Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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ALLA CONQUISTA DI UN IMPERO

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Salgari, Emilio 2 occorrenze

- Abbi pazienza, signore. Forse si spiegherà meglio. - Surama si era nuovamente alzata ed i suoi sguardi si erano fissati, per la seconda volta, sul ministro. - Tu non sei il sahib bianco - gli disse. - Che cosa fai qui? - Il chitmudgar fece un segno come per dire: - Interroga pure. - No, - disse il ministro - io non sono il sahib bianco, però sono un suo fedelissimo amico. - Perché non vai allora ad avvertire la Tigre della Malesia? - Chi è? - Il più formidabile uomo delle isole della Sonda, - rispose Surama. - Le isole della Sonda! Dove si trovano quelle terre? - Là dove il sole nasce. - Quell'uomo viene dunque da lontano. - Molto da lontano: il Borneo non è vicino all'India. - E che cosa faceva quell'uomo laggiù? - Combatteva sempre. - Col sahib bianco? - No, contro gli inglesi ed i thugs di Rajmangal. - Il ministro che non comprendeva nulla, non essendo gli indiani troppo forti in geografia, guardò il chitmudgar, ma questi gli fece un segno imperioso che voleva dire "continua". - Rajmangal? - proseguì il ministro. - Dov'è? - Nel Bengala - rispose Surama. - Ed il sahib bianco ha ucciso il capo dei thugs? - Non lui: è stata la Tigre della Malesia. - E dov'è questa Tigre? Io non l'ho veduta alla corte del rajah. - Oh no! È nella pagoda sotterranea coi suoi malesi. - Dov'è questa pagoda? - Di fronte all'isola ... a quell'isola dove hanno rubata la pietra di Salagraman. - Chi l'ha rubata? - Yanez. - Ancora questo nome misterioso, - mormorò il ministro. - Chi sono dunque quegli uomini? - Poi alzando la voce proseguì: - Sai il nome di quella pagoda? - No: so solo che è scavata in una collina che strapiomba nel fiume. - Di fronte alla pagoda di Karia, è vero? - Sì, sì, così mi hanno detto. - Chi l'abita? - Degli uomini che non sono indiani. - Molti? - Non lo so, - rispose Surama. - Perché sono venuti qui? - Per la corona. - Quale corona? - Dell'Assam. - Il ministro ed il chitmudgar si guardarono l'un l'altro con spavento. - Una qualche congiura si sta certamente tramando contro il rajah - disse il primo. - Continua a interrogarla, signore - rispose il secondo. - Ho paura di saper troppe cose. - Si tratta forse della vita del rajah. - Il ministro si rivolse verso Surama la quale non cessava di guardare dinanzi a sé. - Signora, - le disse, - chi guida quegli uomini? - Questa volta Surama non rispose. - Mi hai udito? - chiese il ministro. La giovane agitò le labbra come se volesse parlare, poi ricadde pesantemente sul letto, chiudendo gli occhi. - Il sonno l'ha ripresa, - disse il chitmudgar. - Non potrai sapere più nulla, signore. - E domani? - Bisognerebbe somministrarle una nuova dose di bâng e di benafuli, ma io non oserò. - Perché? - Potrebbe non risvegliarsi più mai. Non si può scherzare impunemente coll'oppio. - Ne so abbastanza d'altronde, - mormorò il ministro. - Andiamo ad avvertire subito il favorito e prendiamo le nostre misure per sorprendere quei misteriosi congiurati. Fortunatamente abbiamo i seikki e quelli sono guerrieri che non hanno paura di nessuno. - Date prima i vostri ordini, signore - disse il maggiordomo. - Lasciala riposare tranquilla e se si sveglia trattala coi dovuti riguardi. Può essere sotto la protezione del governatore del Bengala ed il rajah non ha alcun desiderio di far entrare gli inglesi in questa faccenda. Domani puoi venire alla corte? - Sì, mio signore. Ho un fratello che fa il chitmudgar. - Veglia attentamente. - Tutti i servi sono stati armati. - Il ministro uscì accompagnato dal maggiordomo e scese nel giardino che si estendeva dietro alla casa. Otto uomini, tutti armati, stavano intorno ad uno di quei palanchini chiamati dâk con due portatori di torce. - Al palazzo del rajah, - comandò il ministro. - Presto: ho molta fretta. -

. - Abbi un po' di pazienza, fratellino - disse Yanez. - Ditemi ora Eccellenza, faranno delle ricerche per scoprire gli autori del furto? - Metteranno a soqquadro la città intera e lanceranno nelle campagne tutta la cavalleria, - rispose Kaksa Pharaum. - Allora possiamo essere sicuri di non venire disturbati, - disse il portoghese sorridendo. - Sono già le otto: possiamo andare a trovar Surama e fare un giro per la città. Vedremo così l'effetto che avrà prodotto il furto della famosa pietra. - Staccò dalla parete un altro paio di pistole, che si mise nella larga fascia rossa, si mise in testa un elmo di tela bianca adorno d'un velo azzurro, che gli dava l'aspetto d'un vero inglese in viaggio attraverso il mondo e fece atto d'uscire insieme a Sandokan ed a Tremal-Naik che si erano pure provveduti d'armi. - Mylord, - disse il ministro, - ed io? - Voi, Eccellenza, rimarrete qui sotto buona guardia. Non abbiamo ancora terminato le nostre faccende, e poi se vi mettessimo in libertà, correreste subito dal principe. - Io mi annoio qui ed ho molti affari importanti da sbrigare. Sono il primo ministro dell'Assam. - Lo sappiamo, Eccellenza. D'altronde se volete cacciare la noia, fumate, bevete, e mangiate. Non avete altro che da ordinare. - Il povero ministro, comprendendo che avrebbe perduto inutilmente il suo tempo, si lasciò ricadere sulla sedia mandando un sospiro così lungo che avrebbe commossa perfino una tigre, ma che non ebbe nessun effetto sull'animo di quel diavolo di portoghese. Quando furono fuori del tempio, trovarono Kammamuri sempre seduto dinanzi ad un cespuglio, col suo berretto rosso ed azzurro sul capo, il corpo avvolto in un semplice pezzo di tela, con una corona ed un bastone in mano: era il costume dei fakiri biscnub, specie di pellegrini erranti che sono però tenuti in molta considerazione nell'India, avendo quasi tutti appartenuto a classi agiate. - Nulla di nuovo, amico? - gli chiese Yanez. - Non ho udito che le urla stonate d'un paio di sciacalli i quali si sono divertiti a offrirmi, senza richiesta, una noiosissima serenata. - Seguici a distanza e raccogli le dicerie che udrai. Se non potrai seguire il nostro mail-cart non importa. Ci rivedremo più tardi. - Sì, signor Yanez. - Il portoghese ed i suoi due amici si diressero verso un gruppo di palme dinanzi a cui stava fermo uno di quei leggeri veicoli chiamati dagli anglo-indiani mail- cart, che vengono usati per lo più nei servizi postali. Era però di dimensioni più vaste degli ordinari, e sulla cassa posteriore vi potevano stare comodamente anche tre persone invece d'una. Era tirato da tre bellissimi cavalli che pareva avessero il fuoco nelle vene e che un malese penava a frenare. Yanez salì al posto del cocchiere, Sandokan e Tremal-Naik di dietro e la leggera vettura partì rapida come il vento, avviandosi verso le parti centrali della città. I mail-cart vanno sempre a corsa sfrenata come le troike russe e tanto peggio per chi non è lesto a evitarle. Attraversano le pianure come uragani, salgono le più aspre montagne, le discendono con eguale velocità, specialmente quelle adibite al servizio della posta. Sono guidate da un solo indiano, munito d'una frusta a manico corto, che non lascia un momento in riposo, perché non deve arrestarsi per nessun motivo. Quelle corse però non sono scevre di pericoli. Avendo quelle vetture le ruote alte e la cassa senza molle, subiscono dei trabalzi terribili e se uno volesse parlare correrebbe il rischio di troncarsi, coi propri denti, la lingua. Yanez, come abbiamo detto, aveva lanciato quella specie di birroccio a gran corsa, facendo scoppiettare fortemente la frusta per avvertire i passanti a tenersi in guardia. I tre cavalli, che balzavano come se avessero le ali alle zampe, divoravano lo spazio come saette, nitrendo rumorosamente. Bastarono dieci minuti perché il mail-cart si trovasse nelle vie centrali di Gauhati. Yanez ed i suoi compagni notarono subito un'animazione insolita: gruppi di persone si formavano qua e là discutendo animatamente, con larghi gesti e anche sulle porte dei negozi era un bisbigliare incessante fra i proprietari ed i loro avventori. Si leggeva sul viso di tutta quella gente impresso un vero sgomento. Yanez, che aveva frenati i cavalli onde non storpiare qualche passante, si era voltato verso i suoi due amici strizzando loro l'occhio. - La terribile notizia si è già sparsa, - rispose la Tigre della Malesia, sorridendo. - Dove ci conduci? - Da Surama per ora. - E poi? - Vorrei vedere quel maledetto favorito del rajah, se mi si presentasse l'occasione. - Uhm! Sai che il principe non vuol vedere nessun inglese alla sua corte. - Eppure dovrà ricevermi e con grandi onori, - disse Yanez. - Ed in quale maniera? - Non ho forse la pietra in mia mano? - Che diventi un talismano? - Fors'anche di più, mio caro Sandokan. Oh! Che cosa c'è? - Due indiani s'avanzavano fra la folla, l'uno lanciando di quando in quando delle note rumorose che ricavava da una lunghissima tromba di rame e l'altro che scuoteva furiosamente una gautha, ossia uno di quei campanelli di bronzo ornati con una testa che ha due ali e che vengono adoperati nelle cerimonie religiose per convocare i fedeli. Li seguiva un soldato del rajah, con ampi calzoni bianchi, la casacca rossa con alamari gialli e che portava una bandiera bianca con nel mezzo dipinto un elefante a due teste. - Questi sono araldi del principe, - disse Tremal-Naik. - Che cosa annunceranno? - Io lo indovino di già, - disse Yanez, fermando la vettura. - È una cosa che riguarda noi. - I tre araldi, dopo aver assordato i vicini che si erano radunati in gran numero attorno a loro, si erano pure fermati ed il soldato che doveva avere dei polmoni di ferro, si era messo a urlare: "S. M. il principe Sindhia, signore dell'Assam, avverte il suo fedele popolo che offrirà onori e ricchezze a chi saprà dare indicazioni sui miserabili che hanno rubata la pietra di Salagraman dalla pagoda di Karia. Ho parlato per la bocca del potentissimo rajah". - Onori e ricchezze, - mormorò Yanez. - A me basteranno i primi per ora. Il resto verrà più tardi, te lo assicuro, mio caro Sindhia. Quelle però saranno per la mia futura moglie. - Lasciò passare i banditori che avevano ripresa la loro musica infernale e lanciò i cavalli a piccolo trotto, percorrendo successivamente parecchie vie molto larghe, cosa piuttosto rara nelle città indiane che hanno stradicciuole tortuose come quelle delle città arabe e anche poco pulite. - Ci siamo, - disse ad un tratto, fermando con uno strappo violento i tre ardenti corsieri. Si era fermato dinanzi ad una casa di bella apparenza, che sorgeva, come un gran dado bianco, fra otto o dieci colossali tara che l'ombreggiavano da tutte le parti. Solo a vederla si capiva che era un'abitazione veramente signorile, essendo perfettamente isolata ed avendo porticati, logge e terrazze per poter dormire all'aperto durante i grandi calori. Tutte le abitazioni dei ricchi indù sono bellissime e tenute anche con molta cura. Devono avere cortili, giardini, cisterne d'acqua e fontane non solo nelle stanze bensì anche all'entrata e grandi ventole mosse a mano dai servi onde regni una continua frescura. Devono anche avere intorno delle piccole kas khanays ossia casette di paglia o piuttosto di radici odorose, costruite nel mezzo d'un tratto di terra erbosa e sempre in prossimità d'una tank ossia fontana onde la servitù possa comodamente lavarsi. Udendo il fracasso prodotto dai tre cavalli, due uomini vestiti come gl'indiani che però dalla tinta della loro pelle e dai tratti del viso, duri e angolosi si riconoscevano anche di primo acchito per malesi, erano subito usciti dalla casa salutando con un goffo inchino Yanez ed i suoi due compagni. - Surama? - chiese brevemente il portoghese saltando a terra. - È nella sala azzurra, capitano Yanez, - rispose uno dei due malesi. - Occupatevi dei cavalli. - Sì, capitano. - Salì i quattro gradini seguito da Tremal-Naik e da Sandokan e attraversato un corridoio si trovò in un vasto cortile, circondato da eleganti porticati sorretti da esili colonne. Nel mezzo, da una grande coppa di pietra, zampillava altissimo un getto d'acqua. Yanez passò sotto il porticato di destra e si fermò dinanzi ad una porta dove stavano raggruppate delle ragazze indiane. - Avvertite la padrona, - disse loro. Una giovane aprì invece senz'altro la porta, dicendo: - Entra, sahib: ti aspetta. - Yanez ed i suoi compagni si trovarono in un elegantissimo salotto che aveva le pareti tappezzate di seta azzurra ed il pavimento coperto da un sottile materasso che si estendeva fino ai quattro angoli. Tutto all'intorno vi erano dei divanetti di seta, con ricami d'oro e d'argento di squisita fattura, e larghi guanciali di raso fiorato appoggiati contro le pareti onde i visitatori potessero sdraiarvisi comodamente. All'altezza d'un metro, s'aprivano nelle muraglie parecchie nicchie dove si vedevano dei vasi cinesi pieni di fiori che esalavano acuti profumi. Mobili nessuno, eccettuato uno sgabello collocato proprio nel mezzo della stanza su cui stavano dei bicchieri ed un fiasco di vetro rosso racchiuso entro un'armatura d'oro cesellata, e col collo lunghissimo. Una bellissima giovane, dalla pelle leggermente abbronzata, dai lineamenti dolci e fini, cogli occhi nerissimi ed i capelli lunghi intrecciati con fiori di mussenda e gruppettini di perle, si era prontamente alzata. Uno splendido costume tutto di seta rosa, con ricami azzurri, copriva il suo corpo sottile come un giunco, pur essendo squisitamente modellato, lasciando vedere l'estremità dei calzoncini di seta bianca che s'allargavano su due graziose babbucce di pelle rossa con ricami d'argento e la punta rialzata. - Ah! Miei cari amici! - aveva esclamato, muovendo a loro incontro colle mani tese. - Anche tu, Tremal-Naik! Come sono felice di rivederti! Lo sapevo già che non saresti rimasto sordo all'appello dei tuoi vecchi compagni! - Quando si tratta di dare un trono a Surama, Tremal-Naik non rimane inoperoso, - rispose il bengalese stringendo calorosamente la piccola mano della bella indiana. - Se Moreland e Darma non fossero in viaggio per l'Europa sarebbero qui anche loro. - Come l'avrei veduta volentieri tua figlia Darma! - La riceverai alla tua corte, quando tornerà, - disse Yanez. - Orsù, Surama, da' da bere agli amici. Le vie di Gauhati sono molto polverose e la gola si secca presto. - A te, mio dolce signore, il tuo liquore favorito - disse la giovane indiana prendendo il fiasco ed empiendo i bicchieri di cristallo rosa d'un liquore color dell'ambra. - Alla salute della futura principessa dell'Assam, - disse Sandokan. - Non così presto, - rispose Surama, ridendo. - E che! Vorresti tu, piccina, che noi avessimo lasciato il Borneo ed i nostri prahos e gli amici per venire a vedere solamente le bellezze poco interessanti della tua futura capitale? Quando noi ci muoviamo facciamo sempre qualche grosso guasto, è vero Yanez? - Non siamo sempre noi le vecchie tigri di Mompracem? - rispose il portoghese. - Dove piantiamo le unghie la preda non scappa più. Ne vuoi una prova? Abbiamo già nelle nostre mani la famosa pietra di Salagraman. - Quella del capello di Visnù? - Sì, Surama. - Di già? - Diamine! Mi era necessaria per introdurmi a corte. - Ed il merito è tutto del tuo fidanzato, - disse Sandokan. - Yanez invecchia ma la sua straordinaria fantasia rimane sempre giovane. - E potremo finalmente conoscere i tuoi famosi disegni? - chiese Tremal-Naik. - Io continuo a rompermi inutilmente la testa e guastarmi il cervello senza riuscire a trovare alcuna relazione fra quella dannata conchiglia e la caduta del rajah. - Non è ancora tempo, - rispose Yanez. - Domani però saprai qualche cosa di più. - È inutile che tu lo tenti, amico Tremal-Naik, - disse Sandokan. - Noi ne sapremo qualche cosa quando sarà giunto il momento di rovesciare contro le guardie reali i nostri trenta uomini e di sguainare le nostre scimitarre. È vero, Yanez? - Sì - rispose il portoghese, sorridendo. - Quel giorno non sarà però molto vicino. Con quel Sindhia dovremo procedere molto cautamente. Non dobbiamo dimenticarci che siamo soli qui e che non possiamo contare sull'appoggio del governo inglese. Non dubitiamo però sull'esito finale. O Surama riavrà la corona o noi non saremo più le terribili tigri di Mompracem. - Ah mio signore! - esclamò la giovine indiana fissando sul portoghese i suoi profondi e dolcissimi occhi. - Tu la dividerai con me, è vero? - Io! Sarai tu, fanciulla, che me ne darai un pezzo. - Tutta insieme al mio cuore, Yanez. - Sta bene, aspettiamo però di levarla, dalla testa di quel briccone. Pagherà ben cara la cattiva azione che ti ha usata. Lui ti ha venduta come una miserabile schiava ai thugs per fare di te, principessa, una bajadera; un giorno venderemo anche lui. - Purché non faccia la fine della Tigre dell'India, - disse Sandokan con accento quasi feroce. - Ci sarò anch'io quel giorno! -

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