Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbellisce

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Fisiologia del piacere

170658
Mantegazza, Paolo 4 occorrenze
  • 1954
  • Bietti
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
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La fantasia allora ci abbellisce immensamente ciò che veduto nella sua nudità potrebbe appena interessarci un momento, e noi desideriamo vivamente di penetrare col nostro occhio in quelle regioni sconosciute, che sembrano nasconderci tante delizie. Se allora la nostra mano vuole arditamente sollevare il velo che difende il santuario, la donna si difende col pudore, e la calma dignità di un suo sguardo basta a frenare l'indiscreto. Non è che dopo una lunga lotta, ch'essa cede al desiderio acuito da una lunga impazienza, e solleva l'ultimo velo del pudore, sacrificando sull'altare dell'amore un sentimento delicato, che cede soltanto alla prepotenza di una passione irrompente. La sublimità dell'arte dimostrata dalla natura in questo caso è veramente meravigliosa. Essa pone l'uno contra l'altro due esseri di forza molto disuguale, e dispone uno di essi a deludere gli attacchi dell'altro, in modo da cedere a poco a poco il terreno, finchè si dà vinto e, cedendo, sorride del giuoco ameno sostenuto con tanta maestria. Dal primo ardente incontrarsi di quattro occhi amorosi all'ultimo languido abbassar delle palpebre, fra le mille vicende di una sconfitta attesa e desiderata e di una agognata vittoria, il pudore accompagna i due amanti come un angelo, che li segue e li difende, facendo prudentemente da economo e da cassiere a due spensierati, che darebbero fondo in un giorno alle ricchezze di Creso. Egli non si ritira che quando con la sua economia ha potuto concedere la prodigalità di un momento, e il velo del pudore che arde manda un profumo soave che armonizza con tutti gli altri piaceri di quei beati momenti. La natura voleva far brillare un ultimo raggio di poesia sopra un atto meccanico e di necessaria volgarità, e vi riusciva col delicato sacrifizio che la verecondia fa all'amore. Ogni volta che il pudore è sodisfatto nei suoi bisogni, l'uomo prova un piacere che si esprime con un senso di raccoglimento, e che rassomiglia alle gioie che noi proviamo nel riscaldarci a una temperatura tiepida quando si rabbrividisce ancora pel freddo. Nessuno può, senza commuoversi, immaginare il piacere che prova una vergine quando, uscendo dal bagno, si precipita nel lenzuolo in cui si avvolge, rannicchiandosi in se stessa e guardando attorno con aria smarrita e tremebonda. Chi ha veduto la Venere di Canova che esce dal bagno, deve fremere di pudica voluttà al solo richiamarsela alla mente. I piaceri del pudore si esprimono anche col riso, specialmente quando la paura di essere sorpresi in uno stato di nudità indecente scompare ad un tratto. Queste gioie squisite son riservate in tutta la loro purezza al sesso gentile, del quale formano un ornamento prezioso. È con orrore che si vede la donna prostituire il proprio pudore alle libidini più sfacciate. Anche quando questo sentimento arriva ad una suscettibilità morbosa, non può mai dispiacere, perchè è quasi sicura caparra degli affetti più delicati e gentili. La donna che per prima osa fissare gli occhi in faccia all'uomo, o che non arrossisce nel sentire stringersi a lungo la mano da un giovane, mi fa pensare subito ch'essa possa essere un fiore senza profumo. Il sentimento del pudore in tutta la sua perfezione si associa ad alcuni elementi intellettuali, e si compiace non solo della verecondia del corpo, ma anche delle idee, delle immagini e di tutti gli oggetti fisici e morali decenti. Il suo sviluppo è sempre in ragione del progresso civile dei popoli. Ad accennare l'immenso campo che abbraccia questa questione diremo soltanto che tra gli indigeni di Otahiti, che sacrificavano senza scrupoli al dio d'amore innanzi a tutti, e l'Inglese che ha vergogna di nominare il ventre e le mutande, stanno le donne di Musgo, nell'Africa centrale, le quali rifuggono con orrore dall'idea di abbandonare per un sol momento il frac, che copre la parte che sia fra il dorso e le cosce, e lasciano scoperto tutto il resto del corpo agli sguardi dei profani. Così rimangono abbozzati i confini indeterminati di uno dei sentimenti più misteriosi, ch'io definirei volentieri rispetto fisico di noi stessi.

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Tutto ciò che passa attraverso lo spazio e il tempo si depura e si abbellisce: i morti diventano migliori dei vivi, i lontani più grandi dei vicini; tutto ciò che appartiene alla storia è assai più poetico di ciò che è contemporaneo. E ciò deve essere. La memoria non ci conserva che un abbozzo nebuloso e incerto dei nostri piaceri o dei nostri dolori, e la fantasia, dovendo supplire al vuoto che esiste, vi pone i suoi ornamenti più splendidi, le sue gemme più preziose. D'altra parte, tutto ciò che è incerto e che oscilla, che si indovina più che non si veda, che si presenta più che non si intenda, ha sempre una attrattiva particolare che commuove e seduce. Le gioie della memoria intellettuale servono a perfezionare questa facoltà. L'abuso isterilisce la fabbrica delle idee: accumulando troppi materiali, non si lascia più spazio all'officina del pensiero. Vi sono molti eruditi che non hanno mai pensato un'idea che non avessero rintracciata in qualche autore. Essi però, quando sappiano fare buon chilo delle materie che trangugiano, possono essere utili alla società. I piaceri della reminiscenza ravvivano la fantasia, e fanno nascere un culto per il passato, il quale va quasi sempre accompagnato a gusti delicati e gentili. Sono piaceri però che possono andar congiunti all'egoismo, e che si misurano più dalla perfezione dell'intelletto che dalla squisitezza del cuore. Il vecchio dovrebbe goderne più degli altri, perchè ha maggiori tesori da conservare; ma il giovane, avendo una sensibilità più squisita e una fantasia più fervida, li gusta sicuramente con maggiore intensità.

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Essa tocca col suo magico pennello l'umile pietruzza e il colosso delle Alpi, il passero comune e il re della foresta, e abbellisce e sublima tutto col suo tocco miracoloso. In alcuni individui la fantasia prova una vera mania di dipingere ogni cosa, e non appena una sensazione o una idea si riflette nella coscienza, il magico pennello la tocca, e l'oggetto fisico o morale si presenta così vestito quasi in abito di gala. Nulla riesce per essi indifferente, e tutto il mondo passa davanti ai loro occhi come attraverso ad un caleidoscopio. Ma contemporaneamente ogni oggetto, per quanto piccolo e volgare, risente sempre una doppia influenza sotto il tocco della fantasia, riceve una tinta che lo abbellisce, e oscilla in modo da produrre luce e armonia. Dal petalo appassito di una rosa la maga della mente sa trarre un torrente di delizie per il cuore, un volume di soavi ispirazioni; come da un chiodo irrugginito sa con un tocco di verga far scaturire una storia da rabbrividire o da piangere di gioia. Nulla vi ha di sterile e di inutile per la fantasia. Essa trova sempre una miniera o un tesoro in ogni oggetto, e sopra un granello d'arena fabbrica una piramide o un palazzo, che non saprebbero accontentarsi di avere per base un mondo. La fantasia è concessa agli uomini in una misura molto diversa. Alcuni l'hanno così debole e incerta che non ne sentono la presenza, e spesso arrivano al sacrilegio di dichiararsi privi di questa sublime facoltà della mente. Essi rassomigliano all'uomo che si vanta d'essere eunuco. Nei gradi minori questa facoltà impartisce piccole gioie, alcuni minuscoli giuochi di ottica, che si producono combinando in diverso modo le immagini presenti con quelle raccolte dalla memoria. Quando la mente avverte la reazione che lega due idee, delle quali una ha suscitato l'altra, prova il piacere dell'associazione delle idee, nel quale entra, come elemento principale di gioia, la sodisfazione della facoltà di osservare. Moltissimi piaceri prodotti dalla fantasia si possono paragonare a quelli che in piccolo ci procura un caleidoscopio. Essa sa combinare, coi frammenti delle nostre memorie e delle nostre reminiscenze e colle immagini presenti, veri quadri di prospettiva morale, dove tutti gli elementi che concorrono a produrre il bello artistico possono trovarsi combinati in diversa maniera. Ora vi si ammira la semplicità armonica ottenuta con poche tinte e poche linee, ed ora si contempla attoniti l'arditezza di un'immagine straordinaria; or si guardano con compiacenza i mille frastagli degli ornamenti più intralciati e bizzarri; ed ora si provano le vertigini dinanzi a un quadro dove tutti gli elementi del mondo morale si trovano confusi in modo da formare un caos indefinibile, sublime. Le gioie più elevate della fantasia si provano quando essa, con tutti gli artifizi dell'arte, ci presenta vere creazioni, nelle quali i giuochi più bizzarri e miracolosi del panorama, del diorama, della fantasmagoria e del caleidoscopio si combinano coi contrasti di luce più arditi e più vaghi.

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La vostra fantasia vi abbellisce gli oggetti che vi circondano, e vi fa battere il cuore alla magnifica fantasmagoria dei sogni dell'avvenire. L'amore, l'amicizia, la gloria, la scienza, vi fanno trepidare di speranza, e sospirare al pensiero che la vostra vita sarà troppo breve per poter abbracciare e comprendere il mondo che vi circonda. Eppure voi sacrificate tutto questo a un miserabile piacere di pochi istanti, che vi lascia avviliti, stupidi e impotenti di tutto. La lucida intelligenza si oscura, la tenace e pronta memoria della vostra età si fiacca, l'immaginazione non riflette, più nel lucido suo specchio i fulgidi colori delle vostre fantasie, la volontà si spunta; una molesta inquietudine vi tormenta e vi fa penare lunghe ore in uno stato di indifferenza e di ozio intellettuale, che dovreste aborrire più che la morte. Anche il vostro corpo è compagno di dolore al sentimento e all'intelletto: le digestioni si fanno difficili; si provano dolorose sensazioni; spesso si ha la nausea; la pelle, specchio della salute generale, impallidisce; e la fisonomia acquista un tal carattere sbattuto e squallido, che quasi sempre svela la colpa all'occhio di un acuto osservatore. Ma tali incomodi riescono tollerabili, e il giovane si accontenta di passare alcune ore nella sonnolenza o in lievi occupazioni, aspettando che il processo riparatore lo abbia messo ancora in grado di abusar di se stesso. Allora l'organismo abituale in cui vengono tenuti gli organi genitali dalle lascive immagini della mente lo fa ricadere nella colpa. Altre volte lo scoraggiamento e l'impotenza di eccitare altre sensazioni per le quali si richiederebbe tutta l'energia, trascinano al malaugurato piacere onde provare una scossa e sentire di vivere. Una vita passata fra occupazioni languide, fra lunghe ore di sonno o di sonnolenza, fra momenti d'ira e di dispetto, e segnata qua e là dalle abitudini sozzure, è miserabile e vile. Voi tutti che, incatenati dai pregiudizi, vi siete chiusi nell'angusto sentiero di una vita modellata dalle esterne circostanze che vi ballottano e vi urtano; voi che vivete senza esservi mai domandato perchè e a che vivete, voi che non siete che morte cifre nella formula di una generazione; continuate pure nelle vostre abitudini depravate, dacchè non potete intendere gioie più elevate o men basse. Ma tutti voi altri che avete infrante le catene del pregiudizio e salendo sulle alture del pensiero spaziate libero lo sguardo sull'orizzonte che vi circonda; voi che intendete la sublime voluttà del pensare, e che indirizzate la vostra vita ad uno scopo, come la religione, la scienza, la gloria o l'affetto; per quanto vi è sacra la vostra dignità di uomo, non cedete ad un vizio che vi farebbe precipitare dall'alto, e vi spezzerebbe fra le mani quelle armi, con le quali dovete combattere i formidabili nemici che ingombrano la via del vero, del bello e del buono. Se ancora non conoscete i solitari piaceri, non tentateli affatto, perchè la prova sarebbe pericolosa. Se fatalmente li imparaste a conoscere in un'età nella quale l'intelletto era ancora bambino, combattete il nemico coll'arme più potente concessa all'uomo, colla suprema facoltà della sua mente: la volontà. Educate questa potenza preziosa: vogliate tutto ciò che è difficile a conseguire; vogliate combattere ciò che è quasi invincibile: vogliate fabbricarvi la vita fin dove in natura ve lo concede; e allora proverete la sublime compiacenza dell'aver voluto e dell'aver vinto, la quale vale assai più del sacrifizio dei fremiti più voluttuosi. Se la natura non vi ha concesso che un fiacco volere, associatevi ad altri, confidate il vostro segreto ad un amico, unitevi a lui per vincere il nemico, e rendetevi degno di una delle vittorie più difficili.

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