso San Pietro 13 Giugno 1881. Il quarto anno del nostro Pontificato. LEONE P. P. XIII.

Pagina I

Galateo popolare

183513
Revel Cesare 1 occorrenze
  • 1879
  • Vinciguerra
  • Torino
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Abbi di te, diciamo al padre, si elevata idea e conduci in modo la vita, che i figli, dalle nobili tue azioni ritraggono il modello del loro futuro; pensa che i figli sono la miglior parte di te medesimo, alla quale è raccomandato l'onore del tuo nome e la tua potenza morale sulla terra, che per essi vi può essere l'ospedale e la prigione. Amali perciò nell'ordine, interessali all'ordine, in affettuose cascaggini non li idolatrare. Abbiamo da Numa, doversi dai genitori ai figli una affezione illuminata, una severa educazione ed ottimi principii. E' dovere che tu li corregga con giusta tolleranza pensando che tu stesso provetto nella vita per vecchi incentivi, tuttodì arrossire dovresti innanzi a loro, e tramare che sia per essere la loro inesperienza in futuro pari alla tua passata. Nel correggerli, attendi ove il possa, che in essi non meno che te sia cessata la passione, se desideri che il loro cuore fatto compunto, confessi l'errore al cospetto della ragione. Scruta il nascente loro carattere, quali siano le buone e quali le cattive inclinazioni e saggiamente provvedi. Frua. Il marito e il padre. L'uomo si ammoglia per avere dei figli e questi sono la cosa più cara che Iddio gli concede quaggiù. Il credeste? Sonvi pure quei disgraziati cui manca il buon senso e la educazione, la gentilezza di costumi e la civiltà che si reputano sventurati perchè hanno figli, e per annunciare che loro è nato un bimbo dicono « mi è accaduta una disgrazia. » Curane piuttosto con ogni sollecitudine la educazione morale e giunti in età di scegliere una professione, rispetta la loro vocazione; trattandosi poi di figlie, non crederti lecito, come molti parenti fanno, di destinarle lo sposo; più che a te, padre sconsigliato, deve convenire alla figlia, ricordando di quali e quanti guai è fonte un matrimonio che non abbia per base l'affetto e la stima. Ecco quanto t'insegna il grande apostolo Mazzini: Amate i figli che la provvidenza vi manda; ma amateli di vero, profondo, severo amore; non dell'amore snervato, irragionevole, cieco, che è egoismo per voi, rovina per essi. In nome di ciò che v'è di più sacro, non dimenticate mai che voi avete in cura le generazioni future, che avete verso quelle anime che vi sono affidate, verso l'Umanità, verso Dio, la più tremenda responsabilità che l'essere umano possa conoscere; voi dovete iniziarle, non alle gioie o alle cupidigie della vita, ma alla vita stessa, ai suoi doveri, alla legge morale che la governa. Poche pochi padri, in questo secolo irreligioso, intendono, segnatamente nelle classi agiate, la gravità, la santità della missione educatrice: poche madri, pochi padri pensano che le molte vittime, le lotte incessanti e il lungo martirio dei nostri tempi sono frutto in gran parte dell'egoismo innestato trenta anni addietro nell'animo da madri deboli o da padri incauti i quali lasciarono che i loro figli s'avvezzassero a considerare la vita non come dovere e missione, ma come ricerca di piaceri e studio del proprio benessere. Per voi, uomini del lavoro, i pericoli sono minori; i più fra i nati da voi imparano pur troppo la vita dalle privazioni. E minori sono dall'altra parte in voi, costretti dalla povera condizione sociale a continue fatiche, le possibilità di educare come importerebbe. Pur nondimeno potete anche voi compiere in parte l'ardua missione. Lo potete coll'esempio e colla parola. Lo potete coll'esempio: « I vostri figli saranno simili a voi, « corrotti o virtuosi che sarete voi « stessi virtuosi o corrotti. « Come mai sarebbero essi onesti, pietosi, « umani, se voi mancate di probità, se siete « senza viscere pei nostri fratelli? come « reprimerebbero i loro grossolani appetiti, se « si vedono abbandonati all'intemperanza? « come serberebbero intatta l' innocenza « nativa, se voi non temete d'oltraggiare « davanti ad essi il pudore con atti indecenti « o con oscene parole? « Voi siete il vivente modello sul quale « si formerà la pieghevole loro natura. « Dipende da voi che i vostri figli riescano « uomini o bruti ». E potete educare colla parola. Parlate loro di patria, di ciò che'essa fu, di ciò che deve essere. Quando la sera, dimenticate, fra il sorriso della madre e l'ingenuo favellìo dei fanciulli seduti sulle vostre ginocchia, le fatiche della giornata, ridite ad essi i grandi fatti dei popolani delle antiche nostre repubbliche: insegnate loro i nomi dei buoni che amarono l'ltalia e il suo popolo e per una via di sciagure, di calunnie e di persecuzioni, tentarono migliorarne i destini. Instillate nei loro giovani cuori, non l'odio contro gli oppressori, ma l'energia di proposito contro l'oppressione. Imparino dal vostro labbro e dal tranquillo assenso materno, come sia bello il seguire le vie della virtù, come sia grande il farsi apostoli della verità, come sia santo il sacrificarsi, occorrendo, pei propri fratelli. Infondete nelle tenere menti, insieme ai germi della ribellione contro ogni autorità usurpata o sostenuta dalla forza, la riverenza alla vera, all'unica autorità, l'autorità della virtù, coronata dal genio. Fate che crescano, avversi egualmente alla tirannide e all' anarchia, nella religione della coscienza inspirata, non incatenata, dalla tradizione. La nazione deve aiutarvi in questa opera E voi avete, in nome de'vostri figli, diritto di esigerlo. Senza educazione nazionale non esiste veramente nazione.

Pagina 15

Galateo ad uso dei giovietti

183999
Matteo Gatta 1 occorrenze
  • 1877
  • Paolo Carrara
  • Milano
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Ma abbi il riguardo di pigliarne uno alla volta, rifuggendo dal brutto esempio di coloro che non sanno leggere un giornale se non ne tengono innanzi uno o due come di riserva e di scorta. E nel dubbio che altri, com'è naturale se ne valga, ricorrono a puerili e sconvenevoli gherminelle: o nascondono il foglio in seno a quello che stanno leggendo, o vi pongono su il pugno, o lo fanno scomparire colla destrezza d' un giuocatore di bussolotti, per poi tirarlo in luce e spiegarlo al al momento opportuno. E v'ha colui che, entrato in caffè, confisca una mezza dozzina di giornali d'ogni specie e li pone a fascio sul proprio tavolino. Son cose ben fatte? Certo che no. Il caffè è luogo dove non si conoscono privilegi, dove c' è perfetta uguaglianza: e siccome leggere nello stesso tempo parecchi giornali è impossibile, il galateo prescrive di accontentarsi di uno solo per volta, anche nello scopo che nessuno abbia a restarne privo. Così pure non vuolsi tener occupato un foglio oltre i limiti della discrezione, specialmente se reca notizie che stuzzicano la generale curiosità. Vanno quindi noverati tra le persone incivili coloro che, non paghi di assaporare adagio adagio dalla prima all'ultima parola un ampio diario, ne interrompono spesso la lettura per confabulare con questo e con quello, avviar dispute, dilungarsi in commenti, come se il foglio fosse di loro proprietà o non avesse a servire per nessun altro. Non tutti hanno i medesimi gusti. Quelli che, invece di squadernare giornali, si piacciono di raccogliersi in crocchio a contar novelle e trattenersi in lieto chiacchierío, se la godano pure a loro voglia: solo abbiano l'avvertenza di non frastornare chi legge con risa incomposte e clamorose, coll'alzar troppo la voce, col parlar tutti insieme. La persona educata, ponendo piede in un caffè o consimile ritrovo, fa un leggiero saluto col cappello e lo ripete nell' andarsene. Inutile dire che il saluto dovrà essere più gentile se vi hanno signore. È debito di quanti sono in caffè il corrispondere all'atto cortese.

Pagina 133

Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

188769
Pitigrilli (Dino Segre) 10 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
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Abbi indipendenza di giudizio, esprìmiti con parole tue, non impiegare formule; ribèllati alla ser- vitù delle cerimonie convenzionali e dei riti; trascriviti in un quaderno tutte le frasi vuote di idee e i gesti vuoti di contenuto che osservi nella società, e applica il tuo senso critico non dico nell'irriderli clamorosamente, ma nel non adottarli e nel non ripeterli. Ciò che ti dà fastidio nelle usanze sociali ripudialo, per non contribuire anche tu alla sua diffusione e al suo mantenimento». Non voglio dire con questo che si calzino scarpe di tela bianca sotto il frac o che si metta un berretto da ciclista sopra uno smoking, né che quando si è invitati a pranzo in una famiglia di milionari ci si faccia precedere da una dozzina di ova invece che da un mazzo di fiori, in una malintesa applicazione del senso pratico che indica come prodotti di maggiore utilità i commestibili che le orchidee. La prima regola del manuale di buone usanze d'oggi è il rispetto delle opinioni e delle suscettibilità ereditarie altrui. Ma la seconda regola del mio manuale consiglia di sciogliere, senza scandalizzare nessuno, le bende e i papiri degli antichi pregiudizi e delle non giustificate suscettibilità. Ho conosciuto una dama della vecchia aristocrazia che per bollare d'infamia un borghese, professore d'università, raccontava che camminando sul marciapiede di via Veneto, a Roma, quel giovane signore stava dalla parte del muro, per cedere a lei la destra, e non sapeva, l'ignorante, che è la signora quella che deve camminare dalla parte del muro. Tre o quattro secoli di pregiudizio pesavano sulle bianche spalle aristocratiche, mentre il senso realistico guidava i passi del giovane professore. La signora pensava, come le sue remote antenate, che a una donna si doveva cedere la parte più alta della strada - le haut du pavé. - E dimenticava che questo riguardo era doveroso quando le strade delle città, ai tempi del Cardinale Richelieu, erano depositi immondi di spazzatura e di fango, in mezzo ai quali scorreva un rigagnolo, e che perciò la parte più alta, ai due lati della strada, era la più praticabile. I marciapiedi delle nostre città hanno soppresso quest'inconveniente e sono così larghi che non si sa dove finiscano e dove cominci la carreggiata, e quando il tempo è bello è altrettanto bello per l'uomo quanto per la sua delicata accompagnatrice, e quando piove, piove ugualmente, come dice la Sacra Scrittura sul giusto e sull'ingiusto. Ebbene, quel signore, ribelle, o semplicemente inosservante delle antiche regole, conosceva l'origine delle antiche usanze e andava - contro il muro - secondo la modernità edilizia del secolo. La maggior parte delle usanze insensate e ingiustificabili si ripetono e si protraggono per far sapere al prossimo che non si ignorano. I libri che le insegnano e le raccomandano mi fanno pensare a quelle grammatiche che riportano nelle prime pagine i nomi di strumenti che oggi non si usano più: il temperino, il maledetto e inevitabile «canif» delle grammatiche francesi, l'ossessionante «cortaplumas» delle grammatiche spagnuole, che se serviva a tagliare (cortar) le penne (las plumas) quando si scriveva con la penna d'oca, appartiene ormai al museo delle antichità, come l'armamentario per filare delle nonne delle nostre bisnonne, e come le smoccolatoie (mouchettes, despabiladeras) che pendevano dalle lampade a olio, e delle quali non è rimasta traccia ai tempi dei raggi infrarossi e della luce diffusa.

Abbi una conversazione rosea e celeste. La suocera e la matrigna sono due manovelle dormienti nel cuore di tutte (TUTTE!) le donne, e pronte a mettersi in movimento più tardi. Abbi l'abilità di fare credere che la tua anima sia rosa e celeste come la tua conversazione, e che quelle manovelle della matrigna e della suocera siano latenti in tutte le giovinette, eccetto che in te.

Pagina 125

Se càpiti in una di quelle comiche repubblichette sudamericane dove i portalettere non sanno leggere e le guardie municipali vanno a piedi scalzi sotto l'uniforme, abbi l'eroismo di sostenere che le scarpe sono antigieniche e che i portalettere lavorano splendidamente di intuizione. Non occuparti di politica locale. Se parli bene dell'uomo politico del momento, il tuo interlocutore reagirà esaltando quello di domani. Di qualunque mole siano le scelleratezze di quello di ieri, fingi di non esserne informato o di credere che i giornali esagerino, e lascierai così al tuo contradittore un abbondante materiale per la sua eloquenza. Se hai il sangue freddo di tacere e di presentarti come acefalo, il tuo silenzio ti farà passare per lo straniero ideale, che non si interessa di ciò che non lo riguarda. Se vai a Napoli non dire a un napoletano che stavano meglio sotto i Borboni. Te lo dirà lui. A Trieste, non dire a un triestino che la città e il porto erano prosperi sotto gli Austriaci; te lo dimostrerà, col lapis alla mano, lui. Ad Atene non accennare allo splendore della Grecia antica; fai l'elogio della Grecia moderna, se non vuoi che l'ateniese che ti offre un gelato in Odòs Athinà ti convinca che i suoi contemporanei Proxenetakis e Semiparanoikopoulos sono più eccelsi di Pericle e di Solone. Se proprio non sai di che cosa compiacerti, proclama le virtù diuretiche ed emmenagoghe dei cocomeri di Kalamatas, che avrebbero fatto la felicità di Demostene e di Aspasia. L'ultima Regina di Spagna, che era inglese, si giocò la popolarità presso gli «aficionados» - che glielo dimostrarono lanciandole una bomba - per essersi coperta gli occhi davanti a un toro che sbudellava un cavallo. A uno spagnuolo non dire che le corride sono uno spasso crudele. Te lo dirà lui appena sarete in confidenza, salvo a mettere bene in chiaro che chi non è spagnuolo non può capire la corrida, ad ammettere che il sangue inferocisce gli uomini e le donne, e a dirti che ha due «entradas» per «los toros» di domenica, uno per lui e l'altra per te. In Inghilterra non domandare mai perchè una nazione così progredita possa mantenere la forca, condannare alla pena di morte non solo l'assassino ma anche il suo complice che fu estraneo al fatto, e mandare i poliziotti disarmati. Se ti sei imbattuto in un inglese di idee avanzate, le tuo osservazioni lo convertirebbero nel più incancrenito conservatore, e la stessa signora Robertson (o Richardson) Forse non è nemmeno Richardson, ma visto il risultato che ottiene... che a ogni impiccagione sbraita contro la pena di morte, ti risponderebbe con le parole di Alphonse Karr: «Sopprimere la morte, d'accordo! Ma che i signori assassini comincino». Attenzione a non invertire i termini: in Argentina non parlare di «fazenda» e di «fazendeiros»; nel Brasile non parlare di «estancia» e di «estancieros». Il termine «restaquères», usatissimo a Parigi per indicare i cafoni sudamericani arricchiti con mezzi equivoci e con pretese di eleganza chiassosa, in Sudamerica non è molto gradito. In Germania puoi dire che il processo di Norimberga fu una mostruosità giuridica, che l'inflazione del marco fu una fregatura universale, che la prima guerra l'ha voluta Guglielmo, che la seconda l'ha voluta Hitler, che la prossima è desiderata da tutti. In Germania puoi dire ciò che vuoi, perchè ti daranno ragione e ti domanderanno se al tuo paese c'è bisogno di binoccoli prismatici o di materiale plastico, e se hai l'indirizzo di qualche commerciante serio e solvibile al quale scrivere a nome tuo. A un Austriaco non dire «voi, tedeschi», e tanto meno «Hitler era mezzo austriaco». Se parli di musica di Strauss, attenzione a non confondere Richard («Salomé») con Johann («il Bel Danubio Blu»), né con Oscar (Straus con una sola S), che cullò la tua giovinezza nel «Sogno di un Valzer». Insistere esageratamente sui valzer viennesi ti tirerebbe addosso una conferenza su Mozart, Schumann, il festival di Salisburgo e le facilitazioni alberghiere e ferroviarie. Con i Russi: solo i Russi sanno preparare il té. Con i Napoletani: solo i Napoletani sanno far cuocere gli spaghetti. Non dire mai a Napoli che i maccheroni li importò Marco Polo dalla Cina. A Bologna: la cucina bolognese è la prima cucina al mondo. In Sardegna: il poeta Sebastiano Satta è più grande di Giosué Carducci. In Sicilia: Pirandello è più vivo che mai. (In qualunque altro paese puoi dire che Pirandello è superato e in piena decadenza). A Milano: «chissà perchè il panettone di Milano sanno farlo solamente a Milano?» La stessa domanda puoi formularla a Torino (basta cambiare la città). Se vuoi lasciare il vantaggio all'interlocutore locale, permettigli di spiegarti che «dipende dall'acqua». Ti racconterà che un confettiere milanese, con farina milanese, ova milanesi, uva passa milanese, operai milanesi e forno milanese è andato a fare i panettoni di Milano in America, e i panettoni non gli sono riusciti. Dipende dall'acqua. Ma non dirlo tu che «dipende dall'acqua»; il tuo contraddittore replicherebbe che dipende dall'aria, perchè il Milanese si era portato anche l'acqua di Milano. In Svizzera: il famoso lago della Svizzera Francese si chiama «Lago di Ginevra» a Ginevra e «Lago Lemano» a Losanna. Non fare dello spirito sugli ammiragli della marina svizzera. Nel Belgio: in nessun paese del mondo le sigarette sono a buon mercato come nel Belgio. A ogni cittadino di Bruxelles (si pronuncia Brussell) dirai che parla il francese come un parigino. Questo lo renderà felice, e vorrà essere fotografato al tuo braccio sotto la statua idraulica di Manneken-Pis, che dai tempi di Luigi XV fa ininterrottamente pipì in faccia agli uomini. Il che, dopo tutto, è ancora più serio che farsi fotografare sotto la statua della Libertà.

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Ma se proprio sei decisa a invitare in casa tua - articolo settimo - abbi almeno la precauzione di radunare persone che già si conoscano e abbiano un minimo di affinità mentale. Il vecchio sistema di alternare un signore e una signora è infondato, a meno che la tua non sia una casa di appuntamenti o un'agenzia matrimoniale. Due uomini politici cóllocali a grande distanza, per evitare che improvvisino un meeting: due cacciatori cóllocali vicini, in modo che si smaltiscano a vicenda le loro eroiche fanfaronate, senza che l'uno affligga l'uditorio con le virtù del suo setter, e l'altro con la precisione del suo fucile o la furberia dei coccodrilli del lago Tanganika. Se c'è un poeta, sistemalo fra due donne belle e analfabete (non scarseggiano mai), così gli impedirai di toccare il più impopolare di tutti gli argomenti: la letteratura.

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Quando qualcuno ti dice che non dimostri i tuoi anni, abbi la convinzione che quel signore mente. I tuoi anni li dimostri. Al massimo, ne puoi dimostrare di più, ma non di meno. C'è della gente che invecchia prima del tempo; nessuno che ringiovanisca. Il fisico si deteriora come un motore d'automobile e come il fondo dei calzoni. Il dietista e l'igienista possono insegnare i mezzi per accumulare meno colesterolo nelle arterie e ritardare l'arteriosclerosi, questo erudito pseudonimo della morte, ma occorre una ginnastica morale e intellettuale per mantenere fino a tarda età l'elasticità dello spirito. Accanto allo specialista nelle malattie della vecchiaia, gerontoiatra, ci vorrebbe un istituto di profilassi contro il deterioramento delle maniere, del modo di parlare, di giudicare, di vivere socialmente. Se questo istituto avrebbe successo, non so. Oserei dire di no, ed ecco perchè: In un negozio di libri usati ho comperato un volume d'occasione, di un professore francese, a proposito della vecchiaia. Non contiene macchie di saliva tabaccosa né cenere di sigaretta, né peli, né capelli. Il suo primo proprietario doveva essere un vecchio pulito. Il margine di ogni pagina è pieno però di punti interrogativi ed esclamativi, di correzioni di date e di errori di stampa. Il margine dei libri è per certi lettori come il terreno riservato al pubblico, oltre la rete, dal quale gli scalmanati lanciano ingiurie e bottiglie, convinti che loro, al posto dei giocatori, avrebbero fatto di meglio e di più. L'anziano lettore che ebbe fra le mani il libro prima di me, ha un'idea fissa: non tollera che l'autore esca dal tema. L'osservazione a margine più frequente è: «Ma questo non c'entra con la vecchiaia», Come se l'autore e il libraio lo avessero frodato sulla qualità e sul peso. In un libro nel quale l'autore segnalò la petulanza e la ostinatezza come difetti dei vecchi, il vecchio lettore ha lasciato la dimostrazione autografa di non correggersi delle proprie manìe nel momento stesso in cui un autorevole scrittore gliele segnala. Probabilmente però quello scrittore non si faceva illusioni sul proprio insegnamento, e poichè non me le faccio nemmeno io, darò alcuni consigli, lasciando, come sempre un largo margine alla mia pagina, affinchè il lettore possa scrivere qua e là «cretino» e controllare con le eleganti volute dei suoi punti interrogativi l'uniforme emissione di anilina violetta dalla sua matita a sfera. Se siete già vecchio, non leggete più avanti. Oramai è fatta. Troppo tardi per correggervi; i miei insegnamenti vi serviranno quando verrete al mondo un'altra volta, come dicono le portinaie e i teosofi. Io parlo ai giovani, a coloro che non si sono ancora anchilosati nelle abitudini e nei malvezzi mentali. O giovane, prepàrati fin da giovane a essere un vecchio insopportabile. Evita tutti gli atteggiamenti che, combinati con gli anni, faranno di te il classico vecchio, il vecchio-tipo, il vecchio-standard, il vecchio-fesso. A vent'anni, non parlare di te; se parli di te nella verde età, sarai un giovanotto noioso; più avanti negli anni sarai «un vecchio». Non essere un «raseur» in francese, un «latoso» in spagnuolo, un «attaccabottoni» in italiano. Le tue attrattive giovanili ti renderanno provvisoriamente tollerabile e forse anche ricercato, ma gli acidi inesorabili degli anni ti trasformeranno per corrosione in un vecchio noioso, e, brevemente, in un «vecchio». Non raccontare aneddoti. Fin che sei giovane, la memoria ti preserverà dal ripeterli alla stessa persona. Con l'affievolirsi della memoria ti ripeteresti, arrivando persino a farlo apposta, per una specie di pigrizia mentale e di compiacimento. Ho conosciuto un vecchio diplomatico, che narrava come se si fossero svolte in presenza sua, una serie di facezie più o meno storiche, che si trovano raccolte nei soliti libretti di aneddoti, e faceva proprie le risposte che questo o quell'uomo illustre diede a questo o a quel personaggio insigne. Mentre egli infilava una storiella dopo l'altra, i suoi due nipoti, un giovinetto e una signorina, si scambiavano occhiate e sospiri, e si domandavano: - Che aneddoto è? il trentasette? - No, il trentasette è ancora da venire. Questo è il ventuno. Trentasette è quello di Victor Hugo e la marmellata. Con un po' di pazienza, dopo un tempo indeterminabile sentivamo arrivare anche la marmellata di Victor Hugo. Non raccontare come hai perso una causa in tribunale, come sei stato danneggiato nella ripartizione di un'eredità, come fu ingiusto il destino in un concorso, come te la sei cavata miracolosamente in un esame, come hai tappato con una geniale risposta la bocca a un prepotente, né come sei stato eroe. Calcola che i nove decimi virgola qualche cosa di ciò che è accaduto a te non interessano nessuno. I tuoi epici trionfi sono una ben povera cosa agli occhi altrui. Non parlare dei tuoi professori, dei tuoi compagni d'armi o di lavoro con coloro che non li hanno conosciuti. Non volgerti a contemplare il passato prossimo per non contemplare più tardi il trapassato remoto. Ogni cinque anni una legione di attori, di direttori d'orchestra, di avvocati formidabili, di uomini politici eccelsi e di scrittori scende nell'oblìo. L'inviato speciale e il corrispondente viaggiante che brillano per la loro fulmineità di captazione e per l'elettricità del loro stile, hanno la vita di un giorno, del giorno in cui appare la loro corrispondenza da Batavia o da Tangeri; una settimana dopo la loro morte, più nessuno se ne ricorda. Il vecchio che rimastica i meriti degli attori, dei cantanti, degli avvocati, dei giornalisti della sua epoca, non fa altro che emettere dei nomi privi di risonanza nel cuore della generazione successiva. Quando a Londra incontri un sudamericano che ti racconta che il famoso Perez ha fatto un colpo di stato contro il famoso Gomez, il quale aveva tradito il famoso Gonzales, anche se a costoro sono stati eretti dei monumenti e ingombrano volumi interi negli an- nali del loro Paese, per i tuoi orecchi i loro nomi non sono altro che rumori. La stessa impressione dà il vecchio quando parla degli uomini e delle donne del suo tempo. I loro nomi non sono nomi, ma sbavature di nomi, agli orecchi di chi non li ha mai conosciuti. Sii ottimista generoso disinteressato, per non divenire un vecchio amareggiato risentito carogna. Evita i pettegolezzi, che con l'autorità dei capelli bianchi diventerebbero calunnie. A dieci anni si incomincia a invecchiare fisiologicamente; a venti, psicologicamente, sentimentalmente; è questa seconda vecchiaia quella che deve preoccuparti; è la morte dello spirito quella che deve farti paura. L'altra no. L'altra colpisce i vecchi di 85 anni come i giovani di 15, con mezzi diversi. A 85 anni è difficile che si muoia buttandosi da un trampolino di Palm Beach per brillare agli occhi di una massaggiatrice. A 15 è facile morire per aver mangiato 48 ova sode, o per aver trangugiato 15 bottiglie di birra o ballato per tre giorni ininterrottamente. Ciò che cambia con gli anni è semplicemente l'occasione e il modo di morire. Ma il decorso della vecchiaia è uguale per tutti. Per essere un vecchio presentabile al disopra dei sessanta, basta cominciare a non assumere le maniere di un vecchio al disotto dei venti.

Pagina 243

E se sei una signorina, abbi lo spirito gaio; ti servirà, prima che per la vecchiaia, per la tua carriera di moglie. Diceva il saggio Indiano Manù «Una donna sterile deve essere sostituita l'ottavo anno; quella i cui bambini sono tutti morti, il decimo anno; quella che non mette al mondo che delle femmine, l'undicesimo; e quella che parla con acredine, sui due piedi». I mariti delle donne acide di oggidì non possono più metterle fuori di casa, ma escono loro, i mariti, e rientrano alle quattro del mattino, un po' stanchi, dopo aver passato la notte in chissà quali filosofici studi.

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Abbi sempre una opinione. A chi ti presenta il menu, invitandoti a scegliere, non rispondere: «io prendo ciò che prende lei». Se ti domandano quale té vuoi, Ceylon e Cina, rispondi Cina, o rispondi Ceylon, oppure rispondi che non prendi té, ma non dire mai «per me fa lo stesso».

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Lo zio si strinse nelle spalle, dandosi per vinto, e confessò: - Abbi pazienza, ma questa non l'ho capita. Un duello recente fra due giornalisti parigini cominciò con un «calembour» che l'altro non capì, o comprese a modo suo. Replicò con un altro «calembour» che, per un perverso gioco di coincidenze, non piacque al primo. Si spiegarono sul terreno. Duello alla pistola. Come tutti i duelli alla pistola doveva finire zero a zero, o al massimo, con la morte di un passero che curiosava da un albero o con un proiettile nel cappello a cilindro di uno dei testimoni. Questa volta il destino volle fare dello spirito anche lui, e tutti e due gli avversari risultarono feriti. Ma il peggior castigo dello spiritosissimo a ogni costo, gli tocca quando va all'estero. Al di là della frontiera lo spiritosissimo non fa ridere. Sulla sua valigia di fuochi d'artificio c'è un divieto di importazione. Gli attori che mettono in scena commedie straniere sono costretti a dare grandi sciabolate di lapis rosso, perchè «qui questa battuta non sarebbe capita».

Pagina 322

Abbi un orologio in cucina e un cronometro nella sala da pranzo. A tavola, quando ci sono degli invitati, marito e moglie evitino le conversazioni su argomenti casalinghi: II marito: - Carletto ha sei anni. La moglie: - Cinque. E' nato nel dicembre del '52. Fai il conto: 53, 54, 55, 56, 57... Il marito: - Ma siamo nell'ottobre: gennaio, febbraio, marzo... Ti ho dato un campioncino delle discussioni fra marito e moglie davanti a estranei, che sclassificano una tavola, una compagnia, una famiglia e sono una prova definitiva di cattiva educazione. Marito e moglie non si rivolgano la parola l'un l'altra, se non in occasioni eccezionali e per dirsi l'indispensabile. E' a questo o a quel commensale che ci si deve dirigere con una saggia oculatezza distributrice.

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Ma se capiti in uno di quei restaurants di lusso, dove ci sono due orchestre, una classica e una sincopata che si alternano, e una non ha ancora finito che già comincia l'altra, abbi la prudenza di collocarti lontano dalle sorgenti sonore. Indietro, indietro, vicino alla porta. Meglio sarebbe fuori della porta. Meglio di tutto, entrare nella trattoria bolognese di fronte.

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La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192004
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 3 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
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  • UNICT
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Abbi per prima e fermissima regola di non mai eccedere in essi, e di non mai abbandonarti ai brutali godimenti del mangiare e del bere; giacchè a ben altre cose siam nati e a ben altro Dio, che il ventre non è, dobbiamo servire. L'intemperanza snerva il corpo, distrugge la sanità, ottunde l'ingegno, abbatte l'animo, corrompe i costumi. Le temperanti ragazze non sono ghiottone, e si contentano di cibi semplici; imperciocchè quanto più un cibo è composto ed artefatto, altrettanto più indigesto diventa; non s'impinzano di cibi, ma quando sono satolle non si sforzano più a mangiare, ancorchè si trattasse di cibi molto appetitosi. Voi potete mangiare fintantoché siete sazie, cioè finchè avete appetito: mangiate solamente adagio, ma non tanto da recar nausea a chi vi vede; il cibo acquista il primo grado di digestione in bocca, purchè lo mastichiate bene e sia abbondantemente inzuppato di saliva; se l'appetito vi manca non mangiate nè bevete, imperciochè il vostro corpo allora non ne ha bisogno; non è ciò che mangiate che vi dà la vita, ma ciò che digerite. Talora avete un appettito morboso che potete distinguere facilmente dalla difficoltà che troverete a digerire; in questo caso dovete essere moderatissime e consultare il medico. Procurate di serbare un certo ordine nei vari pasti che fate nella giornata, e di noi mangiare tutti i momenti come fanno i polli, razzolando ogni ora, perciocchè questo vi gioverà molto per conservarvi in salute. Non mangiate subito dopo che avete sofferto un dispiacere, o l'animo vostro è agitato per qualche altra causa, ne dopo un esercizio corporale un po' violento, ma aspettate prima che ritorni la calma. Dopo il pasto astenetevi per un po' di tempo da ogni esercizio intellettuale o corporale troppo attivo: dopo il pranzo o la cena è buon costume lo stare in piedi o passeggiare lentamente e lietamente conversando: del resto il miglior moto é quello che si fa prima di pranzo e tre ore dopo. Chi non mastica bene il cibo difficilmente digerisce; le lente digestioni non solamente sconcertano lo stomaco, ma producono ancora certe esalazioni che imbiancano la lingua ed infettano i denti di certa materia detta tartaro o gromma, il quale li investe e nuoce allo smalto di essi; esso si forma pure nelle lunghe diete e quando per alcuna causa non si mastica che da un lato. Ma il tartaro non è la sola causa del guasto dei denti, sonovi altre ancora, come il rompere noccioli e simili, lo stuzzicarli con spilli acuti di ferro è peggio di ottone, si che talora le gengive sanguinano; e così gli acidi, come l'agro del limone, l'agresto, le frutta immature, tutto ciò insomma che vi allega i denti. Essi ne tolgono il liscio, ne lasciano aspra la superficie e la corrodono. Aggiungete ancora il masticare spesso confetti, e specialmente quelli che sono mescolati con materia tenace, e lo zucchero a lapilli, l'abuso dei liquori fermentati e dei cibi troppo salati, il bere freddo o ghiacciato, che mozza i denti dopo aver mangiato vivande calde; l'andare al freddo e prender aria fredda quando la testa cola di sudore. Per conservare adunque i denti bisogna che vi guardiate dalle dette cause, che togliate assiduamente col dentelliere i residui degli alimenti rimasti frammezzo di essi, perché non si putrefacciano; che ve li laviate sovente adoperando anche la setolina che conoscete, particolarmente al mattino e dopo il mangiare, non con quei certi specifici da cerretani, che sono o inutili o nocivi, ma con acqua pura; potete anche stropicciarveli colla polvere di carbone, purché essa sia finissima sì, che non possa rigarli. Se con tutte queste precauzioni v'avviene che si formino tuttavia concrezioni, bisognerà che ricorriate a quei dell'arte, perché esse non sieno causa di certo gemitio che li distacca dalle gengive e che gli scalza cagionando fetore di fiato ed altri malanni. Lo stomaco, perché adempia perfettamente al suo ufficio, non bisogna dargli di più di quello che, giusta le leggi di natura può contenere; sforzandolo smoderatamente s'indebolisce, non può consumare a dovere il di più che ricevette, quindo ne nascono crudezze e cattivi umori elle vie degl'intestini, per cui bisogna prendere purgativi, i quali indeboliscono di loro natura. Il ghiottone dopo il pasto sente un peso nello stomaco, una voglia vomitare, di sbadigliare, di dormire, e la testa grave ed ottusa : che tristo stato è questo! Oh, le mie ragazze, siate adunque temperanti, perchè non lo abbiate a provare.

Pagina 314

Ma abbi per prima precauzione di non aver paura; conserva la tua presenza di spirito per esser pronta a riparare ai danni che possono in tal caso accadere. Finalmente non credere che il temporale si dissipi col bruciare alcuni chicchi di sale o altro sulla paletta ; ma piuttosto prega di cuore il Signore , che te ne salvi.

Pagina 326

Il dì seguente tirò fuori due danari e datili all'ostiere, dissegli « Abbi cura di lui; e tutto quello che spenderai di più, ti restituirò al mio ritorno. Chi di questi tre ti pare averla fatta da prossimo verso colui che diede negli assassini? - E quegli (il dottor della legge ) rispose: « Colui che usò ad esso misericordia ». E Gesù : « Va, fa anche tu allo stesso modo ».

Pagina 36

Galateo morale

196646
Giacinto Gallenga 3 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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Abbi poi ognora presente che uno squarcio in un abito può esser dovuto a disgrazia, ma le macchie portano sempre disonore.

Pagina 129

Che se tuttavia le circostanze ti obbligassero a farlo, abbi cura almeno di non metterle a tavola l'una accanto all'altra, né in prospetto, perché non siano costrette a toccarsi e guardarsi continuamente. I ragazzetti, quando i convitati non siano persone di tua massima confidenza, falli pranzare e sorvegliare in disparte; il frammischiarsi delle loro grida, dei loro giuochi; della loro agitazione ai conversari della compagnia, toglierebbe assai a quella compostezza, a quella moderazione che sono il pregio dei conviti ammodo: d'altronde non è punto né poco necessario che i fanciulli ascoltino certe parole, osservino certi atti non perfettamente misurati che possono sfuggire nell'esaltazione delle dispute, nel riscaldamento quand'anche moderatissimo dei commensali e che perfettamente innocui per gente matura, non lo sarebbero in equal modo pei giovanetti e per le fanciulle. Non ti occuperai unicamente delle persone di maggior grado ed importanza, lasciando le altre in oblìo; queste potrebbero giustamente adontarsi di essere stati invitate unicamente per far numero a tavola e corona a quei pochi cui intendi di onorare.

Pagina 483

Abbi verecondia dell'amico tuo. ISOCRATE - Consigli. La più stretta amicizia non proscioglie dall'osservanza del Galateo. Il nome di amico che viene con tanta leggerezza prodigato non correrebbe così sovente alle labbra, né sarebbe le tante volte una parola vana e bugiarda, se quanti si dicono amici avessero una esatta conoscenza dei doveri che incombono all'amicizia. Fra gli amici hanno ad essere principalmente affetto, stima e cortesia. Pare che gli antichi avessero un'idea alquanto più sana dell'amicizia, poiché Cicerone, a mo'd'esempio, che scrisse un trattato sulla medesima, lasciò scritte molte sentenze che sarebbe pur bene avessero a loro conoscenza coloro che hanno sempre in bocca questa santa parola. «Di tutte le società, scrive egli nei suoi Discorsi, nessuna è più nobile, nessuna è più stabile di quella che esiste fra uomini dabbene, stretti da uniformità, di costumi e da amicizia. E altrove nei Doveri: Niuna cosa è più amabile né che più congiunga che la simiglianza dei buoni costumi». In altro luogo scrive: «che la virtù stessa e generatrice di amicizia; che non vi può essere amicizia fra i tristi, ecc.». Oggidì l'amicizia presso molta gente vale ad indicare, non solamente l'unione stabile, cordiale, virtuosa d'uomini costumati, ma ancora una lega di qualunque natura che venga per un certo tempo - talvolta di pochi giomi, di poche ore - ad esistere fra due o più individui di qualsivoglia carattere, di quali si vogliano principii, di qualunque condotta, di qualunque educazione. È mestieri, in nome della civiltà, in nome della morale rettificano il concetto.

Pagina 82

Signorilità

199531
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 1 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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Abbi fede in tuo marito; egli avrà coraggio per tutti e due. 10. Se si allontana da te, aspettalo. Se sta molto a tornare, aspettalo. Se anche ti abbandonasse, aspettalo; perchè tu non sei solamente sua moglie, ma sei l'onore del suo nome. Ed egli un giorno tornerà e ti benedirà.

Pagina 447