Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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USI,COSTUMI E PREGIUDIZI DEL POPOLO DI ROMA

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Zanazzo, Giggi 1 occorrenze

Il grande commercio delle stoffe, delle mode, e di tutti gli amminicoli del lusso, era condotto da pochi banchieri e mercanti, d’ordinario assai ricchi, i quali per non discostarsi troppo dal centro, accumulavano le mercatanzie, abbatuffolate su rozze impalcature, in miseri ambienti, situati in fondo a cortili, ove, dietro piccolo desco, con iscarsa luce, in pieno giorno, e di sera con una lucerna di ottone a triplice lucignolo, si contrattava d’ingenti somme...". * * * "Percorrendo le vie di Roma con la scorta delle vecchie cronache, è da scommettere che molti rimarrebbero impacciati udendo parlare di scrannari, di bombattari, di paternostrari (coronari), di pelamantellari (pellicciai), di lentari, di gipponari (tessitori di corpetti), di morteliari, margaritari e simili, come tra i documenti di quattro o cinque secoli indietro non s’identificano subito i carnifices per macellai, i mueliones per carrettieri, gli equi forensium per cavalli forestieri; e più tardi gli straz zaroli per mercanti di seta greggia, i pelacani per conciatori di pelle, i repezzini di Genova (rimendatori), gli agucchiatori (fabbricanti di tessuti a maglia), i pattari di Milano (rigattieri), gli sprocani di Ferrara (venditori di legna da ardere), i franfellicari e gli zeppolaiuoli di Napoli (portatori di zuccherini e di frittelle)". * * * "Andrea Speciale, poeta popolare romano al principio del secolo XVII, in un curioso e ignorato opuscolo intitolato: Historia nova e piacevole dove si raccontano tutte le cose che si vanno vendendo dagli artigiani per Roma, dopo aver notato i principali mercati a Campidoglio e a piazza Navona, alla piazza dei Giudei, a Campo di Fiore, alla Rotonda, a Torre Sanguigna, al Pozzo Bianco, così canta a modo suo: "Ma questo è ombra a quel ch’a la giornata Vi passa a canto a casa ogni matina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Considerate poi che tutte l’arte Vi passano davanti in ogni parte". Questa era la pura verità. Ai merciai ambulanti propriamente detti, si aggiungevano numerosissimi artigiani i quali per le difficoltà di procurarsi una clientela fissa ed una officina in vista del pubblico, giravano tutto il giorno per accaparrarsi lavoro. "Passa il chiavaro, e cerca d’acconciare In casa tua cassetto o forciero... Quell’altra voce fa l’aer tremare Chi vuol conciar lucerne o candeliero; Quell’altro grida: cucchiai e catini E l’altro strilla: forbicette fini. Senti uno che dice: canestri canestri, Odi l’altro che grida: lino lino; Uno che si vanta di conciare i destri Parla con un che va vendendo il vino. Ecco per Roma infiniti maestri Col sacco in spalla e in mano un bacchettino Gridando tutto il dì: scarpe, pianelle E l’altro canta: vascelle, vascelle". * * * "Seguitando a pedinare i venditori ambulanti, vediamo altresì pei calzamenti portarsi in giro le francesche, specie di scarpette per donna fatte all’uso di Francia; le cornacchie, le scarpe di cordovano, gli scarferoni o scarferotti e i frattoni, ripiego economico per difendersi dalle pozzanghere e dalle spine delle fratte in surrogazione degli stivali". * * * "Da una ballata rusticana del 1464 tolta da un Ms. Casanatense, apprendiamo che per le vie di Roma le venditrici di erbaggi gridavano: il petrosello, la mempitella, il serapullo, la borrana, la persia coviella, la ramoraccia, la rughetta, e il macerone, mentre i pescivendoli urlavano offrendo a vile prezzo i castaurielli e i triuli...". * * * "… Il poeta Andrea Speciale non è avaro di nuovi e curiosi particolari ricordando i venditori di farinelle per gli infermi, quelli di puleggio per le doglie del fianco, altri di secreti per la così detta mala macchia, o per campar dal morso dei serpenti: e finalmente gli spacciatori girovaghi di spezie e di pane bruscato: "Per ridonare il gusto all’ammalato". Nel 1651 l’acquavite si chiamava in Roma la pollacchina, leggendosi in una canzonetta di quell’anno: "Chi vuol dir gli acquavitari Quei che tutta la mattina Van gridando: pollacchina". * * * "Parimenti veniamo a sapere che i venditori ambulanti per invogliare le signore a comperare la seta valutata in quei tempi ad alto prezzo, si contentavano di barattarla con farina... Così sappiamo che le ricotte si vendevano dandole a saggio gratuitamente in una scodelletta; e che a vendere i coltelli s’industriavano le donne, ma senza gridare... Che le palle moscate erano sì accette al bel sesso che i giovani innamorati, per aver l’occasione di parlare alle loro belle, si trasformavano sovente in aromatari , cioè in venditori di saponi profumati. Le focaccine all’essenza di rosmarino, tanto comuni in Roma fino a pochi anni fa, e solite a vendersi nelle prime ore della notte, col grido di pan di ramerino, erano sconosciute tra noi prima del 1870. Furono portate intorno a quel tempo di Toscana, e parvero in Roma una novità. Invece non si tratta d’altro che di una vecchia speculazione andata in disuso, giacchè proprio con lo stesso nome e forse col medesimo canto era ben nota ed avviata in Roma fin dal tempo del poeta Speciale, rallegrandosi egli alla sera: "Perchè si sente un certo fiorentino Che va gridando: pan di ramerino!".

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