Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il romanzo della bambola

245553
Contessa Lara 1 occorrenze
  • 1896
  • Ulrico Hoepli editore libraio
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
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Il corpicino di lei, coperto, come aveva detto il mercante, d'una sottile pelle rosata, con le sue molle per giunture e un meccanismo nella pancia che le faceva dire due parole, a uso pappagallo, s'era completato con una testolina d'una leggiadria rara, abbellita da due larghi occhi azzurri di vetro. E quando ella ebbe su le spalle quella testolina dalla folta capigliatura bionda come il grano, sentì di aver acquistata un'anima; un'anima piccola, sì, molto soffocata tra la segatura che le riempiva il corpo, e impotente a manifestarsi in un movimento spontaneo, nella più leggiera vibrazione de' muscoletti di acciaio, ma, in fine, un'anima che aveva sensazioni piacevoli e dolorose, sentimenti d'affetto e d'avversione; qualche cosa tra l'anima de' fanciulli e quella delle povere bestie, che nè anch'esse possono parlare. A mano a mano che l'avevano vestita e fatta bella, la pupattola avea capito di poter fare un giorno o l'altro buona figura nel mondo; intorno a lei, nell'accomodarle addosso stoffe di seta e trine, c'era chi aveva detto: - È una principessina! - Allora, se lo confessava, le era venuta un po' d'ambizione; e l'ambizione era cresciuta quando ella fu posta quasi al centro della vetrina sfolgorante di luce, dove era rimasta esposta quattro o cinque sere davanti al pubblico estasiato della sua personcina. Guardava gli altri fantocci con superiorità. Non erano, certo, le contadine brianzuole quelle che potevano rivaleggiare con lei! Una marchesa del settecento appariva gentile nel suo gonnellino drappeggiato a fiorami e nastri rosei; una suora della carità era un modello d'esattezza, quanto al costume; ma la monaca, povera, s' intende, come tutte le monache, non aveva corredo; la marchesa aveva un lettino, non altro; Io scimiotto... Oh, lo scimiotto era un giocattolo per un maschio: come il cane barbone, come la carovana dei Beduini e tanti, tanti altri giocattoli. Dunque, lei era lì in mezzo una principessina; questo era vero; e non si curava di certe occhiate un po' canzonatorie che le dava il vecchietto dall'oriolo, scrollando il capo bianco davanti alla superba creaturina. Erano venute, in que' giorni, parecchie signore con delle bambine vogliolose a domandar di lei, ma nessuna se l'era portata via; a causa del suo prezzo, enorme per una pupattola. Chi, dunque, poteva essere il signore che l'aveva comprata? Pareva buono, e doveva esser più ricco di molti altri; sopra tutto si vedeva ch'egli adorava la sua figliuoletta, se per lei non badava a far certe spese. E la bambina, come l'avrebbe trattata? Purché non le avesse fatto troppo male! Le tornava in mente, a questo proposito, che nel nativo laborotorio, mentre la stavano vestendo, era stata riportata una bambola comprata due giorni avanti, alla quale la piccola padrona aveva aperto la pancia con le forbici, per vedere che cosa la facesse parlare quando le si tirava lo spago. Aveva tutto il ventre squarciato, la poverina, e versava segatura come gli uomini feriti versano sangue. Non si poteva accomodarla che male, disse una lavorante tra le più brave; e la pupattola era stata messa in un angolo, con le braccia aperte, come una morta... Brr! Uno strano brivido senza scossa apparente raggricciava la bella bambola! Dio mio, se anche a lei fosse toccata una sorte cosi infelice, quali sofferenze non viste, non intese, non indovinate da nessuno avrebbe dovuto sopportare. Chi mai, al mondo, sa quanto patiscono tante cose che ci sembrano insensibili? Cosi ragionava, tra' suoi sogni, la bambola, nell'oscurità della scatola, dove giaceva supina, immobile, in un rumore assordante, mentre il treno correva traversando tanto paese. Ogni volta che si fermavano a una stazione, ella credeva d'esser giunta a Roma; ascoltava, attenta, delle voci confuse... Ma no, no, non era Roma. E il treno ripigliava, rapido, il cammino; e il rumore, simile al brontolio cupo del tuono, ricominciava. Come Dio volle venne la volta in cui udì gridare: - Roma! Romaa!! - e di lì a un momento: - Avanti l'uscitaa! Ah, finalmente, erano giunti! La scatola della bambola venne afferrata da una mano ruvida. Era, certo, d'un facchino. - Fate piano! - esclamò la voce del signore che l'aveva comprata. D'improvviso, sonarono dolci parole interrotte da baci, da domande che s'incrociavano: - Babbo mio! - Ben arrivato! - Ben trovate, care! - Come stai? Hai fatto buon viaggio? - E voi, come state? - Come sono contenta, babbo! - Anch'io, tesoretto mio! - È la bambina alla quale son destinata! - pensava la pupattola. - Dimmi, babbo, m'hai portata una cosa bella, bella? - chiese la Marietta quasi a mezza voce. - No, me ne sono dimenticato - le rispose il padre, per celiare. - No, non è vero! Tu non ti scordi di me! - gridò la piccina con accento di sicurezza. Il babbo rideva, ripetendo: - Birichina, Io sai, eh? - È lì dentro a quello scatolone, babbo? - ripigliava la Marietta, messa in curiosità. - Non ti voglio dir nulla. Ora, a casa, vedrai. La carrozza di casa de' Rivani aspettava davanti alla stazione. I signori e la bambina vi salirono in fretta, e vi salì anche la pupattola dentro la scatola, occupando

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