Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbellire

Numero di risultati: 6 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

La fatica

169764
Mosso, Angelo 1 occorrenze
  • 1892
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
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Egli comprende che la trepidazione vostra non nasce dalla incertezza del pensiero, che anzi vi anima e vi trascina la foga delle idee, e che cercate solo la forma più esatta per rivestire i vostri concetti, per abbellire colla parola un pensiero lungamente accarezzato. Sono queste le ore che vi ringiovaniscono, in cui sentite il fuoco sacro della scuola; in cui avete la certezza che nessun trattato, nessun libro può supplirvi ed eguagliarvi nell'efficacia dell'educare. I concetti, le idee nuove espresse da voi in quel momento, dalla voce che sentite risuonare nell'aula, dischiuderanno nuovi orizzonti nelle menti dei giovani che vi ascoltano, e dureranno in alcuni di essi come un ricordo affettuoso per tutta la vita, e vi rallegra la speranza, che forse da una di quelle fronti giovanili irradierà la gloria, alla quale voi avete aspirato invano.

Pagina 272

Fisiologia del piacere

170072
Mantegazza, Paolo 5 occorrenze
  • 1954
  • Bietti
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
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Quando esso non ha un fine diretto, contribuisce ad abbellire la vita e quindi concorre al fine supremo di far amare l'esistenza e di difenderia da potenze avverse. Quando invece il piacere è causa o effetto di un male, noi ci troviamo in condizioni patologiche. Nel primo caso l'uomo, essendo libero, usa di un bene, del quale può fino ad un certo punto disporre, e quindi presenta un fenomeno di patologia morale. Nel secondo caso, invece, una lesione organica dei centri sensorii o dei nervi periferici inverte l'ordine delle cose e fa sorgere un piacere dalla presenza di male. Ecco quindi stabilite due classi di piacere, cioè i fisiologici e i patologici. I primi sono conformi alle leggi ordinarie dell'organismo, e quindi anzichè offenderlo, tendono a preservarlo e migliorarlo; mentre i secondi costituiscono sempre una deformità o una malattia. Questa distinzione ci sarà resa più chiara dai casi particolari. I piaceri non esistono per sè, ma sono stati d'animo e di corpo delicati e misteriosi, che noi non conosciamo che a mezzo della nostra coscienza; essi sussistono isolati, ma formano dei momenti o dei fenomeni semplici della vita, e per poterli studiare è opportuno dividerli in varie classi, prendendo per base della classificazione le fonti dalle quali essi provengono.

Le gioie dell'amore sono feconde di tante delizie, che possono bastare molte volte ad abbellire un'esistenza, e a fissare lo scopo ad una vita. L'influenza però di questi piaceri non si può assolutamente determinare in un modo generale, perchè varia in mille guise, secondo la varietà che presenta questo sentimento così multiforme. In generale però tendono a renderci egoisti, perchè ci sono tanto cari, che la sola idea di restarne privi ci fa paura, e noi difendiamo spesso il nostro tesoro con vero furore. Qui però entriamo già nel campo della patologia. L'amore è il sentimento che più d'ogni altro distribuisce inegualmente i suoi tesori, mostrandosi or prodigo ed ora avaro, a seconda di una folla di circostanze diverse. La massima differenza però è segnata dal sesso. La donna sola arriva ai gradi massimi di queste gioie, come sola spasima delle torture più atroci dell'amore. Questa passione è per lei il primo idolo, e quasi sempre anche l'unico, e per caso arde gli incensi degli altri affetti minori, quasi un tributo necessario dovuto al culto del dio che adora. Il mondo delle sue sensazioni più delicate e più veementi, il mistero intricatissimo de' suoi affetti, tutto irradia da questo centro e vi ritorna. La donna non domanda quasi mai a se stessa il fine della vita e lo scopo dell'esistenza, perchè trova che l'amore basta a riempire una vita di secoli. Le trepide paure del pudore, le leggi severe dell'opinione pubblica, le abitudini solitarie della famiglia le pongono ostacoli da ogni parte ad amare, ma la prepotenza del bisogno vince ogni cosa; e, dapprima peritosa, poi riservata, infine confidente, appassionata, si getta a precipizio giù per la china della passione, per abbandonarsi coll'impeto più veemente alle richieste del cuore. È uno spettacolo che commuove insieme e sorprende quello della donna che, debole e soggetta, si fa forte e sovrana quando è infiammata dal sacro fuoco dell'amore. Nell'esaltazione del sentimento, nelle sublimi imprudenze del coraggio, e nei temerari impulsi del cuore di una donna, si vede ad ogni istante una forza gigantesca che sempre risorge più impetuosa e più forte, per spiccare nuovi voli e ritentare prove più perigliose e più ardite. Chi ha conosciuto una donna innamorata e ha saputo intenderla, non può nè deve sprezzare un essere, che merita di stare a livello del sesso più forte per gli slanci del cuore. All'uomo lo scettro, alla donna la corona; ma sovrani entrambi, che reggono con eguali diritti d'impero due esistenze. Nessuno primo, nessuno secondo; l'uno è re dell'intelletto, l'altra regina del sentimento. Non si ama, come è stato già detto, che nell'età feconda. Le gioie che può dare il sentimento dell'amore prima dei quattordici anni e dopo i cinquanta, sono nei nostri paesi pallide ombre o giuochi di fantasia. I fiori più splendidi e più profumati dell'amore si colgono nella giovinezza, quando ci si abbandona alla prima passione col cuore vergine e coi tesori del sentimento ancora incorrotti. Si ama in tutti i paesi e in tutti i tempi; ma credo che la civiltà abbellisca queste gioie di molti delicati ornamenti, ed è innegabile l'influenza che esercitano su questi piaceri le diverse condizioni sociali. Tutti possono nella vita passare qualche istante di piacere con una persona di sesso diverso, ma non tutti possono amare. Per provare questa passione in tutta la sua perfezione fisiologica bisogna avere nel cuore un certo materiale di forza e di fuoco che non tutti posseggono. Per godere le maggiori gioie di questo sentimento bisogna prenderlo a grandi dosi alla volta. La donna e i più generosi amatori tracannano quasi sempre la tazza dell'amore in un sol fiato, sicchè non possono inebbriarsi che una sola volta nella vita; e se amano ancora, non è che spandendo sopra qualche creatura le ultime stille di affetto rimaste nel fondo del calice. Alcuni altri, invece, sono per natura tanto spilorci, che libano sempre a sorsi e a centellini. Questi usurai dell'amore dicono di essere stati innamorati centinaia di volte, e negli archivi polverosi delle loro memorie conservano pacchi di letterine profumate e spasimanti, ciocche di capelli e residui di fiori secchi. Essi però non hanno mai amato. La natura non concede che una sola tazza del nettare dell'amore, e per inebbriarsi bisogna vuotarla di un sorso. Chi mostra di bevervi continuamente, o finge o fa da barattiere, diluendo coll'acqua il santo liquore. Vi sono però alcuni genii o mostri del cuore, che sanno mare più volte e sempre più caldamente, ma sono vere eccezioni.

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I fatti più volgari, le persone più indifferenti, i piaceri più insignificanti si elevano e si sublimano passando nel mondo della reminiscenze, dove pare che la fantasia getti il suo splendido manto per abbellire ogni cosa. È un mistero avvertito anche dai più volgari osservatori. Vi sono alcuni piaceri che abbiamo goduti con la massima indifferenza e che, richiamati poi alla mente, risuscitano una gioia più viva ed intensa. Perfino molti ineffabili dolori, quando vengono disseppelliti da uno strato molto profondo, e quando sono resi ben fossili dal tempo che tutto pietrifica, possono ridestare una malinconia soave: spesso si sentono assai più vivi i dolori sofferti che i piaceri goduti. Tutto ciò che passa attraverso lo spazio e il tempo si depura e si abbellisce: i morti diventano migliori dei vivi, i lontani più grandi dei vicini; tutto ciò che appartiene alla storia è assai più poetico di ciò che è contemporaneo. E ciò deve essere. La memoria non ci conserva che un abbozzo nebuloso e incerto dei nostri piaceri o dei nostri dolori, e la fantasia, dovendo supplire al vuoto che esiste, vi pone i suoi ornamenti più splendidi, le sue gemme più preziose. D'altra parte, tutto ciò che è incerto e che oscilla, che si indovina più che non si veda, che si presenta più che non si intenda, ha sempre una attrattiva particolare che commuove e seduce. Le gioie della memoria intellettuale servono a perfezionare questa facoltà. L'abuso isterilisce la fabbrica delle idee: accumulando troppi materiali, non si lascia più spazio all'officina del pensiero. Vi sono molti eruditi che non hanno mai pensato un'idea che non avessero rintracciata in qualche autore. Essi però, quando sappiano fare buon chilo delle materie che trangugiano, possono essere utili alla società. I piaceri della reminiscenza ravvivano la fantasia, e fanno nascere un culto per il passato, il quale va quasi sempre accompagnato a gusti delicati e gentili. Sono piaceri però che possono andar congiunti all'egoismo, e che si misurano più dalla perfezione dell'intelletto che dalla squisitezza del cuore. Il vecchio dovrebbe goderne più degli altri, perchè ha maggiori tesori da conservare; ma il giovane, avendo una sensibilità più squisita e una fantasia più fervida, li gusta sicuramente con maggiore intensità.

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Lo studio diretto ad abbellire ed accrescere i tesori delle gioie concessi dalla natura, non è per se stesso colpevole, e costituisce una vera arte, che si confonde con tutte le altre, che ci ispira e dirige, ma che finora non è stata individualizzata. In ciò l'occhio acuto dell'osservatore più vedere una raffinata ipocrisia o un'ingenua delicatezza, invece io vi trovo un tratto di vero pudore del sentimento che mi commuove. L'uomo aspira al piacere con tutta la prepotenza della passione, lo cerca nel lavoro e nel riposo, nella scienza e nell'ignoranza, in cielo ed in terra. La civiltà ne' suoi sforzi generosi non ha altro scopo che di diffondere il piacere lecito e onesto nel maggior numero di individui; la manìa dell'utile che divora il presente secolo non è indirizzata che a generare e a diffondere il piacere; le belle arti, la letteratura creano sempre nuove gioie; il denaro è onnipossente, e adorato appunto perchè ci permette di acquistare molti piaceri. Siccome però il cuore ci insegna che il piacere non deve essere l'ultimo e unico scopo della vita, noi non abbiamo il coraggio di confessare la nostra fame ingorda di gioia, e, mentre con tutti gli sforzi dai tempi di Adamo fino a noi si lavora e si suda per accrescere il numero e la squisitezza dei piaceri, l'umanità pudica non ha ancora formato una parola per esprimere l'arte del piacere. Di mezzo alla nostra miseria questo tratto di delicatezza ci onora altamente, provando che, se non sappiamo raggiungere l'alta cima della perfezione, sappiamo però guardarla e, sopra tutto, rispettarla. La gloria più grande nell'arte del piacere è la musica, la quale si può dire veramente creata dall'uomo, perchè in natura non si può parlare di armonia e di melodia, sebbene esistano i suoni e i canti di mille cose diverse. Quest'arte divina deve essere messa al disopra delle altre, perchè produce i più vivi piaceri, e perchè è intesa da tutti, sebbene dal lato della perfezione ideale essa debba cedere ai capolavori dell'ingegno umano, alle produzioni della poesia e della filosofia. Tutte le altre belli arti producono parimenti nuovi piaceri; ma in esse l'imitazione entra sempre più della creazione. Il più bel quadro e la statua più stupenda sono sempre copie di un oggetto che esiste o che può esistere; mentre una composizione musicale è un vero prodotto della mente umana, una creazione. Alcuni preferiscono sicuramente la pittura o la scultura alla musica; ma la musica sola è una lingua intesa da tutti, e da quasi tutti parlata o balbettata, perchè essa è il linguaggio che esprime il sentimento.

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