Molti ricchi proprietari di greggi, commercianti di cavalli o di stoffe, chiamavano Sakumat nella loro casa perché abbellisse un angolo, un fondo di portico, o allargasse con i fiori colorati della pittura la luce di un davanzale. Se nessuno avesse richiesto la sua opera, tuttavia, Sakumat avrebbe dipinto ugualmente: perché i pennelli erano per lui come dita, e in ogni pennellata versava dolcemente una goccia del suo sangue. Quanto ai paesaggi che immaginava, chissà dove li aveva veduti: nemmeno lui lo sapeva. Forse non esistevano in nessun luogo del mondo e in nessun sogno umano: però erano, a vederli, come vera terra, toccata e profumata. Piú li si guardava, piú il corpo fuggiva attraverso gli occhi e si trasferiva intero e vivo in spazi colorati e ricchi di pace.