Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbellendo

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L'arte di utilizzare gli avanzi della mensa

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Guerrini, Olindo 1 occorrenze

Avrete fritto il risotto colle telline secondo l'Artusi (La Scienza in Cucina o l’arte di mangiar bene) e se ve ne rimane in buon dato, potete farne, senza troppe manipolazioni, sia uno sformato, sia un pasticcio, secondo volete o no la crosta, abbellendo il tutto con funghi, code di gamberetti ecc. passati al burro e mescolati col risotto.

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Doveri dell'uomo

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Mazzini, Giuseppe 1 occorrenze

Non si cangiano le sorti dell' uomo, rintonacando, abbellendo la casa dov'egli abita: dove non respira un'anima d' uomo ma un corpo di schiavo, tutte le riforme sono inutili; la casa rabbellita, addobbata con lusso, è sepolcro imbiancato, e non altro. Voi non indurrete mai la Società alla quale appartenete a sostituire il sistema d' associazione a quello del salario, se non provandole che l' associazione sarà tra voi stromento di produzione migliorata e di prosperità collettiva. E non proverete questo, se non mostrandovi capaci di fondare e mantenere l' associazione coll'onestà, coll'amore reciproco, col sacrificio, coll'affetto al lavoro. Per progredire, vi conviene mostrarvi capaci di progredire. Tre cose sono sacre: la Tradizione, il Progresso, l'Associazione. ?Io credo? - (scrissi queste cose venti anni addietro) - ?nella immensa voce di Dio che i secoli mi rimandano attraverso la tradizione universale dell'Umanità; ed essa mi dice che la Famiglia, la Nazione, l'Umanità sono le tre sfere dentro le quali l' individuo umano deve lavorare al fine comune, al perfezionamento morale di se stesso e d'altrui, o meglio di se stesso attraverso gli altri e per gli altri: essa mi dice che la proprietà è destinata a manifestare l'attività materiale dell'individuo, la parte ch'egli ha nella trasformazione del mondo fisico, come il diritto di voto deve manifestare la parte ch'egli ha nell'amministrazione del mondo politico; essa mi dice che appunto dall'uso più o meno buono di questi diritti, in quelle sfere d'attività dipende d'avanti a Dio e agli uomini il merito o demerito degli individui; essa mi dice che tutte queste cose, elementi della natura umana, si trasformarono, si modificarono continuamente ravvicinandosi all'ideale del quale abbiamo nell'anima ma non possono essere distrutte mai; e che i sogni di comunismo, d'abolizione, di confusione dell'individuo nell' insieme sociale, non furono mai che passeggieri accidenti nella vita del genere umano, visibili in ogni grande crisi intellettuale e morale, ma incapaci di realtà se non sopra una scala menoma come i Conventi Cristiani. Credo nell'eterno progresso della vita nella creatura di Dio, nel progresso del Pensiero e dell'Associazione, non solamente nell'uomo del passato ma nell'uomo dell'avvenire; credo che importi non tanto di determinare la forma del progresso futuro quanto di aprire, con una educazione veramente religiosa, le vie d'ogni progresso agli uomini e di renderli capaci di compirlo; e credo che non si fa l'uomo migliore, più amorevole, più nobile, più divino - ciò ch'è il nostro fine sulla terra - colmandolo di godimenti fisici, proponendogli a scopo della vita quella ironia che ha nome felicità. Credo nell'Associazione come nel solo mezzo che noi possediamo per compiere il Progresso, non solamente perch'essa moltiplica l'azione delle forze produttrici, ma perch'essa ravvicina tutte le diverse manifestazioni dell'anima umana e fa sì che la vita dell' individuo abbia comunione colla vita collettiva ; e so che l' associazione non può essere feconda se non esistendo fra individui liberi, fra nazioni libere, capaci di coscienza della loro missione. Credo che l'uomo deve mangiare e vivere e non avere tutte l'ore dell'esistenza assorbite da un lavoro materiale, per aver campo di sviluppare le facoltà superiori che sono in lui; ma tende l'orecchio con terrore alle voci che dicono agli uomini: nutrirsi è lo scopo vostro; godere è il vostro diritto, perché io so che quella parola non può creare se non egoisti, e fu in Francia, ed altrove, e comincia ad essere pur troppo in Italia, la condanna d'ogni nobile idea, d'ogni martirio, d'ogni pegno di futura grandezza. Ciò che toglie in oggi vita all'Umanità è il difetto d'una fede comune, d'un pensiero adottato da tutti che ricongiunga Terra e Cielo, Universo e Dio. Privo di fede siffatta, l'uomo si è prostrato davanti alla morta materia, e s'è consacrato adoratore dell'idolo Interesse. E i primi sacerdoti di quel culto fatale furono i re, i principi e i tristi Governi dell'oggi. Essi inventarono l'orribile formula: ciascuno per sé :sapevano che con essa, creerebbero l'egoismo: e sapevano che tra l'egoista e lo schiavo non è che un passo?. Operai Italiani, fratelli miei, evitate quel passo. Nell'evitarlo, sta il vostro avvenire. A voi spetta una solenne missione: provare che siamo tutti figli di Dio e fratelli in Lui. Voi non la compirete se non migliorandovi e soddisfacendo al Dovere. Io v'ho additato, come meglio ho potuto, qual sia il Dovere per voi. E il principale, il più essenziale fra tutti, è quello che avete verso la Patria. Costituirla è debito vostro; ed è pure necessità. Gl'incoraggiamenti, i mezzi dei quali v'ho parlato, non possono venire che dalla Patria Una e Libera. Il miglioramento delle vostre condizioni sociali non può scendere che dal vostro partecipare nella vita politica della Nazione. Senza voto, non avrete mai rappresentanti veri delle vostre aspirazioni, dei vostri bisogni. Senza un Governo popolare che da Roma scriva e svolga il PATTO ITALIANO, fondato sui consensi e rivolto al progresso di tutti i cittadini dello Stato, non è per voi speranza di meglio. Quel giorno in cui, seguendo l'esempio dei socialisti francesi, voi separereste la questione sociale dalla politica e direste: noi possiamo emanciparci, qualunque sia la forma d'istituzione che regge la Patria, segnereste la perpetuità del vostro servaggio. E v'additerò, nell'accomiatarmi da voi, un altro Dovere, non meno solenne di quello che ci stringe a fondare la Patria Libera ed Una. La vostra emancipazione non può fondarsi che sul trionfo d'un Principio: l'unità della Famiglia Umana. Oggi, la metà della famiglia umana, la metà a cui noi cerchiamo ispirazioni e conforti, la metà che ha in cura la prima educazione dei nostri figli, è, per singolare contraddizione, dichiarata, civilmente, politicamente, socialmente ineguale, esclusa da quell'unità. A voi che cercate, in nome d'una verità religiosa, la vostra emancipazione, spetta di protestare in ogni modo, in ogni occasione, contro quella negazione dell'Unità. L'emancipazione della donna dovrebbe essere continuamente accoppiata coll'emancipazione dell'operaio, dando così al vostro lavoro la consacrazione d'una verità universale. %NOTE (1) (2) (3) (4 ) (5 ) (6 ) (7 ) (8) (9 ) (10 ) (11 ) (12 ) (13 ) (14 ) (15 )

MILANO IN PERCORSA IN OMNIBUS COMPILATA DA GAETANO BRIGOLA ED ILLUSTRATA DA NOTIZIE STORICHE ED ARTISTICHE DA FELICE VENOSTA

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Brigola, Gaetano 1 occorrenze
  • 1871
  • Editore Librajo -PRESSO GAETANO BRIGOLA
  • prosa letteraria
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. _ La città crebbe, e, già aggregato di meschini casolari di legno, si andò abbellendo di edifici di pietra. _ Gli imperatori romani vi ebbero lunga stanza, per la sua collocazione opportuna ad operazioni militari contro i popoli del Settentrione, i quali erano una minaccia perenne per la Gallia Cisalpina. Massimiano Erculeo abbattè la siepe che serviva di prima cerchia alla città celtica, che ci viene ricordata dal nome della Via Andegari, AndeGar che corrisponde al nostro idioma a siepe di biancospini ed eresse solide mura che giravano per due miglia con nove porte. La porta Romana aprivasi a S. Vittorello, presso la Via Unione; l'Erculea alla Maddalena, presso Sant' Eufemia; la Giovia a San Vicenzino, presso il Foro Bonaparte; la Ticinese, o Marzia, al Carrobbio; la Comasina a San Marcellino; la Nuova alla Croce Rossa; la Tosa a San Zeno; l'Argentea od Orientale, presso San Babila, e la Vercellina presso la chiesa di Santa Maria alla Porta. Sotto Costantino, Milano toccò l'apice del suo splendore; avvegnachè avendo quell'imperatore divisa l'Italia in due regioni, Milano fu dichiarata metropoli della settentrionale, che comprendeva sette provincie dalle Alpi fino alla Istria, e destinata a residenza di un governatore col titolo di Vicario dell'Italia. Le mura romane durarono fino al nono secolo, allorchè l'arcivescovo Ansperto ne operò il ristauro e l'ampliamento, fra le porte Ticinese e Vercellina, costruendo un nuovo muro che dal Carrobbio seguiva le Vie del Circo e del Cappuccio, e girava poi a destra per ricongiungersi all'antica cerchia in vicinanza della Porta Vercellina. _ Per tre secoli rimasero ognora come le aveva ampliate Ansperto; quando il Comune di Milano entrò in lotta con Federico Barbarossa. A premunire la città contro quell'imperatore, i Milanesi pensarono, fin dal 1156, di cingerla di un valido fossato, e precisamente quello per cui ora scorre il Naviglio. Della terra cavata nel fare la fossa, se ne formarono nel 1167 i bastioni nel luogo che fino ai nostri giorni conservò il nome di Terraggio. _ Nella prima metà del secolo XIV (1330_38), Azzone Visconti rafforzò i Terraggi con un muro, mantenendo però inalterato il circuito della città, che continuò dove si trova il Naviglio interno, ed aveva gli ingressi ai ponti, che descrissero fino all'anno 1866, colla denominazione di Borghi la parte di città al di là del fossato. Allorchè nel secolo XV fu costruito il Naviglio della Martesana, il fossato fu ristretto, e la metà interna di esso fu convertita poi ad uso di magazzeni di pietre o di legnami, chiamati col nome di sciostra o claustra perchè rinchiusi fra il muro di Azzone e la fossa. _ L'antica larghezza di questa fossa può facilmente anch'oggi comprendersi nel sito degli Archi di Porta Nuova, misurando Io spazio che è fra le torri e la riva esterna del canale rimasta inalterata. _ Il terzo ed ultimo ingrandimento fu decretato da Ferrante Gonzaga; governatore del bucato di Milano per l'imperatore Carlo V. Le mura spagnuole, oggi accessibili alle carrozze, e convertite ad uso di pubblico passeggio, furono incominciate nell'anno 1546, presso la distrutta chiesa di S. Dionigi. Milano, dopo i Romani, venne mano mano governata dai Goti, dai Longobardi, dai Franchi, dai Re d' Italia e dagli Imperatori di Germania. Dopo la guerra dei Valvassori, si costituì in Repubblica (1044). Soccombuta questa forma di governo, ebbe a signori i Torriani, i Visconti; indi si formò di nuovo in Repubblica, detta di Sant' Ambrogio. Si diede poscia agli Sforza; indi cadde in potere dei Francesi, degli Spagnuoli, degli Austriaci, dei Gallo_Sardi e di nuovo degli Austriaci. _ Nello scorcio del secolo passato, 1797, fu centro della Repubblica Cisalpina, che nel 1802 si tramutò in Repubblica Italiana. _ Nel 1805, creato il Regno d'Italia, ne divenne la metropoli. _ Nel 1815 Milano, ritornata sotto l'austriaca dominazione, fu sede del regno Lombardo_Veneto. _ Nel marzo 1848, cacciati gli Austriaci, si formò dai cittadini un governo provvisorio; ma nell'agosto di quello stesso anno ricadde in possesso degli Austriaci, che la governarono fino al 4 giugno 1859. Fu allora unita aI regno sabaudo, e nel 1861 divenne parte del nuovo Regno d'Italia. Nel volgere di secoli e di mutamenti di dominazioni, di guerre e di morie, ebbe Milano a subire molte vicende, e giorni di ristrettezze e di sciagure; ma la ricchezza del suolo e la industria de' suoi abitatori sempre la fecero risorgere, e ne tennero alta la rinomanza. Ora essa è riputata la seconda metropoli della gran madre, l'Italia. Marzo 1371. FELICE VENOSTA.

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