Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbeverato

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In Toscana e in Sicilia

245867
Giselda Fojanesi Rapisardi 1 occorrenze
  • 1914
  • Cav. Niccolò Giannotta, Editore
  • Catania
  • Verismo
  • UNICT
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Quella sera dunque Beppe, che non ne poteva più, mi disse serio serio: - Nena, quando avrò abbeverato le bestie e chiusa la stalla, vieni dietro casa, guarda che nessuno ti veda; ti voglio dire una parola. - Io ci andai, e Io trovai che mi aspettava. Quando mi rivide, mi venne incontro, e pigliandomi per mano, mi disse risoluto: - Senti, Nena, io ti voglio un bene dell'anima, e mi sono avvisto che anche tu me ne vuoi. Sei una bella ragazza, hai sedici anni, e presto presto qualche giovinotto del vicinato si farà avanti e vorrà venire a veglia da te.... questo io non lo potrei sopportare.... la idea che tu prenda marito e che tu esca da questa casa, mi fa diventar matto di dolore e di gelosia.... impegnamoci dunque; ci conosciamo da tanti anni, siamo ormai avvezzi a stare insieme.... ci troveremo contenti di certo.... eh! che ne dici? - Figurati, - risposi io senza mezzi termini, tanto ero sicura di lui - non desidererei niente di meglio, perchè ti voglio bene proprio di cuore, ma il tu' babbo non ne vorrà sapere: voialtri siete ricchi, o io non ho che quella casuccia e quelle quattro zolle di terra, e anche, finchè vive la mi' mamma, che Dio la faccia campare cent'anni, appartengono a lei; tu' padre vorrà darti una ragazza con una bella dote. - A questo 'un ci pensare: a dir di sì ci ho da esser io. Tu promettimi di non sposare un altro, di voler bene sempre a me, che al resto ci penserò io quando sarà tempo. Ancora siamo un pò troppo giovani, ma fra un par d'anni, se si campa, metterò carte in tavola, e, o con le bone o con le cattive, il consenso il babbo me lo darà. - Passò un anno - riprese la zi' Nena, dopo un breve silenzio - in cui Beppino e io si fu contenti come pasque: si facevano insieme le faccende per i campi; lui mi risparmiava tutte le faticacce, m'aiutava a caricarmi in testa le grosse rope d'erba o la paniera, quando portavo da mangiare all'opre; insomma, fra noi due era un vero paradiso. Ma siccome ci dev'esser sempre qualcosa contraria, perchè la contentezza non sia troppo grande, avevo lo struggimento di vedere che Girolamo, mentre diventava sempre più cattivo con la mi' mamma, che era tanto buona, faceva sempre più il tenero con me, e quella tenerezza, a dirvela schietta, mi garbava poco.... A questo punto la Nena si fermò come incerta se dovesse andare avanti, o se saltare qualche fatto, il cui ricordo la turbava; poi scosse le spalle e riprese: - Un giorno, che la mamma era andata in chiesa e che Beppino aveva attaccato il carro per andare a prendere un carico di fieno, Girolamo mi capitò improvvisamente in camera: - Nena - mi disse - sei sola? ci ho piacere, perchè ti voglio dire una cosa - e prendendomi per la vita, mi dette un bacio proprio sulla bocca, io mi svincolai tutta stizzita e gli gridai; - sapete un pò com'è? gli è tempo che la facciate finita con le vostre carezze e con i vostri baci; non sono più una citta, e voi non siete il mi' babbo, avete capito? - Appunto perchè non sono il tu' babbo, te le fo queste carezze. Nena, tu mi piaci, e tu mi piacesti appena ti vidi, ma allora tu eri troppo tenerina; sposai la tu' mamma per tirarti su a briciole di pane, e perchè tu non mi scappassi. Ora ti dichiaro che ti voglio per me, hai capito? e che non ti lascerò sposare nessuno.... - Mi fate schifo - gli urlai io - se vi arrischierete ancora a dirmi di queste cose, dirò tutto alla mamma e me n'andrò di casa, a costo d'andar per serva.... - Ora dici così - riprese lui calmo, sorridendo - ma poi cambierai idea: della tu' mamma non me n'importa un fico; che cosa mi può fare? andarsene? buon viaggio; se mi leva l'incomodo mi fa un piacere. Pensa che son ricco, ricco più di quanto t'immagini, e che ti ricoprirò d'ori, ti farò un bel vestito di seta color petto di colombo; ti comprerò i pendenti e il vezzo di corallo arrotato, e ti farò dare dalla Lucia il bel vezzo di perle di numero, che le regalai quando venne sposa... La Nena s'interruppe per riprender fiato; le ragazze che l'ascoltavano, fremevano; i giovinotti, scettici, sorridevano sotto i baffi; si capiva che non erano poi tanto inorriditi da ciò che la donna narrava. Questa riprese: - Ebbe il coraggio di dirmi ancora: - Ti prenderò una serva e non farai più faccendacce; lavorerai quando ne avrai voglia. Ti lascio per oggi: pensa a quel che t'ho detto: fra qualche giorno mi darai la risposta - Se n'andò fuori di casa, e io mi buttai attraverso il letto piangendo come una vite tagliata. Girolamo ormai aveva buttato giù buffa e le mie paure non erano senza un perchè - Che cosa farò? dov'è un'altra creatura più disgraziata di me? - pensavo, singhiozzando - Alla mamma non posso dir niente, perchè morirebbe di dolore; a Beppe neppure, per non metter su il figlio contro il padre... Ah! citte mie fu un momento terribile; con quel birbone non ci volevo più stare.... Pensa, pensa, mi venne un'idea: quando tornerà all'assalto per aver la risposta, gli dirò che faccio all'amore con Beppe, e che ci siamo promessi di sposarci; starò a vedere se avrà il cuore di rovinare chi ha giurato d'esser la moglie del su' figliolo! Poera giucca! facevo i conti senza l'oste; quell'uomo era un vero demonio, e quando s'era ficcato in testa una cosa non c'era verso di smoverlo. Lo seppi poi, che di questi capricci ne aveva avuti più d' uno, e che la su' prima moglie, poera donna, era morta martire. Intanto io messi le mani avanti e confessai alla mi' mamma che facevo all'amore con Beppe, che tutti e due ci si voleva bene e non ci si sarebbe lasciati per tutto l'oro del mondo. La mi' pòra mamma non mi parve punto meravigliata, anzi si mostrò contenta, dicendomi: - Vedi, Nena, quando acconsentii a sposare Girolamo, lo feci, più che altro, con la speranza che tu e Beppe un giorno vi sareste sposati e che, oltre ad avere un marito ricco e buono, tu saresti stata sempre con me. Spero che anche Girolamo ne sarà contento. Così mi disse la bon'anima, ma io la supplicai di non dir niente al su' marito - tanto, ancora è presto; Beppe è troppo giovane per tôr moglie; glielo diremo a suo tempo. - E venne, pur troppo, il tempo di dirgli tutto.... Una mattina, era di lunedì, me ne rammento come se fosse ora, Girolamo si levò dicendo che aveva un gran mal di capo, e che perciò non poteva andare al mercato: - Ci andrai tu, Lucia - disse alla moglie - con Beppe, in calessino, per riscuotere i quattrini dei buoi - Quella poera donna, che ubbidiva sempre senza fiatare al marito, fece di sì col capo, si vestì e se n'andò, dopo avermi raccomandato di badare al desinare e alla cena. Io 'un n'ebbi ne anche la forza di rispondere; avrei voluto correrle dietro, attaccarmi a lei, e scongiurarla di non lasciarmi sola in casa con quel birbone, ma me ne mancò il coraggio. Appena furono partiti e che si fu perso di vista il calesse, Girolamo, che era rimasto sul palchetto che dava nell'aia, entrò in cucina e venne verso di me. - Cì siamo! pensai tremando - infatti mi si piantò davanti con le braccia incrociate sul petto dicendomi: - Ci hai pensato a quella cosa? che risposta mi dai? - Ci ho pensato, e vi dico che vi onoro e che vi rispetto come un padre. - Noe, noe ; ma che padre! Voglio che tu mi consideri come il tu' marito, capisci? - Voi siete il marito della mi' mamma e..... - Non potevo continuare, perchè la bile, il dispetto e la paura mi mozzavano la parola; e lui ebbe il coraggio di aggiungere: - Marito della tu' mamma non son più... io la sposai per aver te. - O sentite, allora metterò carte in tavola - gli dissi io, guardandolo bene in faccia, risoluta - sappiate che non vi posso patire, e che mi siete stato esoso fin dal primo giorno che v'ho conosciuto; vi rispettavo perchè eri il marito di quella povera donna, e perchè siete il padre di Beppe, col quale faccio all'amore da più d'un anno...., gnor sì, e ci vogliamo un ben dell'anima e abbiam giurato di sposarci... Non l'avesse mai detto! Pronunziate che ebbi queste parole, Girolamo diventò livido, con gli occhi che gli schizzavano veleno, mi si avventò come una bestiaccia feroce, gridando: - Ah: sgualdrinella, mi disprezzi perchè sei innamorata di quel bardassa di Beppe? La vedremo... hai giurato di sposarlo? e io ho giurato che devi esser mia, e ti piglio senza il tuo permesso... Allora m'acchiappò tutta una bracciata, ma io, che avevo il falcino ancora infilato nella cintola del grembiale, lo tirai fuori e glielo messi sotto il mento, dicendo: - se non mi lasciate subito, vi taglio la gola come è vera la Madonna Santissima - e l'avrei fatto, ve lo giuro. - E avreste agito bene - esclamarono tutti ad una voce gli ascoltatori, che pendevano commossi dal labbro della zia Nena. - Ma lui, vedendo che non facevo celia, non intese a sordo, e mi lasciò, dandomi uno spintone e urlando come un lupo affamato queste improperie: - Cialtrona, morta di fame, pretendi di sposare il mi' figliolo tu? tu che ho raccolta in casa mia per carità?... Levatelo dalla testa sai? perchè piuttosto lo strozzerei con le mi' mani. E così dicendo, furibondo, staccò lo schioppo a due canne dal muro, se lo messe ad armacollo e andò giù per i campi; non lo rividi più fino a sera. Figuratevi con che cuore stetti io tutto il giorno!... Avevo perfino paura che avesse preso lo schioppo per ammazzare la mi' mamma e Beppe. Quando questi due tornarono a casa, venne subito anche lui per pigliarsi i quattrini dei buoi venduti; ma con un viso che faceva spavento. Non volle cenare dicendo che gli continuava il mal di capo, e se n'andò in camera sua. Io, a cena, mi sforzavo di mangiare, ma mi faceva fogo, e i bocconi non m'andavano nè in su, nè in giù; pure cercavo di parlare, per non far conoscere il mio turbamento. Ma da quel giorno incominciò una vita d'inferno: lui era sempre più cattivo e ci faceva patire di tutti gli stenti; stava di continuo alle calcagna di me e di Beppe, perchè non ci si trovasse soli, e la sera poi mi rinchiudeva in camera. Beppe, benchè l'avessi fatto sconsigliare dal sor Priore, buon'anima, al quale m'ero confessata, volle parlare un giorno sul serio a su' padre per chiedergli il consenso di sposarmi. Girolamo lo trattò di tutti i vituperî, e perchè lui si piccava a dirgli che in tutti i modi mi volea sposare, gli mise le mani addosso e lo picchiò come un cane, tanto da costringerlo a stare a letto un giorno. Il ragazzo non si rivoltò perchè era bòno e timorato di Dio, ma se la legò al dito e prese la risoluzione d'andar via di casa e di star lontano fino a che non avesse venticinque anni compiti. Allora m'avrebbe potuto sposare senza il consenso del padre, e si sarebbe andati a stare nella nostra casina; la mamma, se avesse voluto, sarebbe venuta a star con noi. Io intanto non avevo svelato il mio orribile segreto a nessuno; il sor Priore me lo aveva messo a scrupolo di coscienza; diceva che non si deve mai aizzare il figliolo contro il padre, e la moglie contro il marito. Gli diedi retta, stetti zitta, ma quanti bocconi amari dovetti ingollare, citte care, anche ora che son vecchia, se ci penso, mi viene la pelle d'oca. - Dovete sapere - riprese la Nena - che intorno a quel tempo scoppiò la guerra nelle Lombardie; dicevano che bisognava mandar via i tedeschi e che dopo si sarebbe stati tutti tanto bene.... lo queste cose non le capivo, ma da Arezzo e dai paesi vicini venivano dei signori che parlavano come tanti avvocati, per arrolare quelli dei nostri giovinotti che se la sentivano d'andar volontari alla guerra per salvare la patria, come dicevan loro. Un giorno, che per caso Girolamo si era un po' allontanato, Beppe mi disse: - Nena, oggi faccio un ultimo tentativo col babbo, o lui mi dà il permesso di sposarti, o io vado alla guerra, perchè così non si può più andare innanzi: lui è cattivo con te, con la Lucia e con me, un giorno più dell'altro; ci tratta male, ci fa lavorare come ciuchi dandoci da mangiare appena, tanto da cavarci la fame quando si e quando no. La tu' mamma regge l'anima co' denti, e tu sei diventata come una candela di cera. Quando non ci sarò più io, se proprio non vuol piegarsi a lasciarci sposare, vi tratterà meglio di certo. Io piansi, lo pregai, lo scongiurai, gli dissi che piuttosto sarei andata via io, che avrei cercato un servizio, ma che per carità, non parlasse d'andare alla guerra, che se gli fosse capitata una disgrazia, sarei morta di dolore e di rimorso. Fu tutto inutile: per quanto dicessi e facessi, non mi riuscì di smoverlo. - Senti, Nena - mi disse con le lagrime agli occhi - giurami su questa medaglia benedetta che teneva al collo la mi' pòra mamma, che se tornassi dalla guerra con un braccio, una gamba, o, che so io, un occhio di meno, tu mi sposerai lo stesso, e che se i' morissi non sposerai nessuno... Allora parto contento; tu patirai, ma non morirai, perchè di dolore non si more. Aveva ragione: è proprio vero, di dolore non si more. - E a questo punto, due lagrimoni scesero sulle belle gote bianche e ancora fresche, della zia Nena; indi continuò : - Io giurai, piangendo come un'anima disperata, tutto quello che volle lui, poi ci si abbracciò stretti stretti, e ci si diede tanti baci... erano i primi e... furon gli ultimi. Quando la sera, Beppe disse a Girolamo che se non gli dava il consenso di sposarmi sarebbe andato alla guerra nelle Lombardie, quello gli rispose: - Va', va' pure; te lo potrei impedire, ma non ci penso neppure... Un mangiapane di meno in casa; va', va' dove vuoi, anche all'inferno, ma quella cialtrona morta di fame, finchè ho gli occhi aperti io, non la sposerai, se credessi di strozzarvi tutt'e due con le mi' mani. Io ero dietro l'uscio e sentii tutto. - Beppe uscì fuori, bianco come un cencio, che tremava come una foglia, ma senza dire una parola: mi strinse forte forte le mani, scappò via... e non l'ho più rivisto! Ci fu un momento di silenzio: eran tutti commossi. Dopo un po' la zia Nena riprese: - quando, il giorno dopo, ebbi la certezza che Beppe era partito per davvero, corsi dal sor Priore a dirgli che non volevo più stare in quella casa maledetta, ma lui mi sgridò dicendomi: - O non hai cuore per la tua povera mamma? Avresti il coraggio di lasciarla sola, nelle mani di quell'omaccio? Via, pensaci un po'. - Sor Priore - risposi io - se Girolamo mi strapazza e mi maltratta, non me ne curo, patirò tutto per amore della mi' mamma, ma se ricomincia a darmi noia, ora che non c'è più Beppe, e pretende ch'io gli dia retta, che cosa devo fare? - Raccomandati alla SS. Vergine, lei t'aiuterà, non dubitare; poi vieni da me nel caso, e vedremo. Girolamo diventò sempre peggio, sempre più sorgnone, burbero e sgarbato, bensì non mi parlò più mai di quel che temevo: era invecchiato, stava male in gambe, e spesso avea dei giramenti di capo che lo facevano andar in terra di botto. Beppe fece scrivere due volte al sor Priore, pregandolo di salutarmi e d'aver compassione di me. Poi non se ne seppe più nulla fino al giorno in cui venne la nota dei morti a Curtatone... l'ho sempre tenuto a mente questo nome! Beppe era stato uno dei primi a cadere! Quel che io patissi non ve lo starò a dire, immaginatelo voi. Girolamo non parlò più: era diventato di pietra. Una notte scese dal letto e cadde tutto un tonfo in terra: era morto d'un accidente, salvando! O fosse il rimorso o altro, si trovò in un cassetto il suo testamento, fatto dopo la morte di Beppe, in cui lasciava tutto il suo alla moglie. Ecco perchè ho del ben di Dio, ma ho mantenuto il mi' giuramento, non ho preso marito, sebbene, come vi dicevo, l'abbia più volte trovato.- Le ragazze erano commosse ; i giovinotti lodavano la zia Nena per la sua fedeltà; e le mamme facevano mille ri- flessioni, e qualcuna pensava: - a chi lascerà tutto il suo quando morirà? - La zia Nena intanto era immersa nei dolorosi ricordi della sua triste gioventù che col suo racconto aveva rievocati; ad un tratto si scosse: era tardi; il lume a mano minacciava di spegnersi, perchè l'olio era un pezzo giù: - Figlioli, è tempo di svegghiare e d'andare a letto: buona notte. Tutti rincasarono quella sera, contro il solito, in silenzio.

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